PERDONACI, SIGNORE!

 di Marco Aurelio Rivelli

Nel corso del suo pontificato, Giovanni Paolo II ha finora ammesso un po' più di cento "deviazioni" dei cristiani rispetto al Vangelo. Ammissioni che hanno prodotto altrettante richieste di perdono, spazianti dalle Crociate alla tratta dei neri, dallo sterminio degli indios agli "eccessi" dell'Inquisizione, fino all'Olocausto di milioni di ebrei e di tanti altri poveri sfortunati. Il motivo dominante di Wojtyla: purificare la memoria riconoscendo le colpe dei cristiani, in particolare dei cattolici.
Un lodevole esame di coscienza macchiato però da omissioni che rendono meno credibile questi mea culpa: silenzio assoluto, per esempio, sull'orribile sterminio in Croazia di un milione di serbi, di novantamila ebrei e di quarantamila zingari, annientati non solo dalle bande ustascia, ma anche da individui che indossavano abiti talari. Nessuna richiesta di perdono in questo caso, ma beatificazione di uno dei maggiori responsabili di questo genocidio, il cardinale Alojzije Stepinac.

C'è colpa e colpa...

Il 16 marzo 1998, il cardinale Edward Cassidy, a nome della Chiesa, divulga un documento il cui titolo è We remember ("Noi ricordiamo"), presentato come una richiesta ufficiale di perdono per ciò che non era stato fatto durante la guerra per gli ebrei: "...tra le cause che provocarono l'Olocausto ci fu una millenaria ed erronea interpretazione del Nuovo Testamento… Il crimine che è diventato noto come Shoà rimane una indelebile macchia nella storia del secolo che si sta concludendo… La Chiesa incoraggia i suoi figli e figlie a purificare i loro cuori attraverso il pentimento per gli errori e le infedeltà del passato. Essa li chiama a mettersi umilmente di fronte a Dio ed a esaminarsi sulle responsabilità che anch'essi hanno per i mali del nostro tempo… In alcuni casi la persecuzione fu facilitata dai pregiudizi antigiudaici presenti nelle menti e nei cuori di alcuni cristiani… Il sentimento antigiudaico rese forse i cristiani meno sensibili e persino indifferenti davanti alla tragedia che si stava consumando. Papa Pacelli si oppose all'antisemitismo e al razzismo del regime nazista" (ma quando? NdA).
Riflessione: a) autoassoluzione della Chiesa che scarica le colpe sui fedeli; b) la richiesta di perdono non è estesa agli zingari, tantomeno ai serbi ortodossi, questi ultimi sterminati dalla stessa Chiesa cattolica e non dai nazisti; c) Le gerarchie ecclesiastiche, che hanno sempre preteso di essere le sole autorizzate all'interpretazione dei Sacri Testi, ammettono dunque di averli interpretati anche male? E su quanti altri argomenti d'attualità, avranno errato nell'interpretazione? d) Pacelli non si tocca!

E, fra i colpevoli, ci sono figli e figli...

Il 12 marzo del 2000 è Giovanni Paolo II in persona a chiedere sette volte perdono in Mondovisione, ribadendo il concetto per gli ebrei nel successivo viaggio in Palestina. Questa volta Pio XII non viene menzionato, ma le colpe continuano a essere attribuite a imprecisati fedeli. Si tace ancora di zingari e serbi, non si va alle radici del male, che sta nella Chiesa come istituzione, come devianza dal cristianesimo. È ingannevole che si indichino quali colpevoli i figli e le figlie della Chiesa, ma non i papi, i vescovi, i cardinali, e l'Istituzione. È un mea culpa generico che la Chiesa trasforma in un "tua culpa" omertoso inteso a celarne i mandanti, fra i quali beati proclamati e proclamandi. È una brillante operazione di marketing ingannevole compiuta dai mercanti del tempio. Non si tratta di autentica autocritica, quanto piuttosto di ricollocazione sul mercato. Un'abile, quanto spregiudicata, operazione. Il Pontefice ammette gli errori del passato, ma ammissione che la morale presente impone, così nessuno chiede conto di quelli del presente che pure sono sotto gli occhi di tutti. E soprattutto si cela il nesso tra le colpe di ieri e quelle di oggi.
L'elenco delle colpe di ieri è molto lungo, ma certamente incompleto. Una serie di offese, di prepotenze, di violenze, di sopraffazioni, di ingiustizie: Giordano Bruno e Girolamo Savonarola, Ian Huss e i calvinisti ammazzati, le streghe bruciate vive come eretiche, gli Indios delle Americhe dove la Croce avanzava con la spada e i colpi inflitti agli schiavi si contavano con in mano i grani del "santo rosario". L'elenco delle colpe del presente è storia recente colpevolmente celata o mistificata. Per un vero mea culpa occorrerebbe intanto precisare che "quei cristiani" erano anche ecclesiastici, esponenti della gerarchia fino al più Alto Vertice, maggiormente responsabile proprio per l'alta carica.
Ma la Chiesa se la cava abilmente forte di una esperienza bimillenaria: 'Abbiamo sbagliato, ma abbiamo chiesto scusa. Abbiamo torturato, ucciso, stuprato, bruciato libri e stretto rapporti con i dittatori passati e presenti' (i vescovi argentini e cileni non difesero il loro gregge e ancora oggi il Vaticano difende l''onore' di Pinochet). 'Abbiamo calpestato, violato e vilipeso la libertà di pensiero e di parola. Si, è vero. Abbiamo omesso di chiedere perdono per i serbi da noi massacrati. Per il resto abbiamo chiesto scusa e perdono a Dio. E, in ogni caso, non siamo mai stati noi i colpevoli, ma i figli della Chiesa'.
Una struttura fondata su un centralismo rigido che prevede un vertice infallibile (e propone come infallibile l'insegnamento di questo vertice); una struttura autoreferenziale che si presenta come irreformabile, come può rendere segno efficace una richiesta di perdono? Come può renderla credibile e feconda di cambiamento? Il perdono presuppone una conversione. Se questa struttura si convertisse, cesserebbe di essere quella che invece continua ad essere. I figli e figlie della Chiesa, per i cui errori il papa chiede perdono, sono colpevoli perché sono espressione vivente e storica di questa struttura, ma è la struttura che li ha voluti, forgiati così. Sono appunto figli e figlie della struttura Chiesa. Ed è una struttura antievangelica perché si sente mediatrice unica e diretta fra Dio e l'uomo. Si dice cristiana, ma si sostituisce allo stesso Cristo. Gesù ha detto "in memoria di me". Non al posto mio. Ogni figlio che ha sbagliato, lo ha fatto perché convinto di essere emanazione di un potere assoluto, addirittura divino (perciò di vita e di morte), perché si è identificato con la struttura, perché 'giustificato' dalla Struttura.

Potere e morte

Nel corso della sua storia, la Chiesa ha troppo spesso violato i diritti umani, principalmente quello di vivere una vita quieta e, ove possibile, un poco felice. La Chiesa ha ucciso, con le torture più crudeli, eretici o presunti tali. Ha ucciso con la spada, con il fuoco nei modi più atroci. Ha approvato e lucrato della schiavitù dei vinti, dei negri estirpati dalla loro terra. Con la scusa dell'evangelizzazione, ha distrutto le civiltà precolombiane dell'America Latina. L'antisemitismo lo ha inventato la Chiesa e l'ha praticato per millenni, condizionando le menti ed armando le mani dei carnefici. La Chiesa di Roma, cioè quella congrega di individui che prosperano sulla buona fede dei credenti, godendo di benefici immeritati e usurpati, vivendo nell'opulenza più sfacciata, non rappresenta il Verbo dell'uomo del Golgota. Questa Chiesa che ha scelto la via della ricchezza come mezzo, oltre che di benessere personale, di potenza economica e politica non rappresenta il Figlio di Dio. Molti papi disattesero i precetti divini, vivendo nella lussuria con concubine e figli. I veleni, oltre che prerogative dei Borgia, rappresentarono la costante nelle loro dimore sfarzose, e la lotta per il potere vide papi e antipapi, uni uccisori di altri (è da poco che si è scoperto un chiodo conficcato nel cranio di Celestino V, mentre ai giorni d'oggi rimangono forti perplessità sulla morte di papa Luciani). Tutti furono amanti dello sfarzo, dell'intrigo, dell'appropriazione delle anime e dei corpi.
Per mantenere il potere fecero e disfecero regni, lanciarono anatemi, scatenarono guerre e crociate, fino a quando inventarono l'Inquisizione quale strumento di controllo dell'ortodossia e di punizione del dissenso dottrinale. Per decreto di Paolo IV, nel 1559, tutti i confessori dovettero da allora in poi chiedere ai penitenti se avevano fatto, pensato, ascoltato o saputo niente che potesse interessare l'Inquisizione, così che, scavando nelle coscienze, si fecero aprire il segreto dei pensieri e degli affetti, dei dubbi e delle aspirazioni. Una storia infinita di coercizioni e di sangue. Non sporadici episodi da attribuire a momentanee deviazioni, ma rappresentazione della gestione ordinaria del potere in tutto il lungo periodo in cui la Chiesa se lo poté permettere. Orbene, la gestione ordinaria del potere durante gli anni Trenta e Quaranta, fu quella di rafforzarlo mediante l'acquisizione di fidati partner quali Mussolini, Hitler, Tiso, Pavelic, Petain. Franco aveva già fatto la sua parte in Spagna. Nessuno di questi figuri fu mai scomunicato nell'esercizio delle sue funzioni!.

E le stragi attuali?

La Chiesa, oltre alle omissioni del passato è responsabile di altri due genocidi dell'immediato presente. L'uno per omissione e l'altro per istigazione al delitto, perpetrati in particolare là ove più cupa è la miseria, nelle terre più povere del nostro pianeta. Ci riferiamo al flagello dell'Aids, peste del 2000, micidiale ancor più presso quei popoli ove la povertà non produce altro sbocco che un alto tasso di natalità. Ci riferiamo inoltre all'orrendo genocidio dell'etnia Tutsi nel Ruanda, sterminata nel 1994 dall'etnia cattolica degli Hutu.
Conosciamo il triste bilancio di vittime del nazismo, ma quello dell'Aids rischia di essere ancor più pesante. Il virus di questo male si diffonde attraverso le secrezioni genitali e l'unica difesa possibile rimane ancora, e solo, il preservativo. Tempo fa un uomo politico italiano, segretario del più importante partito della sinistra, lo ha ribadito al ritorno da un suo viaggio in Africa, ricevendo da "L'Osservatore romano" del 28 febbraio 2000 una secca reprimenda nella quale il suo veniva definito "un rauco appello senza fondamento che ripete un abusato luogo comune e facilistiche soluzioni demagogiche". Per la Chiesa, il preservativo rimane un peccaminoso mezzo artificiale di controllo delle nascite, peraltro - aggiungiamo noi - auspicabile in Paesi già devastati dalla fame, dalle malattie, condannato da Pio XI nel 1930 con l'enciclica Casti connubi. Divieto ribadito da Paolo VI, nel 1968, con l'enciclica Humanae vitae. Nel 1992, in Uganda, Giovanni Paolo II, nel reiterare il divieto dell'uso del profilattico, sentenziava che "Il controllo di se stessi e la castità sono l'unico mezzo virtuoso e sicuro per mettere fine al flagello dell'Aids". Certo, aggiungiamo noi, l'uso del preservativo non è la soluzione vincente contro la malattia, serve però a limitare i danni. Un quarto della popolazione africana è contagiata dall'Aids, i sieropositivi raggiungono quote del 28-30 per cento. Acclarato ciò, come si fa a predicare l'astinenza alle popolazioni africane che da sempre vivono in promiscuità, nella miseria più nera? È ipocrita immaginare che la gente resti sessualmente inattiva là ove è già privata di tutto, anche della speranza. Come si può chiedere a questa gente, priva anche del futuro, di praticare la castità? La situazione di certi Paesi come quelli dell'Africa subsahariana è spaventosa. Di fronte a un dramma di tali proporzioni non si può far finta di ignorare le responsabilità della Chiesa che continua imperterrita a fare propaganda contro la limitazione delle nascite. Una propaganda del genere può essere definita in un solo modo: immorale! Questo è il nuovo genocidio del XX secolo, ma ciò non smuove le coscienze di una Chiesa ricca e sazia, arrogante custode di una morale sovente disattesa da tanti suoi membri.

Massacratori protetti

Nel 1994, nel Ruanda, ex colonia belga, esplode un nuovo genocidio di grandi proporzioni. Un milione di ruandesi protestanti di etnia Tutsi vengono sterminati, nel volgere di pochi mesi, dagli Hutu di religione cattolica. Ci sono stati preti hutu che hanno cavalcato questa mattanza, macchiandosi dei più spaventosi crimini. "Prelati denunciano il Vaticano e gli imputano di avere provocato le divisioni etniche e di avere chiuso gli occhi davanti agli inquietanti sintomi della sindrome razzista, di avere sostenuto gli Hutu pronti alla soluzione finale contro i Tutsi" ("Corriere della Sera", 16 maggio 1998). Secondo il tribunale di Kibuye, che li ha condannati a morte, i sacerdoti cattolici Jean Francois Kaiyranga e Edouard Nkuriye, il 16 aprile 1994 avevano dato l'ordine ai bulldozer di abbattere la chiesa di Nyange dove si erano rifugiati più di duemila Tutsi che vennero sterminati. Con questi due sacerdoti, a capo c'era il parroco, Athanase Serombe, sfuggito poi alla giustizia. Altri responsabili di spicco, il vescovo Augustin Misago, i frati Jean Baptist Ruthiunza, massacratore di bambini handicappati Tutsi a Gitarama, Emmanuel Rukundo, Daniel Nahimana ed Emmanuel Huvaiezo, più tanti altri, tutti religiosi, che riteniamo inutile menzionare. Il giornalista Luigi Accattoli ha scritto che Giovanni Paolo II ordinò ai sacerdoti indegni di costituirsi alla giustizia. Resta il fatto che Serombe, con numerosi sacerdoti assassini, è fuggito in Italia dove il cardinale Silvano Piovanelli lo ha "sistemato", come viceparroco nella Chiesa dell'Immacolata di San Martino a Firenze ("Corriere della Sera", 22 novembre 1999). Altri quaranta colleghi di Serombe, tutti ricercati dalla giustizia, hanno ricevuto incarichi di parroco, in particolare nel Lazio nella zona della Sabina. Come possiamo constatare, anche in questa occasione la Chiesa cattolica ha confermato la sua vocazione di protettrice e custode di criminali conclamati, esperti in genocidio. Per questi crimini il papa non ha implorato perdono, non li ha tanto meno sconfessati. Che importanza hanno milioni di negri e di altri popoli sottosviluppati? I loro tukul, le loro favelas, i loro barrios, sono lontani mille anni dallo splendore della Cupola di San Pietro. Quei derelitti sono nessuno, mentre la Chiesa bimillenaria è ricca e infallibile. Hanno beatificato soggetti discutibili. Non hanno innalzato agli onori monsignor Romero. No. Perché fu così sciocco da amare i derelitti.

da ADISTA del 2.8.2003