Iraq, il disertore vero a metà
Il superteste contro Saddam è il generale iracheno Hussein Kamel. Le sue rivelazioni sui programmi bellici iracheni sono le «prove», secondo Bush e Blair, che l'Iraq è ancora armato. Ma ora è disponibile la trascrizione completa di ciò che disse agli ispettori Onu. Ad esempio questo: «Tutte le armi - biologiche, chimiche, missilistiche, nucleari - sono state distrutte»
JOHN PILGER
Quasi certamente, il governo Usa e quello britannico sanno da otto anni che le principali armi di distruzione di massa dell'Iraq sono state distrutte dopo la guerra del Golfo. Di tutta la propaganda di guerra di Blair e Bush, la menzogna più grande risulta evidente con questa rivelazione. Tre settimane fa la rivista americana Newsweek e l'analista della Cambridge University Glen Rangwala (i quali il mese scorso hanno rivelato che il «dossier di dei servizi segreti» di Tony Blair sull'Iraq era stato ripreso parola per parola dalla tesi di uno studente americano) hanno ottenuto la trascrizione di un rapporto Onu sul generale iracheno Hussein Kamel.

Il generale Kamel è stato il «super-testimone» dell'Occidente contro Saddam Hussein. Non era un disertore qualunque. Genero del dittatore iracheno, in Iraq aveva un potere immenso e, quando ha disertato, ha portato con sé casse di documenti segreti sul programma iracheno di armamenti. Questi segreti sono stati ripetutamente citati da George W. Bush e dai suoi funzionari come «prove» che l'Iraq possiede ancora grandi quantità di armi di distruzione di massa, e che solo la guerra può disarmarlo. Bush, i suoi funzionari e i principali commentatori americani hanno frequentemente lodato il generale Kamel come la fonte più affidabile di informazioni sulle armi irachene. Il governo Blair ha fatto altrettanto.

Nel 1995, al generale Kamel avevano dedicato un rapporto funzionari di alto livello facenti parte del team degli ispettori Onu allora conosciuto come Unscom, e l'Agenzia internazionale per l'energia atomica. La trascrizione completa, ora resa nota per la prima volta, contraddice quasi tutto ciò che Bush e Blair hanno detto circa la «minaccia» delle armi irachene. Per esempio, il generale Kamel dice categoricamente: «Ho ordinato la distruzione di tutte le armi chimiche. Tutte le armi - biologiche, chimiche, missilistiche, nucleari - sono state distrutte». Quello che rimane, dice Kamel, sono documenti, hard disk dei computer e microfiches. Secondo Newsweek, queste cose erano state dette alla Cia e all'MI6 britannico, e Blair e Bush non possono non conoscere la verità. In altre parole, è più che probabile che l'Iraq sia disarmato da almeno otto anni.

Ora che il generale Kamel non c'è più (fu ucciso quando tornò in Iraq nel 1996), le sue «prove» sono state rese pubbliche in modo selettivo da Washington e Londra. Nella sua drammatica relazione al consiglio di sicurezza dell'Onu il 5 febbraio, il segretario di stato americano Colin Powell ha detto che la verità sulle armi irachene contenenti gas nervino «è emersa solo quando gli ispettori hanno raccolto documentazione grazie alla defezione di Hussein Kamel, il defunto genero di Saddam Hussein». Powell però ha trascurato di dire che il suo super-testimone aveva riferito la distruzione di tutte le armi.

La sensazionale ammissione del generale Kamel è confermata dall'ex ispettore capo sugli armamenti dell'Onu, Scott Ritter, il quale sostiene che nel 1998, quando lasciò l'Iraq, il disarmo era stato effettuato «dal 90 al 95 per cento». Un organismo di verifica dell'Onu creato dal Consiglio di sicurezza ha confermato che «il grosso degli armamenti iracheni vietati è stato eliminato». Una informazione che viene citata raramente.

Naturalmente, nessuno di questi fatti impedirà alle agenzie per la sicurezza nazionale americane e britanniche di inventare e creare «prove» sulle «armi segrete di Saddam», una volta che le truppe anglo-americane avranno preso Baghdad. Quando l'America e la Gran Bretagna colpiranno l'Iraq, emergerà una nuova fase della loro propaganda - una fase alla quale la gente in Occidente farebbe bene a prepararsi. Queste nuove menzogne saranno concepite in modo da giustificare l'attacco a uno stato sovrano e l'uccisione di persone innocenti, cosa che costituisce un crimine secondo il diritto internazionale, con o senza una risoluzione Onu imposta o comprata.

Questo tipo di propaganda ha una lunga storia. Io l'ho vissuta con l'invasione americana del Vietnam. Nel 1964, il dipartimento di stato Usa pubblicò un libro bianco con pagine di «prove inconfutabili» sul fatto che il Vietnam del Nord si stava preparando a invadere il Sud. Queste «prove» scaturivano dalla «scoperta» di un carico di armi trovato su una giunca a largo della costa del Vietnam del Sud. Il libro bianco, che offriva una giustificazione semi-legale per l'invasione americana, fu noto come una «grande illusione». L'intero episodio era falso, una messa in scena.

Grande illusione era il termine usato dalla Cia per una grande bugia. Nel 1982 intervistai Ralph McGehee, un alto ufficiale della Cia che documentò la creazione delle prove false. McGehee mi disse: «La Cia ha caricato una giunca, una giunca nord-vietnamita, con armi comuniste... Hanno portato questa giunca a largo della costa del Vietnam centrale. Poi hanno sparato, facendo sembrare che ci fosse stato uno scontro a fuoco. Quindi hanno portato lì la stampa americana e internazionale e hanno detto: ecco le prove che i Nord-vietnamiti stanno per invadere il Vietnam del Sud. Grazie a queste `prove' sono intervenuti i marines Usa, e l'aeronautica americana ha cominciato a bombardare regolarmente il Vietnam del Nord».

Con questo inganno, comprendente l'elaborata messa in scena secondo la quale un cacciatorpediniere americano sarebbe stato attaccato da una nave cannoniera nord-vietnamita, gli Usa spedirono in Vietnam il più grande contingente di soldati che avessero mai spedito, e lanciarono il più grande carico di bombe della storia della guerra. Costrinsero milioni di persone ad abbandonare le loro case e usarono armi chimiche che danneggiarono profondamente l'ambiente e i geni umani, lasciando pietrificata una terra un tempo bellissima. Almeno due milioni di persone furono uccise, e molti altri furono menomati o comunque rovinati.

Sostituite semplicemente «Vietnam» con «Iraq» in questa storia di menzogne, e avrete sostanzialmente la stessa giustificazione per un altro grande atto criminale. Come procederà la propaganda una volta che gli americani saranno a Baghdad? Ci sarà la «scoperta» dell'«arsenale segreto» di Saddam, preferibilmente negli scantinati di uno dei suoi palazzi. La scoperta sarà accompagnata da quella delle prove della brutale oppressione di Saddam. Questa non sarà una notizia per i molti che si oppongono alla guerra, i quali per anni hanno cercato di impedire al governo americano e a quello britannico di fornire a Saddam gli strumenti della sua oppressione.

Due anni fa Peter Hain, allora vice-ministro degli esteri nel governo inglese, bloccò una richiesta parlamentare che chiedeva di pubblicare la lista completa delle compagnie britanniche che hanno commerciato illegalmente con Saddam Hussein. La ragione è apparsa evidente la scorsa settimana, quando si è saputo che il governo Blair ha segretamente pagato più di 33 milioni di sterline in denaro dei contribuenti alle società britanniche che reclamavano per il mancato pagamento delle armi vendute a Saddam Hussein negli anni `80. Per i contribuenti britannici, la perdita totale per le vendite all'Iraq supera ormai un miliardo di sterline.

Quando la propaganda della «vittoria» rimbalzerà in tutto il mondo - con i volti degli iracheni esausti che saluteranno la loro «liberazione» - dovremmo ricordare i volti che mancheranno: quelli degli uomini, delle donne e dei bambini colpiti dalle bombe e trattati come «danni collaterali», ma anche più di un milione di volti dichiarati sacrificabili dall'embargo economico imposto dall'America e appoggiato dalla Gran Bretagna.

Dovremmo ricordare i vaccini, le attrezzature per la cura del cancro, gli antidolorifici, le buste di plasma, gli strumenti per il trattamento del cibo e molto altro, negati per quattordici anni: per essere precisi, 5,4 miliardi di dollari di valore allo scorso luglio, volontariamente bloccati dal governo Usa.

Dovremmo ricordare le parole pronunciate alle Nazioni Unite dall'allora rappresentate del presidente Clinton, Madeleine Albright, quando le fu chiesto se mezzo milione di bambini iracheni fosse un prezzo giusto da pagare per l'embargo. «Noi crediamo che ne valga la pena» rispose Madeleine Albright.

E quando sentirete la prossima volta Bush o Blair parlare del «tiranno che ha gassato il suo stesso popolo», ricordate quei funzionari americani e quei ministri britannici che facevano a gara per scusare e ricompensare efficacemente Saddam Hussein, per aver gassato 5.000 kurdi nella città di Halabja.

Appena un mese dopo l'atrocità del 1988, Tony Newton, segretario per il commercio di Margaret Thatcher, volò a Baghdad per offrire a Saddam 340 milioni di sterline (in denaro dei contribuenti) in crediti per l'esportazione. Tre mesi dopo, il sorridente Newton vi fece ritorno, questa volta per festeggiare con Saddam la bella notizia che l'Iraq era ormai il terzo più grande mercato della Gran Bretagna per macchine utensili, con le quali sono state fabbricate una quantità di armi irachene.

L'esempio di Newton fu seguito dal vice-segretario di stato Usa John Kelly, che volò a Baghdad per dire a Saddam che era «una fonte di moderazione nella regione» e che gli Stati uniti volevano «estendere le loro relazioni con l'Iraq». Quando la «liberazione» otterrà i titoli di copertina, ricordate i giornali guerrafondai i cui editoriali, per tutti gli anni `80, hanno difeso Saddam Hussein sostenendo la bugia secondo cui l'uso che egli fece di armi chimiche contro l'Iran sarebbe stato puramente difensivo. Ricordate anche il silenzio di Bush e Blair. Non risulta che nessuno dei due leader abbia detto alcunché sugli «eccessi» di Saddam (benché i suoi crimini fossero noti ai ministri britannici) fino a dopo l'11 settembre 2001, quando gli americani, frustrati per non essere riusciti a catturare Osama bin Laden, hanno dichiarato il dittatore iracheno il loro nemico numero uno.

Oggi Blair è come uno screditato autocrate al suo balcone, servito solo dalla sua corte di supplici e propagandisti. Egli ha persino sostenuto, l'altro giorno, che «nessun iracheno ha marciato» nella grande manifestazione che si è tenuta a Londra il 15 febbraio. In realtà, hanno marciato più di 3.000 iracheni e 4.000 kurdi. Le famiglie irachene stavano al lato della strada tenendo dei cartelli fatti in casa: «Grazie per il sostegno al mio popolo». Nessuno, presumibilmente, ama Saddam Hussein; ma nessuno vuole il suo paese strangolato, attaccato e occupato da un altro dittatore, sia pure di tipo diverso.

Traduzione Marina ImpallomeniCopyright John Pilger/il manifesto 15 MARZO 2003