«Solo
divieti, la Chiesa sta perdendo il suo popolo» Intervista
ad Hans Kung TUBINGA
- Per quanto non abbia mai smesso di criticare il Papa polacco, Hans Küng ha
sempre negato di essere un nemico di Giovanni Paolo II. «Alla base dei miei
discorsi - ripete il teologo svizzero - c' è soltanto la preoccupazione per la
Chiesa cattolica, cui rimango fedele». Una professione di lealtà, che non gli
ha evitato la piena rotta di collisione con la Curia Romana, da lui contestata
nei modi radicali e devastanti, che sono la cifra della sua intelligenza
irrequieta e urticante. Eppure, sebbene la sua battaglia sia stata sempre
frustrata dai vertici vaticani, Küng, che fu il vero motore
intellettuale del Concilio Vaticano II, non perde l'ottimismo: «Nonostante l'
attuale stagnazione ecumenica - ha detto in occasione del Simposio, organizzato
all' Università di Tubinga, per i suoi 75 anni - ho la fondata speranza che la
cristianità, nella presente transizione dal Moderno al Post-moderno, si ritrovi
alla fine insieme intorno a un nuovo paradigma dell' ecumenismo. Un simile
paradigma non sarà più caratterizzato dalle tre confessioni antagoniste -
cattolica, evangelica, ortodossa - ma solo da tre atteggiamenti di fondo
complementari, nella “diversità riconciliata”». Professor
Küng, Lei è stato uno degli osservatori più critici del Pontificato di
Giovanni Paolo II. Nel 1996, proprio sul Corriere della Sera, lei pubblicò «Dieci
tesi sul futuro del Papato», dove la Chiesa cattolica veniva descritta come una
nave a rischio di naufragio, proprio a causa della «visione medioevale del suo
capitano». Ha cambiato opinione da allora? «Il
mio pensiero non è cambiato e viene condiviso da moltissimi, all' interno della
Chiesa. La credibilità di quest' ultima, che aveva raggiunto un altissimo
livello al tempo di Giovanni XXIII e del Concilio Vaticano II, è scesa al
minimo, a causa della politica romana. In molti Paesi europei, molto presto, la
metà delle parrocchie sarà priva di sacerdoti ordinati e di regolari servizi
eucaristici. E non potranno servire a nasconderlo l' importazione di preti dalla
Polonia, dall' Africa o dall' India, o il fatale accorpamento delle parrocchie
in “unità per la cura delle anime”. Curatori di anime per i giovani non ce
sono più da tempo. Questi non vengono più socializzati nelle comunità. Mentre
molte donne si sono allontanate dalla Chiesa, a causa delle posizioni del Papa
sulla contraccezione e del divieto, a torto creduto di origine divina, all'
ordinazione delle donne». In
altre parole, Lei rimane della convinzione che Giovanni Paolo II abbia tradito
il Concilio giovanneo? «Certo.
Invece delle parole programmatiche del Vaticano II
“aggiornamento-dialogo-collegialità-apertura ecumenica”, egli ha dato le
parole d' ordine “restaurazione-magistero-obbedienza-romanizzazione”.
Mentre il Concilio diede peso a un vitale “popolo di Dio” con i vescovi come
suoi servitori e si espresse per la libertà di espressione anche all' interno
della Chiesa, sotto questo Papa è stato costruito un sistema rigido e
centralistico, con un profluvio di prescrizioni e di divieti, che uccide ogni
vita dentro la Chiesa. Sotto di lui, la Grande Nave è tornata a essere una
galera medievale di minorenni, che, come nel periodo pre-conciliare, non
hanno nulla da dire, ma devono soltanto obbedire, pregare, pagare e soffrire». Eppure
il Papa, soprattutto negli ultimi anni, si è espresso per un codice etico
comune, in grado di controbilanciare le conseguenze negative della
globalizzazione. Ha preso posizioni forti contro la guerra e il «conflitto fra
le civiltà». Ha predicato la pace fra le religioni e il dialogo. Non sono
posizioni che interpretano in pieno lo spirito del Concilio Vaticano II? «In
effetti, per la quanto riguarda la “politica estera”, il Papa si è
schierato su posizioni che sono anche quelle mie: il dialogo fra le culture e le
religioni, gli standard etici comuni e soprattutto la pace nel mondo. Che egli
si sia espresso in maniera chiara e ferma contro la guerra in Iraq, merita il
plauso più grande». Cosa
c' è ancora, di positivo, nel pontificato del Papa polacco e quale sarà il suo
posto nella Storia della Chiesa? «Positiva,
come ho detto, è la “politica estera”. Purtroppo, la sua “politica
interna” è stata tutta orientata alla restaurazione dello status quo ante
Concilium e al rifiuto del dialogo interno. Questo contraddice apertamente
la sua linea verso il mondo, dal quale egli si aspetta conversione, riforma,
dialogo. E il fatto che il Papa pratichi nella Chiesa l' opposto di ciò
che predica all' esterno, ne ha inficiato severamente la credibilità. Dei suoi
molti viaggi e discorsi verrà ricordato poco, proprio come i discorsi e le
manifestazioni di Pio XII. Il grande Papa del XX secolo rimane a mio avviso
Giovanni XXIII, il quale, con il Concilio, ha riaperto le finestre della Chiesa.
Giovanni Paolo II sarà impresso nella memoria soprattutto come colui che
quelle finestre ha richiuso». Come
dovrebbe essere concepita, per grandi linee, la riforma radicale della Chiesa
cattolica, di cui Lei è fautore?
«Dovrebbe
riandare alle radici, alla Chiesa del Nuovo Testamento. Il celibato per tutto il
clero contraddice la Bibbia e data dall' XI secolo, con la riforma gregoriana:
per mille anni, la Chiesa aveva convissuto molto bene senza il dovere del
celibato. Che poi l' ordinazione delle donne sarebbe contraria al volere di Dio,
è un' opinione priva di fondamento, alla luce della rivalutazione delle donne
fatta da parte di Gesù e delle posizioni di primo piano tenute da queste nella
Chiesa degli inizi. Il culto della personalità papale, che di
fatto sostituisce nostro signore Gesù, è per molti, dentro e fuori la Chiesa,
uno scandalo. Alla luce dello stato delle nostre comunità, le manifestazioni
papali sono spesso come dei villaggi Potemkin (i falsi villaggi, fatti
soltanto di ridenti facciate di legno, che il conte Potemkin faceva costruire
sulle rive del Volga, per dare a Caterina di Russia un' immagine positiva dell'
impero ndr). Noi abbiamo invece bisogno di un Consiglio dei vescovi, eletto
liberamente dalle Chiese locali e in grado di prendere collegialmente col Papa
le decisioni che interessano tutta la Chiesa. L' assolutismo medioevale dell'
attuale Pontefice è anacronistico». Lei
ha spesso detto che l' elezione del «Nuovo Capitano» sarà un momento decisivo
per la Chiesa. Pensa che Giovanni Paolo, alla luce delle sue condizioni di
salute, debba dimettersi? E quale importanza avrà la nazionalità del prossimo
Papa? «Per
la Chiesa cattolica, questo Pontificato, nonostante i suoi aspetti
positivi, si è dimostrato un disastro. Un Papa cadente,
che non cede il suo potere, sebbene possa farlo, è per molti il simbolo di una Chiesa
che dietro una facciata rilucente è ossificata e ammalata di vecchiaia. L'
eredità di questo Papa saranno in primo luogo i tanti vescovi
ultra-conservatori, incapaci e non amati, che Lui e il suo apparato hanno
nominato. Quanto alla nazionalità del prossimo Papa, sarà indifferente.
Solo una cosa: il prossimo Pontefice non dovrebbe essere troppo vicino all' Opus
Dei e dovrebbe invece respirare lo spirito del Concilio Vaticano II. Senza una
svolta, la Chiesa andrà ulteriormente a tutto gas nel vicolo cieco della
romanizzazione». Paolo
Valentino (Corriere
della sera, 15 ottobre 2003) |
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