Bush e Blair, avevano detto...
«Usa e Gran Bretagna hanno privato di senso parole come libertà e democrazia. Dietro la guerra in Iraq c'è la conquista di tutti noi: quantomeno delle nostre menti, della nostra umanità e del rispetto di noi stessi»
JOHN PILGER


Lo scorso settembre, presentando la sua Strategia per la sicurezza nazionale, il presidente George W. Bush annunciava che gli Stati uniti intendono dominare il mondo con la forza, un concetto che non era mai stato espresso altrettanto candidamente. L'Iraq doveva essere il «banco di prova». Oggi il regime Bush naviga ogni giorno più vicino alla definizione del fascismo di Benito Mussolini: una fusione di stato militarista e potere economico. L'Iraq è un banco di prova anche per i liberals occidentali. Mentre in questo paese martoriato cresce la sofferenza e i medici della Croce Rossa descrivono livelli «incredibili» di vittime tra i civili, i media occidentali «discutono» su quale sarà la prossima conquista - Siria o Iran - come se si trattasse della sede designata per la Coppa del mondo di calcio. L'impensabile viene oggi normalizzato. «Di solito nell'attuazione e nella razionalizzazione dell'impensabile c'è una divisione del lavoro» ha scritto il saggista americano Edward Herman. «Le brutalizzazioni e le uccisioni dirette vengono effettuate da un gruppo di individui... mentre altri lavorano per sviluppare la tecnologia (un migliore gas crematorio, un Napalm che brucia più a lungo e aderisce maggiormente, frammenti di bomba che penetrano la carne). Normalizzare l'impensabile ad uso e consumo dell'opinione pubblica generale è la funzione degli esperti e dei media mainstream».

Herman ha scritto che dopo la guerra del Golfo del 1991 non sono mai state mostrate le immagini notturne dei bulldozer americani intenti a seppellire migliaia di soldati di leva iracheni, molti dei quali erano vivi e cercavano di arrendersi. Così, il massacro è stato normalizzato. Uno studio reso noto subito prima del Natale 1991 dal Medical Educational Trust ha rivelato che più di 200.000 uomini, donne e bambini iracheni sono stati uccisi o sono morti per effetto diretto dell'attacco americano. Questo dato è stato a malapena riferito dai media, e in questo paese [la Gran Bretagna, ndt] - per non parlare dell'America - la natura omicida della «guerra» non è mai entrata nella coscienza civile.

La distruzione deliberata da parte del Pentagono delle infrastrutture civili irachene, come gli impianti elettrici, le condotte idriche e le fognature, insieme all'imposizione di un embargo tanto barbarico quanto un assedio medievale, ha prodotto un livello di sofferenza mai compreso appieno in occidente. Le prove documentali erano disponibili: volumi interi. Alla fine degli anni `90 ogni mese morivano oltre 6.000 bambini, e i due alti funzionari Onu responsabili degli aiuti umanitari in Iraq, Denis Halliday e Hans con Sponeck, hanno dato le dimissioni per protestare contro l'agenda nascosta dell'embargo. Halliday ha parlato di «genocidio». A partire dal luglio scorso gli Usa, appoggiati dal governo Blair, hanno caparbiamente bloccato le forniture umanitarie - tutto, dai vaccini e le buste di plasma fino ai semplici antidolorifici - per un valore di 5,4 miliardi di dollari. Tutte cose che l'Iraq aveva pagato e il Consiglio di sicurezza approvato.

L'attacco compiuto il mese scorso dalle due più grandi potenze militari contro una popolazione demoralizzata, malata e largamente indifesa è stato la conseguenza logica di questa barbarie. Adesso si parla di «vittoria», e spuntano le bandiere. Questa settimana, il sottomarino Hms Turbulent è tornato a Plymouth sventolando il «Jolly Roger», l'emblema dei pirati. Davvero appropriato. Questa macchina a propulsione nucleare ha sparato contro l'Iraq qualcosa come trenta missili cruise Tomahawk americani. Ciascun missile costava 700.000 sterline, per un totale di 21 milioni di sterline. Questa cifra, da sola, avrebbe garantito cibo, acqua e medicine a Basra, una città ridotta alla disperazione.

Pensate: che cosa avranno colpito i trenta missili del comandante Andrew McKendrick? Quanta gente avranno ucciso e menomato, in una popolazione in cui quasi una persona su due è un bambino? Forse, Comandante, Lei ha preso di mira un palazzo con i rubinetti d'oro nel bagno, o una «struttura di comando e controllo», come piace mentire agli americani e a Geoffrey Hoon, il ministro della difesa britannico. O forse ciascuno dei Suoi missili da 700.000 sterline aveva un congegno sensibile capace di distinguere i «cattivi» secondo George Bush dai bambini. Quel che è certo, è che tra i Suoi obiettivi non vi era il ministero del petrolio.

I tornado della Raf stanno tornando anch'essi alle loro basi, situate in alcune delle zone più tranquille della campagna inglese e scozzese: lontano dalla polvere del sud dell'Iraq, che svolazza in tutti i mercati e i campi da gioco portando con sé le particelle cancerogene dei missili americani e britannici all'uranio: lontano dai villaggi e dai campi, dove le bombe «cluster» inesplose aspettano le vittime che i piloti britannici non conosceranno mai, e di cui non sentiranno mai parlare. Quando la guerra è iniziata, il pubblico britannico è stato invitato a «sostenere» le truppe inviate in modo illegale e antidemocratico a uccidere gente con cui noi non abbiamo alcun contenzioso. «La prova definitiva della nostra professionalità»: è così che il comandante McKendrick descrive un attacco non provocato contro un paese senza sottomarini, né marina, né aviazione, e ora senza acqua potabile o elettricità e, in molti ospedali, senza anestetico con cui amputare piccoli arti distrutti dagli shrapnel. Altrove ho visto come si fa: con un bavaglio in bocca.

Ci sono state raccontate tante cose sulla tragedia di Ali Ismail Abbas, il ragazzo che ha perso i genitori e le braccia in un attacco missilistico. Ali è stato portato in un moderno ospedale in Kuwait. La pubblicità lo ha salvato. Tony Blair dice che farà «tutto il possibile» per aiutarlo. Questo dev'essere un insulto estremo alla memoria di tutti i bambini iracheni morti di morte violenta, nella guerra di Blair e per effetto dell'embargo che Blair ha entusiasticamente sottoscritto. Il salvataggio di Ali vorrebbe dimostrare quanto «noi» siamo buoni, contrabbandando un gesto spettacolare di carità per la nostra conoscenza delle dimensioni del crimine commesso contro tutti i bambini, nel nostro nome. Ora anche noi dobbiamo vedere le immagini del «carico» di donne e bambini smembrati visto dai medici della Croce rossa.

Mentre Ali volava verso il Kuwait, gli americani impedivano a Save the Children di inviare un aereo con forniture sanitarie nell'Iraq del nord, dove 40.000 persone sono alla disperazione. Secondo l'Onu, metà della popolazione dell'Iraq ha scorte di cibo sufficienti solo per poche settimane. Il capo del Programma alimentare mondiale dice che 40 milioni di persone nel mondo sono oggi gravemente a rischio per la follia del disastro umanitario in Iraq.

E questa sarebbe la «liberazione». No, questa è una conquista sanguinaria, accompagnata dal furto di massa - da parte dell'America - delle risorse e delle ricchezze naturali irachene. Chiedetelo alle folle nelle piazze che, praticamente da un giorno all'altro, hanno trasferito la paura e l'odio che provavano nei confronti di Saddam Hussein su Bush e Blair, e magari anche su «noi» occidentali.

Tale è l'enormità del crimine di Blair, che difenderlo diventa un'esigenza pressante. Quasi parlasse a nome dei suoi difensori, Andrew Marr, notista politico della Bbc, ha detto: «[Blair] aveva sostenuto che sarebbero riusciti a prendere Baghdad senza spargimento di sangue, e che alla fine gli iracheni avrebbero festeggiato. E su entrambi questi punti i fatti gli hanno dato ragione».

Che cosa costituisce uno spargimento di sangue per l'uomo della Bbc a Downing Street? L'uccisione di 3.000 persone nelle torri gemelle di New York lo è? Se la risposta è sì, allora l'uccisione di migliaia di persone in Iraq nel corso dell'ultimo mese è un bagno di sangue. Secondo un dispaccio, in un solo giorno sono stati uccisi oltre 3.000 iracheni. I difensori di Blair stanno dicendo forse che le vite di un determinato gruppo di esseri umani valgono più di quelle degli altri? La svalutazione della vita umana è sempre stata essenziale per l'affermazione del potere imperiale, dal Congo al Vietnam, dalla Cecenia all'Iraq.

Se, come ha scritto Milan Kundera, «la lotta della gente contro il potere è la lotta della memoria contro l'amnesia», allora non dobbiamo dimenticare. Non dobbiamo dimenticare le bugie di Bush e Blair sulle armi di distruzione di massa che, come ora dice Hans Blix, erano basate su «prove fabbricate». Non dobbiamo dimenticare che per la prima volta l'America e la Gran bretagna si sono apertamente dichiarate pronte a lanciare un attacco con armi nucleari. Oggi l'America è governata da una mafia in ascesa, e il premier britannico è asservito ad essa. Insieme, essi svuotano del loro vero significato parole nobili come liberazione, libertà e democrazia. La verità non detta è che, dietro la conquista sanguinosa dell'Iraq, c'è la conquista di tutti noi: quantomeno delle nostre menti, della nostra umanità e del rispetto di noi stessi. Se non diciamo e non facciamo nulla, la vittoria su di noi è assicurata.

Traduzione Marina Impallomenicopyright John Pilger/il manifesto -4.5.2003