HOME PAGE          SOMMARIO LIBRI


RIPENSARE LA LAICITÀ PER UNA CULTURA SENZA "IDOLI". E UNA FEDE SENZA RELIGIONI. UN LIBRO DI MARCELLO VIGLI


ADISTA n° 3 del 11.1.2007

33704. ROMA-ADISTA. Un'indagine sul senso della laicità oggi, in una fase in cui questo termine – ormai sulla bocca di tutti (specie dei suoi nemici) – sempre più spesso assume accezioni vaghe o, peggio, equivoche, al punto da prestarsi ad un uso strumentale ed ideologico. Oggi che di laicità, accompagnata da prudenziali correttivi come "sana" o "autentica", parlano anche tanti esponenti della gerarchia cattolica, è urgente ricollocare il termine nel suo giusto campo semantico e "valoriale": a questo obiettivo è dedicato l'ultimo libro di Marcello Vigli, Contaminazioni. Un percorso di laicità fuori dai templi delle ideologie e delle religioni (Edizioni Dedalo, 2006, pp. 304, euro 16): si tratta di un percorso fatto alla ricerca, scrive Vigli nella sua premessa, "di un modo nuovo d'intendere la laicità" nel tentativo di trovare una via d'uscita all'attuale, profonda crisi che caratterizza la modernità. Oltre che da diversi altri fenomeni sociali, culturali e politici, infatti, i tempi attuali sono caratterizzati da un declino della dimensione statuale cui si accompagna la rivendicazione sempre più pressante e diffusa di vincolare, all'interno di strutture sociali e culturali autoreferenziali, donne e uomini accomunati da una stessa fede religiosa o identità etnica, in nome di un malinteso "multiculturalismo" che finisce per isolare i gruppi umani, costringendoli in ghetti "dorati" che precludono il confronto e - appunto - la possibilità stessa della "contaminazione".
Per superare queste difficoltà, ripensare la laicità "senza cedere alla tentazione di rifugiarsi nelle tradizionali narrazioni religiose, magari aggiornate", può costituire un efficace contributo. A condizione però - ammonisce Vigli - di uscire "dalle secche delle diatribe su Stato/Chiesa, religione/scienza, clericalismo/anticlericalismo, legate a un modello di convivenza sociale e politica in grave crisi" e di rendersi disponibili a "contaminarsi".
E della necessità imprescindibile della "contaminazione" per la costruzione di una nuova cultura della laicità, della necessità "di scegliere autonomamente nei confronti di ogni Assoluto, sia esso Dio, la Natura, il Partito, ecc.", parla la stessa biografia di Marcello Vigli, partigiano e militante dei Cristiano Sociali durante la Resistenza, ma anche dirigente dell'Azione Cattolica (da cui si stacca già nel ‘50 in dissenso con la linea moderata impressa all'associazione da Pio XII e da Gedda), e redattore di una rivista - "Questitalia" - che anticipò e alimentò molte delle sensibilità che caratterizzarono la stagione conciliare della Chiesa, pur rifiutandosi di qualificarsi come "cattolica"; e poi protagonista di esperienze come le Comunità Cristiane di Base, la Cgil scuola, il movimento Carta 89 per l'abrogazione del Concordato; fino alle battaglie contro l'ingerenza della gerarchia ecclesiastica nella vita civile per la scuola laica, pubblica e statale attraverso le associazioni "Scuola e Costituzione" e "Per la scuola della Repubblica".
Attraverso una ventina di capitoli, quasi una "garzantina" della laicità, il libro ripercorre - a partire dall'Impero romano fino ai nostri giorni - l'insorgere, lo sviluppo e il declino della laicità nella storia dell'Occidente analizzando il rapporto tra religione e potere attraverso i secoli. Nella parte finale del libro Vigli propone poi alcune letture della laicità come metodo, cultura, etica, visione dello Stato e della politica, per finire con il tentativo di comprendere come, nella società secolarizzata, sia possibile – anzi, necessario – intendere laicamente anche la dimensione della fede. Di una fede, cioè, vissuta senza religione, ma non per questo di una fede "minore". Tutt'altro. Per il credente infatti, sostiene Vigli, la modernità – lungi dall'essere una minaccia – rappresenta una preziosa occasione: "La fede vissuta fuori dagli schemi della religione e della teologia filosofica, nel trovare nella laicità la sua dimensione più vera, nutre una spiritualità più autentica. Induce, infatti, gli uomini e le donne che dicono di credere a fare i conti con la radicale scelta evangelica: ‘Non chiunque mi dice Signore Signore entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio'". Perché, afferma Vigli, questo Regno "i cristiani sono chiamati ad assumere la responsabilità di costruirlo in terra, non ad adagiarsi nella sua attesa, a portare cioè avanti – a tutti i livelli – la Storia come processo di autorealizzazione e di esaltazione di quella specie umana creata da Dio a sua immagine e somiglianza".
Del resto, è la stessa "fede nella creazione e nell'incarnazione" – scrive Vigli – che insegna "a ridimensionare ogni assolutizzazione delle istituzioni". E ciò vale anche per la Chiesa. È necessario quindi un profondo ripensamento della teologia e dell'ecclesiologia che giunga "a sviluppare una riflessione sulla fede vissuta nella cultura della laicità, assunta questa come campo privilegiato per definire correttamente il rapporto tra fede e ragione, nell'ottica dell'evangelica separazione dell'esteriorità della religione dall'interiorità della fede". L'appello di Dietrich Bonhoeffer alla fede senza religione, "pur se nato dall'impatto con la dura realtà dell'Olocausto", rappresenta infatti "un'inquietante e ineludibile discriminante per i cristiani nell'era della secolarizzazione". "Una spiritualità centrata sul mistero della storicizzazione di Dio che non riconosce a nessuno l'autorità di imprigionare il messaggio cristiano né in un'istituzione, come vorrebbe la gerarchia cattolica, né in un testo, come vorrebbe il fondamentalismo protestante".
Perciò, "ogni uomo, anche il ‘più ultimo', ha un'investitura divina nell'ambito della sua natura umana nella quale è chiamato a realizzare la sua autonomia e a portare Pace. Chiamato a costruire il migliore mondo possibile su questa terra, operando come se Dio non ci fosse, perché sua è la responsabilità". "Così si restituisce alla fede il suo carattere di dono gratuito, non destinato al consumo di chi lo ha ricevuto, ma a garantire la perpetuazione dell'annuncio della valenza salvifica dell'umanizzazione di Dio nella Storia". (valerio gigante)