31277. ROMA-ADISTA. Il culto al
Sacro Cuore non è stato solo una pratica devozionale molto diffusa fra le masse
popolari, ma anche un vero e proprio progetto politico di restaurazione
cristiana della società. È la tesi sviluppata da Daniele Menozzi,
docente di Storia della Chiesa all'università di Firenze, in Sacro Cuore. Un
culto tra devozione interiore e restaurazione cristiana della società,
appena pubblicato dalla casa editrice Viella (pp. 319, € 25,90): una minuziosa
indagine sulla politicizzazione del culto al S. Cuore dalla sua origine, con le
visioni di Margherita Maria Alacoque, fino a tutto il pontificato di Pio XII,
per arrivare a Giovanni Paolo II nel cui magistero il "regno del S.
Cuore" è ancora indicato come "rimedio ai mali" della modernità
politica e sociale. Oltre tre secoli di storia in cui fede e politica camminano
a braccetto con un obiettivo: rivendicare per la Chiesa cattolica la funzione di
guida e direzione della società e della vita collettiva.
La storia del culto al S. Cuore inizia in Francia nel 1673 quando Margherita
Maria Alacoque, da due anni nel monastero della Visitazione di Paray-le-Moniel
in Borgogna, afferma di ricevere visioni e messaggi direttamente dal S. Cuore.
Se inizialmente la devozione ha solo un carattere riparatorio (onorare il S.
Cuore per rimediare alle offese arrecate a Cristo), ben presto assume una
valenza politica.
Nel 1689 infatti l'Alacoque, riferendosi ad una delle sue visioni, afferma che
il S. Cuore, "volendo regnare nei palazzi dei prìncipi in riparazione
delle umiliazioni subite durante la Passione", ha scelto Luigi XIV, re di
Francia, come esecutore di questo disegno.
Se il sovrano francese adempirà a quattro condizioni (l'edificazione di una
Chiesa dedicata al S. Cuore, l'impegno presso il papa per la proclamazione della
festa liturgica del S. Cuore, la consacrazione della Francia al S. Cuore e
l'inserimento dell'immagine del S. Cuore sulla bandiera nazionale), egli potrà
"diventare il 'nuovo luogotenente' della Chiesa e, abbattendo le differenze
confessionali esistenti nel continente (le Chiese protestanti), ristabilire il
santo impero cattolico capace di sconfiggere tutti i nemici della ricostituita
cristianità" (primi fra tutti i Turchi che nel 1683 avevano cinto
d'assedio Vienna).
Luigi XIV non esaudisce le richieste e, nell'interpretazione del tempo, il
castigo divino nei confronti della monarchia borbonica si manifesta facendo
esplodere, esattamente un secolo dopo, la Rivoluzione francese.
Nel corso della prima guerra mondiale il culto al S. Cuore assume forti
connotazioni nazionalistiche. Significativa appare la solenne cerimonia della
consacrazione al S. Cuore delle nazioni dell'Intesa (Francia, Gran Bretagna,
Russia, unite contro gli imperi d'Austria e di Germania) compiuta a
Paray-le-Monial nel 1917. Ma anche sull'opposto fronte si era delineato un
atteggiamento analogo: nel dicembre 1914 l'imperatore d'Austria Francesco
Giuseppe aveva consacrato la sua persona e la sua casa al S. Cuore per
sconfiggere i nemici.
Con Pio IX (che nel 1864 provvede alla beatificazione di Margherita Maria
Alacoque e promuove fortemente la devozione al S. Cuore concedendo speciali
indulgenze) il culto si lega alla ricomposizione di una società soggetta alle
direttive della Chiesa contro i nuovi grandi nemici: il liberalismo e il
socialismo.
Il gesuita Henri Ramière teorizza la "regalità sociale di Cristo", e
la devozione al S. Cuore diventa "il canale con cui giungere a quella
società cristiana che, riconoscendo i poteri regali di Cristo, rovesciava il
processo di secolarizzazione avviato dalla Rivoluzione francese ed ancora
operante nel mondo contemporaneo".
Il culto del S. Cuore si diffonde in tutto il mondo e in Ecuador nasce la prima
"Repubblica del S. Cuore": nel 1874 il presidente García Moreno e le
massime autorità civili recitano formalmente la consacrazione della nazione al
S. Cuore, proclamando "l'aspirazione ad ottenere la conformità dei tre
poteri - legislativo, esecutivo e giudiziario - alla volontà del S.
Cuore".
Il massimo riconoscimento ecclesiastico alla devozione arriva nel 1899 quando
Leone XIII, in vista del nuovo secolo, promulga l'enciclica Annum Sacrum formalizzando,
anche nel magistero pontificio, la connessione tra S. Cuore e Regno sociale di
Cristo: se nei primi secoli della cristianità era stata la Croce a guidare
l'imperatore Costantino alla vittoria suggellando così una millenaria alleanza
fra trono e altare - questo il pensiero di Leone XIII - tocca ora al S. Cuore
contribuire a ricostruire fecondi rapporti fra Stati e Chiesa. Solo il
ristabilimento di un "ordine sociale cristiano" poteva sanare tutti i
mali del mondo contemporaneo a cui "socialismo e liberalismo davano
risposte inadeguate".
I successori di Leone XIII procedono su questa via, mentre si vanno diffondendo,
soprattutto grazie all'opera di congregazioni religiose maschili e femminili,
associazioni e movimenti alcune pratiche che mostrano lo stretto rapporto fra
devozione al S. Cuore e instaurazione del Regno di Cristo:
"l'incoronazione" e "l'intronizzazione" del S. Cuore.
Fortemente ridimensionata negli anni del Concilio Vaticano II, la devozione al
Sacro Cuore riceve un nuovo impulso da Giovanni Paolo II che va in
pellegrinaggio alla basilica del Sacro Cuore di Montmartre e al monastero di
Paray-le-Monial, canonizza (1992) il gesuita padre Claude de La Colombière,
confessore e direttore spirituale della stessa Margherita Maria Alacoque e si
reca in visita in Ecuador (1985) dove recita la preghiera di consacrazione della
Nazione al S. Cuore del 1874, quella stessa in cui si auspicava la costruzione
di uno Stato integralista cattolico.