Francesco Forgione,
la brama di credere
Consensi trasversali Padre
Pio di Pietrelcina, ora santo, è stato senza dubbio l'italiano del secolo. Con
un insospettato, nutrito seguito anche nel popolo di sinistra
Dubbi individuali Nella complicata storia di stigmate,
dossier, denaro a fiumi e miracoli, il confronto tra credenti e scettici è un
dialogo tra sordi. Da cui è esclusa una sola cosa: la razionalità
MARCO D'ERAMO
L'italiano più importante
del XX secolo è stato senza dubbio Francesco Forgione, detto padre Pio di
Pietrelcina (1887-1968). Le sue statue crescono come funghi ovunque in Italia:
al Sud, dove non c'è centro abitato che non gli abbia eretto un monumento, ma
ormai - e con frequenza crescente - anche al Centro e al Nord. Sempre più
spesso incappi nei suoi santini non solo in commissariati, anagrafi, pronti
soccorsi, uffici postali, ma anche accanto ai registratori di cassa di bar ed
esercizi commerciali. I suoi adesivi aderiscono a computer di sportelli bancari
e agenzie di viaggio. San Giovanni Rotondo nel Gargano è il maggior richiamo di
tutta la cattolicità, poiché attira un flusso annuo di 5-7 milioni di
pellegrini/turisti/ammalati. Voluti da padre Pio negli anni '50, nel 1999 i «Gruppi
di preghiera» erano ormai 2.156, di cui 1.786 in Italia e 370 all'estero. Ai
riti della sua beatificazione prima e della sua santificazione poi sono accorse
masse di 200-500.000 fedeli (nelle cronache della tv pubblica c'è la tendenza a
gonfiare le cifre delle manifestazioni vaticane, proprio come facciamo noi di
sinistra con i cortei di protesta). Più stupefacente è che Francesco Forgione
ha un nutrito seguito nel popolo di sinistra; la sua immagine spunta persino in
qualche sede di Rifondazione comunista. In particolare al Sud, ti accorgi che
insinuare un dubbio su padre Pio ti aliena platee - che supporresti scettiche, o
per lo meno critiche - di lettori del manifesto e di Diario,
di rifondaroli, diessini di sinistra, cigiellini. Allora Francesco Forgione
diventa un problema serissimo per la sinistra e ti si presenta come un enigma da
indagare: perché la sua memoria è più indelebile di quella di Benito
Mussolini, il suo successo più strepitoso di Luciano Pavarotti?
Come è potuto succedere che padre Pio sia considerato uno
che sta dalla parte degli oppressi? Per esempio Gloria Fazzeri (del gruppo di
ricerca Amici di Tolstoi) mi rimprovera di aver scritto («con un tono alquanto
malevolo») che la figura di padre Pio è «tutta intrisa di una sua sanguigna
astuzia contadina»: «Faccio notare che se i contadini hanno sviluppato una
loro ingenua astuzia, è perché quello era l'unico modo per difendersi da una
classe padronale forte ed abile nel manovrare a suo favore leggi e carabinieri.
Dalla sinistra non ci si aspetterebbe questo tono di disprezzo verso le classi
oppresse!».
Eppure il più determinato avversario di Francesco Forgione
fu Giovanni XXIII, il «papa dei poveri», mentre padre Pio fu sempre virulento
contro socialisti e comunisti e fu amico intimo del locale sindaco e potestà,
segretario del fascio, Francesco Morcaldi (detto Cicillio). Fu adulato dalla
nobiltà nera: scrive Mario Guarino che si recarono a farsi benedire da lui la
principessa Maria José di Savoia, l'infanta del Portogallo Maria Antonia di
Borbone, l'imperatrice Zita d'Austria, il duca Eugenio d'Ancona con la consorte
Lucia di Borbone, gli arciduchi d'Austria Roberto, Adelaide e Felice, il
marchese napoletano Mario Di Giacomo che gli lasciò in eredità molti suoi
beni, tra cui un vasto terreno. Ancora più misteriosa è quest'aura di difesa
degli oppressi se si pensa che San Giovanni Rotondo è il luogo della più
sanguinosa carneficina di militanti di sinistra del XX secolo: qui il 14 ottobre
1920 i carabinieri spararono sulla folla che festeggiava la vittoria socialista
alle elezioni comunali: 14 persone furono uccise e più di 100 ferite (a titolo
di paragone, la strage di Portella della Ginestra compiuta nel 1947 da Salvatore
Giuliano fece 11 morti e 71 feriti). In quelle elezioni comunali padre Pio aveva
appoggiato il blocco dei clericali, fascisti ed ex combattenti con la nuova
associazione «Arditi di Cristo».
Il problema con padre Pio è che è un dialogo tra sordi.
Ogni argomento che per gli uni dimostra la sua santità, per gli altri è prova
della sua impostura, e viceversa. Prendiamo le famose stigmate: secondo gli
agiografi, il 7 settembre 1910 a padre Pio, mentre stava pregando, apparvero Gesù
e la Madonna e gli donarono le stigmate, ma poiché il miracolato voleva vivere
la propria santità nel «nascondimento», pregarono insieme e Dio li esaudì:
le stigmate scomparvero dal corpo del frate. Poco tempo dopo ritornarono, però
in forma «invisibile» all'occhio umano. Le sante piaghe si fecero di nuovo
visibili il 20 settembre 1915, e di nuovo il 5 agosto 1918, quando il sindaco di
San Giovanni Rotondo le diagnosticò come un «fenomeno criptogenetico» (sic!).
Ora è chiaro che per lo scettico le stigmate erano
invisibili perché non c'erano; e divennero visibili solo perché auto-inflitte
con acido fenico e mantenute aperte con tintura di iodio (di queste sostanze
parlano altre perizie mediche). Per invece chi crede, proprio l'alternarsi di
visibilità e invisibilità raddoppia in un certo senso il miracolo delle
stigmate. Questa divaricazione si è riproposta con ancor più forza al momento
della morte di padre Pio, nel 1968, quando le stigmate «miracolosamente»
scomparvero (anche se è non è chiaro perché le mani della salma esposta in
pubblico fossero accuratamente inguantate, come a far credere che le stigmate
c'erano ancora). Per chi vuole credere non vale nemmeno la parola di un
cattolico autorevole come padre Agostino Gemelli (medico, psicologo, fondatore
delle Università cattoliche del Sacro Cuore di Milano e Roma). Mandato al
convento di Santa Maria delle Grazie nel 1920, Gemelli osservò a lungo padre
Pio e concluse che le stigmate erano «un prodotto di origine isterica». Un
agiografo (Luigi Peroni) riporta che secondo alcuni Gemelli avrebbe anche
tentato «di far ricoverare padre Pio in un ospedale psichiatrico».
Ma per chi invece crede in Francesco Forgione, Gemelli
esprime la voce della Curia vaticana che ha sempre cercato di discreditare la «religiosità
dal basso» di padre Pio.
Quella dei conflitti tra Forgione e Vaticano è una storia
tutta italiana, a base di ricatti e dossier, recitata in apparenza attorno al
tema della santità ma centrata sul controllo, molto più materiale, del fiume
di denaro che i fedeli e i pellegrini riversavano su San Giovanni Rotondo.
Nessuno ci fa una bella figura in queste storie di ricatti e controricatti, di
pamphlet scritti per poter essere bruciati in cambio di benefici. Né il
Vaticano: se accettava i ricatti, era ricattabile; né Forgione che voleva che
fossero lasciate cadere le accuse contro di lui, accuse di fondi che sparivano
(per questioni di soldi nel 1922 vi furono persino conflitti a fuoco tra
cappuccini all'interno del convento), di voti di povertà e di clausura
infranti, di «figlie spirituali» che dormivano in convento.
D'altronde, anche sul tema delle «figlie spirituali», il
dibattito è tra sordi. L'unico fatto certo è che Francesco Forgione ha
esercitato sempre un fortissimo fascino sulle fedeli che sono state tra le
maggiori donatrici, dalla torinese figlia spirituale Maria Basilio che nel 1934
comprò il terreno su cui sarebbe sorta la Casa Sollievo della Sofferenza, fino
alla miliardaria americana Maria Pyle che finanziò la costruzione di due
chiese. Persino i suoi agiografi riconoscono che «... alcune delle sue figlie
spirituali, nella loro esaltazione mentale, ritengono che il padre accordi ad
altre una maggiore predilezione e, infiammate dalla gelosia, giungono a
inventare trame calunniose per screditare le antagoniste. Mediante lettere
anonime denunciano al padre guardiano le loro nemiche, assicurando che esse
vengono ammesse in convento durante le ore notturne da padre Pio».
Ed è per far cadere queste e simili accuse che dossier
anti-vaticani furono messi su a firma di John Willoughbly, pseudonimo di
Emmanuele Brunatto, alias Emanuele De Felice, avventuriero torinese, condannato
per truffa e il più fedele uomo di mano di padre Pio. Fu lui che nel 1941 da
Parigi inviò a San Giovanni Rotondo un bonifico per l'incredibile cifra di 3,5
milioni di franchi (equivalenti a circa 300 milioni di euro attuali) della
Banque Italo-Française de Crédit: non si è mai saputa l'origine di una somma
così spropositata versata in tempo di guerra (durante il regime di Vichy in
Francia e l'occupazione nazista di Parigi).
Sempre intorno al denaro hanno ruotato nel secondo
dopoguerra le polemiche su padre Pio, dallo scandalo del 1957, del «banchiere
di Dio», l'emiliano Giovanbattista Giuffrè, a quello, nel 1994, di Gerardo
Saldutto, il «cappuccino-banchiere». Negli anni `50 Giuffrè aveva messo su
una «piramide di sant'Antonio» (in questo caso «di san Francesco») con cui
assicurava interessi anche del 70% l'anno e in cui rimasero coinvolti 8 ordini
religiosi e personalmente 62 vescovi (e naturalmente vari cappuccini del
convento di San Giovanni Rotondo). Mentre negli anni `80 padre Saldutto, economo
provinciale dell'ordine dei francescani del foggiano, amministrava le finanze di
24 conventi, tra cui il più ricco di tutti, quello di santa Maria delle Grazie.
Con un altra piramide di sant'Antonio, l'ammanco fu di 8 miliardi di lire.
Sicuro è che la santità, vera o supposta, di Francesco
Forgione ha generato un imponente giro di affari. Alle soglie del 2000, con i
suoi 7 dipartimenti clinici, 500 medici a tempo pieno e 2.000 dipendenti, la
Casa Solllievo della Sofferenza poteva ospitare fino a 1.200 pazienti, con una
media annua di 60.000 ricoveri (proprietà del Vaticano, questa fondazione è
equiparata a un servizio pubblico e riceve sovvenzioni pubbliche per decine di
milioni di euro l'anno). C'è poi il Centro di accoglienza con 200 posti letto,
con salone per convegni e cappella, oltre a una residenza per anziani (240 posti
letto). Il flusso di 5-7 milioni di pellegrini l'anno ha trasformato san
Giovanni Rotondo nella «Las Vegas del Gargano», con un'immensa chiesa
progettata da Renzo Piano.
Il denaro ha cominciato a scorrere impetuoso già negli
anni `20 quando Emmanuele Brunatto conservava le pezzette insanguinate di padre
Pio per rivenderle ai fedeli a prezzi da capogiro (ognuna 50.000 lire di allora,
70.000 euro), e si è alimentato fino a oggi con le più fantasiose iniziative
promozionali: per realizzare la chiesa di Renzo Piano (con il supporto logistico
della Banca di Roma), il fedele poteva contribuire con una «pietra» (25 euro),
una «canna d'organo» (50 euro), un «banco» (1.000 euro), un «pannello della
Via Crucis» (2.500 euro), una «porta del tempio» (40.000 euro).
Ora il problema - e la debolezza della posizione laica -
sta proprio qui, che i miliardi sono reali e che milioni di pellegrini si recano
nel Gargano. Potrà essere anche vero, come sostiene lo psichiatra Luigi
Cancrini, riflettendo l'opinione pubblica laica, che la sindrome da cui era
afflitto Francesco Forgione è chiaramente delineata nei manuali di diagnostica
ed è un «disturbo istrionico della personalità». Ma non aiuta a spiegare
perché questa «disturbata personalità istrionica» si sia aperta una varco in
tanti milioni di anime. E più si guarda alla sua vita, meno questo varco è
chiaro: non ha fondato un ordine, non è stato esempio di povertà, non è
esemplare come un San Francesco, non è un martire come San Sebastiano. I suoi
grandi titoli di merito, come riferiti dagli agiografi, furono le sue indefesse
battaglie notturne con Satana. Scriveva padre Pio: «... da verso le 10 che mi
misi al letto fino alle 5 della mattina (Satana, ndr) non fece altro che
picchiarmi continuamente: credevo che quella fosse l'ultima notte della mia
esistenza... Questi cosacci (i demoni, ndr) non cessano di percuotermi,
di perseguitarmi e sbalzarmi alle volte dal letto...». Ma perché le lotte col
demonio (che spesso si presentava in forme oscene) sono un titolo di santità?
Per quale motivo essere perseguitati da visioni notturne di peccati renderebbe
santi? L'altro titolo di santità, naturalmente, è l'attività taumaturgica. Ma
qui il cerchio si chiude: padre Pio è santo perché compie miracoli e compie
miracoli perché è santo: è un pacchetto completo - santo miracoloso, miracolo
santo - da prendere o lasciare. In questo senso si può dire che la «santità»
di padre Pio sia stata creata dal popolo e dai fedeli, almeno quanto l'ha creata
lui con le trances durante le messe, le stigmate, le confessioni al
limite del sado-maso da cui le fedeli uscivano piangenti e insultate. Sono i
fedeli che fin dal 1918 hanno cominciato ad affluire nel Gargano per farsi
toccare e guarire da lui; sono i fedeli che fin dal 1922 hanno scatenato la
prima sommossa popolare per impedire il trasferimento di padre Pio. Se il
Vaticano non è mai riuscito a prendere provvedimenti contro Francesco Forgione
è perché sempre si è scontrato contro le rivolte locali.
Insomma, facendo risorgere il vecchio criterio di santità
(vox populi, vox dei) padre Pio è stato santificato innanzitutto dalla brama
di credere del popolo italiano. Francesco Forgione è la più grande
smentita alla tesi di Max Weber per cui il XX sarebbe stato il secolo del «disincantarsi
del mondo». Smentita dovuta a una ragione individuata dallo stesso Weber: mano
mano che l'osservazione empirica, scientifica del mondo, rifiuta «ogni visione
che s'interroghi sul `senso' degli avvenimenti intramondani (...), la religione
si è trovata respinta sempre di più dal regno del razionale in quello
dell'irrazionale, fino a diventare semplicemente la forza sovrapersonale
irrazionale o antirazionale per eccellenza». Nel medioevo la religione
integrava in sé il razionalismo tomista; oggi, di fronte al razionalismo laico,
la religione si trova sempre più respinta sul terreno dell'irrazionale puro. Si
spiega così uno dei misteri più inspiegabili dei nostri giorni, che ne Lo
sciamano in elicottero (Feltrinelli) ho chiamato «il problema della
credulità alla fine del XX secolo» riferendomi al titolo di un classico della
storiografia, Il problema dell'incredulità nel XVI secolo di Lucien Fèvre,
e cioè: come mai nell'epoca più dominata dalla scienza e dalla tecnologia, cioè
da una visione razionalistica del mondo, divampano le credenze nelle sette, nel
New Age, nelle religioni orientali? Chi avrebbe detto che i testimoni di Geova
hanno oggi più fedeli di quanti militanti abbia il movimento operaio mondiale?
In questo senso Francesco Forgione rappresenta solo la
versione italiana dello stesso fenomeno che in Nordamerica è espresso da sette
come gli avventisti e che nel Terzo mondo dilaga con i cargo cults. Ma,
per la stessa ragione, padre Pio indica la specificità della modernità
italiana, la sua irriducibilità al modello europeo. Nella sua figura Ernesto de
Martino troverebbe di sicuro tracce di culti pagani precristiani. L'interessante
è che oggi quei culti siano condivisi da disinibite signore della Padania, che
rifiutano il precetto ecclesiastico della castità prematrimoniale ma poi con
grandi disagi accorrono alla santificazione di padre Pio. È questo impasto di
moderno e di preistorico, di finanza sofisticata e irruenza rurale, a colpire in
padre Pio. Ma certo è, cara Gloria Fazzeri, che la fede nei miracoli non ha mai
liberato nessun oppresso e che anzi i miracoli sono sempre stati usati per
imbrigliare e sedare le rivolte. Fino al 1789 il popolino si recava a Versailles
per toccare il sovrano, poiché era diffusa la fede che i re fossero taumaturghi
(come racconta il grande storico Marc Bloch in quel capolavoro che è I re
taumaturghi, Einaudi). Per sradicare la fede nei miracoli - sovrani o non -
ci volle la presa della Bastiglia, in nome sì di Liberté, Egalité,
Fraternité, ma - a monte - di Rationalité.