OTTO PER MILLE, UNA PER TUTTI: LA CHIESA CATTOLICA LA FA DA PADRONA

31897. ROMA-ADISTA. Anche quest'anno, insieme alla dichiarazione dei redditi, è ritornato il tormentone 'otto per mille', la quota cioè di gettito Irpef che viene destinata, per legge, dal 1990, a finanziare opere caritative o di beneficenza realizzate dai soggetti che vengono ammessi alla distribuzione dei fondi (praticamente, tranne lo Stato, tutti enti confessionali: la Chiesa cattolica, ovviamente, più Tavola valdese, Comunità ebraiche, Assemblee di Dio in Italia, Avventisti del settimo giorno, Chiesa evangelica luterana). Il contribuente sceglie con una 'crocetta', e parte l'assegnazione dei fondi; ma non tutto è così semplice e trasparente.
Nei giorni scorsi è stato reso noto il quadro dell''otto per mille' relativo al 2003; si scopre, sì, che oltre l'87% dei contribuenti che hanno barrato la casella per devolvere l''otto per mille' ha fatto la propria scelta a favore della Chiesa cattolica - grazie anche ad un battage pubblicitario non indifferente, se è vero che la Cei ha speso quest'anno 8 milioni di euro, ma è anche vero che a fare una scelta esplicita è stato solo il 36,57% dei contribuenti. Il restante 63% non l'ha fatto, quasi i due terzi. Ma, per i contestati meccanismi della legge, succede che la quota non assegnata dagli 'astenuti' venga nuovamente assegnata ai soggetti concorrenti (tranne la Tavola valdese, che ha deciso di non partecipare a questa rispartizione) in proporzione alle preferenze già ottenute. Un meccanismo poco trasparente, che alla fine fa sì che l'87%, appunto, vada alla Chiesa cattolica, il 10% per cento allo Stato e il restante 3% agli altri cinque.
"Il sistema non ci piace - ha dichiarato Ignazio Barbuscia, tesoriere dell'Unione delle Chiese avventiste dell'ultimo giorno - avevamo proposto che quei soldi andassero allo Stato, ma evidentemente hanno prevalso altre logiche".
Si scopre inoltre che lo Stato, nel 2001, non ha speso i suoi soldi per la beneficenza, ma ne ha dirottato i 3/4 per finanziare la missione militare in Albania, e nel 2002 un terzo dei suoi 100 milioni di euro sono andati a ristrutturare beni culturali della Chiesa cattolica, come ha denunciato Vincenzo Donvito, presidente dell'Aduc, un'associazione di tutela dei consumatori.
Per il 2003, dunque, la Chiesa cattolica ha beneficiato di oltre 1 miliardo di euro (1.016 milioni, pari a oltre 1.967 miliardi delle vecchie lire). La ripartizione interna dei fondi, poi, ha consistentemente privilegiato le "esigenze di culto e pastorale" (contributi alle diocesi per culto e pastorale, edilizia di culto, iniziative di rilievo nazionale, tutela dei beni culturali ecclesiastici, fondo per la catechesi, gestione dei tribunali ecclesiastici regionali), per un ammontare complessivo di 422,5 milioni di euro, pari al 41,58% dell'intera torta; segue la parte destinata al sostentamento del clero (32,43%), gli interventi caritativi (18,21%, effettuati all'interno delle diocesi o nei Paesi del Terzo Mondo), e i fondi "destinati a riserva" (7,77%).
Dal 1990 al 2003 il totale dell''otto per mille' incassato dalla Chiesa cattolica si è praticamente quintuplicato; e proporzionalmente è cresciuta la parte destinata alla voce "esigenze di culto e pastorale", passando da 38 ai 422 milioni di euro. "È vero - ha dichiarato Paolo Moscarino, direttore dell'ufficio sostegno economico della Cei - solo il 18% del totale finisce direttamente in progetti umanitari. Attenti però a non fare semplificazioni: la carità cammina sulle gambe degli uomini, che la Chiesa deve formare e sostenere, anche economicamente".

 

8 PER MILLE, I CONTI NON TORNANO. "NOI SIAMO CHIESA" INVITA A RIFLETTERE

DOC-1384. ROMA-ADISTA. Quanto percepisca la Chiesa cattolica dall'8 per mille e dalle donazioni dei fedeli è cifra nota e altissima, avendo oltrepassato il miliardo di euro (v. Adista n. 45/03). Sono meno facili da individuare, al di là della grossa ripartizione fra sostentamento del clero, esigenze di culto e cura dei beni ecclesiastici, le caratteristiche qualitative della spesa, giacché "le tabelle rese pubbliche sono scheletriche". Come introvabili sono, nei siti ufficiali, le destinazioni dei fondi dell'8 per mille che le diocesi ricevono dalla Conferenza episcopale. Ma non era questa trasparenza un obbligo di legge? E che fine ha fatto il dovere di evangelizzare con "strumenti poveri"? Sono alcuni dei rilievi avanzati da "Noi siamo Chiesa" in un comunicato diramato in occasione dell'imminente consegna della dichiarazione dei redditi da parte dei cittadini italiani. È un testo che invita alla riflessione sull'opzione della destinazione dell'8 per mille e sul "senso stesso dell'autorganizzazione della comunità dei credenti anche nei suoi aspetti materiali". Di seguito il testo integrale.


"NOI SIAMO CHIESA" E L'8 PER MILLE 2003

Dopo Pasqua ogni anno, tra i tanti bombardamenti mediatici, c'è quello che invita il contribuente, in occasione della dichiarazione dei redditi, a firmare la destinazione dell' 8 per mille dell'Irpef a favore o dello Stato o della Chiesa cattolica o di qualcuna delle altre confessioni ammesse al sistema (valdometodisti, comunità israelitiche, avventisti, assemblee di Dio, luterani).
Mentre lo Stato non si fa propaganda (ed è anche difficile sapere come spende i fondi di sua spettanza) ogni chiesa per ottenere firme a proprio favore esibisce i suoi meriti, reali o presunti, in forme che a volte possono non essere gradite perché poco in sintonia con il dovere principale di ogni chiesa, che è quello della evangelizzazione con strumenti poveri. Però la maggioranza dei contribuenti non esprime la propria scelta ed allora la quota dell'otto per mille di chi non si pronuncia non viene lasciata allo Stato ma, in base ad una norma di legge molto discutibile, viene ugualmente distribuita in proporzione alle scelte effettuate da chi ha firmato (salvo le Assemblee di Dio che non hanno accettato questa seconda ripartizione).

L'8 per mille è un sistema evangelico?
"Noi Siamo Chiesa", coerente con la sua antica scelta anticoncordataria,
· è contraria a questo sistema che fa apparire che i fondi dell'8 per mille esprimano una scelta volontaria del cittadino contribuente mentre sono una percentuale dell'imposta che comunque deve essere versata.
· ritiene che si è ben lontani dal libero e sofferto obolo della vedova di cui parla Marco al cap.12 (41-44).
· fa presente che il sistema fornisce alla Chiesa cattolica ingenti risorse economiche, in continua e rapida crescita, che la allontanano dal precetto evangelico della gratuità secondo il quale "gratis accepistis, gratis date"(Matteo 10, 8).
Osserva che, con questo sistema consolidato, comodo e "ricco", nessuno si pone più l'obiettivo di una Chiesa più povera, di una maggiore sobrietà e dell'autofinanziamento: obiettivi che "Noi Siamo Chiesa" ritiene dovrebbero essere perseguiti con determinazione, anche se gradualmente.

I conti dell'8 per mille della chiesa cattolica
I fondi destinati alla Chiesa cattolica sono quintuplicati dall'anno di avvio del sistema, il 1990, ad oggi. Negli ultimi tre anni sono aumentati di circa un terzo tanto da superare per il 2003 i mille milioni di euro (762 nel 2001, 908 nel 2002 e 1016 nel 2003). Si tratta di un boom probabilmente inatteso anche dalla Cei, che ha destinato a riserva i due terzi dell'ultimo aumento di 108 milioni, probabilmente nella difficoltà di trovare da subito destinazioni plausibili.
L'esame della destinazione dei fondi porta alla luce dati sorprendenti: solo l'8% viene destinato ad interventi nel Terzo Mondo, i fondi per le esigenze di culto sono invece decuplicati dal '90 (per il 2003 si tratta di ben 422 milioni). Le retribuzioni del clero provengono per il 55% dall'8 per mille, per il 21% da altre retribuzioni pubbliche (scuola, carceri, ospedali) mentre solo il 4% proviene dai versamenti volontari (a favore dei quali la Cei fa ogni anno una campagna).
È difficile valutare le caratteristiche qualitative della spesa. Le tabelle rese pubbliche sono scheletriche, non c'è una accettabile disaggregazione delle voci per settore. Nel sito www.sovvenire.it e nell'omonima pubblicazione della Cei vengono fornite solo indicazioni molto generali, la Conferenza episcopale non fornisce spiegazioni sulle scelte che fa.

C'è la trasparenza? C'è la pubblicità?
Le Diocesi rendono pubbliche le destinazioni dei fondi dell'8 per mille che ricevono dalla Cei? Questo era stato deciso dall'Assemblea dei vescovi di Collevalenza del novembre 1998 ai tempi dello scandalo che coinvolse il Card. Giordano. Una ricerca a campione sui siti Internet di venti diocesi ci ha permesso di constatare che, da nessuna parte, si danno informazioni di questo tipo né altre sugli Istituti diocesani per il sostentamento del clero.
La Cei adempie all'obbligo previsto dall'art.44 della legge 222 del 1985 (istitutiva del sistema dell'8 per mille) di presentare allo Stato un analitico rendiconto sulla destinazione dei fondi, di pubblicarlo sul proprio organo ufficiale e di darne comunque "adeguata informazione"?
Allo stato attuale ci sembra che si ponga seriamente nella nostra chiesa il problema dell' informazione, della trasparenza, della volontà di discutere i criteri di scelta coinvolgendo i laici e l'opinione pubblica "cattolica", in sostanza di uscire dal circuito semisegreto degli organi di curia.
"Noi Siamo Chiesa" ha esplicitamente interpellato gli uffici della Cei perché diano una risposta soddisfacente a queste legittime esigenze di pubblicità e di trasparenza.

Per chi firmare?
Dopo queste analisi e riflessioni, anche quest'anno per chi si richiama ad una chiesa ispirata al Concilio Vaticano II si pone il problema di una scelta concreta. I fondi a gestione statale hanno le destinazioni più diverse e discutibili (nel 2002 per quasi un terzo essi sono stati destinati alla ristrutturazione dei beni culturali della Chiesa cattolica).
Firmare, obtorto collo, per la Chiesa cattolica sarebbe contraddittorio con il giudizio critico su tutto il sistema. Le altre Chiese garantiscono maggiore trasparenza, la Chiesa valdometodista e le Assemblee di Dio non useranno i fondi per il culto e non percepiranno la quota di chi non ha scelto.
Ogni simpatizzante di "Noi Siamo Chiesa" deciderà in coscienza che opzione fare nella convinzione che non bisogna desistere dal proporre una riflessione di fondo, alla luce dell'Evangelo, sul senso stesso dell'autorganizzazione della comunità dei credenti anche nei suoi aspetti materiali.

Roma, giugno 2003

"Noi Siamo Chiesa"
(aderente all'International Movement We Are Church-IMWAC)

 

da ADISTA del 14.6.2003