NÉ PRETE NÉ CELIBE. GESÙ DI NAZARETH NELL'ULTIMO LIBRO DEL BIBLISTA ORTENSIO DA SPINETOLI
ADISTA n°29 del 15.4.200633345. MOLFETTA-ADISTA. Una presentazione semplice, piana, di
una serie di ponderate ipotesi esegetiche che, note agli specialisti,
sembreranno però del tutto nuove, e a volte esplosive, a coloro che sono
abituati alla predicazione e alla letteratura tradizionali nelle parrocchie e
nei libri di devozione, e mai hanno sospettato che certe tesi, date come ovvie e
sicure nell'abituale insegnamento ecclesiastico, siano invece fragili, opinabili
e, a volte, errate. Così forse si potrebbe riassumere il contenuto dell'ultimo
libro di Ortensio da Spinetoli, Gesù di Nazaret, edito a fine 2005 dalla
Meridiana di Molfetta (pag. 256, € 15,50).
Frate cappuccino, noto biblista (basti, qui, citare due sue opere fondamentali:
Introduzione ai vangeli dell'infanzia, pubblicata dalla Cittadella di Assisi nel
1976, e Bibbia e catechismo, edita a Brescia da Paideia, nel 1999), ma anche
acuto osservatore dell'attuale situazione della Chiesa, e sostenitore di una
riforma ecclesiale ancorata al vangelo (come in Chiesa delle origini, Chiesa del
futuro, edito a Roma da Borla nell'‘86), nell'ultima sua opera padre Ortensio
affronta il tema di Gesù, avendo come "target" un pubblico più vasto
che non quello degli specialisti. Perciò lo stile è scorrevole e leggero,
l'apparato critico ridotto al minimo. E, tuttavia, in questo nuovo libro
l'Autore racconta un Gesù per molti aspetti assai diverso da quello che i
"cristiani della domenica", o anche i "laici" non cattolici
digiuni di esegesi, sono abituati a conoscere. Pur senza dirlo esplicitamente,
l'Autore rinvia ai suoi libri più specialistici, o ad altri del genere, coloro
che rimanessero sorpresi dalle ipotesi, e suggestioni, esposte nel libro, che
demitizzano idee radicatissime o prospettano tesi che svuotano quelli che per
molti cattolici (e, talora, per la dottrina ufficiale) sono veri e propri dogmi.
Tuttavia, se Gesù di Nazaret ha come sfondo opere più direttamente esegetiche,
esso è sorretto da un ragionare plausibile e motivato, che guida anche i non
addetti ai lavori ad affrontare problemi complessi.
Il Gesù che Ortensio da Spinetoli scruta è lontano dal Cristo trionfante che,
di norma, viene illustrato a credenti e non credenti, e appare invece molto più
vicino a tutti coloro che, qui e ora, cercano di spendere la vita per gli
esclusi della terra. E fornisce un aiuto prezioso a quanti si interrogano se
molte cose che la Chiesa romana (ma anche altre) insegna essere veramente
fondate sulla vita di Gesù, su comandamenti da lui enunciati, o non siano,
piuttosto, discutibili interpretazioni del suo messaggio originale. Per mostrare
come si dipani il discorso del biblista, riportiamo qui, dal suo libro, poche
citazioni su un paio di problemi che, in vario modo, ancor oggi pesano
moltissimo sul "modello Gesù" enunciato dalla predicazione
ecclesiastica, e sull'impianto dogmatico della Chiesa cattolica romana. A
proposito di Gesù, dalla predicazione sempre presentato come
"ovviamente" e indiscutibilmente celibe, l'Autore rileva invece che
nel mondo ebraico del suo tempo – e Gesù voleva vivere da pio ebreo – il
celibato era avversato, in quanto il celibe "non ottemperava al volere del
creatore che faceva affidamento sulla collaborazione dell'uomo e della donna per
la continuità del genere umano… In tutti i modi non rientrava
nell'insegnamento dei maestri [d'Israele] proporre, tanto meno raccomandare, la
rinuncia al matrimonio". E, allora, "anche Gesù non può essersi
sottratto a tale obbligazione [del matrimonio], soprattutto se si tiene conto
del suo contesto di origine, profondamente religioso. Il Nuovo Testamento
tuttavia non parla della famiglia di Gesù, né prima né dopo la sua chiamata
profetica. Certo i vangeli non sono al riguardo fonti sempre attendibili poiché
non sono animati tanto da preoccupazioni storiche - ricordare la reale
esperienza di Gesù - quanto da intenti apologetici: cercare la migliore maniera
di presentarla e di farla accettare ai lettori. Lo scopo è sempre quello di
raccontare ciò che egli aveva fatto e detto, ma l'attenzione a tacere ciò che
avrebbe potuto compromettere la sua immagine era sempre predominante e
determinante. E se in questa incipiente idealizzazione fosse stato opportuno
cancellare qualche tratto troppo ‘comune', troppo umano della sua esistenza ed
esperienza, non c'era alcuna difficoltà a farlo… Il silenzio dei vangeli
sulla famiglia propria di Gesù non è un argomento decisivo per escluderla. Le
preoccupazioni panegiristiche potrebbero averne fatto scomparire tutte le
tracce. L'apostolo Paolo cerca tutte le ragioni per dissuadere dal matrimonio, e
soprattutto dalla prassi matrimoniale, i cristiani più ferventi della comunità
di Corinto (I Cor 7, 1-16). Sorprende che non abbia fatto appello alla
testimonianza di Gesù. Può darsi che essa sia stata la base della sua
proposta, ma non si può escludere il contrario, che essa non facesse al caso.
Le informazioni pertanto presenti nel Nuovo Testamento non sono sufficienti a
risolvere il problema dell'eventuale scelta celibataria di Gesù, una questione
che dovrebbe perciò rimanere aperta" (pp. 139-140).
E, sul significato dell'Ultima Cena ("fate questo in memoria di me"),
mettendo in dubbio il carattere "sacrificale" della morte di Gesù in
croce, e dunque anche della Cena come "sacrificio", Ortensio da
Spinetoli commenta: "La cena che Gesù lascia in consegna ai suoi non è
tanto un rito sacro quanto un banchetto di persone in comunione tra di loro e
tutte intente a raccogliere e fare proprie le buone intenzioni, i propositi che
hanno animato Cristo. Non ha bisogno che sia presieduta da un ‘ministro'
autorizzato, da un ‘incaricato d'ufficio', ma solo dominata dalla buona volontà,
disponibilità di quanti vi partecipano. ‘Spezzare il pane' e ‘versare' il
vino è opera di ‘inservienti', di ‘domestici', non di comandanti. La cena
diventa ‘memoriale' di quanto Gesù ha fatto e detto quando vi è un'assemblea
che si è resa conto di ciò che sta compiendo, che è riuscita, in altre
parole, ad assumersi le responsabilità caritative di Cristo" (pp.
199-201).
GESÙ DI NAZARET DOPO NICEA: MA LA TESI DI ARIO SI PUÒ RIDISCUTERE?
ADISTA n° 27 del 8.4.2006
33325. BOLOGNA-ADISTA. Un testo realizzato con l'intento di
riscoprire la vera dimensione umana di Gesù di Nazaret, andando oltre la
tradizionale predicazione cristiana ricca di titoli onorifici ("figlio di
Davide", "figlio di Dio", "messia",
"Signore"), che sminuisce l'esperienza terrena di Gesù ritraendola
libera dalle debolezze e dalla fallibilità comuni ad ogni esistenza umana, con
la conseguenza di rendere così assurda ed impossibile l'imitazione di Cristo da
parte dell'uomo. Questa l'istantanea di "Gesù di Nazaret" (Meridiana
2005, euro 15,50), ultima fatica letteraria di Ortensio da Spinetoli, biblista
dell'ordine religioso dei Frati Minori Cappuccini ed autore di opere coraggiose
nel campo della ricerca biblica sin dai tempi di "Maria nella Bibbia"
(1963), scritto che gli valse il primo richiamo da parte del Sant'Uffizio.
L'autore, il 16 marzo scorso, a Bologna, ha presentato il suo nuovo libro,
ospite di Noi Siamo Chiesa-Emilia Romagna, movimento impegnato in questo periodo
in una serie di iniziative per sensibilizzare l'opinione pubblica locale su
alcune spinose questioni che attraversano il mondo cattolico contemporaneo.
"Abbiamo deciso di promuovere la presentazione di questo testo – ha
dichiarato nella sua introduzione alla serata Giovanni Panettiere, portavoce di
Noi Siamo Chiesa-Emilia Romagna – perché siamo convinti d'essere di fronte ad
un'opera decisiva per il cammino di recupero dei tratti umani autentici della
figura di Cristo, uomo sino in fondo come tutti quanti noi".
Buona parte della serata si è articolata sull'interpretazione, trainante per
l'intera economia del libro, data da padre Ortensio all'attributo di ‘figlio
di Dio', che i Vangeli riconducono alla figura del Messia. "Il concetto di
‘figlio di Dio' - spiega il religioso - per un cristiano è davvero
fondamentale. Anche io riconosco, come la Chiesa istituzionale, che Gesù sia
‘figlio di Dio', ma mi permetto d'offrirne un' interpretazione diversa.
L'essere ‘figlio di Dio' di Cristo non implica una filiazione divina naturale
con conseguente sua preesistenza prima di tutti i secoli. Gli evangelisti con
questa espressione hanno semplicemente voluto sottolineare, nel rispetto della
tradizione ebraica, come l'uomo Gesù sia stato capace d'incarnare sino in fondo
la bontà del Padre. Se accogliamo questa posizione ci sarà facile comprendere
come anche noi tutti, proprio attraverso la sequela del ‘figlio del
carpentiere', siamo capaci di diventare ‘figli di Dio'. Questa mia conclusione
è la stessa a cui pervenne molti secoli fa il sacerdote Ario, teologo molto
sfortunato in quanto incompreso [fu condannato dal Concilio di Nicea, indetto
dall'imperatore Costantino, nel 325, ndr]".
Padre Ortensio ha approfondito poi diverse questioni della vita di Gesù, che
sono affrontati nelle pagine del suo libro. Prima fra tutte quella
dell'affettività di Cristo. "Parlare dell'affettività di Gesù continua
ad essere un gravoso tabù da superarsi al più presto. Dalla lettura dei
vangeli canonici può sorgere il sospetto che gli autori abbiano voluto
cancellare le tracce di questa componente esistenziale del Salvatore. Forse s'è
proceduto pure ad un ridimensionamento della figura di Maria Maddalena. In ogni
caso elementi interessanti per sostenere l'esistenza d'una relazione fra la
stessa Maria Maddalena e Cristo ci vengono offerti dal Vangelo apocrifo di
Giacomo. Siamo però ancora nel campo dell'ipotesi, dal momento che mancano
prove sicure per sostenere l'esistenza d'una famiglia propria da parte di Gesù.
Nell'affrontare la questione è bene comunque non dimenticare due fattori:
l'intento comune agli evangelisti di scrivere delle opere destinate alla
predicazione, con conseguente mitizzazione di taluni aspetti della persona del
Messia, e, dall'altra parte, il fatto che per il costume dell'epoca un uomo
dell'età di Cristo, per essere considerato veramente uomo, era chiamato a
sposarsi".