Crocefisso:
se non c'é l'amore non significa nulla Comunità
cristiana di base di Pinerolo Alcune
reazioni al provvedimento del giudice dell'Aquila di rimuovere il crocefisso da
un'aula di una scuola elementare hanno suscitato nella nostra comunità di base
molte perplessità e ci hanno fatto riflettere sul loro significato. Anzitutto
occorre sgombrare il campo da un grosso equivoco. Il provvedimento del
magistrato non va interpretato come una mancanza di rispetto verso la religione
cattolica ma semplicemente come l'applicazione del principio della laicità
dello stato: non devono dunque esserci interferenze tra la sua funzione e quella
della chiesa cattolica o di altre chiese o confessioni religiose. Questo
è un principio di tutela delle scelte e delle convinzioni del singolo
cittadino/a. Più volte in questi giorni abbiamo sentito affermazioni del tipo:
"nei paesi islamici non è permesso edificare chiese o celebrare culti
cristiani...", e l'invocazione di un "principio di reciprocità"
per il nostro paese nei confronti dei/delle credenti islamici presenti in
Italia. C'è
da dire che anche in occidente il principio della laicità dello stato ha
faticato a penetrare nelle coscienze ed è stato accettato solo dopo aver visto
gli effetti catastrofici dell'intolleranza religiosa, le persecuzioni, i pogrom
contro le comunità ebraiche, i tentativi di genocidio verso minoranze che non
praticavano "la religione del reggente di turno". Viste le reazioni di
questi giorni, tuttavia, si è portati a concludere che in Italia il principio
della laicità dello stato non sia stato poi così compreso a fondo, e questo ci
rende simili a quei paesi di cui tanto si criticano intolleranza e integralismo. Riguardo
al caso specifico del crocefisso, nessuno/a nega la possibilità di esporlo in
locali non statali se questa è una scelta di chi frequenta tali ambienti;
quello che non è accettabile è che lo stato ne imponga o proponga la presenza
in locali statali. L'idea
ricorrente in questi giorni (espressa anche dal Presidente della Repubblica),
che il crocefisso possa essere esposto "a cura" dello Stato perché è
dentro tradizioni radicate del popolo italiano e ispira valori fondamentali, è
poi molto opinabile. Senza coinvolgere l'Islam che, fino a qualche anno fa, non
ha fatto parte della storia e della cultura italiana se non come simbolo di
atavica inimicizia, rammentiamo che ci sono molti/e italiani/e che hanno
tradizioni religiose diverse da quella cattolica: i/le credenti ebrei presenti
ancora prima che si affermasse il cristianesimo; i/le cristiani/e valdesi
presenti fin dal XII secolo in varie parti della penisola; le altre confessioni
cristiane come i metodisti, battisti, avventisti, i testimoni di Geova, ecc.
ecc. Molti
e molte di loro in passato hanno dovuto "fare i conti con il
crocefisso", usato nei loro confronti non certo nella veste di un messaggio
di pace e di fratellanza. A molti/e fu imposto con il terrore e la forza; ad
altri/e non fu data neanche la possibilità di scegliere. Non deve dunque
stupire che il crocifisso non ispiri a tutti/e i/le credenti medesimi
sentimenti, ne tanto meno gli stessi "valori fondanti". Ci
sono poi differenze teologiche importanti: né il crocefisso né la croce fanno
parte della tradizione di fede ebraica. Per i protestanti vi è una fondamentale
differenza tra crocefisso e croce senza Gesù inchiodato. Il Cristo è risorto,
non è più appeso al legno della croce. Resta solo una croce ricordo del nostro
limite e della nostra finitezza, non certo segno della presenza dell'Eterno. C'é
poi chi non è credente: a questi il crocefisso non richiama alcuna esperienza
di fede, tanto meno esposto in un' aula scolastica statale o in quella di un
tribunale della Repubblica. Dalle
dichiarazioni di molte persone di cultura, giornalisti, politici, si ha
l'impressione che costoro si siano sentiti privati di un simbolo della propria
fede. Ognuno/a può scegliere i simboli che vuole e far vivere la propria fede
attraverso quei simboli. Ci sembra però che in questi giorni si sia manifestato
un attaccamento quasi feticistico al crocefisso, come simbolo di identità,
luogo e segno di riconoscimento per la propria fede. Nell'annuncio
evangelico Gesù non ci ha lasciato alcun segno materiale attraverso il quale
poter affermare di essere suoi discepoli/e. Ci ha lasciato un programma, un
impegno: "Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete
amore gli uni per gli altri" (Gv 13, 35). Solo in base a questo crediamo di
poter essere riconosciuti suoi discepoli e discepole. Per questo ci lasciano
perplessi/e certe affermazioni secondo cui togliere (gli eventuali) crocefissi
dalle aule sarebbe un attacco alla cultura occidentale della quale il
cristianesimo fa parte integrante. Se ci fossero meno crocefissi e più
accoglienza ed amore reciproco probabilmente molti problemi si affronterebbero
diversamente; probabilmente non prevarrebbero le logiche del mercato ma quelle
della solidarietà e della condivisione: questo è il cuore dell'annuncio di Gesù
e la manifestazione del regno di Dio. Quante
levate di scudi ci sono state quando ha prevalso la logica del non amore, quando
in modo blasfemo la croce è stata fatta marciare a fianco delle armi? Quanti e
quante si sono sentiti offesi e oltraggiati nella propria fede e nella propria
cultura cristiana occidentale quando l'invito di Gesù all'amore reciproco è
stato disatteso, quando ha prevalso il non amore (che non è ancora odio ma è
il terreno dove l'odio può attecchire), quando il segno dell'amore è stato
sostituito dai dogmi? Come
cittadini/e auspichiamo che l'idea di laicità possa farsi strada nelle
coscienze di tutti e tutte perché fondata sul rispetto e sulla "convivialità
delle differenze". Auspichiamo che nelle aule scolastiche si eserciti
l'arte del dialogo e della convivenza armoniosa delle diversità perché i/le
giovani imparino a essere cittadini/e sovrani; per questo crediamo che lo Stato
non debba privilegiare alcuna confessione religiosa, pena il venir meno al
proprio impegno di educazione alla pluralità. Come
credenti che cercano di mettersi alla sequela di Gesù cerchiamo uno stile di
vita che metta in pratica il "comandamento dell'amore" nella sobriètà
e solidarietà. Non riconosciamo nel crocefisso un valore essenziale per la
nostra vita: può essere appeso in casa, al collo, nelle chiese; può essere
un'opera d'arte di inestimabile valore, o una semplice croce di legno: se non c'é
l'amore non significa nulla. Auspichiamo che le comunità cristiane si radunino
non solo attorno al crocefisso e che non si reggano appoggiate ad una croce, ma
che camminino giorno dopo giorno sulla strada di Gesù. Pinerolo,
30 ottobre 2003 |
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