Governo
di ombre alla Casa Bianca
Douglas
Feith, Richard Perle, Paul Wolfowitz, Donald Rumsfeld, il vicepresidente Dick
Cheney e poi chi altro? Una rete extragovernativa sembra cingere la Casa Bianca
e orientarne le azioni, un vero governo-ombra che fa e disfa la politica
americana. In segreto, in nome della «sicurezza nazionale», passando sopra
anche al Pentagono. E a Bush
RITT GOLDSTEIN
M
entre l'Fbi indaga sul presunto coinvolgimento della Casa Bianca nella fuga di
notizie sul nome di un'agente della Cia, lasciato trapelare sembra a scopo di
vendetta politica, si delinea sempre più chiaramente l'allarmante connessione
fra questa ed altre accuse. Sono emerse informazioni sull'esistenza di una
politica-ombra in totale contrasto con la politica Usa proclamata ufficialmente.
Se Lewis Libby, capo di gabinetto del vicepresidente Cheney, è il maggiore
indiziato per la fuga illecita del nome, Cheney stesso è sospettato di essere
al centro di altre discutibili condotte politiche.Descrivendo la situazione
dell'Amministrazione, l'ex-funzionario del Pentagono Karen Kwiatkowski ha
affermato che «Bush non ha il controllo (...), il paese è in ostaggio», e ha
messo in luce il fatto che «in settori chiave del governo, di interesse per i
neoconservatori, il personale viene scelto in base alla discriminante politica».
Chalmers Johnson, noto autore di
Blowback (Contraccolpo
) e numerosi altri libri sulla politica americana, ha paragonato questo periodo
a quello che precedette la caduta della Repubblica Romana. Ha segnalato che «il
Congresso non è in grado di salvaguardare nulla», aggiungendo che la
Costituzione Americana del 1787 ha subito «un vero saccheggio». Il tenente
colonnello Karen Kwiatkowski, recentemente pensionata, ha lavorato come
specialista di alto grado del Pentagono nell'ufficio del Sottosegretario alla
difesa diretto da Douglas Feith. L'ufficio politico del Pentagono ha fama di
essere il crocevia di molte delle iniziative di vitale importanza, per accedere
alle quali sono necessarie rilevanti misure di sicurezza. Kwiatkowski ha
affermato che «quello che questa gente sta facendo ora, fa apparire un gioco da
ragazzi l'affare Iran-Contra. E' molto peggio di quello, molto peggio di ciò
che accadde in Vietnam». Ha anche parlato di «un sovvertimento dei limiti
costituzionali del potere esecutivo e di coinvolgimento, mediante inganno, di
ampi settori del Congresso». In base a queste affermazioni, si possono accusare
i membri dell'attuale Amministrazione di avere messo in atto progetti che
esulano dai loro poteri legali, mentendo al congresso per ottenerne l'appoggio.Kwiatkowski
ha parlato di «una rete extra-governo negli Usa» dove alcuni neoconservatori
selezionati, scelti politicamente per ricoprire incarichi chiave del governo «sentivano
il bisogno di prendere l'iniziativa, di fare accadere qualcosa nell'ambito degli
affari esteri e della sicurezza nazionale». Kwiatkowski ha raccontato le
pressioni sul personale del Pentagono perché alterassero le proprie valutazioni
, creando frizioni all'interno. Ha aggiunto: «Aiutato da Ahmed Chalabi e
dall'ufficio del Pentagono per gli affari speciali, Cheney ha inventato delle
storie per il popolo americano». Ha poi osservato che «Cheney sta ancora
mentendo».
Come chiave di lettura di ciò che sta affiorando, si deve supporre che
decisioni fondamentali in fatto di sicurezza nazionale siano state prese
bypassando effettivamente «gli esperti del settore civile e i militari in
servizio attivo», e siano invece state affidate a persone di nomina politica
all'interno dell'apparato della sicurezza nazionale, legate da una comune
ideologia, creando fratture in questo modo all'interno della struttura
lavorativa del Pentagono. Kwiatkowski ha detto che ogni oggettività era stata
abbandonata, sostituita dall'ideologia; per l'Iraq questo ha significato che «l'attenzione
era tutta sul portarci in guerra, non sulle conseguenze».Anche Johnson,
commentando autonomamente la presunta usurpazione del potere all'interno
dell'Amministrazione, ha detto di ritenere che i neoconservatori
dell'Amministrazione «abbiano effettivamente portato via il potere a Bush»,
confermando così le supposizioni di «paese in ostaggio» espresse da
Kwiatkowski. Johnson ha visto l'esercizio di questo abuso di potere nella messa
in atto di un'agenda delineata per la prima volta nel
Defense Planning Guidance
(documento per la difesa nazionale) del 1992, altamente controverso, e le
attività di oggi non sarebbero che la tattica per portare avanti una strategia
pianificata da lungo tempo, un punto di vista condiviso anche da
Kwiatkowski.Quest'ultima ha osservato che, con l'arrivo dell'Amministrazione
Bush, neoconservatori ben selezionati sono stati reclutati da think-tank quali
l'American Enterprise Institute e il Project for a New American Century (PNAC).
Secondo lei in queste sedi i cosiddetti «neocons» avevano a lungo studiato le
strategie per la messa in atto della loro visione da falchi, cioè di una
leadership mondiale degli Usa: dovevano solo aspettare le opportunità che
questa amministrazione ha fornito. Come ha rilevato Kwiatkowski a proposito del
conflitto in Iraq «non c'era alcun bisogno di cercare o avere maggiori
informazioni - il piano era già pronto a partire».
Anche in questo caso, Johnson fa risalire l'origine dei piani al Defense
Guidance di Cheny del 1992. Scopo di questo documento era di elaborare le linee
politiche della difesa Usa nel dopo-guerra fredda, e il suo contenuto avrebbe
ben presto scosso Washington: Cheney (uno dei fondatori del Pnac) commissionò
il compito ai neoconservatori Paul Wolfowitz e Lewis Libby mentre era segretario
alla difesa. In seguito alla pubblicazione di parti del documento sul
New York Times
e sul
Washington Post
, esplose una polemica tale che il presidente dovette ordinarne la revisione. I
critici avevano definito il
Defense Planning Guidance
un diverso modo di chiamare il «dominio mondiale». Uno degli scenari chiave
della
Guidance
era una nuova guerra in Iraq. Il 14 settembre scorso sulla televisione
nazionale Usa, il Vice-presidente Cheney ha descritto l'Iraq come «la base
geografica dei terroristi che ci hanno tenuto sotto attacco per molti anni, ma
soprattutto l'11 Settembre». Affermazioni in netto contrasto con la realtà dei
fatti ma illuminanti sulla natura della tattica della «rete extra-governativa»Quattro
giorni dopo le dichiarazioni di Cheney, il presidente Bush ne prende le
distanze, ammettendo che non c'erano connessioni fra l'Iraq e l'11 settembre. Ma
Cheney aveva stabilito tale connessione già dal dicembre del 2001, almeno,
mentre il 29 settembre il
Washington Post
citava un'informazione secondo cui l'Amministrazione Bush sapeva già in quel
mese che l'affermazione era priva di fondamento. Tuttavia, nonostante i rapporti
della Cia e dell'Fbi confermino che la pretesa di un coinvolgimento iracheno
fosse priva di riscontri, Cheney ha continuato a ripeterla, ed è noto che il
suo staff di collaboratori tentò di inserirla nel discorso di febbraio di Colin
Powell all'Onu, con l'impegno personale di Lewis Libby.Come è noto, si suppone
che il nome dell'agente della Cia sia stato fatto trapelare per ritorsione nei
confronti del marito che aveva rivelato la falsità dell'accusa da parte
dell'Amministrazione che l'Iraq avesse cercato ti comperare uranio dal Niger
.
Ma nonostante l'accusa fosse infondata, è stata tuttavia usata come componente
delle sedicenti prove dell'Amministrazione nella corsa alla guerra, in parallelo
con le ugualmente false accuse del coinvolgimento iracheno nell'attacco dell'11
settembre.
E' ampiamente noto che sia Cheney che il suo capo di gabinetto, Lewis Libby,
furono fra quei neoconservatori in prima linea nello sforzo di sostenere la
storia infondata dell'uranio. Per quanto riguarda l'impatto di tali false
accuse, da un recente sondaggio risulta che il 70% degli americani ritengono che
Saddam Hussein molto probabilmente era coinvolto nell'attacco dell'11 settembre,
credono cioè qualcosa che è ufficialmente riconosciuto come falso.
Circa due mesi prima, un gruppo di ex- funzionari di alto grado
dell'intelligence Usa aveva inviato una lettera aperta al presidente Bush
chiedendo le dimissioni di Cheney per avere condotto una «campagna ingannevole»
per ottenere l'invasione dell'Iraq. E negli ultimi due mesi è stato un continuo
emergere di rapporti sul «modello di disonestà», come l'ha bollato
l'opinionista del
New York Times
Nicholas Kristof, dove «le manipolazioni appaiono essere onnipresenti» e di
cui molti dei così detti
insiders
considerano Cheney «il colpevole principale». E dati i legami di questa
Amministrazione con l'era di Reagan, non sorprende che si facciano ripetutamente
paragoni con lo scandalo Iran-Contra, in cui sia il Congresso che il paese
furono ingannati, come ora.Il caso Iran-Contra ebbe inizio quando un gruppo di
zeloti motivati politicamente e appartenenti al National Security Council (Nsc),
alla National Security Agency e alla Cia iniziarono delle attività nascoste e
illegali a lungo termine per il perseguimento di quelle che sarebbero diventate
famose come le «guerre sporche» Usa in America Latina. Un gruppo di persone ai
livelli più alti delle strutture per la sicurezza Usa portava avanti piani e
operazioni in netto contrasto con la politica ufficiale e le leggi degli Stati
uniti. Le operazioni furono in parte finanziate con danaro proveniente dal
contrabbando di armi all'Iran. Lo scandalo scoppiò nel 1987.Fu un periodo in
cui i massimi esponenti responsabili della sicurezza nazionale, funzionari di
alto grado dell'amministrazione Reagan, commisero azioni sia discutibili che
propriamente criminose in nome della sicurezza nazionale.Sebbene un certo numero
di loro fosse stato giudicato e riconosciuto colpevole di crimini gravi, alcuni
furono amnistiati da Bush padre mentre a altri fu concessa l'«immunità in
quanto membri del congresso», e questo ha consentito il ritorno di una quantità
di questi soggetti al governo, con molte delle vecchie facce di quel periodo in
circolazione nell'attuale Amministrazione. Fra questi Elliot Abrams, attuale
consigliere capo dell'Amministrazione per il Medio Oriente, amnistiato da Bush
padre, dopo essere stato riconosciuto colpevole di aver mentito al Congresso, e
John Poindexter, l'ex-consigliere per la sicurezza nazionale colpevole di
crimini gravi e salvato sulla base dell'immunità in quanto membro del
Congresso, recentemente impiegato in questa Amministrazione come capo
dell'Office of Information Awareness, costretto alle dimissioni dopo la scoperta
del suo coinvolgimento in iniziative altamente controverse.L'attuale clima
politico ha portato Chalmers Johnson a paragonare il senatore Usa Robert Byrd a
Cicerone, il senatore romano che tentò valorosanente di salvare la Repubblica
denunciando la smaccata corruzione politica di quei tempi. Da parte sua anche
Kwiatkowski ha detto di avere vissuto in prima persona «il disprezzo totale»
per i processi democratici.Alimentando i motivi di preoccupazione, fonti di
informazione come il
New Yorker
e il
New York Times
hanno scritto articoli sui sospetti che questo gruppo sia dietro l'attacco
americano di metà giugno al convoglio iracheno in territorio siriano. Il
New
York Times
cita un ex altofunzionario della Defense Intelligence Agency (Dia), Patrick
Lang, secondo cui «molti nel governo ritengono che l'incursione fu un tentativo
da parte degli ideologi di andare alla rottura della collaborazione fra la Siria
e gli Stati uniti». Come si sa, la Siria è stata l'obiettivo dei caccia
israeliani nell'attacco di qualche settimana fa.
Le informazioni relative all'esistenza di tale rete di ideologi, parlano di
Douglas Feith (Sottosegretario alla Difesa per la Politica) e Richard Perle
(ex-presidente del Defence Policy Board del Pentagono) e dei loro uffici al
Pentagono quali presunti centri delle attività della rete in questione.
Wolfowitz, Rumsfeld e Cheney sono tirati in causa come coloro la cui autorità
ha consetito a questo presunto gruppo di operare, gruppo che secondo quanto
riportato dalla stampa include incaricati politici di alto livello piazzati in
posizioni chiave dell'apparato burocratico come l'Nsc, il dipartimento di stato
e l'ufficio del vicepresidente.Ci si interroga sul fatto che gran parte degli
attacchi reciproci fra i neoconservatori che affiorano a Washington, alimentati
dai fallimenti dell'agenda degli ideologi, potrebbero essere causati da
rivelazioni e critiche ufficiali. In ogni caso, dovesse persistere l'attuale
pressione ideologica, Johnson ci mette in guardia che l'Amministrazione ha «pensatori
che sono solo in grado di pensare in termini di politiche egemoniche (...).
Questo ha portato alle guerre più disastrose che abbiamo mai visto».
© goldstein/il manifesto
16.10.2003
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