Franco
Barbero
L'EUCARESTIA
TRA PANE SPEZZATO E FEDE INDIVISA
Anno
B - 23 giugno 2003 - Festa del Corpus Domini
(Es 24, 3-8; Sal 115; Eb 9, 11-15; Mc 14, 12-16.22-26)
La
gerarchia cattolica inventò la festa del Corpus Domini ("Corpo del
Signore") nel tredicesimo secolo. Essa fu celebrata la prima volta nella
diocesi di Liegi nel 1246. Papa Urbano IV, già autorevole esponente del clero
di Liegi, nel 1264 la estese a tutta la chiesa e ne stabilì la celebrazione il
giovedì dopo l'ottava di Pentecoste. Da pochi anni la festa viene celebrata la
domenica successiva.
È interessante notare che il papa, nel decreto di erezione di tale festa,
scrisse che essa veniva istituita "per confondere la infedeltà e l'insania
degli eretici". Ma quasi nessuno diede retta a papa Urbano e nel 1314
dovette intervenire di autorità papa Clemente V per fare applicare tale
decreto. Qualche decennio dopo nacque la "solenne processione" del
Corpus Domini.
Su questa festa, nata in aperta polemica con chiunque manifestasse un pensiero
diverso dalla gerarchia romana, non si è mai spenta la disputa nelle chiese
cristiane e anche all'interno della stessa chiesa cattolica.
È comprensibile che anche questo passaggio "dal mangiare il pane"
all'adorazione dell'Ostia santa abbia suscitato nelle chiese e tra i teologi
molte perplessità e molte opposizioni. La Scrittura, infatti, non dice mai di
adorare il pane eucaristico, ma di mangiarlo. Le decisioni gerarchiche già
allora non parvero convincenti e nei secoli non si sono mai spente le
"controversie eucaristiche". "L'antichità cristiana aveva
trasmesso due spiegazioni del mistero eucaristico: quella realistico-metabolica
che parla di un vero cambiamento del pane e del vino nel corpo e nel sangue del
Signore e quella piuttosto dinamico-spiritualista: tutte e due tendono a farsi
valere nella controversia eucaristica del secolo nono ed anche più tardi"
(Bihlmeyer - Tuechle, Storia della chiesa, pag. 101).
La controversia eucaristica nel dibattito tra "realisti" e
"simbolisti" esploderà con un'eco straordinaria nell'XI secolo con
Berengario di Tours, i sinodi di Roma e Vercelli (1050), il Sinodo di Parigi,
quello di Tours e il sinodo lateranense del 1059 e non si spense più.
Anche per questo oggi la teologia eucaristica, cioè il modo di comprendere la
cena del Signore o eucarestia, è molto variegata anche dentro la chiesa
cattolica. Questa molteplicità è certamente un grande bene perché
rispecchia le molteplici interpretazioni che della cena eucaristica sono
avvenute nelle comunità cristiane, nelle ricerche bibliche e teologiche di
questi venti secoli.
Molti cattolici, più vicini alle posizioni che la gerarchia andò precisando e
fissando con ripetuti documenti, pensano che "nel Santissimo Sacramento
dell'Eucarestia è contenuto veramente, realmente, sostanzialmente
il Corpo e il Sangue di nostro Signore Gesù Cristo con l'anima e la divinità
e, quindi, il Cristo tutto intero". In tale presenza "reale"
Cristo tutto intero si fa presente. "Cristo è tutto e integro presente
in ciascuna sua parte; perciò la frazione del pane non divide Cristo"
(dal Catechismo della Chiesa Cattolica). "Mediante la consacrazione si
opera la transustanziazione del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue di
Cristo" (ivi pag. 366). Questo viene ribadito dalla recente enciclica di
Giovanni Paolo II.
Da sempre, accanto a questa, esiste un'interpretazione diversa. Mangiare il
corpo e bere il sangue di Gesù è un linguaggio simbolico davvero espressivo.
Non significa una nutrizione fisica e biologica, ma la possibilità di entrare
in profonda comunione di pensieri e di vita con Gesù, di esperimentare la sua
presenza nel nostro cammino in modo intimo e profondo. "Corpo" e
"sangue" esprimono simbolicamente questo nutrire i nostri cuori del
messaggio di Gesù, il nostro essere uniti a lui come il tralcio e la vite. Quel
pezzo di pane rimane pane; così pure il vino. "Il problema, scrive il
teologo cattolico Armido Rizzi, è quello di vedere che significato ha, nel
disegno di Dio, questo pezzo di pane, anche se continua a restare un pezzo di
pane". Infatti "i problemi attinenti al cambio di sostanza vengono a
perdere di valore, di rilevanza, e lasciano posto ai problemi attinenti al
cambio di significato e di finalità" (Idem) e noi siamo rimandati
alla prassi di Gesù che, dopo aver ringraziato Dio, nella sua quotidianità
spezzava il pane con i vicini e i lontani, con i perduti, con pagani e
prostitute.
Dio, attraverso l'opera e il messaggio di Gesù, non ha interesse a cambiare
"la sostanza" del pane e del vino. Quello che deve cambiare è la
"sostanza" della nostra vita. In questa prospettiva non esiste
nessuna parola sacerdotale che trasformi un pezzo di pane, ma ci si affida, come
Gesù, all'amore e alla Parola di Dio che può lentamente cambiare le nostre
vite.
Al di là delle diverse interpretazioni teologiche molti cristiani/e stanno
addentrandosi in un cammino comune.
Essi celebrano l'Eucaristia (che nei primi secoli poteva essere presieduta da un
uomo o da una donna) per lodare Dio dei beni che da Lui ricevono, per fare
memoria della vita di Gesù, per imparare a condividere, a rompere l'egoismo dei
nostri cenacoli chiusi, per ricordare che non possiamo vivere in pace finché il
mondo è una macchina per escludere più che un luogo per accogliere, che non
possiamo accumulare se "spezziamo e dividiamo questo pane".
La comunità cristiana che celebra l'Eucarestia vuole pregare Dio perché dia ai
fratelli e alle sorelle la forza di continuare nella vita di ogni giorno il
cammino di Gesù.
Che senso ha dividerci tra di noi quando ci unisce un nucleo di fede così
consistente? Ecco perché io, se sono cattolico, ora finalmente posso, qualora
se ne presenti l'occasione, partecipare con gioia all'eucarestia in una
parrocchia che ha sensibilità diverse dalla mia, in una comunità di base, in
una chiesa protestante.
Non è importante che presieda un uomo o una donna, ma è essenziale che
la piccola o grande assemblea, radunata nel nome di Gesù, possa ascoltare la
Parola di Dio e ricevere il "cibo" che dà la forza per amare di più,
per condividere più profondamente le gioie, le speranze, le sofferenze e le
povertà dei vicini e dei lontani. Il cammino ecumenico sta dando i suoi frutti.
da
ADISTA del 7.6.2003