LUCIANO
SCACCAGLIA, Gesù di Nazareth. Perfetta icona di Dio nel Vangelo di Marco,
Parma 2004, pagg. 218, € 12,00
Non ho certo la presunzione di fare una presentazione adeguata dell’ultimo libro del teologo don Luciano Scaccaglia. Leggendolo ho provato l’emozione di un viaggio nel Vangelo di Marco compiuto con estremo rigore sul piano esegetico ed ermeneutico e, nello stesso tempo, ho percepito tra le righe il calore del cuore profetico dell’autore e la sua ben nota coerenza evangelica
II titolo è totalmente coerente con molte delle grandi ricerche degli ultimi 100 anni sul terreno dell’indagine cristologica. L’espressione precisa "Gesù icona di Dio” è del cardinale Walter Kasper ( l) che, nei suoi anni giovanili, scrisse un testo di significativa ricerca cristologica (2). Altri biblisti e teologi si esprimono con linguaggio sostanzialmente identico o equivalente: Ortensio da Spinetoli, Schillebeeckx, Kung, Haight, Schussler, Meier, Patterson, Barbaglio, Ed. Schwizer, T. Wrigt, Boismard, Lesh, Mc Dermott, Hick, Knitter, Holl, Tamayo-Acosta, Tepedino, Kurschel, E. Json, Nocke, Schulz, Balasurya... (3).
Ovviamente le cristologie funzionali, epifaniche, iconiche o “esistenzialiste” (4) hanno accentuazioni diverse tra loro, ma sono tutte aperte, allusive, dentro un “codice” linguistico in cui “Gesù narra ed esemplifica Dio” o è la Sua parabola, è il “simbolo di Dio”, la sapienza di Dio, il Suo testimone, il Suo “agente” o plenipotenziario, il Suo portaparola per eccellenza. Qui non ha alcun significato cercare un preciso riscontro terminologico nel vocabolario del Secondo Testamento. Ciò che conta, ciò che è decisivo sta nella ricerca del significato di Gesù per gli autori delle testimonianze bibliche e per noi (5). Del resto, quando si elaborarono le dottrine, più filosofiche che teologiche, dell’unione ipostatica o delle due nature, quale riscontro linguistico si aveva nei testi biblici?
Gesù e il suo messaggio costituiscono un “evento aperto” e quindi sono stati, sono e saranno necessari nuovi linguaggi perché, “se vuole essere autenticamente chiesa, ogni generazione deve misurarsi daccapo con le sue radici bibliche” (T. Wright).
Ovviamente don Luciano non legge il Vangelo di Marco su una nuvoletta: lo legge e lo “ascolta” con la chiara e dichiarata collocazione nella prospettiva del regno di Dio in cui le persone più deboli e marginali stanno al centro dell’attenzione amorosa di Dio. Basta avere una discreta familiarità con la Bibbia per trovarsi di fronte alla “parzialità” di Dio, non nel senso della esclusione di tutti gli altri, ma nel senso della priorità dei poveri. Penso al riguardo alle stimolanti riflessioni di Ellacuria, Boff,
Bonino, Elsa Tamez, Balasuriya. L’illusione di abitare uno spazio neutro fa parte della ideologia del dominio. Gesù stesso è stato un “partigiano della libertà” e la sua vita è finita in croce per la conseguenza delle sue scelte dalla parte dei deboli e degli impuri. Dio, risuscitandolo, gli ha dato ragione, ha confermato le sue scelte. Gesù infatti "non risorge per virtù propria: la sua risurrezione è il grande dono di Dio" (pag. 210). Anche su questo punto, sia pure con estrema brevità, il nostro Autore evidenzia che la "risurrezione di Gesù non è verificabile, ne dimostrabile; va accettata come rivelazione di fede, un dato di fede, che poggia, si basa sulla testimonianza di persone credibili, discepoli e discepole" (pag. 209).
Come scrive J. Gnilka, "non è stato il sepolcro vuoto ad accendere la fede di Pasqua, ma il sepolcro vuoto è una delle conseguenze della fede di Pasqua" (ivi, pag. 209). L' Autore documenta egregiamente il cammino dei discepoli che, attraverso successive tappe, hanno esperimentato una progressione nella fede, come fu per il loro maestro: "essendo Gesù vero uomo, anche la sua fede fu soggetta alla crescita come quella di ogni fedele e credente" (pag. 170). E' chiaro che qui Scaccaglia è ben consapevole di
collocarsi nel solco di quei teologi che, sempre più numerosi, criticano le formule dogmatiche imbalsamate ed irreformabili, "in quanto non sono bibliche, ma frutto di linguaggi fIlosofici in uso al tempo dei primi Concili ecumenici". E' efficace, al riguardo, la citazione del teologo Carlo Molari che sono costretto a contrarre: "Ne è conseguita una forma di fallacia ipostatica... e si rischia così di ridurre Gesù a un semplice manichino guidato da un burattinaio invisibile. In tal modo la cristologia dei vangeli viene inserita in un modello a lei estraneo e di fatto la figura umana di Gesù è completamente falsata…. Gesù perciò, non ha rivelato Dio perchè nella sua natura umana fosse divino, ma per che era stato reso così umano diventare traduzione del progetto che Dio ha dell'uomo, era diventato così trasparente alla presenza di Dio da consentirne la piena manifestazione nella carne" (6). In qualche misura Schillebeeck precisa questa affennazione nel senso che Dio è sempre più grande di ogni Sua
particolare manifestazione (7).
"Gesù è un "evento contingente" che non può escludere negare altre vie che conducono a Dio... Gesù non solo rivela Dio, ma lo nasconde pure essendo apparso tra noi nella condizione di un essere umano. non divino. Gesù è una persona storica contingente che non rappresenta affatto tutte le ricchezze di Dio" (8).
Una delle parti più rigorosamente documentate e, nello stesso tempo, più illuminanti è costituita dal capitolo 5 sull'identità di Gesù nel Vangelo di Marco e, in particolare sul significato della metafora "figlio di Dio" (pagg. 53-112). Scaccaglia apre il discorso anche alle cristologie degli 3 altri vangeli e, soprattutto, conduce il lettore ad esplorare la storia, la mappa e l' ampiezza dei significati della terminologia biblica ed extrabiblica. Nascono così pagine davvero dense e liberatrici. Ho letto queste pagine, sempre aperte alle interpretazioni molteplici, proprio mentre sto ulteriormente approfondendo i miei studi cristologici. E' impossibile non essere rimandati alle ricerche di Francois Vouga (9),di Giuseppe Barbaglio ( 10), di Stephen Patterson( 11) che in questi ultimi vent'anni stanno "sfornando" studi di altissima qualità esegetica ed ermeneutica e di notevole coraggio (12), senza dimenticare Pier Cesare Dori, Mauro Pesce, Giovanni Filoramo, Claudio Gianotto e infiniti altri ed altre. Tra
Scaccaglia e le ricerche di questi studiosi esiste una evidente sintonia, anche quando non sono citati. Le formule cristologiche del Secondo Testamento "hanno a che fare con la risposta dei primi cristiani all'esperienza di Dio che essi affermavano di aver avuto attraverso le parole gli atti di lui. Interrogarsi sulla teologia di Gesù significa porsi delle domande su quell'esperienza, e non sulle risposte che le sono state date... Quali sono le cose che Gesù riteneva vere a proposito di Dio? Gesù dava espressione all'idea che Dio non è lontano, ma direttamente coinvolto nella vita delle persone normali... Quest’idea fondamentale, espressa in forma cristologica, è diventata la dottrina dell'incarnazione... Gesù non avrebbe mai parlato di se stesso in quei termini: non pretendeva affatto di essere Dio incarnato... Dio è presente nella condizione umana. Questo è il significato dell’incarnazione ...Gesù credeva in un Dio che è presente nella vita umana e non è una realtà lontana... Una parte dei motivi per cui noi oggi possiamo adorare Gesù... sta nel fatto che ci siamo allontanati dal Gesù storico" (Patterson, op. cit., pagg 138 e 291). Probabilmente con "ira virtuosa" molti adoratori della tradizione dogmatica si stracceranno le vesti, ma la riscoperta della nostra fede passa anche, e forse soprattutto, attraverso la ricerca del Gesù storico, sia pure con tutti i limiti delle nostre possibili conoscenze. E ci tocca riconoscere che "la figura storica di Gesù di Nazareth non è per nulla omogenea con la sua identità così come è stata espressa a parole nella predicazione e nella dogmatica della chiesa (13). Anche per questo l'opera di don Scaccaglia rappresenta un contributo rilevante alla costruzione di una fede più biblica e consapevole. Gesù, allora, senza confondersi con Dio, Lo manifesta, Lo esprime, fa vedere come Dio "sogna" e pensa la vita e come Dio ama le Sue creature e le accompagna verso un mondo "altro", come la prassi e le parabole del nazareno prefigurano ed anticipano. In tempi di dilagante omologazione al "sistema di dominio", la lettura del Vangelo di Marco ci sollecita a osare sentieri audaci e perseveranti sui quali Gesù ci precede (14).
Voglio finire con un pensiero che mi sembra di viva attualità in questo tempo in cui, nella chiesa che amo, risuona costantemente il richiamo all'obbedienza, a compattare il gregge, ad ascoltare la voce dei "sacri pastori". Davanti al ribadimento quasi ossessivo delle formulazioni dogmatiche tradizionali, don Scaccaglia ci invita prima di tutto a vivere la nostra sequela di Gesù in stato di permanente conversione
e poi a pensare e ripensare la nostra fede. Scrive con estrema lucidità il biblista e teologo Stephen Patterson: "Perche rimanere impegnato in una istituzione che ti fa credere che pensare sia peccato? E' certamente peccato essere arrivati a una situazione come questa dopo duemila anni di storia
cristiana. In fin dei conti, se il cristianesimo è cominciato con Gesù e i suoi seguaci, non ha certo avuto degli inizi caratterizzati da deferenza acritica verso l'autorità. Gesù e i suoi seguaci usarono gli aspetti migliori della tradizione ebraica per criticare molte idee che erano correnti nel loro mondo riguardo a Dio, alla comunità umana, al modo di vivere e di approfondire il senso dell'esistenza. Gesù non era un intellettuale, ma aveva una grande profondità di pensiero su queste materie e non si rimetteva alle automatiche risposte che gli forniva la sua cultura. Non è peccato pensare, dubitare, porre domande. Al contrario: qui appunto comincia l'essenziale per i cristiani. Le domande di Gesù sono le stesse che ci poniamo oggi. Chi è Dio? Come possiamo vivere insieme con maggiore fedeltà verso Dio? Che cosa dà alla vita il suo significato? Gesù si poneva delle domande simili a queste, ma le sue risposte sono difficili da tradurre nella nostra situazione. Ciò richiede di per se grande e attenta riflessione. Non è peccato pensare. E' un elemento necessario della fede cristiana oggi" (Il Dio di Gesù, pag. 287).
Grazie, don Luciano. Questo tuo scritto ci aiuterà a incontrare, attraverso Gesù di Nazareth, il Dio vivo e ci sosterrà nel cammino dei nostri giorni in cui pensare non è superfluo, non deve diventare un lusso e non può essere nemico della fede. Hai saputo unire competenza, passione ed eccezionale leggibilità. Grazie ancora perché questo intreccio è una dote rara. molto rara (15).
Il
volume può essere richiesto a:
Comunità Parrocchiale di Santa Cristina - Borgo Chiara, 5 - 43100 Parma - tel. 0521238953
Note
(1) Si veda AA.VV. Teologia in discussione, Guida, Napoli 1989, pag. 76.
(2) W. KASPER, Il Dio di Gesù Cristo, Queriniana, Brescia 1971.
(3) Ho fornito ampia documentazione bibliografica nel mio "Olio per la lampada", Viottoli, Pinerolo 2004, pagg 87- 145.
(4) Il termine è largamente usato da Stephen J. Patterson nel prezioso e discusso Il Dio di Gesù, (Clandiana, Torino 2005) per distinguere questa cristologia da quella "essenzialista", altrove definita ontologica.
(5) Al riguardo sono preziose le elaborazioni di G. Soares Prabhu e di A. Gesche (in AA.VV., I volti del Dio liberatore, EMI, Bologna 2004), Marcelo Barros, Jose Maria Vigil, Jacques Dupuis. Si pensi a quanto i linguaggi cristologici si debbano riconsiderare dentro la "svolta ermeneutica della teologia" (Claude Jeffré) e dentro il contesto del pluralismo religioso (Jacques Dupuis e "infiniti" altri).
(6) C. MOLARI, Gesù è Dio?, in Rocca, 15/12/1999, pagg. 48-49.
(7) E. SCHILLEBEECKX, La questione cristologica. Un bilancio, Queriniana, Brescia 1980.
(8) .E. SCHILLEBEECKX, Perché la politica non è tutto Queriniana, Brescia 1987, pagg. 10-11
(9) F. VOUGA. Il cristianesimo delle origini, Claudiana, Torino 2001.
(10)G. BARBAGLIO, Gesù ebreo di Galilea, EDB, Bologna 2002.
(11)S. PATTERSON, Il Dio di Gesù, Claudiana, Torino 2005.
(12)Penso inoltre ai contributi di Penna, Vogtle, Fizmyer, Marguerat fino alla monumentale opera di Meier, edita dalla Queriniana.
(13)E. SCHILLEBEECKX, Perché la politica non è tutto, Queriniana, pag. 52.
(14)W. WINK, Rigenerare i poteri, EMI, Bologna 2003.
(15)Nell’ultima pagina è "saltato" un "non" quando l'Autore ricorda che Marco è l’unico dei sinottici che non riporta le beatitudini.
DA VIOTTOLI n° 1 - 2005