Giovanni Paolo II, quasi beato. Tra tante luci e qualche ombra. Ecco il “Wojtyla segreto”
FERRUCCIO PINOTTI - TERZA PAGINA | di Redazione Il Fatto Quotidiano 30 aprile 2011
Oggi la Chiesa celebra la beatificazione di Karol Wojtyla e il mondo rende omaggio alla figura di Papa Giovanni Paolo II. Un personaggio che ha cambiato la storia. E proprio per questo ha incrociato molti misteri degli ultimi decenni. “Wojtyla Segreto” (edito da Chiarelettere) è la prima “contro-inchiesta” mai pubblicata in materia e scritta dal vaticanista della Stampa Giacomo Galeazzi e dallo scrittore di inchiesta Ferruccio Pinotti. Un lavoro che non fa sconti sulla figura del pontefice e che scava nelle contraddizioni di un uomo che è stato anche un «asset» politico.
Ecco alcuni spunti critici sulla figura di Giovanni Paolo II contenuti nel libro
e riassunti
in esclusiva per ilfattoquotidiano.it dall’autore Ferruccio Pinotti.
Aspetti che, secondo Pinotti, “il processo di beatificazione ha volutamente
evitato di prendere in considerazione, mettendo a tacere ogni voce e
testimonianza critica anche interna alla Curia vaticana”.
WOJTYLA E L’UOMO DELLA
CASA BIANCA
Di grande interesse
l’intervista a Zbigniew Brzezinski, il potentissimo consigliere strategico della
Casa Bianca di origine polacca che teorizzò l’uso della religione come strumento
per distruggere l’impero sovietico, sostenendo a Est la resistenza polacca e la
Chiesa del Silenzio; e a Sud i mujaeedin che in Afghanistan contrastavano i
sovietici dando però in seguito ad Al Qaeda. Brzezinski ammette che già nel 76,
due anni prima della salita al soglio pontificio, lui e l’arcivescovo Wojtyla
ebbero un incontro riservato ad Harvard e che da lì nasce un’amicizia «calda e
affettuosa» mai interrottasi. Sarebbe stato Brezinski stesso, attraverso il
cardinale Krol di origine polacca, a mobilitare la conferenza episcopale
americana per sostenere l’elezione di Wojtyla due anni dopo.
SOLIDARNOSC E I SOLDI DI
ROBERTO CALVI
A confermare l’appoggio di
Giovanni Paolo II al movimento polacco Solidarnosc è nel libro lo stesso Lech
Walesa. Nel biennio 1980-1981 il Banco ambrosiano, tramite il suo presidente
Roberto Calvi inizia a versare capitali enormi al sindacato di Wałęsa. Tutto è
avviato nella più assoluta segretezza. La cittadella di Solidarnosc ha bisogno
di aiuto; la battaglia di resistenza in Polonia è solo una tappa nel più
impegnativo confronto con l’impero sovietico. Insieme a Roberto Calvi, deus ex
machina dell’intera operazione è Marcinkus, l’anima nera dello Ior, la banca del
Vaticano. Marcinkus sarà la figura chiave della politica di papa Wojtyla contro
il comunismo. Una battaglia da vincere con ogni mezzo. Anche soldi sporchi,
passando per i paradisi fiscali. Con Roberto Calvi, Marcinkus imbastisce una
rete di società fantasma nei paradisi fiscali di mezzo mondo, dove arrivano
fiumi di soldi. Forte della benedizione vaticana, Calvi allaccia relazioni
pericolose con Michele Sindona e il giro della Loggia P2, di cui è
affiliato. Giacomo Botta, dirigente del settore esteso del Banco Ambrosiano
racconterà ai magistrati: «Già nel 1977-1978, quando divenni consigliere [del
Banco ambrosiano di Managua], Calvi mi disse che il gruppo che controllava il
pacchetto di controllo dell’Ambrosiano era lo Ior, che deteneva all’estero una
consistente partecipazione del Banco. Seppi anche che le società che a
quell’epoca l’Ambrosiano di Managua finanziava erano del Vaticano. Calvi
probabilmente intendeva mettermi al corrente di questi segreti che lui tutelava
gelosamente e intendeva altresì giustificare i finanziamenti, dicendo che erano
imposti dal Vaticano, che era in sostanza il padrone del Banco ambrosiano».
Panama, Bahamas, Lima, Managua. Arriva da lì il tesoro per sostenere Solidarnosc.
Roberto Calvi fugge all’estero, braccato dai creditori. Finirà la sua corsa il
17 giugno 1982 sotto un ponte di Londra, appeso a una corda con dei mattoni
nelle tasche. Solo pochi giorni prima scriverà una lettera drammatica,
indirizzata a sua santità Giovanni Paolo II. Una lettera che fotografa un pezzo
importante di storia italiana e ci dice anche che Wojtyla non poteva non sapere.
LA P2 E I SOLDI DELLA
MAFIA
Anche la Loggia P2 approvava
i finanziamenti «anticomunisti» al sindacato polacco. Ricorda Licio Gelli: «Nel
settembre 1980 Calvi mi confidò di essere preoccupato perché doveva pagare una
somma di 80 milioni di dollari al movimento sindacale polacco Solidarnosc, e
aveva solo una settimana di tempo per versare il denaro». Perfino la mafia
sarebbe coinvolta nel progetto del papa di fare a pezzi il blocco comunista.
Dagli atti giudiziari del processo Calvi emerge infatti che nella lotta al
comunismo sarebbero stati investiti anche soldi frutto delle speculazioni
edilizie della mafia in Sardegna. Il pm Luca Tescaroli – intervistato da Pinotti
e Galeazzi – ha maturato nel corso degli anni una conoscenza unica del complesso
mondo delle finanze vaticane e dei rapporti malati che in quegli anni il papato
non disdegnò di intrattenere. Tescaroli è stato il primo magistrato che, con il
suo lavoro, è riuscito a evidenziare come la banca di riferimento del Vaticano,
strettamente legata allo Ior, fosse divenuta negli anni Settanta e Ottanta
strumento del riciclaggio di denaro mafioso. Soldi utilizzati dal papato per
contrastare il comunismo nell’Est europeo e in America Latina. Nel libro il pm
ha raccontato aspetti inediti in merito: «Roberto Calvi, nel subentrare a
Michele Sindona, risultò svolgere una funzione di volano tra i vecchi e i nuovi
equilibri strategici avvicendatisi in seno a Cosa nostra, a seguito della
cosiddetta ultima guerra di mafia. Se Calvi avesse messo in atto il manifestato
proposito di riferire quanto a sua conoscenza, avrebbe svelato il canale di
alimentazione del Banco ambrosiano, rappresentato dalle risorse finanziarie
provenienti da Cosa nostra, e la destinazione dei flussi di quel denaro, ivi
compresa quella del finanziamento del sindacato Solidarnosc (di cui ha parlato
Salvatore Lanzalaco), e ai regimi totalitari sudamericani (ai quali fece
espresso riferimento Calvi in alcune lettere dallo stesso sottoscritte).
Finanziamento attuato nell’interesse di una più ampia strategia del Vaticano,
volta a penetrare nei paesi comunisti dell’Est europeo e a congelare l’avanzata
comunista nell’America Latina. Cosa nostra e, certamente, Calò non potevano
accettare che emergesse e venisse rivelata agli inquirenti quella tipologia di
attività illecita, volta a far convogliare flussi di denaro mafiosi in quelle
direzioni, e l’attività di riciclaggio che attraverso il Banco ambrosiano veniva
espletata.»
ALTRO CHE FONDAZIONE DI
BENEFICENZA
Pinotti e Galeazzi
ricostruiscono anche, sempre sulla base di documento che hanno scelto di
pubblicare in appendice al libro, il rapporto segreto che legava papa Wojtyla al
vescovo 007 monsignor Pavel Hnilica. Una figura leggendaria, al punto che nel
1951 dovette fuggire a Roma, dove negli anni 60 fondò la misteriosa Fondazione
Pro Fratribus, dedita all’assistenza dei profughi dell’Est ma in realtà
strumento per convogliare aiuti alla resistenza anticomunista in tutta l’Europa
orientale. Pinotti e Galeazzi pubblicano scannerizzati tutti gli assegni della
Pro Fratribus, che documentano il vorticoso giro di denaro messo in piedi dal
vescovo 007 amico di Wojtyla sin dal dopoguerra. Gli autori pubblicano poi
l’assegno da 1,5 miliardi con il quale Hnilica – certamente con il consenso di
Wojtyla – cerca di comprare da Flavio Carboni la valigetta di Calvi contenente i
documenti con cui intendeva ricattare il Papa. Un assegno non onorato dallo Ior
solo per l’intervento del cardinale Casaroli. Ma l’appoggio del Papa al discusso
padre Hnilica, condannato per ricettazione insieme a Carboni e al falsario
Giulio Lena (se la caveranno solo nei successivi gradi di giudizio) è acclarato,
come testimonia la missione affidata da Wojtyla a Hnilica di una messa segreta a
Mosca nel 1984 che consacrasse la Russia al cuore immacolato di Maria.
UNA DECISIONE POLITICA
Nell’inchiesta di Pinotti e
Galeazzi sono raccontati con dovizia di particolari molti altri capitoli oscuri,
come la copertura offerta al movimento dei Legionari di Cristo, guidato Marcial
Maciel, così come l’appoggio indiscriminato a lobby di potere come Opus Dei, Cl,
Focolarini, Neocatecumenali. Movimenti integralisti che sono ormai vere e
proprie «chiese nella chiesa». Per tutte queste ragioni Pinotti e Galeazzi
ritengono inopportuna la beatificazione lampo di Wojtyla ed ancor più rischiosa
la probabile canonizzazione, come sostenuto da un altro documento pubblicato
in appendice: la testimonianza prodotta dal teologo Giovanni Franzoni al
processo di beatificazione. Un documento nel quale il coraggioso
sacerdote esplicita le ragioni per le quali Wojtyla non può e non deve diventare
santo. Così Franzoni: “E’ mio dovere elencare i gravi dubbi che non si possono
tacere. Mi rendo conto che alcune mie affermazioni sembreranno inaudite. L’ansia
con cui molti ambienti lavorano alla beatificazione ha poco di evangelico.
Chiedo che Wojtyla sia lasciato al giudizio della Storia”.