L’ANTICO NON C’È PIÙ E IL NUOVO NON C’È ANCORA

 

Se il cristianesimo vorrà continuare a parlare al mondo postmoderno, lo dovrà fare sulla base di idee e parole radicalmente nuove. Cambiamento o irrilevanza, insomma, questa l’alternativa: per quanto immane sia il compito, per quanto ambizioso appaia, la riformulazione dell’intera fede cristiana diventerà sempre più l’unica sua via di sopravvivenza… E’ la tesi del libro del teologo e vescovo episcopaliano John Shelby Spong Un cristianesimo nuovo per un mondo nuovo. Perché muore la fede tradizionale e come ne nasce una nuova di Massari Editore (pp. 368, euro 15).

ADISTA n° 94 del 4.12.2010

 di John S. Spong

Sono un cristiano.

Per quarantacinque anni ho servito la Chiesa cristiana come diacono, prete e vescovo. E continuo a servire questa Chiesa in un'ampia varietà di modi anche adesso che sono ufficialmente in pensione. Io credo che Dio sia reale e che io viva profondamente e significativamente in rapporto con questa divina realtà.

Proclamo Gesù mio Signore. Credo che egli abbia mediato Dio in un modo poderoso e unico nella storia dell'u-manità e in me.

Io credo che la mia vita personale abbia ricevuto un'im-pronta intensa e decisiva non solo dalla vita di Gesù, ma anche dalla sua morte e certamente dall'esperienza pasquale che i cristiani conoscono come risurrezione.

Parte della mia vita vocazionale è stata spesa alla ricerca di un modo per esprimere questa impronta e per invitare altri in ciò che io posso solo designare come l'“esperienza di Cristo”. Credo di aver scoperto in questo Cristo una base del senso, dell'etica, della preghiera, del culto e perfino della speranza per una vita al di là delle frontiere della mia mortalità.

Io voglio che i miei lettori sappiano chi è colui che scrive queste parole. Non voglio essere colpevole di nessun atto di violazione di un qualunque pacchetto di verità. Mi definisco prima di tutto e principalmente come un credente cristiano.

Tuttavia non definisco Dio come un essere soprannaturale. Non credo in una divinità che può aiutare una nazione a vincere una guerra, intervenire a curare la malattia di una persona amata, permettere a una particolare squadra sportiva di battere la sua avversaria o di modificare le condizioni atmosferiche a vantaggio di qualcuno. Non ritengo appropriato per me far finta che queste cose siano possibili quando tutto ciò che conosco dell’ordine naturale del mondo che io abito proclama il contrario.

Dal momento che non vedo Dio come un essere, non posso interpretare Gesù come l’incarnazione terrena di questa divinità soprannaturale, né posso credibilmente supporre che abbia posseduto tanto potere divino da fare cose miracolose come placare la tempesta, scacciare i demoni, camminare sull’acqua o moltiplicare cinque pani sino a fornire cibo sufficiente per nutrire cinquemila uomini, più le donne e i bambini. Se proclamo la natura divina di questo Gesù, devo farlo su basi diverse da queste. I miracoli sulla natura, ora ne sono convinto, dicono una gran quantità di cose sul potere che la gente attribuiva a Gesù, ma non dicono nulla su ciò che è accaduto letteralmente.

 

Tutto ciò in cui non credo

Io non credo che questo Gesù possa o abbia in senso letterale risuscitato i morti, vinto una paralisi fisica, o ridato la vista a una persona nata cieca o a qualcuno cui la capacità di vedere fosse stata fisiologicamente distrutta. Neppure credo che abbia potuto rendere capace di udire una persona sordomuta dalla nascita. Le storie di guarigione possono essere lette in vari modi. Leggerle come eventi soprannaturali e miracolosi è, a mio parere, la meno credibile di queste possibilità.

Io non credo che Gesù sia entrato in questo mondo attraverso il miracolo di una nascita verginale o che una nascita verginale possa aver luogo al di fuori della mitologia. Io non credo che letteralmente una stella abbia guidato uomini saggi che portavano doni a Gesù o che letteralmente degli angeli abbiano cantato ai pastori sul pendio di una collina per annunciare la sua nascita. Io non credo che Gesù sia nato a Betlemme o che sia fuggito in Egitto per scampare alla collera del re Erode. Io considero tutto ciò come leggende che sono state successivamente storicizzate man mano che la tradizione cresceva e si sviluppava e le persone cercavano di capire il significato e il potere della vita di Cristo.

Io non credo che l’esperienza celebrata dai cristiani a Pasqua fosse la risurrezione fisica del corpo di Gesù morto da tre giorni, neppure credo che qualcuno abbia realmente parlato con Gesù dopo il momento della risurrezione, gli abbia dato cibo, toccato la sua carne risorta, o che lui abbia camminato in qualche maniera fisica con il suo corpo risorto. Trovo interessante che tutte le narrazioni che raccontano questi incontri si trovino solo nei vangeli, che sono stati scritti più tardi. Io non credo che la risurrezione di Gesù sia stata letteralmente segnalata da un terremoto, dalla dichiarazione di un angelo o da una tomba vuota. Io considero queste cose come tradizioni leggendarie di un sistema religioso in maturazione.

Io non credo che Gesù, alla fine del suo soggiorno terreno, sia tornato a Dio ascendendo in senso letterale verso un paradiso ubicato da qualche parte sopra il cielo. La mia conoscenza delle dimensioni dell'universo riconduce tale concetto al nonsenso.

Io non credo che questo Gesù abbia fondato una Chiesa o che abbia stabilito una gerarchia ecclesiastica iniziata con i dodici apostoli e che perdura fino ai nostri giorni. Io non credo che abbia creato i sacramenti come mezzi speciali di grazia o che questi mezzi di grazia siano, o possano essere, in qualche modo controllati dalla Chiesa, e quindi amministrati solamente dagli ordinati. Tutte queste cose rappresentano per me tentativi da parte degli esseri umani di accrescere il potere per se stessi e per la loro particolare istituzione religiosa.

Io non credo che gli esseri umani siano nati nel peccato e che, a meno di essere battezzati o in qualche forma salvati, verranno banditi per sempre dalla presenza di Dio. Io non ritengo che il concetto mitico della caduta della vita umana in uno stato negativo costituisca una visione corretta dei nostri inizi o dell'origine del male. Concentrarsi sulla caduta dell'umanità in una situazione di peccato e suggerire che questa peccaminosità possa essere vinta solo tramite un'ini-ziativa divina che ristabilisca la vita umana in una situazione di pre-caduta che non c'è mai stata sono per me concetti davvero strani, che servono prima di tutto, ancora una volta, a costruire il potere istituzionale.

Io non credo che le donne siano meno umane o meno sante degli uomini e perciò non riesco a immaginare di essere parte di una Chiesa che discrimini le donne in qualsiasi maniera o addirittura suggerisca che una donna è inadatta a qualsiasi vocazione che la Chiesa generalmente offre al suo popolo, dal papato al più umile ruolo di servizio. Io considero la tradizionale esclusione ecclesiastica delle donne dalle posizioni di comando non una tradizione sacra, ma una manifestazione del peccato di patriarcato.

Io non credo che le persone omosessuali siano anormali, malate mentali o moralmente depravate. Inoltre, io considero ogni testo sacro che asserisca il contrario come errato e male informato. I miei studi mi hanno portato alla conclusione che la sessualità come tale, inclusi tutti gli orientamenti sessuali, sia moralmente neutra e che possa essere vissuta sia positivamente sia negativamente. Io ritengo che lo spettro dell'esperienza sessuale umana sia davvero ampio. In quello spettro, una certa percentuale della popolazione u-mana è in ogni epoca orientata verso persone del proprio genere. Questa è semplicemente la vita. Io non posso immaginare di essere parte di una Chiesa che discrimina le persone gay o lesbiche sulla base del loro essere. Neppure voglio continuare a prender parte a pratiche ecclesiali che considero basate su nient'altro che ignoranza e pregiudizio

Io non credo che la pigmentazione della pelle o un'ori-gine etnica costituiscano un titolo di superiorità o inferiorità, e considero ogni tradizione o sistema sociale, compresa quella parte della Chiesa cristiana che opera con tale presupposto, indegni di continuare a vivere. I pregiudizi degli esseri umani basati sulla razza o l'origine etnica sono per me nient'altro che la manifestazione di un passato tribale; sono preconcetti negativi che gli esseri umani hanno sviluppato nella loro lotta per la sopravvivenza.

Io non credo che tutta l'etica cristiana sia stata scolpita su tavole di pietra o nelle pagine delle Scritture cristiane e quindi definita una volta per sempre. Sono consapevole del fatto che “il tempo rende goffo il bene antico” e che il pregiudizio fondato su definizioni culturali negative ha offerto ai cristiani, lungo i secoli, la base per opprimere la gente di colore, le donne e coloro il cui orientamento sessuale non era eterosessuale.

Io non credo che la Bibbia sia la “parola di Dio” in un qualche senso letterale. Non la considero la sorgente primaria della rivelazione divina. Io non credo che Dio abbia dettato o anche solo ispirato integralmente la sua produzione. Io vedo la Bibbia come un libro umano che mescola la profonda sapienza dei saggi attraverso i secoli con i limiti della percezione umana della realtà in un determinato momento della storia umana. Questa combinazione ha segnato le nostre convinzioni religiose con testimonianze ambivalenti, unendo schiavitù ed emancipazione, inquisizione e progressi teologici, oppressione e libertà.

 

Il sentiero più arduo

Potrei allungare questa litania di credo e non-credo ancora per pagine, ma questi pochi enunciati dovrebbero essere sufficienti per impostare le questioni che voglio sviluppare. La questione primaria che cerco di sollevare in questo libro è la seguente: può una persona onestamente dichiarare di essere cristiana e nello stesso tempo abbandonare, come ho fatto io, molto di ciò che è stato tradizionalmente definito come il contenuto della fede cristiana? Sarei più saggio e onesto se facessi ciò che tanti della mia generazione hanno fatto, vale a dire, dimettermi dall'essere membro di questo sistema di fede dei miei predecessori? (...). Sicuramente una scelta simile avrebbe reso per molti versi la mia vita più semplice, meno complicata. Agli occhi di molti, sia nella Chiesa cristiana sia nella società secolare, avrebbe rappresentato anche un atto d'integrità. Tuttavia, non sarebbe stata onesta, né sarebbe stata conforme alle mie convinzioni più profonde. Il mio problema non è mai stata la mia fede. E sempre stata la maniera letterale con cui gli esseri umani hanno scelto di esprimere questa fede.

Ho scelto, perciò, il sentiero più arduo, il più complicato, nonostante in più occasioni ciò abbia minacciato di lacerare la mia stessa anima. Percorrere il mio sentiero mi ha esposto a un'enorme ostilità religiosa da parte d'impauriti aderenti alla mia stessa tradizione di fede, così come a un affrettato congedo da parte di molti miei amici secolari, che sembrano guardarmi come un residuato irrimediabilmente religioso del Medioevo. Di fronte all'ostilità religiosa, da un lato, e al diffidente disprezzo per il mio rifiuto di rigettare la mia fede tradizionale, dall'altro, io continuo a insistere che sono un cristiano. Mi attacco risolutamente alla verità dell'asserzione che Paolo ha fatto per primo: “Dio era in Cristo” (2Cor 5,19, KJV).

Io cerco l'esperienza di Dio che credo stia dietro le spiegazioni bibliche e teologiche che attraverso i tempi hanno tentato d'interpretare Gesù. Penso che sia possibile separare l'esperienza dalla spiegazione e riconoscere la sempre maggiore inadeguatezza delle parole antiche a captare l'essenza di una qualsiasi esperienza per tutti i tempi. Perciò mi appello alla Chiesa perché dia una svolta radicale al modo in cui ha tradizionalmente proclamato il suo messaggio, al modo in cui si è organizzata per essere la depositaria di questa riserva di potere spirituale, e al modo in cui ha preteso di parlare in nome di Dio nella storia umana.

 

La morte del Dio teistico

Io sono quasi certo che la revisione del cristianesimo che sto cercando di sviluppare debba essere così completa da provocare in alcune persone la paura che il Dio che hanno tradizionalmente venerato stia, in effetti, morendo. La riforma di cui c'è bisogno oggi dev'essere, a mio parere, così globale che a suo confronto la Riforma del XVI secolo sembrerà un gioco di bambini. Vista retrospettivamente, quella Riforma affrontava soprattutto i temi dell'autorità e dell'ordine sacro. La nuova riforma sarà profondamente teologica e sfiderà necessariamente ogni aspetto della nostra storia di fede. Poiché io credo che il cristianesimo non possa continuare a essere l'irrilevante spettacolo religioso cui è stato ridotto, sto cercando di coinvolgere in questa riforma le menti migliori del nuovo millennio. Io spero che noi cristiani non vacilleremo di fronte all'audacia della sfida. Noi affrontiamo oggi, come cercherò di documentare, un cambiamento totale nel modo di percepire la realtà da parte delle persone moderne. Questo cambiamento proclama che il modo in cui il cristianesimo è stato formulato tradizionalmente non è più credibile. Questo è il motivo per cui il cristianesimo come lo abbiamo conosciuto mostra segni crescenti di rigor mortis.

Il cristianesimo postula un Dio teistico che fa cose soprannaturali, molte delle quali non sono considerate morali per i nostri princìpi. Questo Dio, per esempio, è descritto nelle nostre Scritture mentre castiga gli egiziani con una piaga dopo l'altra, una delle quali comporta l'uccisione del primogenito maschio di ogni famiglia egiziana, in una campagna divina per la liberazione del popolo eletto dalla schiavitù (Es 7-10). Poi questo Dio ha aperto il Mar Rosso per permettere agli ebrei di fuggire dalla loro vita di schiavitù e lo ha chiuso giusto in tempo per annegare l'esercito egiziano che li inseguiva (Es 14). È questa l'opera di una divinità morale? Queste azioni riflettono forse un Dio che gli egiziani avrebbero potuto venerare? Lo potrebbe qualcuno di noi? Vogliamo davvero credere in una simile divinità?

Del Dio teistico delle Scritture si dice anche che abbia fermato il sole nel cielo (come se il sole ruotasse davvero attorno alla terra) per concedere a Giosuè luce a sufficienza per fare strage di amorrei in battaglia (Gs 10). E questo un motivo che può giustificare l'azione divina? Mettendo da parte ogni speculazione su ciò che potrebbe essere accaduto alla forza di gravità in risposta a tale magica manomissione dell'universo, resta da chiedersi se gli amorrei avrebbero mai potuto venerare un simile Dio. Avrebbero potuto affermare che la vita umana ha un valore infinito quando i pregiudizi tribali erano confusi a tal punto con la volontà divina? Chi di noi oggi sosterrebbe questo?

È stato questo stesso brano biblico del libro di Giosuè a permettere alla gerarchia della Chiesa cattolica di costringere nel XVII secolo lo scienziato Galileo a ritrattare, pena la morte, la sua affermazione “non conforme alla Scrittura” che la terra non era il centro dell'universo e che in realtà ruotava attorno al sole. Per quanto siano state le intuizioni di Galileo a rendere possibile la moderna esplorazione dello spazio cominciata negli anni '50, solo nel 1991 la Chiesa cristiana, con la voce del Vaticano, ha infine ammesso pubblicamente che Galileo aveva ragione e la Chiesa aveva avuto torto nel condannarlo. Ma a questo punto né Galileo né la maggioranza della comunità scientifica mondiale erano particolarmente interessati a ciò che le voci ufficiali della Chiesa dichiaravano circa il loro lavoro. Come ha osservato il fisico Paul Davies, vincitore del premio Templeton, il Dio piuttosto rozzo che aveva conosciuto nella Chiesa non era più abbastanza grande per essere il Dio del suo mondo. Qualcuno ha dei dubbi su chi avrà la meglio in questo particolare conflitto col passare del tempo?

Il cristianesimo, prendendo a prestito il concetto ebraico del Giorno dell'espiazione, Yom Kippur, ha tradizionalmente interpretato la morte di Gesù come un sacrificio offerto a Dio in riparazione dei nostri peccati. Si è deliziato nel riferirsi a Gesù come “l'agnello di Dio che con il suo sangue lava i peccati del mondo”. Un simile Dio - che richiede il sangue di un sacrificio umano - è ancora degno di venerazione oggi, quando finalmente la nostra coscienza considera ripugnante tale idea? (...).

Il rituale vagamente antropofago di mangiare la carne di una divinità defunta è pieno di antiche sfumature psicologiche che mettono a disagio la sensibilità moderna. La pratica liturgica di riattualizzare il sacrificio della croce e di proclamare che la nostra partecipazione a quella riattualizzazione è necessaria per la salvezza molto difficilmente può essere una moderna formula vincente. Analogamente, la pretesa ecclesiastica che solo persone propriamente autorizzate e ordinate possano presiedere questi atti suona ridicola alle orecchie moderne. Davvero ci aspettiamo che tali pretese guadagnino la lealtà delle menti moderne? E tuttavia, se queste pretese fossero rimosse dal culto cristiano, cosa resterebbe?

Separare l’essenziale dalle aggiunte

Io credo che tutti questi problemi e difficoltà sopra menzionati abbiano bisogno di essere affrontati apertamente dai cristiani oggi e quindi superati con nuove immagini. Per quei cristiani che hanno identificato Dio con queste bizzarre interpretazioni primitive della divinità, la transizione non sarà facile. Tuttavia è certamente arrivato il momento in cui tutti noi dobbiamo andare oltre la decostruzione di questi inadeguati e rigettabili simboli, che storicamente sono stati tanto significativi nella vita della Chiesa cristiana, e volgere la nostra attenzione al compito di delineare una visione di ciò che la Chiesa può e dev'essere in futuro.

Il compito apologetico primario che deve affrontare la Chiesa cristiana oggi è quello di separare l'essenziale dalle aggiunte, l'esperienza di Dio senza tempo dalle spiegazioni di Dio del passato condizionate dal tempo. La decostruzione è certamente un cammino di gran lunga più semplice da percorrere allorché si cerca di descrivere perché alcuni modi di comprensione di un sistema religioso del passato sono inadeguati. È decisamente più difficile delineare la visione di qualcosa di nuovo, qualcosa che la gente non ha mai visto, qualcosa che il mondo non ha mai provato. Ma i riformatori non possono limitarsi a combattere contro il mulino a vento dell'antichità. Devono sviluppare nuove visioni, proporre nuovi modelli, tracciare nuove soluzioni. Questo è ora il compito che io cerco di assolvere.

Non mi aspetto che questo tentativo incontri un pubblico ecclesiastico particolarmente interessato o reattivo. Non è cosa che mi preoccupi, comunque, perché le persone con cui cerco di comunicare costituiscono un pubblico molto specifico ed è a loro che io indirizzerò il mio messaggio quanto più direttamente possibile.

Non sono interessato, per esempio, a confrontarmi o a sfidare quegli elementi del cristianesimo conservatori e fondamentalisti che sono così prevalenti oggi. Credo che moriranno a causa della loro stessa irrilevanza, senza alcun aiuto da parte mia. Essi hanno legato la loro comprensione del cristianesimo ad assetti del passato che stanno semplicemente avvizzendo sulla vite. In nessuna parte ciò è più visibile che osservando il modo in cui la parola cristiano è usata nel nostro mondo contemporaneo. Chiedetevi che immagine vi viene in mente quando vedete un negozio con la scritta “libreria cristiana” o sentite un cronista politico che fa riferimento al “voto cristiano” in una determinata elezione. (...).

Permettetemi quindi di essere chiaro. lo non cerco di rivolgermi a questi credenti conservatori, che ritengo fuori della realtà. Io non voglio convertirli, discutere con loro o anche solo cercare di contrastarli, a meno che non minaccino di diventare voce di una maggioranza che cerchi d'im-porre il proprio programma al nostro mondo. Io credo che la diffusione della conoscenza renderà definitivamente irrilevanti i loro atteggiamenti nel dibattito sul futuro del cristianesimo.

Allo stesso tempo, non mi aspetto che questi sforzi di riforma o l'esposizione di una nuova visione cristiana siano salutati con qualcosa di più di uno sbadiglio d'indifferenza da quei membri della nostra società che hanno già deciso che qualsiasi religione è una superstizione a servizio dei deboli. Queste persone che hanno optato per la vita nella città secolare piuttosto che rimanere membri delle loro istituzioni religiose non sono propriamente interessate ai miei sforzi, che considerano un tentativo d'imbellettare un cadavere. (...).

Anche nelle principali tradizioni religiose non sarà facile per me guadagnare un orecchio disposto ad ascoltarmi o a concedermi un punto di appoggio significativo. Le Chiese principali sono molto più dedite a conservare il potere istituzionale che a confrontarsi con questi problemi “di vita o di morte”. La paura che provano i membri di queste Chiese li porterà a dire cose tipo: “Questa volta è andato troppo in là”. (...).

 

Testa e cuore insieme

Il pubblico cui cerco di rivolgermi è più piccolo, più definito e più specifico. Sono persone che si sentono spiritualmente assetate ma sanno di non poter più bere alle fonti tradizionali del passato. In sostanza, questo gruppo sarà una piccola minoranza della popolazione, ma a loro si aggiungerà un gruppo molto più ampio di compagni di viaggio che reagiranno se si darà loro l'opportunità di ascoltare. Queste persone plaudiranno, esprimendo il loro più profondo e reale apprezzamento. Alcune di loro diranno: “Finalmente qualcuno mi ha dato il permesso”, come se un qualche genere di permesso fosse davvero necessario, “di guardare alle cose da una nuova prospettiva, oltre le formulazioni tradizionali in cui le mie aspirazioni religiose sono state sinora costrette”. Queste persone assimileranno l'idea che i loro stessi dubbi e domande su Dio o la religione non le qualificano come pazze o malvagie. I loro dubbi e domande significano semplicemente che respirano l'aria del XXI secolo. Saranno felici di aver finalmente trovato un modo di tenere insieme la loro testa e il loro cuore.

Questo gruppo è stato il mio primario pubblico durante tutta la mia carriera. Possiedono ancora una profonda consapevolezza di Dio, che però non si adatta quasi per nulla a quei modelli che le istituzioni religiose dicono essere i soli modi di pensare Dio. Se si deve ottenere una nuova riforma del cristianesimo, allora essa comincerà e troverà le sue radici in questo gruppo di persone: un gruppo generalmente non solo non visto, ma neppure ascoltato dalle guide religiose del nostro mondo.

Quando questi vari pubblici reagiranno e interagiranno con i miei suggerimenti e le mie proposte, varrà la pena tenere presente la questione decisiva che spero d'affrontare in questo libro, e che è stata posta all'inizio del testo. Il cristianesimo radicalmente riformato che sto auspicando sarà sufficientemente collegato e identificabile con il cristianesimo del passato da poter essere riconosciuto non solo come suo erede, ma anche come parte integrante della stessa tradizione di fede? (...). La mia speranza più profonda è che la Chiesa, nelle sue innumerevoli forme istituzionali, non dia giudizi affrettati, ma permetta che sia il tempo a decidere se io sono un amico o un nemico, profetico nella mia visione o ingannato dall'arroganza.

 

Gesù è il Signore

Permettetemi, però, di dichiarare fin dall'esordio sia il mio desiderio cosciente sia la mia convinzione. lo sto cercando di riformare e ripensare qualcosa che amo. Non ho intenzione di creare una nuova religione. Io sono un cristiano e scenderò nella tomba come membro di questa famiglia di fede. Io penso che tutti i tentativi di costruire nuove religioni siano inevitabilmente destinati a fallire sin dall'inizio. Nessuna religione, compreso il cristianesimo, ha mai cominciato la sua esistenza come qualcosa di nuovo. I sistemi religiosi rappresentano sempre un processo evolutivo. Il cristianesimo, per esempio, è affiorato dall'ebraismo, che a sua volta era stato in parte plasmato dai culti di Egitto, Canaan, Babilionia e Persia. La marcia del cristianesimo verso il predominio nel mondo occidentale è stata marcata dall'in-corporazione di elementi degli dèi dell'Olimpo, del mitraismo e di altri culti misterici del Mediterraneo.

Nella misura in cui il cristianesimo si muove attualmente nel mondo moderno, incomincia a rispecchiare intuizioni raccolte dalle altre grandi religioni umane. L'evoluzione è la modalità del percorso religioso attraverso la storia. Ciò che io cercherò di fare è semplicemente abbozzare l'evoluzione futura di questa tradizione di fede. Lascerò ai credenti o ai critici di domani di decidere se il cristianesimo che sopravvivrà a questo XXI secolo sarà ancora o no in collegamento col cristianesimo che irruppe sulla scena della Giudea nel I secolo e da lì si mosse per conquistare l'Impero Romano nel IV secolo, dominare la civiltà occidentale nel XIII secolo, subire il restauro della Riforma nel XVI secolo, seguire la bandiera dell'espansione coloniale europea nel XIX secolo e contrarsi drasticamente nel XX secolo.

Io rimarrò radicato nella mia convinzione che la parola Dio rappresenti e significhi qualcosa di reale. In qualche modo io continuerò ad affermare che la figura di Cristo era ed è una manifestazione di quella realtà che io chiamo Dio, e che la vita di Gesù ha aperto a tutti noi una strada per entrare in quella realtà. Vale a dire, che cercherò di sostenere che Gesù è stato un momento ben definito nel cammino umano verso il significato di Dio. Delineerò una visione di come io credo che questa forza possa trascendere le epoche per permettere alle persone oggi di essere toccate da esso e anche di entrare in esso, con la necessaria creazione di comunità di culto e di liturgie viventi.

Infine, per adempiere tale compito, mi è chiesto di eliminare da questo cristianesimo del futuro ogni tentativo di prendere alla lettera i miti interpretativi e le leggende esplicative del passato. Tenterò di liberare il cristianesimo dalle sue pretese di esclusività e dal suo bisogno di potere, che hanno totalmente distorto il suo messaggio. Tenterò di andare dentro il sistema religioso sviluppato istituzionalmente, che ha contrassegnato il cristianesimo, e là esplorare il potere che questo stesso sistema ha cercato di giustificare e organizzare. Benché desideroso di sfuggire quei limiti, non ho alcun desiderio di sfuggire l'esperienza che ha costretto le persone attraverso le epoche, fino a oggi, me incluso, a dire: “Gesù è il Signore!”.

Questi sono i miei obiettivi. Possono essere raggiunti? O questa è la fantasia di una persona che sta vedendo le braci morenti di una tradizione di fede e anche di una vita di lavoro, ma è incapace di ammettere che non possono essere riaccese?

Lascerò che questo lo decidano i miei lettori. Per quel che mi riguarda, credo che questo sia l'unico modo per poter continuare a essere fedele alle promesse battesimali che ho fatto tanto tempo fa: “Seguire Cristo come mio Signore e Salvatore, cercare Cristo in tutte le persone e rispettare la dignità di ogni essere umano”