IL ROVESCIO DEL DIRITTO
Due sono i tipi di discriminazioni verso gli omosessuali, in Italia, quelle che riguardano i singoli cittadini e quelle verso le famiglie omosessuali. Queste ultime sono discriminazioni stabilite in positivo dalle leggi, mentre nel primo caso la discriminazione è costituita dalla mancanza di norme che proteggano gli omosessuali da comportamenti sociali aggressivi e discriminatori: non solo una mancanza di protezione, ma una discriminazione, perché le altre minoranze che, come gli omosessuali, sono oggetto di aggressioni e discriminazioni sociali, vengono da anni protette da specifiche leggi.
A rigore le norme costituzionali dovrebbero in sé assicurare un grado di protezione sufficiente. Però è molto difficile che i giudici siano così probi e coraggiosi da applicare, come pure potrebbero, in modo rigoroso quella parte dell'art. 3 (primo comma) della Costituzione che, dopo avere assicurato a tutti "pari dignità sociale" e uguaglianza di fronte alla legge, vieta esplicitamente anche ogni discriminazione fondata su particolari "condizioni personali". In effetti non risultano casi in cui questa disposizione sia stata utilizzata per tutelare gli omosessuali contro comportamenti discriminatori dei privati o della pubblica amministrazione. Tutelare alcuni gruppi tradizionalmente oggetto di discriminazioni, aggressioni e persecuzioni e non altri è una discriminazione intollerabile, soprattutto se si considera che caratteristica comune dei gruppi già tutelati e degli omosessuali consiste nel fatto che gli individui si trovano a essere parte del gruppo senza neppure averlo scelto, ma solo perché così è a lo capitato: come nessuno "sceglie" di essere nero o ebreo (anche se ovviamente può decidere di vivere più o meno "orgogliosamente" tale condizione), anche l'omosessualità (o la bisessualità, o la transessualità) è una variante naturale dell'identità umana, minoritaria da sempre e ovunque, non di scelta volontaria. Dunque la discriminazione sulla base dell'orientamento sessuale è strutturalmente identica, più che a una generica intolleranza, al razzismo in senso forte, biologico, perché si colpiscono le persone per la loro identità o per comportamenti che sono la conseguenza normale, naturale, diretta dell'identità. Il divieto di discriminare gli omosessuali è solo un caso particolare del più generale principio di libertà e di uguaglianza, a parole universalmente condiviso.
Anche il numero degli omosessuali è più o meno sempre lo stesso, ma oggi non sono più tutti nascosti come un tempo. Un tempo non osavano esprimersi, perché la società era meno libera e reprimeva l'omosessualità con la morte sul rogo, con la galera, con i lager, con i gulag. Da circa trent'anni nelle società libere la libertà di espressione ha finalmente raggiunto anche gli omosessuali, che hanno potuto testimoniare di questa esperienza di vita. Una testimonianza che si può ignorare solo in mala fede, e solo in mala fede si può continuare a sostenere tesi arcaiche, come quelle che vogliono attribuire all'omosessualità una valutazione morale, quasi si trattasse di un'opzione volontaria anziché di una condizione personale che determina una parte considerevole dell'identità dell'individuo. Chi continua a sostenere queste tesi non fa che dare un alibi alla "naturale" intolleranza che ha discriminato nei secoli i diversi dalla maggioranza. Solo la democrazia liberale ha eroso, arginato, e sta oggi lentamente sconfgendo questi atteggiamenti. Così, quelli che oggi non possono più sostenere seriamente che il bene della società richiede che si discriminino gli ebrei o i neri, possono continuare a farlo per gli omosessuali senza incorrere nel meritato disprezzo di tutte le persone civili. Chi oggi si oppone a una legislazione antidiscriminatoria che assicuri agli omosessuali la stessa protezione già assicurata in Italia ai cittadini di altre minoranze, manifesta in realtà, se ne renda conto o meno, le stesse posizioni estremistiche degli antisemiti e dei razzisti.
Gli omosessuali sono da sempre "in natura" e in ogni società. Del resto non esiste un modello "naturale" di famiglia: la famigla nucleare eterosessuale di oggi è molto diversa dalla famiglia patriarcale contadina, che era diversa dalla famiglia poligamica islamica; per non parlare della pederastia pedagogica della Grecia classica, o dell'istituto del "levirato": si legge nella Bibbia che era considerato "naturale" e doveroso nell'epoca di patriarchi. Non c'è neppure la possibilità di "trasmettere" o di "promuovere" culturalmente l'orientamento sessuale, come dimostra il fatto che si nasce omosessuali in famiglie eterosessuali. I mutamenti culturali possono solo rendere l'omosessualità più visibile: in una società libera gli individui non sono più disposti a vergognarsi della propria identità, in ossequio a una tradizioni intolleranti e violente, e rivendicano un'ovvia parità di diritti. Si obietta che gli omosessuali non dovrebbero "ostentare" la propria omosessualità. Ma perché mai gli omosessuali e solo lr dovrebbero nascondere il loro orientamento
sessuale, quasi si trattasse di qualcosa di cui vergognarsi? Questo lo hanno capito praticamente tutte le Chiese protestanti storiche dell'Europa occidentale, in Italia i valdesi e sessuale, quasi si trattasse di qualcosa di cui vergognarsi? Questo lo hanno capito praticamente tutte le Chiese protestanti storiche dell'Europa occidentale, in Italia i valdesi e sessuale, quasi si trattasse di qualcosa di cui vergognarsi? Questo lo hanno capito praticamente tutte le Chiese protestanti storiche dell'Europa occidentale, in Italia i valdesi e i metodisti. Anche se queste Chiese non hanno al loro interno una gerarchia che popossa imporre autoritativamente la propria opinione ai credenti, tale è ormai l'orientamento prevalente fra teologi e pastori protestanti dell'Europa occidentale. Ma anche nel mondo cattolico, nonostante l'atteggiamento oscurantista e spesso aggressivo delle gerarchie contro ogni proposta di incivilimento delle legislazioni in materia, si fa strada la consapevolezza del carattere profondamente immorale dell'omofobia tradizionale. E anche dell'inevitabile legame fra tale atteggiamento e le aggressioni anche fisiche di cui molti omosessuali sono spesso ancora oggetto. Non dubitiamo che l'attuale atteggiamento oscurantista dei vertici vaticani, che si rifiutano perfino di chiedere perdono per i centomila sodomti mandati al rogo nel corso dei secoli con la benedizione della Chiesa di Roma, sarà oggetto di ripulsa, di vergogna, di contrizione per i cattolici in un prossimo futuro.
Si obietta che tutte le norme antidiscriminatorie proposte in questi anni, per esempio nel diritto del lavoro, sarebbero inutili perché sarebbe sufficiente la protezione generica della Costituzione. Quelle che proponiamo sono esattamente leggi di attuazione dell'art. 3 della Costituzione: se fossero inutili lo sarebbero anche quelle che tutelano le minoranze razziali o religiose o le donne, di cui nessuno si sogna di chiedere l'abrogazione con la scusa che sarebbero superflue. Si dice altrettanto per le norme che reprimono gli "hate crimes", cioè i delitti causati dall'odio nei confronti di un gruppo sociale e della volontà di terrorizzarne gli appartenenti. A parte il fatto che, in materia penale, i giudici non potrebbero comunque interpretare le leggi vigenti in modo estensivo o
analogico, perché ciò è espressamente (e giustamente) vietato dalle norme sull'interpretazione della legge penale, va rilevato che

chi commette un crimine ai danni di un appartenente a un gruppo oggetto di discriminazione sociale cpie in realtà un duplice delitto: non solo, per esempio, un omicidio, una strage o un delitto di lesioni ai danni di un individuo, ma si propone e ottiene anche un secondo obiettivo, quello di terrorizzare un intero gruppo sociale colpendone un componente. Per questo riteniamo che sia giusto che anche questo secondo disegno criminoso sia previsto e punito dalla legge. Anche chi ritenesse tale impostazione non condivisibile, dovrebbe interrogarsi sulla discriminazione che la normativa pone fra i gruppi tutelati (minoranze razziali, linguistiche, etniche, religiose) e gli omosessuali, che senza dubbio sono parimenti oggetto di odio sociale da parte degli stessi gruppi estremistici. Non pare il caso di attendere un attentato come quello del pub di Londra o come la crocifissione di Matthew Shepard per estendere anche ai gay italiani la protezione già accordata agli altri gruppi minacciati da organizzazioni estremistiche.
Si dice che le norme proposte a tutela degli adolescenti omosessuali nelle scuole, spesso oggetto di feroci atti di bullismo, e sottoposti a terribili violenze psicologiche da parte di un'organizzazione scolastica che ne ignora semplicemente l'esistenza, costituirebbe una violazione della libertà di insegnamento o addirittura una "promozione" dell'omosessualità. A parte il fatto che la libertà di insegnamento non tutela la "libertà" di insultare o colpevolizzare per la loro identità gli studenti neri o ebrei, e a parte il fatto che l'orientamento sessuale non si presta ad essere "promosso" in alcuna direzione, anche in questo caso chi straparla con tanta leggerezza di argomenti di cui ignora totalmente la complessità e la drammaticità è corresponsabile di tragedie enormi: almeno la metà dei suicidi "inspiegabili" di adolescenti apparentemente senza problemi, studenti brillanti, che non avevano confidato a nessun altro i problemi che li angustiavano è fatta da adolescenti che hanno constatato nel più assolutosolamento la propria identità omosessuale e che non hanno potuto confidarsi con nessuno, schiacciati dalla feroce presunzione che gli omosessuali non esistono, che della loro esistenza non si deve parlare, che deridere o coltivare stereotipi insultanti è lecito e "normale". Quasi mai le famiglie hanno sentore della natura del problema dei loro figli, proprio perché si attendono, per ignoranza, che l'identità omosessuale sia correlata agli stereotipi che attribuiscono agli omosessuali determinate caratteristiche esteriori. Le organizzazioni gay ricevono ricorrenti notizie della ragione di questi suicidi, anche se quasi mai possono rendere note singole situazioni individuali, per un ovvio rispetto verso la privacy e il lutto delle famiglie, e perché quasi sempre chi rivela queste situazioni non è disposto a darne pubblica testimonianza.
Un argomento particolarmente stupido e insultante è stato utilizzato da qualche "rappresentante del popolo" nei dibattiti parlamentari sulla legge antidiscriminatoria: si è detto che anche la pedofilia costituirebbe un "orientamento sessuale" e che quindi, una volta vietate le discriminazioni nei confronti degli omosessuali, dei bisessuali e dei transessuali, arriverebbe anche il turno dei pedofili. Ovviamente la ragione per cui la pedofilia (eterosessuale o omosessuale che sia) va repressa è che, in quel caso, c'è una vittima: il bambino, del quale non si può presumere la capacità di prestare un consapevole consenso ad atti sessuali. Ma in quel caso la legge tutela i bambini, non la moralità dei pedofili. E tuttavia questo del rapporto con la pedofilia è uno dei più abietti e vergognosi argomenti utilizzati da politicanti demagoghi: la stragrande maggioranza dei casi di pedofilia avviene all'interno delle famiglie, ad opera di genitori, di parenti stretti, di amici; e anche nelle istituzioni educative cattoiche. Sono noti i casi dei cardinale primate d'Austria, coinvolto in una miriade di casi di molestie verso minori affidati alle sue cure, e rimosso dal Vaticano solo quando lo scandalo si era ormai fatto insostenibile; del cardinale primate del Belgio, anch'egli rimosso per avere ripetutamente trasferito ad altri incarichi "educativi" preti cattolici coinvolti in molestie sessuali; degli Usa, dove si è assistito ad un crollo delle donazioni alla locale Chiesa cattolica perché una parte enorme di quelle donazioni finiva non in beneficenza o a sostenere le spese di culto, ma a pagare i risarcimenti alle famiglie di bambini molestati da preti pedofili. Ciononostante, da parte di ambienti cattolici e da parte dei politici che sostengono le tesi più oscurantiste della gerarchia, si osa ancora accomunare pedofilia e omosessualità, quasi che i casi di pedofilia omosessuale fossero diversi o più diffusi di quelli di pedofilia eterosessuale. E si è perfino sentito l'anno scorso il leader di uno di principali partitiitaliani non vergognarsi di accostare omosessualità e pedofilia, affermando che sarebbe giusto discriminare i maestri elementari omosessuali. Con la stessa logica, da un maestro eterosessuale maschio ci si dovrebbe attendere il tentativo di molestare le sue allieve bambine, o da parte di una maestra eterosessuale si dovrebbero ritenere probabili molestie verso allievi maschi.

I casi di discriminazione posta direttamente in atto dalla legge sono invece quelli che riguardano i legami stabili, le famiglie omosessuali. Il "principio supremo" (secondo la classificazione della Corte costituzionale italiana) dell'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge è in questo caso esplicitamente calpestato: i cittadini omosessuali non sono liberi di scegliere quale assetto attribuire ai propri reciproci rapporti giuridici e patrimoniali, come lo sono gli eterosessuali. A chi continua ad opporsi a qualunque riforma civile in questo campo bisognerebbe chiedere di spiegare, sulla base dei più elementari valori e dei principi della democrazia liberale, a parole ormai da tutti universalmente condivisi, quale differenza vi sia fra una coppia di omosessuali stabilmente conviventi e un uomo e una donna ultrasettantenni che decidano di sposarsi o di risposarsi. Anche costoro non possono avere figli, né per via naturale, né tramite l'inseminazione artificiale, né attraverso l'adozione: eppure sono libi di scegliere quale assetto attribuire ai propri reciproci rapporti giuridici e patrimoniali. Due omosessuali non lo sono. In tutti i paesi civili del nostro continente questa appare sempre più come una discriminazione intollerabile; in Italia anche molti "laici", o sedicenti tali, sembrano tuttora disposti ad accettare il diktat del Vaticano che impone di conculcare elementari diritti umani in nome dell'ossequio a una tradizione violenta e intollerante.


Così accade, senza che sia considerato scandaloso e intollerabile: che a chi ha convissuto con una persona, magari trent'anni, sia negato il diritto di assistere il proprio partner morente in ospedale (e spesso le famiglie di origine addirittura impediscono al partner l'accesso al luogo di cura e lo escludono da ogni decisione verso il partner malato e incapace di agire); che al convivente omosessuale non sia garantito il diritto di subentrare nell'affitto della casa comune in caso di morte o sopravvenuta incapacità del partner; che la legge escluda la reversibilità della pensione del partner omosessuale e che sia vietato lasciare in eredità il proprio patrimonio alla persona con cui ha condiviso l'esistenza; che solo in poche regioni gli omosessuali abbiano diritto alla casa popolare, se in possesso dei requisiti di legge, in modo da evitare la necessità della separazione forzata di partner anziani, conviventi da decenni, e del loro ricovero più o meno coatto in "case di riposo".
E tutto questo in nome della carità cristiana (o, per meglio dire, della "carità" cattolico-romana), in nome dei "diritti della famiglia tradizionale", senza che nessuno si abbia mai spiegato perché la parità di diritti degli omosessuali lederebbe, sminuirebbe o comprometterebbe i diritti delle famiglie tradizionali.

Queste posizioni fanno dell'Italia una delle nazioni più incivili, in questo campo, dell'intera Europa occidentale. Ormai non più soltanto i paesi scandinavi (la Danimarca da ormai più di 10 anni) e l'Olanda hanno legislazioni avanzate, ma tutti i grandi paesi europei stanno legiferando in questo senso o lo hanno già fatto: la Francia, la Germania, molte regioni della Spagna. Ebrei e omosessuali sono stati per secoli accomunati da una persecuzione altrettanto sanguinosa, da parte della Chiesa di Roma finché questa ne ha avuto il potere, poi da parte di ogni potere illiberale e autoritario, e da parte del regime nazista che tentò anche per gli omosessuali la strada dello sterminio nei lager. Ma ciò non è bastato né a spingere quella Chiesa a chiedere anche il loro perdono (al contrario, si rifiuta esplicitamente di farlo, e chiede anzi il perpetuarsi delle discriminazioni, tornando ai tempi in cui l'aveva chiesto anche nei confronti degli ebrei, pur dopo la caduta del regime fascista), né la cultura e la polica democratiche italiane a considerare la discriminazione nei confronti degli omosessuali altrettanto odiosa di quella verso neri o ebrei.
Alla classe politica italiana chiediamo solo di dirci se una politica del diritto che sia civile nei nostri confronti dobbiamo e possiamo attendercela solo da nuovi "criteri di Maastricht" che prima o poi verranno imposti a tutti gli stati membri delle istituzioni europee, perché intrinseci all'identità stessa della democrazia liberale, o se ha ancora quel Don Franco Barbero
minimo di dignità e di coraggio civile necessari a porre mano fin d'ora allo smantellamento di ogni discriminazione legale nei nostri confronti: e, in tal modo, allo smantellamento di quella cultura della discriminazione e dell'odio di cui tali disposizioni legislative sono figlie e che concorrono a perpetuare.                                         
Franco Grillini