Vito Mancuso, Dio e il suo destino - Garzanti editore, Milano 2015, pp. 466, € 20
di Franco Barbero
Ho letto con estremo interesse l'ultimo libro di Vito Mancuso. Per chi ha seguito negli ultimi decenni il dibattito sul "dire Dio oggi", il contenuto di queste pagine è del tutto noto e scontato. Ma l'Autore ha il pregio, assai raro, di saper comporre una riflessione sistematica, scritta in modo semplice e avvincente. Raccomando vivamente la lettura del volume che risulta utile anche quando, con una eccessiva schematicità, parla di Deus, il "Dio onnipotente" ed esprime giudizi tanto taglienti quanto, a mio avviso, approssimativi sul monoteismo. Le pagine e gli accenni dedicati alla Trinità mi sono sembrati il parto di una fantasiosa creatività cosmoteocentrica, ma, come scriveva Kung, di pari passo si potrebbe parlare di "quartità" o "quintità". Molto più fondati di questo, mi paiono gli studi di 50 anni fa sulla simbolica trinitaria. Mi ha stupito il fatto che l'Autore non abbia citato le pubblicazioni unitariane che in Italia hanno registrato una fioritura di tutto rispetto a partire dalla riscoperta di Giorgio Biandrata. Ma per molti preti e teologi che, dopo ogni lettura biblica, nel corso di una celebrazione, proclamano "Parola del Signore", "Parola di Dio", queste pagine possono risultare assai salutari e addirittura sconvolgenti. Il libro merita una attenta lettura e non entra nemmeno in conflitto con le formulazioni dogmatiche classiche della "natura divina di Gesù" (pag.174), offre una lettura del Vangelo di Giovanni piuttosto dogmatica e poco informata, compare qua e là la formula del "Dio crocefisso". In ogni caso, non si tratta mai di un equilibrio statico, ma di un discorso dinamico e aperto. Oggi questo costituisce un pregio rilevatissimo di cui si avverte una tragica mancanza nel tessuto ecclesiale. Riprendendo da molti autori il concetto di panenteismo, con grande acribia e lucidità, parla di Dio che "fa muovere il processo sia fuori che dentro" ( pag.392). Tutte le pagine dedica-te alla creazione sono nitide e sollecitanti la nostra adorazione del mistero nel quale siamo, viviamo e ci muoviamo, per dirla con Paolo di Tarso. Decisamente costruttiva mi è sembrata la parte in cui Mancuso, in perfetta continuità e sintonia con molte elaborazioni precedenti degli anni 60-80, affronta la questione sul Dio personale: "Occorre dire che Dio contiene la possibilità di manifestarsi come persona, ma occorre parlare di Dio anche in modo impersonale. E' sicuro, comunque, che è possibile relazionarsi a Dio in modo personale; c'è tutta la storia della spiritualità occidentale a mostrarlo. Anzi, dobbiamo dire che in un certo senso è doveroso rapportarci a Dio in modo personale, intendendo con ciò la relazione più profonda che a noi è possibile istituire. Ed è così che possiamo e dobbiamo parlare con Dio" (pag 410). Ciò renderà più facile archiviare definitivamente una visione di Dio come "una specie di dittatore metafisico dell'universo" (pag.66) e altri simili. Sono grato all'Autore di queste pagine preziose e le mie osservazioni critiche hanno sol-tanto il desiderio di animare un confronto decisivo ed urgente per i cristianesimi di oggi e di domani. C'è attorno a noi troppa sonnolenza teologica e Vito Mancuso getta un sasso nello stagno e una luce nel dormitorio.