ANDRE'
GOUNELLE, Parlare di Cristo, Editrice Claudiana, Torino 2008, pagg.
168, € 16,50.
Spero che i credenti che non si accontentano di ripetere le
formule della fede, quelle dei grandi concili di Nicea, Costantinopoli, Efeso e
Calcedonia, abbiano l'opportunità di leggere e studiare le pagine scritte da
questo teologo protestante coraggioso, documentato, anticonformista.
Il nostro Autore parte dalla constatazione oggi molto diffusa che i linguaggi
dogmatici dei nostri catechismi sono assolutamente incapaci di metterci in
contatto con l'esperienza cristiana originaria.
"Che valore attribuire alle dottrine
tradizionali? ... Trinità, due nature, espiazione sostitutiva: questi dogmi
costituiscono i tre pilastri del cristianesimo? Personalmente non lo penso. La
maggior parte delle dottrine classiche considerate come ortodosse mi lascia
perplesso; alcune mi sembrano inaccettabili, addirittura rivoltanti. Invece di
aiutare il credente a pensare e a vivere la sua fede, se tenta di capirle e non
si accontenta di ripeterle, esse rappresentano per lui un fardello ed un
ostacolo...
Le chiese hanno avuto il torto di
canonizzare le loro enunciazioni, di attribuire loro un'autorità dogmatica che
si vorrebbe imporre a tutti i buoni cristiani... Ci sarebbero da riprendere
molti processi, in primo luogo quelli contro Ario. Quella che noi chiamiamo
"ortodossia" corrisponde a ciò che è prevalso nelle lotte
ecclesiastiche e politiche, ma non necessariamente a ciò che è migliore, a ciò
che è più pertinente o più fedele...
Esse utilizzano il vocabolario e il modo
di ragionare di un'epoca passata. Dato che più nessuno le capisce, piuttosto di
ripeterle tali e quali è importante cercare di esprimere le nostre esperienze e
le nostre convinzioni religiose nel linguaggio del nostro tempo, sapendo che il
nostro linguaggio perderà efficacia e che un giorno sarà necessario
sostituirlo. Ogni dottrina è relativa e provvisoria. Al giorno d'oggi, in
particolare nel mondo ecumenico si constata l'esistenza di una specie di
feticismo. Per esservi ammessi e rispettati, si deve rendere omaggio ai grandi
concili, menzionare il Dio trinitario e parlare del Cristo vero Dio e vero uomo.
Queste espressioni funzionano come formule
magiche che aprono le porte, se non del regno di Dio, almeno di quelle della
chiesa o della comunità ecumenica. Se non le utilizzate, resterete al di fuori,
nessuno vi ascolterà, nè vi prenderà sul serio. Se le usate, potrete
manipolarle quanto vi pare, fino a far loro dire il contrario del loro
significato originale (ne abbiamo alcuni esempi). Poco importa, visto che avete
pronunciato distintamente e correttamente lo Scibbolet . L'etichetta conta più
del contenuto.
Da parte mia, io resisto a quella che mi
sembra essere un'ipocrisia. Probabilmente, riuscirei a far capire e accettare
meglio le mie idee se le presentassi (e talvolta mi è stato consigliato), come
una reinterpretazione delle dottrine trinitarie e cristologiche. In parte lo
sono, e la prudenza indurrebbe a sottolinearlo. In effetti, giusto o sbagliato
che sia il mio atteggiamento, trovo più leale e più onesto dire che non tento
di dare una nuova giovinezza alle dottrine classiche. Non le accetto a
condizione che vengano sottoposte a migliorie e a modificazioni, ma aspiro ad
alternative e tento di esplorare nuove vie.
D'altronde non sono l'unico ad andare in
questa direzione, tutt'altro. La mia ricerca non è nè solitaria, nè senza
precedenti. Nella storia del pensiero cristiano e della teologia contemporanea
esistono numerose correnti minori, devianti o marginali rispetto alle
ortodossie, che propongono modi diversi di pensare il cristianesimo. A queste mi
sono largamente ispirato" (pagg. 19-20-21).
Gounelle, con grande equilibrio, non nega che altri possano preferire le
affermazioni della cristologia classica, ma sottolinea la legittimità e la
libertà di scegliere altre vie.
Per il nostro Autore "il Cristo delle
dottrine teologiche appartiene maggiormente alla concettualità ellenica che non
al mondo giudaico. E' più vicino al neoplatonismo che alla sinagoga"
(pag. 26) mentre Gesù "si colloca
perfettamente nel quadro del giudaismo e non pretende di uscirne"
(pag. 27).
Così diventa ragionevole domandarsi: "le
affermazioni su Cristo non rischiano di rendere sordi alle parole di Gesù?"
(pag. 28).
Ovviamente queste domande sono costantemente riemerse nei secoli. Per quanto
fossero rimosse, dichiarate irricevibili, eretiche, numerosi teologi hanno
continuato a segnalare il divario fra il Gesù dei Vangeli e il Cristo delle
dottrine e hanno continuato a formulare riserve nei confronti dei dogmi
trinitari e cristologici.
Ci troviamo davanti a migliaia di nomi che, per lo più, non hanno mai inteso
squalificare lo sforzo della ragione di elaborare delle dottrine, ma hanno messo
in radicale discussione la presunzione di poter formulare dottrine eterne,
immutabili, perfette.
Lo sforzo di riflessione necessario non consude a enunciazioni assolutamente
dogmatiche, fisse, sacre, intoccabili, vere e proprie "bende
dottrinali" che riducono Gesù ad una figura imbalsamata e deposta nel
mausoleo delle verità (pag. 92).
Tra l'insegnamento di Gesù e la redazione dei Vangeli e delle Lettere esiste un
divario evidente: "Gesù insegna che
Dio ama, accoglie, salva, conforta e rinnova senza condizioni. L'essere umano
che si rivolge a lui ha direttamente accesso al Padre... Da parte loro gli
apostoli tendono a fare di Gesù la condizione di accesso a Dio...
L'esclusivismo cristiano nasce dalla predicazione di Pietro, di Paolo e di
Giovanni piuttosto che da quella di Gesù. Ci si può persino chiedere se esso
non contraddica ciò che rappresenta il cuore del messaggio di Gesù"
(pag. 143).
Il lettore non troverà nulla di assolutamente nuovo rispetto alle cose che
scrivo da almeno trent'anni con ben maggiore documentazione bibliografica ed
argomentazione esegetica, ma consiglio queste pagine perchè ripropongono in
modo chiaro ed efficace gli interrogativi ormai ineludibili che, però, i vari
catechismi continuano ad ignorare.
E' evidente che il nostro Autore, per esigenze di divulgazione, omette in
larghissima misura la documentazione storica, esegetica, ermeneutica che oggi ha
assunto una vastità ed una profondità davvero singolari. Almeno l'appendice
bibliografica avrebbe potuto rendere conto di questi studi in modo più adeguato
ed ampio.
Aggiungo che il libro è di facile e piacevolissima lettura.
Don
Franco Barbero