JOSE' ANTONIO PAGOLA, La via aperta da Gesù,

 

Borla Editore, Roma 2012, pagg. 288, € 25,

 

Franco Barbero


Questo volume, con commenti di alcuni passi del Vangelo di Matteo, apre una serie in cui verranno pubblicati Marco, Luca e Giovanni.
Si tratta di una impresa editoriale davvero significativa. Oggi Pagola, dopo il suo volume su "Gesù. Un approccio storico", è forse il teologo più "controllato" dalle gerarchie e più noto tra i cristiani adulti. Nella Spagna i suoi scritti hanno suscitato ampio dibattito.
L'intento del volume è ben riassunto nella presentazione dell'Autore: "Questo libro nasce dalla mia volontà di recuperare la Buona Notizia di Gesù per gli uomini e le donne del nostro tempo. Non ho ricevuto la vocazione di evangelizzatore per condannare, ma per liberare. Non mi sento chiamato da Gesù a giudicare il mondo, ma a suscitare speranza. Egli non mi invta a spegnere il lucignolo fumigante, ma ad accendere la fede che ha voglia di ardere" (pag. 7).
Nessuno si aspetti una lettura sovversiva sul piano dogmatico. Anzi, il nostro Autore, ben consapevole dell'occhio inquisitore della gerarchia, dice cose sovversive in un linguaggio assolutamente tradizionale. Così si mette al riparo dagli strali vaticani. Egli usa espressioni come "Figlio di Dio incarnato nel bambino di Betlemme". Ripetere alcune volte simili espressioni, perfettamente leggibili secondo una "cristologia ontologica" divinizzante, salva l'Autore dai guai. Si tratta di una strategia ben comprensibile che poi permette all"autore di esprimere una cristologia funzionale, epifanica del Gesù credente in Dio.
La "sostanza" del libro è preziosa e continuamente riconduce il lettore e la lettrice alla strada di Gesù: "Seguire Gesù significa credere quello che lui credette, dare importanza a quello che lui disse, interessarsi di quello di cui lui si interessò, difendere la causa che lui difese, guardare le persone come lui le guardò,…confidare nel Padre come lui vi confidò, affrontare la vita con la speranza con cui lui l'affrontò" (pag. 48). Gesù "credeva in un Dio felice" (pag. 52) per questo "convertirsi a Dio non significa decidersi per una vita più infelice e fastidiosa, ma orientare la propria libertà verso un'esistenza più umana, più sana e, in definitiva, più felice, anche se esige sacrifici e rinunce. Essere felici comporta sempre delle esigenze" (pag. 56).
Pagine roventi contro il consumismo, il potere che si fa adorare, che crea oppressione ed infelicità. Un Dio liberatore, che di identifica con la "gente semplice" (pag. 117), lascia sempre una porta aperta a chi vuole convertirsi alla prospettiva del regno di giustizia e di amore. Da qualunque situazione possiamo guardare a Lui con fiducia.
Seguire Gesù significa assaporare la bellezza di Dio. "Se una persona non ha scoperto un po' l'esperienza di Dio che viveva Gesù, la religione è una noia" (pag. 136).
"Matteo ha descritto la vera fede presentando Pietro che "camminava sulle acque" andando verso Gesù. Questo è credere. Camminare sulle acque… Appoggiare la nostra esistenza a Dio… Vivere sostenuti dalla nostra fiducia in Lui (pag. 150).
Pagine dense e piene di stimoli sono quelle dedicate alla preghiera, all'ascolto di sé, alla pace, al riposo, al pericolo di diventare "uomini spenti" (pag. 242), alla piaga del conservatorismo, all'ateismo ideologico. L'ultima parola di Dio è sempre la vita. Il Risorto ci insegna che "La vita è molto più di questa vita. Non abbiamo fatto altro che "cominciare a vivere" (pag. 272). "Un giorno, tutto quello che qui non ha potuto essere, quello che è rimasto a metà, quello che è stato rovinato dalla malattia…troverà in Dio la sua pienezza. Il credente non muore andando verso l'oscurità, il vuoto, il nulla. Con fede umile si consegna la mistero della morte, affidandosi all'amore insondabile di Dio" (pag. 272).
Raccomando vivissimamente queste pagine così costruttive, scritte con cuore palpitante e con il desiderio di accompagnare il lettore verso una fede adulta, inserita nel mondo, radicata nella fiducia in Dio.
Questo libro fa vedere quanto la fede cristiana sia sorgiva di vita, di creatività, di rinnovamento per ciascuno/a di voi e per le nostre chiese aggrappate a tesori scaduti. Quanto questa fede possa reggere le sfide del presente e del futuro. Qui "la fede parla" e non c'è alcun riferimento ai troppi e inutili discorsi ideologici sul teismo, gabbati per nuove elaborazioni teologiche. Il problema, semmai, non è il teismo, ma "quale teismo". Su questo argomento ritornerò più diffusamente.
A conclusione di  queste mie note, dovrei aggiungere qualche osservazione critica sulla sponda del pluralismo religioso (pag. 263); così pure non posso rinunciare ad annotare la sbrigatività con cui l'Autore parla della Trinità, senza distinguere tra linguaggio simbolico e dogma (pag. 278).
Ma si tratta di rilievi critici marginali. Libri come questo scaldano il cuore e creano un ponte verso chi ha abbandonato una fede triste, routinaria, dogmatica, noiosa, fatta di santini, madonne, processioni e di liturgie fuori dal mondo. Un po' di calore può far bene a ciascuno/a di noi.
Bona lettura.