MEMORIE DI UN RIBELLE
DAGLI ANNI ‘30 AL CONCILIO VATICANO
II: IL PRIMO TOMO DELLE “MEMORIE” DI HANS KÜNG APRE NUOVI SQUARCI SULLA
STORIA DELLA CHIESA.
di HANS KÜNG
da ADISTA n° 90 del 23.12.2006
QUESTA INTERVISTA
AL TEOLOGO SVIZZERO
HANS KÜNG
È STATA RACCOLTA DA JÉRÔME ANCIBERRO
E PUBBLICATA SULLA RIVISTA FRANCESE “TÉMOIGNAGE CHRÉTIEN”
(23/11/2006). TITOLO ORIGINALE: “PARCOURS: MÉMOIRES
D’UN REBELLE”
Sarebbe potuto diventare uno dei teologi ufficiali del Vaticano, avrebbe potuto
accedere rapidamente all'episcopato e – perché no – concludere
pacificamente la sua carriera al Sacro Collegio. "Quando un grande teologo
perde i denti, è maturo per il cardinalato", scherza Hans Küng nel primo
tomo delle sue Memorie che sono appena uscite in francese per i tipi delle
Editions du Cerf. Un'altra giovane speranza della teologia germanofona della sua
generazione, che ha insegnato contemporaneamente a lui all'Università di Tübingen,
e ha scritto nelle stesse riviste (tra cui la famosa Concilium) è persino
diventato papa… Ma Hans Küng ama troppo la teologia e la libertà per
accettare di sacrificarle sull'altare del potere spirituale o su quello
dell'obbedienza a priori. La ricerca è una cosa seria. In teologia come in
altri campi, essa richiede il coraggio di andare alla radice dei propri
ragionamenti. E di dire pane al pane e vino al vino. Cosa possibile nel mondo
cattolico… fino ad un certo punto. Un teologo può a rigore pensare cose che
non quadrano con il discorso ufficiale e parlarne con alcuni suoi colleghi.
Commette invece un torto se lo fa sapere pubblicamente, soprattutto al di fuori
degli ambienti specialistici. Una battuta che circola negli ambienti teologici
è che un teologo che pubblica dei tascabili è perduto per la causa. Hans Küng,
grazie ad alcuni dei suoi libri, alle sue conferenze e ad un contesto storico
favorevole (l'epoca del Concilio Vaticano II) ha presto conosciuto un pubblico
che è andato oltre quello degli addetti ai lavori.
Ordinato prete a 26 anni, nominato professore di teologia all'Università di Tübingen
a 32, a 35 è uno dei più giovani consiglieri ufficiali del Concilio Vaticano
II (1962-1965). Ma ecco che nel 1979, sotto il pontificato di Giovanni Paolo II,
la Congregazione per la Dottrina della Fede gli ritira l'autorizzazione ad
insegnare teologia. Per un teologo cattolico, tale condanna equivale alla morte
accademica. Difficile, in effetti, riciclarsi. Ma, fortunatamente, per il
professor Küng, le università tedesche, in cui la teologia, pur sottoposta ad
un certo controllo ecclesiastico, è una materia come un'altra, hanno risorse.
Gli viene creato un posto su misura che gli permette di continuare il suo
lavoro. Dirige da allora l'Istituto di ricerche ecumeniche dell'Università di Tübingen.
Di colpo, il provvedimento romano che mirava a farlo tacere gli ha dato una
nuova libertà e ha ancora accresciuto la sua autorevolezza presso il pubblico.
Triste epoca per i censori romani… Ecco dunque che da più di quattro decenni
Hans Küng prende in giro coloro che impediscono di pensare. Nemico dichiarato
di tutti gli abusi legati al centralismo romano, non ha mai smesso di denunciare
le pratiche di ciò che egli continua a chiamare "l'Inquisizione", cioè
l'odierna Congregazione per la Dottrina della Fede, guidata fino all'aprile 2005
da Joseph Ratzinger. Egli si pronuncia a favore della possibilità dei voti
temporanei per i preti, e del sacerdozio degli uomini sposati e delle donne, si
fa un baffo delle dichiarazioni romane sulla contraccezione, richiama a
posizioni più pacate e meno polemiche su quasi tutte le questioni di morale
familiare e sessuale, si indigna per la normalizzazione degli episcopati… I
suoi lavori, rilanciati dalla Fondazione Weltethos che presiede, riguardano
essenzialmente lo studio delle religioni del mondo e la possibilità di
costituire una vera "etica mondiale". A 78 anni, il professor Küng ha
ancora molta carne al fuoco.
Il primo tomo delle Memorie di Hans Küng racconta soprattutto i conflitti in
occasione del Concilio Vaticano II. Già allora con la Curia…
Hans Küng è senza dubbio il teologo cattolico allo stesso tempo più
conosciuto e più controverso del mondo. In ogni caso, è uno dei maggiori
intellettuali che danno il "la" nei grandi dibattiti filosofici ed
etici del mondo contemporaneo. Malgrado questo, ci sono voluti quattro anni
perché il primo tomo delle sue Memorie, apparso in Germania nel 2002, fosse
tradotto e pubblicato in Francia. Nel momento in cui gli editori si battono per
comprare i diritti di opere destinate a diventare dei bestseller anche prima che
vengano scritti, questo ritardo fa emergere una doppia singolarità nel panorama
editoriale e intellettuale francese: la difficoltà di tradurre rapidamente e di
diffondere opere importanti dei grandi intellettuali del momento che non hanno
il buon gusto di scrivere direttamente nella lingua di Bernard Henri-Lévy e di
Alain Finkielkraut – cioè la quasi totalità dei pensatori importanti del
pianeta – ma anche lo scarso interesse accordato nel nostro Paese, al di fuori
degli ambienti strettamente religiosi, a tutto ciò che riguarda la teologia. Ma
non roviniamoci il piacere. Il libro è lì, anche se si tratta solo del primo
volume. Esso ridisegna i primi quarant'anni del teologo, dalla sua nascita nel
1928 nella piccola città di Sursee, in Svizzera, sulle rive del lago di Sempagh
non lontano da Lucerna, al 1968, anno in cui scoppiarono le rivolte studentesche
che, si dice, spaventarono tanto il futuro Benedetto XVI da indurlo ad assumere
posizioni conservatrici, e in cui fu promulgata, da papa Paolo VI, la funesta
enciclica Humanae Vitae con la quale la Chiesa cattolica tagliò i ponti con una
grande parte della popolazione occidentale. Il secondo tomo di queste Memorie
dovrebbe essere pubblicato alla fine dell'anno prossimo. "Nessun rispetto
per i cappelli di Gessler, che rappresentino il potere secolare o il potere
spirituale!", avverte Hans Küng, alludendo alla famosa leggenda di
Guglielmo Tell che aveva rifiutato di inchinarsi davanti al cappello del balivo
austriaco (il rappresentante del potere signorile, ndt). Il suo spirito di
resistenza, il teologo ritiene di averlo attinto in parte alle sue radici
svizzere.Da bambino e da adolescente, è un patriota entusiasta. I suoi primi
ricordi politici, legati alla lettura precoce della stampa cattolica
conservatrice e alle discussioni nella sua famiglia, antinazista e accanitamente
legata all'indipendenza nazionale, sono legati allo scoppio della seconda guerra
mondiale. Immerso in un cattolicesimo che definisce "medievale", ma
saltando il fosso dell'adolescenza per continuare a studiare nella scuola
pubblica, decide presto di diventare prete.
Periodo romano
Dopo gli studi superiori, parte direttamente per Roma, dove risiede presso il
Collegio Germanico che accoglie i seminaristi germanofoni. Studia alla famosa
Università Gregoriana, gestita dai gesuiti. Il racconto di questi anni romani e
della vita dei seminaristi regolata in modo frugale apparirà senza dubbio
particolarmente esotica al lettore. Gli studi vengono compiuti in latino, anche
gli esami. I giovani seminaristi sono sottoposti ad un controllo disciplinare e
"morale" particolarmente duro. Nessuna possibilità di uscire dal
palazzo ecclesiastico. "Nessun contatto con famiglie italiane! Ed anche se
imparo l'italiano nel corso di quei sette anni, non conosco nessuna italiana e
nessuna famiglia italiana". Küng è un seminarista perfettamente classico.
Nel suo diario spirituale, alla data del 18 settembre 1949, nota anche:
"Signore, concedimi di essere sempre dalla parte del papa in ogni
cosa". Siamo allora sotto il pontificato di Pio XII…
Ma il giovane seminarista, se apprezza abbastanza la disciplina intellettuale
alla quale deve attenersi, comincia ad avere alcuni dubbi. Certe regole della
vita al Germanico gli pesano. Sperimenta anche la difficoltà che esiste nel
conciliare la libertà di coscienza con l'obbedienza alla gerarchia. Il suo
ultimo anno a Roma, in occasione del quale comincia a studiare l'opera del
grande teologo protestante Karl Barth, e in cui si impegna, invano, nella difesa
delle condizioni di vita del personale italiano che assicura il funzionamento
quotidiano nel collegio, è per lui molto difficile. Diplomato in teologia e
ordinato prete, fa la sua tesi di dottorato (su Karl Barth) all'Institut
Catholique di Parigi. Ne trae un libro, La Giustificazione, dove viene
dimostrato, più di 40 anni prima della famosa Dichiarazione di Augusta, che un
avvicinamento tra cattolicesimo e protestantesimo su questo tema è possibile.
Riceve le congratulazioni di Giovanni Battista Montini, arcivescovo di Milano e
futuro Paolo VI. Ma praticamente nello stesso momento, il Sant'Uffizio, erede
dell'Inquisizione, apre un dossier a suo nome. L'annuncio di Giovanni XXIII di
un nuovo concilio arriva poco prima che il giovane teologo sia nominato
professore, nel 1960, all'Università di Tübingen. Nello stesso periodo, Hans Küng
pubblica "Concilio e ritorno all'unità" che diventerà un bestseller.
Comincia a diffondersi la sua reputazione di teologo franco tiratore. Questo
primo tomo delle Memorie è certo interessante per la sua descrizione di tutto
il processo conciliare che assume qui dimensioni epiche. Nominato consigliere
teologico (peritus) del Concilio Vaticano II, il professor Küng è in prima
fila. Egli redige (in latino, ovviamente!) discorsi per alcuni padri conciliari,
segue passo dopo passo l'evoluzione dei testi, lotta, con tanti altri, contro le
manovre della Curia che cerca di bloccare qualsiasi progresso
"modernista". La descrizione di questi intrighi, talvolta minuziosa ma
mai fastidiosa, con i suoi attori truculenti come il mitico cardinale Ottaviani,
che allora dirigeva il Sant'Uffizio e difendeva una visione ultra-reazionaria
del cattolicesimo, fa comprendere a che punto lo Spirito Santo che si riteneva
ispirasse i Padri Conciliari abbia talvolta le spalle grosse. Il professor Küng,
pur accogliendo con favore, evidentemente, i progressi apportati dal Concilio,
trattiene tuttavia il suo entusiasmo. Secondo lui, alcuni testi, soprattutto
quelli sull'organizzazione della Chiesa, restano molto ambigui. La centralità
romana rimane e, con essa, la possibilità di abusi di ogni genere. Il paragone
che egli traccia tra le procedure utilizzate dalla Congregazione per la Dottrina
della Fede nelle sue azioni contro i teologi scomodi e quelle della polizia
politica sovietica di altri tempi ha di che far pensare. Anche la collegialità
dei vescovi, spesso menzionata dopo il Concilio, non è che un sogno ben
lontano…
Si troveranno molte altre cose ancora in queste Memorie: ritratti – in
particolare dei tre papi di questo periodo –, aneddoti significativi su attori
dell'epoca che conosceranno più tardi una "brillante" carriera,
analisi di fondo su questioni sulle quali i cristiani di oggi non hanno finito
di discutere, critiche senza asprezza ma efficaci, alcuni giudizi anche
sferzanti, ma che il lettore perdonerà subito davanti a tutto ciò che offre
questo libro appassionante.
"Voglio essere un cattolico evangelico"
TC: Il sistema romano le appare insopportabile. Perché resta cattolico?
Hans Küng: È la mia patria spirituale. Non è perché sono scontento
del mio governo che lascerò la mia patria. Apprezzo anche questa particolarità
della Chiesa cattolica di toccare l'universalità nello spazio –
contrariamente ad un certo provincialismo che si può trovare nelle Chiese
protestanti – e di incarnare una grande tradizione di duemila anni. Ma allo
stesso tempo, ci vuole un criterio di giudizio. Per me, questo criterio è il
Vangelo. Voglio essere un cattolico evangelico, o un evangelico cattolico, come
vuole…
Lei ha avuto la possibilità di osservare da vicino, alla fine degli anni
'50, il panorama intellettuale cattolico francese. Quali differenze percepisce
rispetto all'epoca attuale?
All'epoca, vi erano ancora degli intellettuali cattolici francesi che
avevano una certa influenza. I dibattiti del Centro degli intellettuali
cattolici attiravano centinaia di persone. Forse è colpa della mia ignoranza,
ma ho l'impressione che tutto questo sia cambiato. È senza dubbio la "tabuizzazione"
di alcuni problemi in ambito cattolico ad allontanare le persone che osano
riflettere a voce alta. Secondo Roma, non si ha il diritto nemmeno di discutere
la questione dell'ordinazione femminile. Allo stesso modo vi sono poche figure
episcopali di primo piano. Ma se i vescovi non sono conosciuti, forse è perché
non dicono niente di speciale. Il sistema delle nomine apre la strada soltanto a
coloro che sono completamente in accordo con la linea ufficiale. Come si può
aver voglia, in queste condizioni, di entrare nel dibattito?
Che cosa pensa dell'attuale polemica sul ritorno della messa tridentina?
Io ero contrario a qualsiasi politica rigorista nei confronti di Lefèbvre.
Si sarebbe dovuto permettergli di celebrare le sue messe all'antica. Secondo me
non vi è nessun pericolo che la popolazione cattolica torni al rito antico e al
latino. Penso che si esagera un po' l'importanza di questa questione, anche se
so bene che, in Francia, la situazione è particolare poiché i tradizionalisti
sono più numerosi che altrove e spesso sono legati all'estrema destra. Ma vi
sono altri problemi di gran lunga più gravi nella Chiesa cattolica. Ancora una
volta, la questione del modo di nominare i vescovi, per esempio…