Una tradizione plurale

Gli storici che "portano alla luce" opere, autori e contesti lontani ci offono la possibilità di rivisitare e interpellare le nostre consolidate certezze.
Una ideologia catechistica?
Come uomo particolarmente sensibile al "fenomeno cristiano" e alla dimensione della ricerca
teologica, ho trovato anche in queste pagine una vera e propria apologia del plurale. Si badi:
non una apologia voluta, ostinatamente cercata, ma spontaneamente emergente dai fatti.
La visione della tradizione (cattolica in particolare) che abbiamo ereditato dal catechismo dell'infanzia, che la successiva predicazione ha rigorosamente ribadito, troppo spesso ha dimenticato che l'esperienza cristiana è stata plurale fin dal suo nascere.
La tradizione cristiana è un oceano mosso e vitale, attraversato da mille correnti: farne uno "specchio immobile" significa non riconoscere la vitalità cristiana nei secoli, la sua fioritura plurale, la sua storicità, il bisogno di arricchire il tesoro ricevuto e di cambiare molte parole e di spostare molti accenti nella "canzone della fede".
Ogni volta che gli storici esplorano nuovi territori culturali e religiosi, noi abbiamo la percezione di essere stati in qualche misura privati di questa visione plurale del cristianesimo e di poter finalmente guardare più "in largo". E' fin troppo evidente che certo continuismo, certo monolitismo, certa uniformità teologica che vengono presentati dalla manualistica più nota e dal recente "catechismo della chiesa cattolica" costituiscono un'operazione ideologica che occulta il dato storico.
Questo falso storico permette di rimuovere il continuo intreccio di mille ricerche e la permanente realtà plurale delle teologie cristiane, come se si potesse far discendere la posizione ortodossa ufficiale, con tutto il suo sagomato castello dogmatico, direttamente dalle affermazioni delle Scritture.
Il lavoro di chi ci fa conoscere questi "panorami", con le loro luci e le loro ombre, è incredibilemnte prezioso anche a livello teologico. La riscoperta del plurale e dei frammenti è liberante rispetto a certo uso tradizionalistico della tradizione.
Paul Tillich scriveva nel 1963: "Soltanto se la tradizione viene trasformata frequentemente può essere salvata come realtà vivente. Una conseguenza fatale del tradizionalismo è l'elusione di questioni assai serie. Sembra che le conferenze ministeriali tendano ad evitare i problemi teologici basilari. In un tempo in cui vengono attaccati tutti gli elementi fondamentali del cristianesimo, tale atteggiamento acuisce fortemente l'irrilevanza (…). La parola "controverso" è divenuta oggi, nell'insieme, una parola negativa. Dovrebbe essere invece una parola quanto mai positiva. Nelle controversie, infatti, nel "sì e no", è possibile conoscere la verità e in nessun altro modo. Se si escludono - vuoi da parte della chiesa, vuoi da parte della società - le affermazioni controverse, tale chiesa e tale società sono condannate ad una lenta decadenza" (PAUL TILLICH, L'irrilevanza e la rilevanza del messaggio cristiano per l'umanità oggi, Queriniana, pag. 45).
Ma l'unitarismo e l'antitrinitarismo di Giorgio Biandrata e di tutta la corrente transilvanica che vede in lui uno dei tanti protagonisti ci testimoniano anche la possibilità di realizzare percorsi ed esperienze di tolleranza nei confronti degli appartenenti alle diverse confessioni.

E noi oggi, dopo tante esperienze di tolleranza e di convivenza, dopo infiniti discorsi sulla "pluralità delle vie" (penso a Pico della Mirandola), siamo alle prese con fiumi di intolleranza nella società e nelle religioni. Anche per questo motivo il libro ci riporta, in situazioni storiche radicalmente diverse, a problemi ancora sul tappeto. Come allora la tolleranza e la convivialità delle differenze sono una strada ancora in larga misura da percorrere.
Una profonda parentela
Ma i problemi, gli interrogativi, le controversie teologiche che l'opera del Biandrata ci documenta sono, anche nel dibattito esegetico e teologico di oggi, più che mai presenti. Una profonda parentela unisce le pagine del Biandrata e della corrente degli unitari e antitrinitari a numerose ricerche teologiche contemporanee. Non solo perché l'Allenaza Unitaria è una realtà ecclesiale oggi ancora viva e presente in Romania, in Polonia, in Ungheria, in Olanda, in Inghilterra e negli Stati Uniti, ma perché i temi e gli interrogativi allora posti sono in realtà problematiche mai risolte e oggi tornate alla ribalta con una forza ed una urgenza ancora maggiori. Biandrata, in realtà, da profondo conoscitore del testo biblico, della patristica e della tradizione dogmatica, si riallaccia in modo assai documentato alle dispute e alle controversie dei primi secoli.
La sua critica al dogma cristologico e trinitario, come si andò affermando nelle formulazioni di Nicea, Costantinopoli e Calcedonia, non è mai ingenua e alcune pagine di esegesi biblica in cui egli attacca la dottrina ecclesiastica del Cristo divino preesistente e la dottrina delle due nature restano tuttora esemplari per lucidità e profondità.
Non da oggi molti teologi cattolici e protestanti fanno buona compagnia a Biandrata, David, Sozzini e altri, ma il dibattito cristologico e trinitario che è riesploso in quasi tutte le chiese cristiane deve qualcosa anche a questo audace manipolo di teologi che diede vita a vaste popolari comunità della Transilvania.
Biandrata, a mio avviso, aveva ragioni da vendere, tanto più che l'interpretazione che si era consolidata delle definizioni conciliari aveva ulteriormente distanziato la dogmatica cristiana dal messaggio dell'evangelo. In fondo senza "eretici" e senza streghe il cristianesimo avrebbe perso la strada del Vangelo.
Alla luce delle ricerche teologiche attuali, quegli "eretici", pur con tutti i loro limiti, ci appaiono come dei grandi maestri e degli appassionati profeti. Almeno in questo, la storia spesso si ripete.
Un Gesù - molte interpretazioni
Infatti, se osserviamo la questione cristologica nel lungo dipanarsi della matassa storica e teologica e poniamo attenzione al continuo "affanno" storico, esegetico e dogmatico attorno all'evento Gesù di Nazareth, ci accorgiamo che si tratta di una "ebollizione" mai sedata, di una ricerca incessante e mai paga del già "definito", del già detto. Attorno a Gesù, al suo ministero, alla sua funzione, alla sua persona, alla sua storia, al suo messaggio… la discussione non si è mai spenta. Ad onta di tutte le versioni ufficiali e di tutte le definizioni conciliari, le cristologie non sono mai diventate uno stagno, ma sono rimaste sempre un mare aperto, mosso e vitalmente attraversato da molte correnti diverse, ora visibili ora sotterranee, e da forti conflitti. Se gli stessi concilii di Nicea, di Efeso e di Calcedonia sono stati spazi di ebollizione mai sedata, l'ideologia del continuismo cristologico ufficiale nasconde un fatto storico oggi incontestabile: da Nicea a Calcedonia, e ben oltre, un concilio innesca la miccia che rende necessario un altro concilio perché il fuoco cristologico delle questioni irrisolte e controverse cresce di volta in volta. Ad un singolo concilio non riesce mai di esprimere compiutamente la ricerca pluriforme delle comunità, delle chiese, dei teologi, delle scuole teologiche e molti interrogativi ricompaiono puntualmente dopo ogni tentativo di sistemazione dottrinale. Quello che Dio ha operato e manifestato nell'uomo Gesù di Nazareth sembra far scoppiare i nostri presuntuosi contenitori dogmatici.


Ormai, dalle accademie teologiche alle realtà ecclesiali di base, teologi e teologhe in grande numero, spesso sospettati più che incoraggiati, emarginati più che non invitati a parlare con coraggio e libertà, compiono un servizio prezioso i cui frutti saranno visibili solo più tardi. Oggi, riferendoci alle formulazioni dei primi concili, diventa evidente che: "Quei padri conciliari parlavano da cristiani, ma pensavano da greci", ma "noi non siamo obbligati ad accettare i presupposti filosofici e antropologici di quei concili greci come condizione di una fede viva… In essi l'uomo Gesù, ebreo di Nazareth, scomparve… . Inoltre, ciò che quei concili intendevano dire fu essenzialmente indurito e spesso distorto nella catechesi, nella predicazione e nella teologia". Ecco perché diventa antistorico mantenere ossessivamente, prosegue Schillebeeckx, l'intangibilità di quelle formulazioni: "Il modello di Calcedonia non parla più in termini umani ed è di solito incomprensibile". Basti pensare alla distanza che esiste tra l'attuale concetto di persona rispetto all'ipostasi del passato. Oggi, nella mutata costellazione dell'esperienza umana soggettiva e oggettiva, la dottrina cristiana delle due nature dà luogo ad una vera "fallacia ipostatica" con "il rischio di ridurre Gesù a un semplice manichino guidato da un burattinaio invisibile. In tale modo la cristologia dei vangeli viene inserita in un modello a lei estraneo e di fatto la figura umana di Gesù è completamente falsata" (Carlo Molari).
Oggi, riprendendo un contatto mai completamente interrotto con molte cristologie di tutti i secoli passati, fiorisce una ricerca cristologica che non parte più dalla questione del rapporto tra le due nature in Gesù, ma da ciò che è centrale nella testimonianza dei vangeli: Gesù è vissuto in una comunicazione profonda con Dio e , per noi cristiani, in forza della chiamata che Dio gli ha rivolto, in forza della missione particolarissima che Dio gli ha affidato, egli è il testimone, l'epifania, la icona, la sapienza di Dio, la parabola di Dio, il "figlio prediletto". Egli è cresciuto in totale obbedienza e dedizione al regno di Dio. Gesù non ha mai fatto della sua persona la realtà ultima e centrale…Gesù addita oltre se stesso, a un mistero carico di senso… che egli chiama "Padre più grande di me".
Tradizione e tradizionalismo
In questa prospettiva Gesù non è un semidio o un essere metastorico, una persona con due nature. Egli è esclusivamente uomo "e non ha alcuna maggiorazione che lo faccia diverso da noi. Gesù, perciò non ha rivelato Dio perché nella sua natura umana fosse divino, ma perché era stato reso così umano da diventare traduzione del progetto che Dio ha dell'uomo, era diventato così trasparente alla presenza di Dio da consentirne la piena manifestazione nella carne" (Carlo Molari).
Certo, tutto questo ad intra per noi cristiani, senza vantare nessun monopolio dell'epifania, delle testimonianze di Dio in altre vie di salvezza.
Chi più di Gesù ci ha insegnato a guardare oltre la sua persona? Chi più di lui ha messo i suoi discepoli sulla strada della "Dio-centralità"?
Il riformatore saluzzese Giorgio Biandrata cercò di dire la sua fede senza accontentarsi di formule catechistiche che sentiva vuote o dissonanti dalle Scritture. Forse avrebbe condiviso la convinzione di Tillich secondo il quale "poche cose hanno contribuito all'irrilevanza del cristianesimo come la scuola di catechismo…La potenza originaria dei grandi simboli cristiani è andata perduta…Ora sono delle pietre di inciampo…L'impossibilità della persona moderna di comprendere il linguaggio della tradizione riguarda quasi tutti i simboli cristiani…Essi hanno perso il potere di trafiggere l'anima…". 

se noi continuiamo a ripetere pigramente quelle formulazioni dogmatiche, storicamente situate e linguisticamente contingenti, aggrappandoci ad esse come reliquie intangibili, offendiamo lo spirito di ricerca di quelle generazioni di credenti che, per il loro tempo, in bene ed in male agirono creativamente. Apprezzare il loro percorso non signi

fica imbalsamare quelle formule, ma proseguire il loro cammino e la gioiosa impresa di "narrare" l'opera di Dio
nei linguaggi del nostro tempo.

Franco Barbero

NOTA
La bibliografia che documenta l'attuale ricerca cristologica e la "discussione" trinitaria è vastissima. Faccio qui qualche accenno:
SALLIE MC FAGUE, Modelli di Dio, Claudiana, Torino, 1998; C. DEN HEYER, La storicità di Gesù, Claudiana, Torino, 2000; Fondamentali tutte le opere - ben note - di Hans Kung, Eduard Schillebeeckx, John Hick e Paul Knitter. Si tratta di oltre quaranta impegnative pubblicazioni nell'arco degli ultimi 30 anni. In particolare HANS KUNG, Cristianesimo, Rizzoli, Milano 1997 e PAUL KNITTER, Una terra molte religioni, Cittadella, Assisi 1998; "La chiesa in frammenti" (Concilium 3/97); "La riscoperta di Gesù"( Concilium 1/97); MAURO PESCE in Annali di storia dell'esegesi 14/97, pag. 11-38; ELENA LOEWENTHAL, Gli ebrei questi sconosciuti, Baldini & Castoldi; "Questioni non risolte" (Concilium 1/99); DAVID FLUSSER, Jesus, Morcelliana, Brescia; SALVATORE NATOLI, Dio e il divino, Morcelliana, Brescia 1999; ERICH ZENGER, Il primo testamento, Queriniana, Brescia 1997; J. HICK - P. KNITTER, L'unicità cristiana: un mito?, Cittadella, Assisi 1994; ROLF RENDTORFF, Cristiani ed ebrei oggi, Claudiana, Torino 1999; KARL JOSEF KUSCHEL, Generato prima di tutti i secoli?, Queriniana, Brescia 1996;
Interessanti le riflessioni di Ortensio da Spinetoli comparse in riviste teologiche di base e le opere di Eugen Drewermann; ADOLF HOLL, Gesù in cattiva compagnia, Einaudi, Torino 1991 (la prima edizione è del 1971);
AA.VV., Gesù di Nazareth, CNT, Roma 1991; JON SOBRINO, Gesù Cristo liberatore, Cittadella, Assisi 1990;
JULIE M. HOPKINS, Verso una cristologia femminista, Queriniana, Brescia 1996; E. SCHUSSLER FIORENZA, Gesù figlio di Miriam, profeta della sofia, Claudiana, Torino 1996; E. P. SANDERS, Gesù, Mondadori 1995; J R. GUERRERO, L'altro Gesù, Borla, Roma 1977; C. MOLARI, La fede nel Dio di Gesù, Edizioni Camaldoli 1991; Di grande interesse ROBERTO DE MATTEI, A sinistra di Lutero, Città Nuova, Roma 1999, che registra il plurale della tradizione. Si veda l'opera stupenda della suora e teologa cattolica ELISABETH A. JOHNSON, Colei che è, Queriniana, Brescia 1999. L'autrice rilegge tutta la dottrina trinitaria in chiave simbolica denunciando le deviazioni che la ripetizione delle formule conciliari ha causato e la loro inintelligibilità ed inadeguatezza per il nostro tempo. Nelle pagine di questo volume a più riprese viene illustrato il processo storico che ha portato alla costruzione del dogma trinitario, "un pensiero che fu elaborato in una cornice speculativa ellenistica" (pag. 387) e viene rilanciata la consapevolezza dei linguaggi allusivi, simbolici, analogici del nostro parlare di Dio per evitare di credere che i nostri linguaggi teologici "descrivano" la vita interna di Dio. Mi permetto qui di raccogliere alcune osservazioni di una notissima teologa protestante, J. M. HOPKINS, tratte dal suo volume "Verso una cristologia femminista" (Queriniana). Le riflessioni cristologiche al femminile vengono ripercorse con grande ampiezza e competenza. Molto vivace e coraggiosa la rimessa in discussione delle formulazioni di Nicea e Calcedonia, nella consapevolezza che "una cristologia dogmatica universale non è possibile" (pag. 24). "Le donne cristiane che formano la spina dorsale delle loro comunità... non credono più nelle dottrine cristologiche che odono ogni settimana esposte dal pulpito o liricamente descritte nel loro innario" (pag. 32). Calcedonia, con la sua formula del "vero Dio e vero uomo" può essere capita come "simbolo esistenziale" (pag. 97) dell'incarnazione del divino nella nostra umanità. La "dottrina della Trinità" per la nostra Autrice risulta essere un "dogma confuso" (pag. 103). Anche le formule di Calcedonia devono essere rilette come simboli e metafore: il dogma di Calcedonia, secondo cui Gesù era "vero Dio e vero uomo", può essere interpretato intendendo che Gesù era un essere umano veramente "divinizzato", cioè

"invaso", guidato da Dio. "Gesù è importante soltanto se era pienamente e unicamente umano. Altrimenti parliamo
di qualcosa-qualcuno che non aveva una relazione piena e unicamente umana con Dio, con le sue sorelle e i suoi fratelli" (C. Heyward, pag. 144). Per l'Autrice "la divinizzazione di Gesù cominciò quando nella missione i cristiani cercarono di dare espressione al loro senso della salvezza nel mondo greco-romano. In questo ambiente i miti discendenti e ascendenti di un redentore, l'apparizione degli dei in forme umane, animali o di spiriti, le speculazioni gnostiche su un Uomo Celeste o Divino e il culto dell'imperatore erano all'ordine del giorno" (pag. 147). Se il dogma di Calcedonia "è sorto come riflessione teologica sulla persona di Gesù di Nazareth e sull'esperienza salvifica di Dio che la sua vita, la sua morte e la sua risurrezione hanno generato fra i primi cristiani..." (pag. 150), noi oggi, interrogandoci sulla nostra comprensione di Gesù, possiamo formulare "comprensioni diverse" e usare altri linguaggi. La cristologia deve riscoprirsi plurale, con "molte sfaccettature" (pag. 171). "Non trovo che questa prospettiva faccia paura" (pag. 171); Le ultime opere di Kung forniscono una bibliografia che abbraccia tutte le aree culturali ROSINO GIBELLINI,"La Teologia del XX secolo", Queriniana;
JACQUES DUPUIS, Verso una teologia cristiana del pluralismo religioso, Queriniana, Brescia 1997; G. THEISSEN - A. MERZ, Il Gesù storico, Queriniana, Brescia, 1999; G. VATTIMO in Interrogazioni sul cristianesimo, edizioni Lavoro, Roma 2000; GEZA VERMES, Gesù l'ebreo, Borla, Roma 1984; AA.VV., Il Gesù storico, Piemme, Casale Monferrato 1988; H. KUNG, Ebraismo, Rizzoli, Milano 1994. Si vedano gli studi di Christian Duquoc, Nicholas Las, J. Gonzales Faus, Meinrod Hebga, Karl H. Schelkle e molti altri; EDWARD SCHILLEBEECKX, Perché la politica non è tutto, Queriniana, Brescia 1988, passim pagg. 52-60; CARLO MOLARI, in Rocca 15/12/1999, pag. 48; EDUARD SCHWEIZER, Gesù, la parabola di Dio, Queriniana, Brescia 1996 e soprattutto il suo capolavoro "Gesù Cristo: l'uomo di Nazareth e il Signore glorificato", Claudiana, Torino 1992, pagg. 155-161; F. NOCKE, Parola e gesto, Queriniana. Sono stupende le pagine che Ortensio da Spinetoli nel suo recente volume "Bibbia e Catechismo" (Paideia 1999) dedica al tema cristologico distinguendo nettamente Gesù da Dio. Sarà bene porre attenzione agli studi di Maurice Sachot in "La predicazione del Cristo" (Einaudi, Torino 1999). Lo studioso francese vede nel processo di istituzionalizzazione del cristianesimo un passaggio dall'annuncio alla "verità decretata" (pag. 183). "La verità è decretata....ma questa è la definizione dell'ortodossia. Tale statuto della verità tramuta d'acchito un disaccordo dottrinale ...in una rottura istituzionale: l'eresia assume il volto dello scisma" (pag. 183). Il "colpo fatale" portato all'annuncio cristiano avverrà progressivamente quando gli enunciati dogmatici si presenteranno "in una sorta di blindatura sistemica che si configura inevitabilmente come discorso di autorità" (pag. 185). M. E. BOISMARD, All'alba del cristianesimo, Editrice Piemme, Casale Monferrato 2000; MARTIN WERNER, Le origini del dogma cristiano, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997.