Don
Vitaliano della Sala allontanato dalla parrocchia
Il parroco No Global e amico dei "femminielli"è
stato allontanato dalla sua parrocchia di Sant'Angelo a Scala - Il
vangelo sostituito dalle leggi del diritto canonico-
1)Ingiunzione dell'abate -
2)commento di don Vitaliano -
3)lettera di L.Tommaselli -
4)art. del 12.3 dal manifesto
Tarcisio Giovanni Nazzaro
Abate Ordinario
Rev.do Parroco
D. Vitaliano Della Sala
Parrocchia S. Giacomo Apostolo
83010 S. Angelo a Scala (Av).
Prot.
N. 6/2002
Carissimo D. Vitaliano,
Sono davvero spiacente di doverti comunicare che, dopo aver tanto a lungo pazientato e operato perché tu tornassi sui tuoi passi, mettendo fine ai comportamenti gravemente e pubblicamente offensivi della comunione della Chiesa, è indispensabile che tu rinunci, entro quindici giorni da questa data (05-03-2002) all’Ufficio di Parroco della Comunità di S. Giacomo Apostolo in S. Angelo a Scala.
Nel caso contrario hai facoltà di presentare, entro la stessa data, la tua relazione.
Confido che, accedendo alla presente richiesta, tu non induca il tuo Ordinario a iniziare la procedura di rimozione di cui ai cann. 1741-1747 C.J.C.
Ti invita a riflettere quella Chiesa di cui tu non hai alcuna abilitazione a ergerti a supremo giudice, come da tempo hai fatto e continui a fare con discorsi e interviste rilasciate alla stampa e alle varie TV nazionali e locali, in aperta sfida al tuo Ordinario.
Il tuo modo di agire arreca continuo turbamento alla comunità ecclesiale. E’ ormai scontata la perdita della tua buona considerazione da parte di cristiani onesti e seri.
Mentre
assicuro il perdono per gli atti di insubordinazione e perfino di oltraggio
contro la mia persona, con il cuore ferito e con le lacrime agli occhi, prego lo
Spirito Santo che ti illumini e ti incoraggi ad evitare, alla Comunità della
Chiesa e a te stesso, maggiori sofferenze.
La Mamma Schiavona guidi sempre i tuoi passi.
Con paterno affetto
Loreto di Montevergine, 05 Marzo 2002
Il Cancelliere +Tarcisio Giovanni Nazzaro OSB Abate Ordinario di Montevergine
BEATI
COLORO CHE HANNO FAME E SETE DI OPPOSIZIONE
(padre Davide Maria Turoldo)
La mia morte
civile ed ecclesiale
Avrei voluto scrivervi da
e di Porto Alegre e continuare a parlarvi di una delle poche importanti novità
di quest’inizio millennio: il movimento “no global”, il movimento dei
movimenti; oppure dal Pakistan o dell’Afghanistan in guerra, perché per
comprendere bisogna essere al centro delle contraddizioni, come don Tonino Bello
motivava il suo essere andato a Sarajevo durante la guerra in Bosnia; o ancora
avrei voluto scrivervi da e di Palestina e Israele o dall’Argentina; o dalle e
delle piazze italiane e del mondo dove si protesta e si progetta e si costruisce
un’altra politica, un’altra giustizia, un’altra economia, un’altra
politica del lavoro, un altro mondo possibile.
Avrei voluto continuare a dividere il mio tempo e il mio ministero
tra la mia piccola parrocchia di Sant’Angelo a Scala e la “mia parrocchia
vasto mondo”; avrei voluto continuare a partecipare ai mille dibattiti, alle
conferenze, agli incontri che si tengono in ogni dove per affrontare tanti temi.
Invece qualcuno ha deciso e mi ha vietato tutto tranne respirare e mangiare: non
puoi frequentare i centri sociali, non puoi rilasciare interviste, né
partecipare a conferenze, non puoi allontanarti dalla parrocchia, non puoi
pensare, né criticare, e se i tuoi parrocchiani si permettono di difenderti
allora ti verrà tolta la parrocchia e se protesterai sarai sospeso a divinis.
Molti mi hanno scritto
meravigliandosi che il sito non viene più aggiornato, o viene aggiornato solo
di rado; tra questi alcuni sacerdoti. Questa è una lettera che ho appena
ricevuto:
“Caro
don Vitaliano, tu non mi conosci ed io non conosco te, ma leggo quasi tutto
quello che scrivi sul tuo sito. Sono interessato alle tematiche che affronti con
coraggio, determinazione e con approfondimento. Ti scrivo perché è da molto
tempo che non aggiorni il tuo sito, forse sarai preso da molti impegni...o da
impedimenti del tuo ordinario....comunque sappi che apprezzo il lavoro che
fai...perché lo fai con amore.
Io prego per te perché tu sappia continuare a testimoniare la fede
e il servizio sacerdotale a tante persone che trovano in te un amico, un
confidente e un santo sacerdote.
con affetto don Sergio”.
Ho volutamente omesso il cognome del mio confratello perché da un
po’ di tempo è “pericoloso” frequentarmi e dichiararsi mio amico; non
vorrei che don Sergio dovesse avere delle difficoltà per questo.
Non è perché sono preso da molti impegni, caro confratello Sergio
e care sorelle e fratelli telematici, ma è perché provvedimenti canonici di
sapore medievale (che potete leggere a fianco) me lo impediscono.
Paul Valadier (gesuita francese direttore della rivista teologica Études,
rimosso dall’incarico nel 1989 su pressione di Roma per le sue idee liberali)
scrive: “In questi ultimi anni, si sono rafforzati i tratti di una Chiesa
intollerante, arrogante, inumana, che parla di diritti dell’uomo
all’esterno, ma non li rispetta al suo interno”.
Guai a chi critica o contesta o dissente da qualche potente
ecclesiastico: allora sei contro la Chiesa!
Guai a chi si permette di chiedere un po’ di democrazia e di
giustizia all’interno della Chiesa: sei contro la comunione ecclesiale e
contro il magistero!
Guai se prendi le difese di un confratello in difficoltà con i
suoi superiori;
Guai se chiedi maggiore partecipazione del popolo di Dio nelle
discussioni importanti;
Guai se ti schieri dalla parte degli ultimi senza il necessario
permesso del superiore;
Guai se prendi le difese del debole scomodo;
Guai se denunci le ingiustizie e se ti fai voce di chi non ha voce
senza essere autorizzato;
Guai se ti permetti di usare i mezzi di informazione per
amplificare l’annuncio della Parola di Dio e la denunzia dell’ingiustizia ma
non sei né il cardinale Tonini, né Baget Bozzo, né don Giovanni D’Ercole…
se non sei “designato” come loro rischi la sospensione a divinis come
un eretico; e per fortuna i roghi sono passati di moda.
Don Luigi Sartori, mio professore quando studiavo Liturgia a
Padova, ci insegnava che il dissenso, anche all’interno della Chiesa, in certe
occasioni può diventare un dovere.
Tutti, ma soprattutto noi cristiani, abbiamo il dovere di
dissentire quando ci accorgiamo che certe scelte producono ingiustizie nel mondo
e se queste ingiustizie avvengono all’interno della Chiesa, allora noi
cristiani dobbiamo dissentire con più forza, proprio perché amiamo la Chiesa e
crediamo la Chiesa, un’altra Chiesa possibile, indispensabile, in costruzione!
Tanti
mi suggeriscono di mollare, qualcuno, forse, lo desidera e se lo auspica anche,
ma io ripeto con don Lorenzo Milani: «noi la Chiesa non la lasceremo perché
non possiamo vivere senza i suoi Sacramenti e senza il suo Insegnamento.
Accetteremo da lei ogni umiliazione, anche, se sarà necessario, di
inginocchiarci davanti a Gedda caudillo d’Italia, ma ce lo dovrà dire il Papa
con atto solenne che ci impegni nel Dogma. E fino a quel giorno vivremo nella
gioia della nostra libertà di cristiani. Criticheremo vescovi e cardinali
serenamente visto che nelle leggi della Chiesa non c’è scritto che non lo si
possa fare. Il peggio che ci potrà succedere sarà d’essere combattuti da
fratelli piccini con armi piccine di quelle che taglian la carriera. Ma son armi
che non taglian la Grazia né la comunione con la Chiesa».
don Vitaliano della Sala
Per
don Vitaliano Della Sala, il coraggioso parroco avellinese sbrigativamente
etichettato come contestatore o ribelle, si è verificato quello che, purtroppo,
si temeva da più parti. Con una lettera il suo superiore, l’abate di
Montevergine Tarcisio Nazzaro, lo invita a rinunciare all’Ufficio di Parroco
della Comunità di S. Giacomo Apostolo in S. Angelo a Scala, per mettere fine «ai
comportamenti gravemente e pubblicamente offensivi della comunione della Chiesa.»
(per il testo completo vedi www.donvitaliano.it).
Il provvedimento, in verità, anche se atteso, appare generico ed immotivato e
preso, per giunta, in un periodo nel quale Vitaliano da molto tempo aveva quasi
del tutto evitato pubbliche apparizioni e si era autoconsegnato ad un totale
silenzio nella quiete del suo paese. Nel merito delle contestazioni rivoltegli,
non è poi dimostrato, in nessun modo, quali siano questi crimini che abbiano
ferito così profondamente la comunione di fede nel Cristo, tranne se non si
voglia considerare l’impegno di Vitaliano per gli esclusi, per i poveri come
una continua provocazione nei confronti del potere costituito, religioso e
laico, che mal tollera al suo interno le voci critiche e pensanti.
Ed
allora: perché non è lecito dissentire, anche se con forme non
proprio…regolari?
Quale
attentato contro la fede ed i costumi ha mai potuto compiere Vitaliano per
provocare una sanzione così grave e spropositata?
Purtroppo
le voci libere e coraggiose, come quella di Vitaliano e di altri, in
quest’Italia e nella Chiesa sono sempre più avvertite come eretiche, fuori
dal coro, pronte a disturbare il manovratore, che invece non ha nessuna
intenzione di essere disturbato!
La
diversità, la differenza non sono tollerate e si pretende sempre più una
rigida unanimità anche in ambiti che non riguardano la fede, ma coinvolgono
percorsi ed esperienze che possono e devono portare ad atteggiamenti
differenziati.
Per
una bizzarra ironia proprio il card. Ratzinger, severo custode dell’ortodossia
vaticana ed al di sopra di ogni sospetto in quanto a posizioni audacemente
progressiste, in più occasioni non ha potuto fare a meno di osservare che è
connaturato alla Chiesa avere espressioni diverse, nella libertà di espressione
delle persone e dei gruppi. L’universalità della Chiesa presuppone la
pluralità, ma, in caso contrario, la Chiesa non sarebbe universale, cattolica.
Ma,
a smentire queste solenni affermazioni, solo enunciate e non praticate, ci sono
le parole e soprattutto la dolorosa esperienza di Leonardo Boff, una tra le
vittime più illustri del sistema di potere vaticano. Il teologo brasiliano ha
avuto, infatti, buon gioco ad affermare che la Chiesa non è mai stata
profondamente “cattolica”, ma solamente “romana”. Purtroppo, dopo
l’effimera primavera conciliare, si è affacciato un lungo autunno che sembra
non terminare e che, speriamo vivamente, lo Spirito Santo voglia al più presto
allontanare, in una Chiesa che, nonostante le trionfalistiche apparenze, è
ritornata ad essere un triste museo e non un giardino fiorente di vita e
riservato ad avvenire glorioso, secondo la bella immagine del beato Giovanni
XXIII.
Come
laici e come Chiesa non possiamo tacere di fronte a quest’abuso, a quest’uso
illegittimo dell’autorità, che non è esercitata a servizio del Regno e del
Vangelo, ma in funzione di una struttura di potere religioso, che si configura
sempre più come antievangelica.
Risuonino
sempre in noi le parole del profeta Isaia che il Maestro Gesù legge nella
sinagoga di Nazaret; ci sentiremo così sempre mandati ad annunziare ai poveri
un lieto messaggio, a proclamare ai prigionieri la liberazione ed ai ciechi la
vista, a rimettere in libertà gli oppressi e predicare un anno grazia del
Signore (cf. Lc 4,21). Anche se quelli nel tempio vorranno cacciarci, come
accadde per il Signore e come oggi accade per Vitaliano, passando in mezzo a
loro, continuiamo ad annunciare l’Evangelo del Cristo, che nella propria carne
ha conosciuto il cammino dell’abbandono, della condanna ingiusta e
dell’esclusione.
*Docente di lettere classiche
(tommasellilg@libero.it)
Via don Vitaliano
ANGELO MASTRANDREA
Trecento firme
raccolte in appena 24 ore, su una popolazione di appena 800 abitanti. La gente
di Sant'Angelo a Scala non ha avuto la minima esitazione a schierarsi dalla
parte del suo parroco don Vitaliano della Sala, che domenica mattina, al posto
della consueta omelia, aveva letto pubblicamente una lettera, firmata dall'abate
di Montevergine Tarcisio Nazzaro, che gli intimava di lasciare la parrocchia
entro 15 giorni, pena ulteriori provvedimenti punitivi. Lettera che porta la
data del 5 marzo, e che don Vitaliano ha tenuto nel cassetto fino a domenica in
attesa del colpo di teatro della lettura nel corso della messa domenicale. Fatti
un po' di conti, dunque, il "parroco dei no global" dovrebbe lasciare
la parrocchia il prossimo 20 marzo, per rimanere a disposizione della chiesa.
Che vuol dire in attesa di una sospensione a divinis oppure di un
trasferimento in una sede lontana (forse in Sri Lanka).
"E' un modo per dividermi da questo paese, che ha ospitato i no global e i
clandestini", fa sapere don Vitaliano, che nel frattempo annuncia che farà
ricorso in base al diritto canonico e raccoglie la solidarietà di politici come
Paolo Cento (Verdi) ed esponenti del movimento come Luca Casarini, dei no global
campani (che nei prossimi giorni andranno a Montevergine per cercare di
incontrare il vescovo), di Vittorio Agnoletto ("Un suo allontanamento
costituirebbe una sconfitta per l'intera chiesa italiana") e del circolo
omosessuale romano Mario Mieli ("La vendetta è un piatto che va consumato
freddo. La chiesa conosce bene questo detto e lo applica alla lettera").
Mentre il presidente dell'Arci Tom Benetollo ha inviato una lettera aperta
all'abate Nazzaro per chiedergli un ripensamento. Dalla parte del parroco anche
il sindaco del piccolo comune dell'avellinese, Vinicio Zaccaria, ex
democristiano ora confluito nella Margherita: "Il nostro parroco ha
sostenuto e sostiene cause giuste. Forse tutto questo dà fastidio a qualche suo
superiore, che si sente oscurato".
La "punizione" per don Vitaliano è arrivata dopo il cosiddetto
"femminiello pride" di metà febbraio, quando omosessuali da
tutt'Italia e no global si spinsero a manifestare fin sui monti del Partenio
contro "la cacciata degli omosessuali dal tempio", ovvero dal
santuario di Montevergine, avvenuta una settimana prima. Come ogni anno,
infatti, i "femminielli" campani avevano terminato la tradizionale
processione della Candelora al santuario di Mamma schiavona, come è
soprannominata la Madonna nera di Montevergine. Ma stavolta avevano incontrato
l'ostilità del vescovo Nazzaro, che li aveva scacciati dalla chiesa. Dietro
l'organizzazione del "femminiello pride" l'abate aveva visto lo
zampino di don Vitaliano, che non aveva fatto altro che accogliere, come suo
costume, gli "scacciati" nella sua chiesa. Due settimane fa il parroco
aveva incontrato il vescovo per ribadirgli la sua estraneità alla vicenda, ma
anche la sua solidarietà agli omosessuali. Pochi giorni dopo, la lettera di
"licenziamento", che don Vitaliano, scherzandoci su, definisce
"senza giusta causa".
dal "manifesto" del 12.3.02