Sul
dogma dell'Immacolata Concezione - dal commento alle letture della domenica di
Franco Barbero
8
dicembre – Festa dell’Immacolata Concezione - (Luca
1, 26-38)
Il dogma dell’immacolata concezione di
Maria, proclamato da papa Pio IX nel 1854, insegna che “La beatissima vergine
Maria, nel primo istante della sua concezione, per una grazia ed un privilegio
singolare di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo salvatore
del genere umano, è stata preservata intatta da ogni macchia del peccato
originale” (Bolla Ineffabilis Deus).
Siamo di fronte ad un caso limite dello
sviluppo dei dogmi, riconoscono in larghissima misura anche i teologi cattolici.
Dal silenzio totale della Scrittura e della più antica tradizione si è
arrivati, solo nel 1854, alla definizione dogmatica passando attraverso
controversie, polemiche, devozioni, fantasie.
Siamo di fronte ad una dottrina ecclesiastica
che, ovviamente, non appartiene al nucleo della fede cristiana, non avendo alcun
solido fondamento nella Scrittura. Si può essere cristiani (né protestanti né
ortodossi riconoscono questa dottrina creatosi nei secoli) e cattolici senza
includere questa credenza. Questo oggi è ampiamente riconosciuto anche dentro
la chiesa cattolica.
Il testo biblico di Luca 1, 26 - 38 è usato
(ed abusato) in senso puramente strumentale perché, per unanime affermazione
degli esegeti, in esso non si trova il benchè minimo fondamento di questa
dottrina cattolica ufficiale. Lo stesso participio passivo Kecharitomene (v.
28), impropriamente tradotto con “piena di grazia”, non offre se non un
appiglio a chi già voglia vedere ciò che ha deciso di trovare. Il cardinale
Bellarmino il 31 agosto 1617 scriveva a Paolo V: “Nelle Scritture non abbiamo
niente su questo punto”. Traducendo fedelmente il versetto 28: “Sei stata
fatta oggetto di grazia - benedizione da Dio”, non si può pensare alla
concezione immacolata se non per una operazione ideologica che cerca di piegare
il testo ad una esigenza maturata altrove.
Infatti questo dogma, come quello della
perpetua verginità di Maria, è una congettura fantastica e uno sviluppo
dottrinale che, privo di fondamento biblico, ha permesso di usare Maria in
chiave antifemminista e sessuofobica. Poi nel 1950 si arriverà addirittura a
proclamare l’Assunzione di Maria al cielo corpo e anima ...
Io che sono veramente innamorato di questa
donna alla quale Dio (versetto 28) ha dato la grazia di essere la madre di Gesù,
apprezzo moltissimo le migliaia di opere che, finalmente, restituiscono Maria
alla verità storica della sua vita e della sua fede. Nel mio ultimo
libro“L’ultima ruota del carro” ho dedicato alla figura di Maria un intero
capitolo, proprio nell’intento di meglio apprezzare la testimonianza di fede
di questa donna ebrea che ha ricevuto da Dio la missione di diventare la mamma
di Gesù.
“Sì, io amo davvero molto questa donna la
cui fede trovo “scolpita” nel Magnificat (Luca 1,46-55). Moglie di Giuseppe
e mamma di Gesù, Maria è una donna reale, immersa nella vita del suo popolo.
La sua testimonianza di fede mi interessa sempre di più, tocca profondamente il
mio cuore. Ma, purtroppo, per trovare la donna Maria di Nazareth occorre scavare
perché è stata seppellita sotto una montagna di dogmi (pag. 69)".
Questa “ricostruzione” rende molto più
viva e stimolante per la mia fede la figura di Maria. Anche le leggende
evangeliche della nascita di Gesù (Luca 1-2 e Matteo 1-2) sono leggibili come
penetranti e luminosi commenti teologici per farci capire, con l’artifìcio
del meraviglioso leggendario, la grande missione che Dio affidò a Gesù e come
Maria fu la donna che Dio scelse per quest’opera. Nulla, proprio nulla
impedisce di credere che Maria e Giuseppe siano i veri genitori di Gesù. Mi
piace tanto citare una bella pagina della teologa cattolica Uta Ranke Heinemann:
“Originariamente, però, il cristianesimo non conosceva l’idea della
verginità di Maria. La vergine Maria ha fatto ingresso nell’edifìcio della
fede cristiana passando, per così dire, per vie traverse, vale a dire
attraverso i pagani e i cristiani di origine pagana. Nell’ambito
dell’ebraismo non si trova nessuna delle immagini descritte sopra: idee del
genere rimasero estranee all’ebraismo e ai primi cristiani di origine ebrea: I
cristiani di origine ebrea non credevano a un concepimento verginale (vedi il
capitolo “Le fiabe degli atti degli apostoli”).
In tutti i miti di redenzione le vergini hanno
sempre giocato un ruolo particolare: come espressione e simbolo di un nuovo e
puro inizio di un mondo nuovo e migliore. L’origine dell’idea che vergini
partoriscono redentori divini si perde nella notte dei tempi. “Il fanciullo
redentore appare ovunque come figlio di una vergine” (Gerhard Kittel,
Theologisches Woerterbuch zum Neuen Testament, vol. V, 1954, pag 828, n. 21;
trad. it: Grande lessico del Nuovo Testamento, Paideia, Brescia, vol. IX,1974,
col. 760, n. 21).
Il cardinale Joseph Ratzinger, quando ancora
35 anni fa non era cardinale, ma giovane teologo, scriveva a questo proposito:
“II mito della nascita miracolosa del bambino redentore è in effetti diffuso
in tutto il mondo” (citato da: Uta Ranke-Heinemann, Così non sia.
Introduzione al dubbio di fede, Rizzoli, Milano 1993). Tutta questa elaborazione
è reperibile in mille opere teologiche e costituisce un'acquisizione
pacificamente e seriamente documentata in molte opere di teologia cattolica e
protestante.
Insigni teologi ed esegeti parlano e scrivono
in questa direzione. Penso all’opera di Tissa Balasuriya presentata da padre
Tolmino Mazzinelli. Eugen Drewermann dice espressamente: "Nelle tradizioni
dei popoli si racconta continuamente di nascite verginali e di figli di Dio che
vengono dal Cielo". Particolare importanza hanno avuto negli ultimi 30 anni
le riflessioni delle teologie femministe e delle donne credenti.
Questa figura incontaminata, asessuata, tutta
costruita a colpi di privilegi, è diventata loro progressivamente sempre più
estranea in una chiesa che, sollevando una di loro, può permettersi di
coltivare una strutturale emarginazione ed un costante “deprezzamento” delle
donne, come è evidente. Nella mia comunità (e in molte altre realtà
ecclesiali) le donne, quando hanno “disfatto” la statua di gesso di questa
Maria immacolata, sempre vergine, assunta in cielo... si sono innamorate di lei.
Ho sentito il cuore e le parole di molte donne prese da una profonda gioia, da
una coinvolgente passione. Maria è grande proprio nella sua vita quotidiana. I
dorati manti dogmatici del privilegio avevano eclissato la donna ebrea piena di
fede, di forza, di amore.
Su questo punto le parole, i commenti e gli
scritti delle donne hanno fornito un contributo essenziale. Quanto ho imparato
da queste puntuali, concrete, profonde riflessioni di molte donne ricche di fede
e di quella “saggezza” che esse spesso ci sanno comunicare con semplicità,
senza il devastante lusso di evadere dalla realtà. Ma tutta la mia comunità
ama molto Maria di Nazareth da quando ha cominciato a considerla come una donna
vera, non una statua.
Una lettura “letteralistica” delle belle
leggende natalizie è purtroppo un’operazione ancora diffusa. Tutte le grandi
tradizioni religiose adornano di poesia, di novelle, di leggende teologiche le
origini, la nascita del fondatore della tradizione. E’ possibile liberarsi da
una precomprensione dogmatica e leggere queste pagine evangeliche come
composizioni poetiche ad alto valore teologico.
Il centro di queste pagine non è Maria ma
quello che Dio, anche attraverso Maria, ha operato in lei e in Gesù. Penso alle
stimolanti riflessioni del biblista cattolico Ortensio da Spinetoli (Bibbia e
Catechismo, Edizioni Paideia) e alle pagine in cui padre Mazzinelli presenta
l’opera del teologo Tissa Balasuriya nel Quaderno di Viottoli “Tonificanti
profumi di eresia” (pagg. 3-25). E’ un vero peccato che queste profonde e
diffuse elaborazioni non vengano fatte conoscere mentre si continua a dar fiato
e voce alle mille “apparizioni” e si propongono devozioni spesso ambigue,
cariche di uno spiritualismo fanatico, evasivo, apocalittico. Senza contare che
spesso si mescolano santuari e apparizioni con veri e propri “mercati del
tempio”.
Non si tratta di disprezzare la religiosità
popolare o di sentirsi “superiori” alle persone che partecipano a queste
esperienze. Nulla, assolutamente nulla di questo. Si tratta piuttosto di capire
che troppo spesso le gerarchle ecclesiastiche incoraggiano forme religiose che
inclinano alla superstizione e al mercato anziché orientare i credenti verso
espressioni più mature della propria fede. La religiosità popolare diventa
allora l’alibi per dispensarci da quell’opera di educazione alla fede che
compete ai ministri di ogni comunità credente.
Riprendendo un pensiero della teologa appena
citata direi che: “Bisogna ritrovare una persona scomparsa, una dispersa. La
donna Maria di Nazareth è stata sepolta, si è persa sotto il grande edifìcio
teologico costruito su di lei”.
Chi crede che una profonda revisione della
mariologia in questa direzione comporti una diminuzione, uno svuotamento della
figura e della fede di Maria potrebbe domandarsi se questa “corona di
privilegi” non sia già in se stessa una costruzione senza solidi fondamenti
nelle Scritture e senza legami con la vita reale delle donne. A me le persone
senza “vita quotidiana”, le persone aureolate, tutte pure e tutte sante, non
dicono assolutamente nulla e lasciano il sospetto di un “montaggio”, di un
artifìcio, di un inganno. Riscopriamo semmai il messaggio che questi racconti
mitologici veicolano, ma non traduciamo queste leggende in dogmi, come se
appartenessero al nucleo centrale del Vangelo e della fede cristiana.
Si può benissimo, come hanno fatto
l’evangelista Marco, Paolo e Giovanni ignorare del tutto la nascita verginale
senza danno alcuno per la fede. Essa può avere la valenza di un simbolo e di
una leggenda teologica che “esalta” l’azione “originante” di Dio in
Gesù, ma non ci troviamo di fronte al resoconto di un fatto biologico. Rimando
per questi approfondimenti al bel volume di Hans Kung “Credo” (Rizzoli). Ma
è estremamente utile leggere le dense pagine nelle quali padre Mazzinelli,
introducendoci al pensiero di Tissa Balasurya, passa in rassegna i singoli dogmi
mariani. Il teologo asiatico documenta l’infondatezza biblica, la
“costruzione storica” e l’ideologia sessuofobica e maschilista che stanno
alla base di queste formulazioni ecclesiastiche che progressivamente si sono
imposte come “dogmi”. Per approfondire queste ricerche può essere utile
leggere “Il Vangelo del Natale” di Ortensio Da Spinetoli (Edizioni Borla).
Riscoprire il messaggio che queste poetiche
leggende veicolano non toglie nulla alla fede. Anzi la rende più aderente alla
realtà della vita quotidiana. Nessun timore. Bisogna ripartire dalla Parola di
Dio. Semmai la Scrittura sconvolge un po’ la “dogmatica”, ma alimenta la
fede. Non è il quadro dogmatico che costruisce e costituisce la fede. Quello può
mutare… senza alcun danno per la fede. L’assidua lettura della Bibbia è la
più seria minaccia per l’istituzione religiosa, ma non per la fede.
Maria, questa donna del popolo, questa donna
di carne ed ossa come noi, che ha generato Gesù come ogni madre genera i propri
figli, che ha vissuto nella nostra stessa fragilità e peccaminosità, che
faceva l’amore con il suo sposo, non è grande per qualche “privilegio”,
per essere stata “esentata” da ciò che rende umana la nostra vita.
Il teologo cattolico Tissa Balasurya scrive:
“Questa Maria “immacolata” ha bisogno di essere liberata, per essere
veramente umana. Ciò è necessario per comprendere la sua vita, le sue lotte e
le sue angosce. Altrimenti avremmo una sorta di Maria disidratata, una che non
può sentire altra attrattiva se non il bene”. Maria di Nazareth come noi ha
lottato tra egoismo e amore, ha fatto i conti con le varie prove e
“tentazioni”, ha vissuto le difficoltà di coppia con Giuseppe, ha gustato
il piacere della sessualità, ha esperimentato la “terribile fortuna” di
avere un figlio pazzo di amore, un figlio che Dio aveva scelto per una missione
tutta controcorrente. Questa non è una candida statuina di gesso fuori dalla
realtà, ma una donna vera, una credente straordinaria la cui testimonianza di
fede, riletta in modo concreto, è davvero preziosa.
Maria, come è grande la tua umanità, come è
bella la tua femminilità, come è viva la tua fede!
Franco Barbero