DOMESTICHE O SCHIAVE? DAL SITO INTERNET DELL’ODAN, LA STORIA SCONOSCIUTA DELLE "NUMERARIE ASSISTENTI".
"MY BASIC HUMAN RIGHTS WERE VIOLATED" È IL TITOLO ORIGINALE DI QUESTA TESTIMONIANZA LEGGIBILE SUL SITO DELL’ODAN, PUBBLICATA SULLA NEWSLETTER DELL’ORGANISMO NEL 2000 E SUL WEB IL 13 MAGGIO 2002.
Il racconto personale che segue è stato scritto da una giovane donna europea
che ha vissuto in prima persona la vita da numeraria assistente dell’Opus Dei.
L’Opus Dei recluta donna dalle classi più povere perché dedichino la loro
vita a cucinare e pulire gli opulenti centri dell’Opus Dei, vivendo una vita
di castità.
Nel suo libro, Oltre la soglia: una vita nell’Opus Dei (1), Maria del Carmen
Tapia afferma: "Secondo il fondatore, un’ausiliaria non poteva aspirare
ad essere più che una buona serva… In Paesi in cui numerari e serve svolgono
lavori domestici nei centri maschili della prelatura, esse ricevono un salario,
molto basso, peraltro, ma nessuna previdenza sociale. In base al principio della
povertà, questi salari vanno direttamente nelle casse della casa dove le serve
vivono. Le serve non ricevono soldi. Si suppone che i numerari che le
accompagnano paghino per qualsiasi acquisto venga fatto. Naturalmente, quando
hanno bisogno di vestiti o scarpe, le ottengono, ma non possono maneggiare
denaro".
ODAN è grata alla giovane donna che ha condiviso la sua difficile
testimonianza. Applaudiamo il suo coraggio nel parlare delle realtà della vita
da assistente numeraria.
Sono stata membro dell’Opus Dei per sette anni. Il mio status all’interno
dell’Opus era detto "assistente" numeraria.
Il mio primo contatto con l’Opus Dei è avvenuto tramite un’inserzione per
un servizio di catering in uno dei loro collegi in un giornale nazionale.
L’inserzione offriva a giovani donne un certificato in economia domestica e
cucina. Le interessate ebbero due colloqui, uno in casa e uno al centro dell’Opus
Dei. A quell’epoca nel mio Paese vi era una forte recessione economica ed un
alto tasso di disoccupazione. A potenziali studenti veniva garantita
un’occu-pazione permanente a tempo pieno alla fine del corso di catering.
Questo "dolcificante" influenzò la decisione dei miei genitori di
iscrivermi a questa scuola particolare. Quindi, all’età di 15 anni, cominciò
il mio corso di economia domestica.
Quattro mesi dopo, ero assistente numeraria. Fui reclutata nel solito modo. Ero
considerata dai membri dell’Opus Dei una leader, perciò con un’alta
probabilità di influenzare altre ragazze. Tuttavia, ora comprendo che fu
qualcosa di sovversivo a far sì che i direttori dell’Opus Dei mi scegliessero
tra le altre studentesse. La mia famiglia aveva un problema particolare, che io
avevo discusso con la mia "tutrice" durante i nostri cosiddetti "tutorials".
Non seppi fino a molti anni dopo che lei aveva discusso dei problemi della mia
famiglia con altre direttrici, che misero in atto un piano sofisticato per
reclutarmi.
Iniziarono col suggerirmi di pregare per la mia famiglia; poi di confessarmi
settimanalmente, fare la comunione tutti i giorni e così via. Mi dissero che,
se avessi seguito la volontà di Dio, la situazione della mia famiglia sarebbe
migliorata. Prima che io lo sapessi, avevo una vocazione; mi dissero che sarei
stata infelice per il resto della vita se non avessi fatto ciò che Dio voleva.
Inoltre, il problema nella mia famiglia sarebbe peggiorato. Ero fuori di senno
per il terrore, quando mi "fecero un fischio" da Roma alla Conferenza
UNIV come assistente numeraria (2).
Quando tornai nel mio Paese, dopo la Conferenza UNIV, mi separarono dalle altre
studentesse nel corso di catering. Censuravano la mia posta in entrata e in
uscita, controllavano le mie telefonate e frugavano tra i miei effetti
personali. Dovevo fare un resoconto alle direttrici sulle mie attività
giornaliere. Dovevo consegnare quel poco di denaro che avevo. Ciò che mi
disturbò di più a quel tempo era il modo in cui i membri dell’Opus Dei
analizzavano e guidavano il mio rapporto con la famiglia. Mi dicevano cosa
potevo o non potevo scrivere nelle mie lettere e cosa potevo dire quando parlavo
con loro al telefono. C’era sempre una numeraria nei pressi, quando la mia
famiglia mi chiamava, che mi prendeva da parte per chiedermi informazioni sulla
telefonata.
Inutile dire che i miei familiari erano totalmente all’oscuro del fatto che io
fossi diventata membro dell’Opus Dei. Le direttrici mi avevano detto che avrei
potuto comunicarglielo solo una volta finito il corso.
Nel frattempo mi dissero di mentire loro riguardo a ciò che stava accadendo
nella mia vita quando andavo a trovarli e quando passavo le vacanze con loro.
Dopo ogni visita, i membri dell’Opus Dei mi interrogavano su dove avevo
dormito, di cosa avevamo parlato e quali giornali avevamo letto.
La mia famiglia, tuttavia, vide un grande cambiamento nel mio comportamento. La
mia personalità spumeggiante ed estroversa era scomparsa. Ero diventata
introversa e sospettosa di tutto.
Verso la fine del corso, mi ordinarono di parlare ai miei genitori circa la
decisione che stavo maturando di aderire all’Opus Dei! I miei genitori seppero
della mia decisione e impazzirono. La mia sola risposta al loro fuoco di fila di
domande era "è la volontà di Dio".
I miei genitori, molto a malincuore, mi lasciarono tornare a dare i miei esami,
sperando che avrei cambiato idea. Non sarebbe accaduto. Anzi, l’Opus Dei mi
trasferì in uno dei suoi Centri con molte numerarie assistenti e poche
numerarie. Prestavamo il nostro servizio nella gestione di diversi Centri
dell’Opus Dei sia maschili che femminili.
Ora cominciavo ad essere pienamente consapevole della mia condizione di
numeraria assistente. Non ero mai stata informata sul ruolo e le responsabilità
di una numeraria assistente. Mi avevano solo detto che numerarie assistenti e
numerarie erano la stessa cosa e che solo il lavoro che svolgevamo era diverso.
Ma io cominciavo a capire che la mia sarebbe stata fatta di lunghe ore di lavoro
duro e di nessuna vita sociale. Inoltre, era chiarissimo che non eravamo affatto
nella stessa condizione delle numerarie.
Prima di tutto, c’erano differenze materiali tra le due categorie di membri.
Le numerarie indossavano abiti costosi, mentre le numerarie assistenti portavano
divise con un grembiule bianco. Le numerarie assistenti possono indossare abiti
civili solo se lasciano il Centro, ma si tratta normalmente di abiti di seconda
mano o di poco costo. Le numerarie mangiavano in sale da pranzo separate con
cibi di qualità migliore; noi invece mangiavamo gli avanzi. Le numerarie erano
solitamente servite a tavola da una numeraria assistente vestita con un abito
nero a maniche lunghe con colletto bianco inamidato, polsini, crestina e
grembiule. Le numerarie avevano tovaglie, lenzuola, stoviglie e arredamento di
migliore qualità rispetto a quello usato dalle numerarie assistenti.
I nostri dormitori e bagni erano anch’essi diversi. Le numerarie normalmente
avevano alloggi individuali, mentre le numerarie assistenti avevano camere da
letto e bagni in comune. In Paesi in cui vi era un più alto numero di membri,
come in Spagna o a Roma, le due categorie avevano cappelle separate. Le cappelle
delle numerarie erano sontuose e ornate in oro; quelle usate dalle numerarie
assistenti erano semplicemente in legno. Le numerarie assistenti usavano anche
ingressi separati per entrare nei Centri dell’Opus Dei chiamati "ingressi
di servizio", che di solito erano appartati sul retro dell’edificio.
Se queste differenze tra i due gruppi apparentemente "uguali" possono
sembrare semplicemente materiali, ci sono atteggiamenti molto disturbanti che
sottolineano queste distinzioni.
Il catechismo dell’Opus Dei definisce le numerarie assistenti come segue:
"vi sono altre numerarie che svolgono il lavoro domestico e umile nelle
case dell’Opus Dei che vengono chiamate domestiche" (3). Mentre il
termine "domestica" è stato soppresso e ora si parla di assistente o
ausiliaria, in tutto il mondo la realtà continua ad essere la stessa per molte
numerarie assistenti.
Le numerarie assistenti vengono spesso reclutate in ambienti rurali, poveri e
privi di istruzione, mentre i numerari tendono ad essere reclutati in ambienti
colti e ricchi. Le numerarie assistenti non possono mai occupare posizioni di
autorità, né possono lavorare al di fuori delle case dell’Opus Dei.
La Tapia suggerisce che il fondatore dell’Opus Dei considerava le numerarie
assistenti come dotate di intelligenza limitata o, come diceva lui, dotate
"di una loro mentalità" (4).
Tutti i membri dell’Opus Dei ricevono un’edu-cazione in molteplici forme in
corsi annuali, quindi la differenza nel tipo di educazione impartito riflette
gli atteggiamenti nei confronti di ogni gruppo. I numerari seguono corsi di
teologia, diritto canonico e spagnolo, mentre le numerarie assistenti
frequentano corsi di igiene fondamentale, alfabetizzazione e un’istruzione
religiosa elementare.
Escrivá considerava poi le numerarie assistenti prive di emozioni umane. Per
esempio, le numerarie assistenti potevano prendersi cura di bambini, mentre le
numerarie no. Escrivá riteneva che il fatto di occuparsi di un bambino potesse
suscitare in una numeraria l’istinto materno, mentre pensava che ciò non
sarebbe accaduto in una numeraria assistente perché la reputava incapace di
provare una tale emozione.
Per ironia, i direttori ci dicevano in continuazione che noi eravamo le madri di
tutti i membri dell’Opus Dei. E perché non avremmo dovuto esserlo?
Cucinavamo, pulivamo, stiravamo dal mattino alla sera, sette giorni su sette,
cinquantadue settimane all’anno, tutti gli anni, per questi numerari.
A Escrivá piaceva chiamare le numerarie assistenti le sue "bambine".
È noto che egli incoraggiasse un loro atteggiamento infantile. La Tapia dice
che era imbarazzata nel vedere donne adulte comportarsi come tredicenni (5).
Anche le direttrici ci incoraggiavano ad indulgere in questo atteggiamento. Dopo
un po’ era diventata un’abitudine difficile da abbandonare.
Le numerarie assistenti non potevano essere lasciate sole. Le numerarie dovevano
sempre accompagnarci dovunque andassimo dentro e fuori dei Centri. Non potevamo
possedere né avere accesso al denaro; le numerarie dovevano pagare per tutto.
Questi atteggiamenti e condizioni costituivano la base della mia vita nell’Opus
Dei. La mia vita era controllata e repressa e avevo pochissime possibilità di
entrare in contatto col mondo esterno. I nostri giornali erano censurati e la
nostra televisione veniva spesso spenta se ritenuta inadatta da una delle
numerarie fanatiche. La mia vita claustrofobica lasciava ben poco spazi
all’individualità o alla creatività. Come ragazze di campagna, spesso
eravamo oggetto degli scherzi delle numerarie. Loro erano per lo più di città,
ridevano per il nostro accento, il nostro modo di parlare e le nostre tradizioni
rurali.
Spesso eravamo anche bersaglio dei loro malumori, ma non potevamo dare loro la
correzione fraterna. La direttrice stava sempre dalla parte della numeraria in
questione. Vivevo una vita di conformismo e indottrinamento. Cominciai a fare
domande su alcune contraddizioni che vedevo, ma venivo rapidamente tacitata con
la motivazione che sarei andata all’inferno anche soltanto per aver pensato
quelle cose. Per la mia mancanza di istruzione ero incapace di formulare una
risposta.
Alla fine non ne potei più. Non potevo accettare le incoerenze che avevo
intorno. Ero confusa su chi fosse Dio. Mi sembrava che Escrivá fosse più
venerato di Dio stesso. A volte mi accorgevo che spesso passavano settimane
senza che io sentissi la parola Dio. Si parlava sempre del "padre" o
del "nostro padre". Avevo bisogno del Dio che conoscevo prima di
entrare nell’Opus Dei.
Una mattina, umida e ventosa, lasciai il Centro dell’Opus Dei e le mie
numerose amiche numerarie assistenti. La numeraria che mi accompagnò alla
partenza lanciò la mia borsa per terra e se ne andò senza nemmeno salutarmi.
Ero sconvolta dal comportamento di questa persona che apparentemente si dedicava
a Dio. Quando salii sul mezzo pubblico, che mi avrebbe riportato alla mia
famiglia, capii che, mentre ero nell’Opus Dei, mi avevano persino sottratto la
capacità di comprare un biglietto.
Arrivai a casa, dalla mia famiglia che mi perdonava, ferita, confusa, in preda
al senso di colpa e ad un grave shock. Lentamente cominciai a capire che il
mondo non era così crudele o cattivo come l’Opus Dei lo dipingeva. C’erano
molte persone buone.
Cercai di tirare avanti per un po’, dicendomi che tutto andava bene e che io
potevo farcela. Tuttavia, essendo stata privata di tutte le facoltà sociali e
della fiducia in me stessa, avevo urgente bisogno di assistenza psicologica.
Dopo un lungo periodo, lentamente riconquistai la mia autostima. Tornai a scuola
e finii la scuola e andai all’università, dove mi laureai. Spero di ottenere
un master nel giro di qualche anno. Ho un buon lavoro, una macchina, una casa e
una buona relazione.
Ci sono molte numerarie assistenti nel mondo che vivono una vita simile a quella
che ho descritto. Sento che i diritti umani di queste donne sono stati
gravemente violati dai comportamenti e dalle regole dell’Opus Dei. Tuttavia
l’Opus Dei continua a giustificare e a permettere l’esistenza di questo tipo
di condizione. Essa può essere descritta soltanto come grave sfruttamento di un
gruppo vulnerabile di donne nel nome di Dio.
Conosco molte donne molto infelici e psicologicamente disturbate che stanno
ancora nell’Opus Dei dando tutto per questa organizzazione. Ho vissuto in
prima persona le automutilazioni di alcune di queste persone e posso ancora
sentire i loro gemiti soffocati di notte. Erano diffusi depressione e disordini
alimentari. Alcune numerarie assistenti che non ce la facevano più fisicamente
a lavorare, vennero espulse senza spiegazioni, denaro e una casa dove andare.
Molte non parlano per la loro mancanza di istruzione e per il senso di colpa che
sentono. Molte vivono temendo i membri dell’Opus Dei e la loro capacità di
compiere ritorsioni su coloro che parlano contro di essi. Mentre molta gente è
consapevole dei metodi di reclutamento usati dall’Opus Dei e del tipo di vita
che le numerarie vivono in particolare, la vita delle numerarie assistenti è
spesso sconosciuta. Vi sollecito a interessarvi delle circostanze in cui queste
donne vivono. Dobbiamo dare voce a questo gruppo di donne silenzioso,
vulnerabile, dimenticato. Non ho trattato il tema delle punizioni corporali
perché non erano quelle, la punizione nella nostra vita. Avevamo cose ben
peggiori da affrontare.
Vi prego di riflettere sulle parole della Carta dei diritti umani: articolo 7:
nessuno deve essere sottoposto a tortura o a un trattamento crudele, inumano o
degradante o alla punizione. Articolo 8 (2): Nessuno deve essere tenuto in
schiavitù.
Vi sono molti altri temi che non ho trattato. Tuttavia, ho tentato di dare
un’idea della vita che le numerarie assistenti vivono. Pregate per loro. n
Note:
(1) Maria del Carmen Tapia, "Oltre la soglia: una vita nell’Opus
Dei" (traduzione italiana: Baldini & Castoldi).
(2) La Conferenza Univ è un evento che ha luogo a Roma ogni anno durante la
settimana santa. Partecipanti da tutto il mondo vengono spinti a parteciparvi.
Di norma solo i reclutati prossimi ad aderire all’Opus Dei vengono invitati
alla Conferenza, accanto a numerari che stanno lavorando sulla loro adesione.
Una pressione tremenda viene esercitata sui reclutati affinché decidano di
aderire all’Opus Dei nel corso di quella settimana.
(3) Tapia, p. 51 (dell’edizione americana, ndt). Dalle costituzioni dell’Opus
Dei, 1950, p. 172, n. 440.
(4) Tapia, p. 133.
(5) Tapia, p. 135