DOC-1244. ROMA-ADISTA. A meno di non fare obiezione fiscale, non c'è
modo di "aggirare" l'8 per mille. Chi, al momento della dichiarazione
dei redditi, ritenga in coscienza di non voler devolvere questa quota delle
proprie tasse né alla Chiesa cattolica, né alla Chiesa valdese, né alle
Assemblee di Dio o allo Stato, non ha scappatoia: anche se non sceglie, se non
firma la relativa casella per la destinazione, si sa, il suo 8 per mille sarà
ripartito fra gli "aventi diritto" in base alla percentuale delle
scelte di tutti gli altri.
Se lo Stato "storna" l'8 per mille di quanto gli è dovuto in base
alle indicazioni dei cittadini è in ottemperanza di una legge: quella attuativa
del Concordato fra Santa Sede e Stato italiano. Contro questo sistema di
prelievo fiscale e contro l'accordo concordatario fa sentire ancora una volta la
sua voce il movimento "Noi siamo Chiesa", che, richiamando al valore
della povertà evangelica, segnala "i criticabili criteri di spesa"
dei "troppi soldi" che la Chiesa italiana raccoglie dall'8 per mille e
non solo, e sollecita a riflettere sul problema di fondo: il "senso stesso
dell'autorganizzazione della comunità dei credenti anche nei suoi aspetti
materiali".
Di seguito la riflessione di "Noi siamo Chiesa".
CATTOLICI ANTICONCORDATARI ED
OTTOPERMILLE
La riflessione di "Noi Siamo Chiesa"
"Noi Siamo Chiesa"
da sempre ritiene che in Italia l'attuale sistema concordatario conceda una
condizione di particolare favore alla Chiesa cattolica; esso è in
contraddizione con il messaggio evangelico che pretende povertà e rinuncia a
ruoli e poteri per potere più credibilmente testimoniare la Parola.
In particolare il sistema dell'ottopermille finanzia con risorse pubbliche gran
parte delle strutture ecclesiastiche (dal culto al sostentamento del clero). Ciò
è in contraddizione con il gratis accepistis, gratis date (Matteo 10,8)
che pretende l'assoluta gratuità nell'annuncio dell'Evangelo.
"Noi Siamo Chiesa" perciò continuamente ripropone, anche sulla base
di quanto afferma la Gaudium et Spes (cap. 76), la rinuncia della Chiesa
cattolica all'attuale sistema e la ricerca di nuovi strumenti atti a dare
risposta alle vere necessità dell'organizzazione ecclesiastica.
Troppi soldi, criticabili
i criteri di spesa
Partendo da questi punti di vista, la situazione nel 2001/2002 è peggiorata (è
invece migliorata dal punto di vista della Conferenza Episcopale!). Secondo le
informazioni ufficiali infatti :
- il gettito dell'ottopermille a disposizione della Cei aumenta ogni anno (di
120 milioni di euro nel 2001, di ben 145 nel 2002 ); il totale del gettito
ammonta per il 2002 a 908 milioni di euro;
- la destinazione di questi fondi è aspramente criticabile. Nel 2002 sono
aumentati di 101 milioni di euro quelli per esigenze di culto e di pastorale ma
di soli 5,4 quelli per interventi nel Terzo mondo (che sono stazionari dal 1995
mentre, nel frattempo il gettito dell'ottopermille è raddoppiato);
- anche gli interventi caritativi realizzati in Italia sono aumentati
modestamente (solo di 26,2 milioni di euro);
- lo stipendio dei quasi 38.000 sacerdoti è sempre di più
"pubblico". Esso viene garantito per il 55% dai fondi dell'ottopermille,
per il 21% da stipendi (insegnanti di religione, cappellani di ospedali o
carceri…) e solo per il 24% da risorse proprie della Chiesa (il 13% dalle
parrocchie, il 7% dagli istituti diocesani per il sostentamento del clero ed il
4% dalle libere offerte);
- inoltre, nonostante l'incessante propaganda nelle parrocchie e sulla stampa
cattolica, continua a calare di più di un miliardo all'anno il contributo
libero versato dai fedeli per il sostentamento del clero (esso ammonta per il
2001 a 19,2 milioni di euro che è appunto il 4% di quanto sarebbe necessario!)
Evidentemente c'è una scarsa motivazione a versare per questa finalità mentre
il popolo dei fedeli, al contrario, è ben più generoso in offerte per le
missioni o per iniziative locali a favore del Terzo mondo o, in genere, per
finalità di tipo caritativo. Ci si è mai chiesti perché?
- La quota dell'ottopermille destinata allo Stato viene spesa nei modi più
casuali possibili, difficili da conoscere e discutibili (fu finanziata la
presenza italiana in Albania e Kossovo); per questi fondi non esiste alcun
progetto o sollecitazione da nessuno. Chi ha o ha avuto la responsabilità
politica di gestire il bilancio dello Stato dovrebbe dire con chiarezza ed in
tempo utile come si intendono spendere questi fondi scegliendo, tra le finalità
previste dalla legge, quelle esplicitamente umanitarie.
I problemi di fondo
Perché nessuno mai pone problemi di fondo? Per esempio quelli relativi alle
troppe ricchezze della Chiesa cattolica in Italia (si pensi solo al patrimonio
immobiliare degli ordini religiosi)?
Essa amministra mediante gli Istituti per il sostentamento del clero quello che
in origine era il patrimonium pauperum (cioè i beni della Chiesa
destinati solo ai poveri). Perché non si discute del fatto che le risorse
dipendono troppo dai trasferimenti a carico del bilancio dello Stato o di
soggetti pubblici? O della rincorsa sempre più frequente ad ottenere
finanziamenti anche dagli enti locali per attività ecclesiastiche le più
diverse? Perché non ci si pone il problema dell'eccessivo accentramento della
gestione dei fondi negli apparati curiali delle diocesi e negli uffici centrali
della Cei e della trasparenza e della pubblicità che sono in gran parte da
realizzare nonostante le buone intenzioni proclamate? Come sono stati
concretamente spesi i 6-7.000 miliardi per il Giubileo?
La nuova posizione dei valdesi
Un'altra novità negativa per i cattolici anticoncordatari quest'anno è venuta
dal Sinodo valdo-metodista dell'agosto 2001. Esso ha deciso, a maggioranza dopo
lunga discussione, di accettare di partecipare, nella percentuale delle scelte
espresse, alla ripartizione della quota dell'ottopermille per cui il
contribuente non ha firmato alcuna opzione. I valdesi si sono allineati in tal
modo alla linea della Chiesa cattolica (la quale, con questo artificio, ha più
che raddoppiato il suo gettito). Tra i firmatari di intese con lo Stato
rimangono ora solo le "Assemblee di Dio" che non accettano fondi che
non siano la conseguenza di una volontà espressamente manifestata. Delle due
diversità qualitative della posizione della Chiesa valdese che rendevano
interessante l'opzione a suo favore una è venuta meno. Rimane l'altra, cioè
l'impegno a non destinare i fondi dell'ottopermille alle spese per il culto e
per i pastori ma solo a favore di iniziative sociali, culturali ed
assistenziali.
Per chi firmare ?
Il sistema si sta sempre più consolidando, altre confessioni (Testimoni di
Geova, buddhisti) sono in attesa di potervi accedere. Intanto tutte le Chiese
firmatarie di intese hanno imitato la Chiesa cattolica nell'organizzare la
pubblicità al proprio impiego dei fondi e nell'invitare a firmare a proprio
favore.
Sulla base di queste riflessioni ogni simpatizzante di "Noi Siamo
Chiesa" deciderà in coscienza che opzione fare nella dichiarazione dei
redditi (un'opzione che comunque il sistema obbliga a fare) ma tutti sono
concordi nel ritenere che non bisogna desistere dal proporre una riflessione di
fondo, alla luce dell'Evangelo, sul senso stesso dell'autorganizzazione della
comunità dei credenti anche nei suoi aspetti materiali.
LUGLIO 2002