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all'11 settembre, la "guerra al terrorismo" sta fornendo un pretesto
ai paesi ricchi, sotto la guida degli Stati uniti, per estendere il loro dominio
sugli affari mondiali. Diffondendo "paura e profondo rispetto", così
si è espresso un commentatore del Washington Post, l'America intende
respingere qualunque minaccia alla sua capacità di controllare e gestire
l'"economia globale", eufemismo che indica l'appropriazione
progressiva delle risorse e dei mercati da parte dei paesi ricchi del G8.
Questo, e non la caccia all'uomo in una caverna dell'Afghanistan, è l'obiettivo
che sta dietro ai bombardamenti e alle minacce a un numero di paesi compreso
"tra 40 e 50". Esso ha poco a che fare con il terrorismo e molto
invece con il mantenimento delle divisioni prodotte dalla "globalizzazione".
Oggi il commercio internazionale vale più di 11,5 miliardi di sterline al
giorno. Solo una piccola frazione di questo, lo 0,4%, viene condiviso con i
paesi più poveri. Il capitale americano e dei paesi del G8 controlla il 70% dei
mercati mondiali; e a causa di regole che impongono la fine di barriere
tariffarie e sovvenzioni nei paesi poveri ignorando - allo stesso tempo - il
protezionismo in occidente, i paesi poveri perdono nel commercio ogni giorno 1,3
miliardi di sterline. A questo va aggiunto il fatto che essi ogni giorno pagano
37 milioni di sterline di debito.
Comunque la si voglia considerare, questa è una guerra dei ricchi contro i
poveri. Si vedano le cifre sulle morti. Il tributo di vite umane, dice il World
Resources Institute, è di più di 13 milioni di bambini ogni anno; o 12 milioni
sotto i cinque anni di età, secondo stime dell'Onu. "Se 100 milioni di
persone sono state uccise nelle guerre dichiarate del XX secolo" ha scritto
Michael McKinley, "perché questa cifra deve essere privilegiata rispetto
al tasso di mortalità infantile per i programmi di aggiustamento strutturale a
partire dal 1982?"
Il saggio di McKinley, Triage: A Survey of the New Inequality as Combat Zone
è stato presentato in una confererenza a Chicago l'anno scorso, e merita una
lettura approfondita (McKinley insegna alla Australian National University).
Esso descrive vividamente l'accelerazione del potere economico occidentale
nell'era Clinton che, dopo l'11 settembre, ha superato una soglia di pericolo
per milioni di persone.
Il vertice del Wto dell'anno scorso a Doha nel Qatar è stato disastroso per la
maggioranza dell'umanità. I paesi ricchi hanno preteso e ottenuto un nuovo
"round" di "liberalizzazione del commercio", cioè in altre
parole il loro diritto a intervenire nelle economie dei paesi poveri e di
pretendere la privatizzazione e la distruzione dei servizi pubblici. Solo a loro
è permesso tutelare la propria industria e la propria agricoltura; solo loro
hanno il diritto di sovvenzionare le esportazioni di carne, grano e zucchero,
per poi svenderli nei paesi poveri a prezzi artificialmente bassi, distruggendo
così i mezzi di sostentamento di milioni di persone. In India, spiega
l'ambientalista Vandana Shiva, i suicidi tra i contadini poveri sono "una
furiosa epidemia".
Anche prima del meeting del Wto Robert Zoellick, trade representative
americano, ha invocato la "guerra al terrorismo" avvertendo il mondo
in via di sviluppo che nessuna seria opposizione all'agenda commerciale
americana sarebbe stata tollerata. "Gli Stati uniti - ha detto Zoellick -
sono impegnati in una leadership globale di apertura e capiscono che la tenuta
della nostra nuova coalizione [contro il terrorismo] dipende dalla crescita
economica...". Cioè la "crescita economica" (élite ricca,
maggioranza povera) equivarrebbe all'anti-terrorismo.
Mark Curtis, lo storico britannico e head of policy di Christian Aid, che
ha partecipato al vertice di Doha, descrive "un modello emergente di
minacce e intimidazioni nei confronti dei paesi poveri" equivalente a una
"diplomazia del pugno di ferro economico". "E' stato
assolutamente oltraggioso -ha detto Curtis -. I paesi ricchi hanno sfruttato il
loro potere per imporre l'agenda del grande business. La questione delle
corporations multinazionali come causa di povertà non era nemmeno in agenda;
era come una conferenza sulla malaria dove non si discuta nemmeno della
zanzara".
I delegati dei paesi poveri hanno protestato perché minacciati della rimozione
delle loro poche, preziose facilitazioni commerciali e dei programmi di
sostegno. "Se intervenissi con troppa forza per i diritti del mio
popolo" ha detto un delegato africano, "gli Usa telefonerebbero al mio
ministero. Direbbero che sto mettendo in imbarazzo gli Stati uniti. Il mio
governo non chiederebbe nemmeno che cosa ho detto. Si limiterebbe a spedirmi un
biglietto domani stesso... perciò non parlo, per paura di turbare il
padrone".
Un funzionario Usa di alto livello ha telefonato ai ministri del governo
ugandese per chiedere che il suo ambasciatore al Wto, Nathan Iramba, fosse
rimosso. Iramba dirige il Comitato sul commercio e lo sviluppo (Committee on
Trade and Development) del Wto, e ha criticato l'agenda delle organizzazioni
sulla "liberalizzazione". Il dottor Richard Bernal, delegato
giamaicano a Doha, ha detto che il suo governo aveva subìto pressioni analoghe.
"Noi sentiamo che questo meeting [del Wto] non ha relazione con la guerra
al terrorismo - ha detto - tuttavia siamo costretti a sentire che noi stiamo
ostacolando il salvataggio dell'economia globale se non accettiamo un nuovo
round [di misure di liberalizzazione]". Il ministro indiano per il
commercio e l'industria, Musaroli Maran, ha detto arrabbiato: "L'intero
meccanismo è una mera formalità e stiamo subendo una coercizione contro la
nostra volontà... il Wto non è un governo del mondo e non deve tentare di
appropriarsi della legittimità di cui godono i parlamenti e i governi
nazionali".
Ciò che la conferenza ha dimostrato è che il Wto è diventato un governo
mondiale, gestito dai ricchi e principalmente da Washington. Sebbene conti 142
membri, solo a 21 governi è consentito tracciare la sua politica, di cui la
gran parte è scritta dal "quadrilatero": Stati uniti, Europa, Canada
e Giappone. A Doha, gli inglesi hanno giocato un ruolo simile alla promozione di
Tony Blair della "guerra al terrorismo". La ministra per il commercio
e l'industria, Patricia Hewitt, aveva già detto alle organizzazioni del
volontariato che "dall'11 settembre, una ulteriore liberalizzazione del
commercio si impone". A Doha, funzionari inglesi e di altri paesi europei
hanno spinto per la "liberalizzazione" in modo aggressivo dimostrando,
secondo Christian Aid, "l'abisso tra la loro retorica su come il commercio
dovrebbe lavorare per i poveri" e le loro vere intenzioni.
Questa "retorica" è la specialità del governo Blair e della sua
responsabile per lo sviluppo internazionale, Clare Short, che ha superato se
stessa annunciando 20 milioni di sterline come "pacchetto di nuove
misure" per aiutare i paesi poveri. In effetti, quella era la terza volta
che gli stessi soldi venivano annunciati nel giro di un anno. Nel dicembre 2000,
Short aveva detto che il governo avrebbe "raddoppiato il suo sostegno per
le iniziative di rafforzamento del commercio nei paesi in via di sviluppo da 15
milioni di sterline negli ultimi tre anni, a 30 milioni di sterline per i tre
anni successivi". Lo scorso marzo, gli stessi soldi sono stati annunciati
di nuovo. Short, ha detto il suo ufficio stampa, "annuncerà che il Regno
unito raddoppierà il suo sostegno per... la performance commerciale dei paesi
in via di sviluppo". Il 7 novembre, il pacchetto da 20 milioni di sterline
è stato annunciato di nuovo. Inoltre, un terzo di esso è legato a tutti gli
effetti al lancio di un nuovo "round" del Wto, il che significa
un'agenda per il "libero" mercato.
L'inganno illustra la globalizzazione della povertà, vero nome della
"liberalizzazione". Il collegamento con i bombardamenti è stato fatto
da Clare Short, che si è spinta fino a paragonare le persone contrarie ai
bombardamenti illegali (in Jugoslavia) come pacificatori nazisti. Short ha
insultato gli operatori delle agenzie umanitarie in Pakistan, che chiedevano una
sospensione dei bombardamenti sull'Afghanistan, definendoli "emotivi"
e ha messo in dubbio la loro integrità. Ha sostenuto che gli aiuti "stanno
arrivando" - quando, in realtà, ben pochi di essi vengono distribuiti dove
più serve, a causa dei bombardamenti.
Oggi vengono trasportate ogni giorno in Afghanistan soltanto 750 tonnellate di
aiuti, meno della metà di quelle che l'Onu considera necessarie. Sei milioni di
persone continuano a rischiare di morire di fame. Non arriva niente nelle zone
vicino a Jalalabad, dove gli americani stanno bombardando i villaggi uccidendo
centinaia i civili, "tra 60 e 300" in una notte, secondo i comandanti
anti-taleban che stanno cominciando a chiedere a Washington di smettere.
Il silenzio dei governi europei e il loro appoggio alla omicida "guerra al
terrorismo" dell'America da 21 miliardi e alla loro campagna per soggiogare
i paesi poveri, smaschera la mistificazione dell'"economia globale come
unico modo di aiutare i poveri", come i ministri per lo sviluppo continuano
a ripetere. Il militarismo americano, che è visibile a tutti tranne che agli
intellettualmente e moralmente incapaci, è la naturale estensione delle rapaci
politiche economiche che hanno diviso l'umanità come mai era accaduto prima.
Come ha scritto Thomas Friedman sul New York Times, "la mano
invisibile del mercato" è l'esercito americano. Questo era prima dell'11
settembre. Ora non è più invisibile.
Ormai in pochi dicono ancora che l'economia delle grandi imprese creerebbe
benessere "a cascata" anche per i poveri, perché è chiaramente
falso. Persino la Banca mondiale ha ammesso che i paesi più poveri sono quelli
che versano in maggiori difficoltà, sotto la sua tutela, rispetto a dieci anni
fa: che il numero dei poveri è cresciuto, che più gente muore giovane. E
questi sono paesi con "programmi di aggiustamento strutturale" che
dovrebbero "creare ricchezza" per la maggioranza. Era tutta una bugia.
La verità sta nelle cifre degli "aiuti" effettivi. L'America dà solo
lo 0,1% del suo prodotto nazionale lordo; l'Italia dà solo una muniscola quota
in più. Lo scorso anno, il Foreign Aid bill del Senato statunitense
comprendeva una minima quantità dei 75milioni di dollari per i più poveri - un
decimo del costo di un B52 - mentre 1,3 miliari di dollari andavano all'esercito
colombiano, uno dei peggiori per le violazioni dei diritti umani. E' tempo che
ci rendiamo conto che il vero terrorismo è la povertà, che uccide migliaia di
persone ogni giorno, e che la loro morte, e quella di persone innocenti
bombardate nei villaggi polverosi, sono direttamente correlate.
www.johnpilger.com
Traduzione di Marina Impallomeni
CHI E' JOHN PILGER
John Pilger è uno dei più premiati giornalisti britannici.
Nato a Sydney, corrispondente e commentatore di guerra quasi leggendario, ha
coperto conflitti in tutto il mondo, dal Vietnam alla Birmania, alla Cambogia,
al Medio Oriente. Ha vinto due volte il principale premio giornalistico
britannico (il "Journalist of the Year") e i suoi documentari si sono
aggiudicati un'infinità di altri riconoscimenti, incluso un Emmy e un Reporters
sans frontieres Award. Ha scritto sei libri, tra i quali "Heroes" e
"Hidden Agendas", rivelando i retroscena di molti conflitti
sanguinosi. I suoi articoli appaiono su Guardian, Independent e New Statesman in
Gran Bretagna, New York Times, Los Angeles Times e The Nation negli Stati uniti.