DOC-1527. ROMA-ADISTA.
In linea con la più volte ribadita scelta anticoncordataria e con l'idea di
Chiesa povera evocata dal precetto evangelico "gratuitamente avete
ricevuto, gratuitamente date" (Matteo 10,8), "Noi Siamo Chiesa"
propone una riflessione - pubblicata integralmente di seguito - sull'ottopermille
dell'Irpef. Come ogni anno siamo infatti chiamati a scegliere nella
dichiarazione dei redditi la destinazione dei fondi assegnati alle varie
confessioni religiose ammesse al sistema. "Noi siamo chiesa" contesta
alla radice il meccanismo affermando la necessità di una Chiesa "più
povera, di una maggiore sobrietà e dell'autofinanziamento". Solo l'8% dei
fondi ricevuti dalla Chiesa cattolica viene impiegato per interventi caritativi,
nell'ambito di una ripartizione complessiva delle risorse sulla cui trasparenza
vengono formulate molte critiche. Del resto anche la scelta dell'opzione statale
suscita numerose perplessità visto il carattere discutibile degli interventi in
passato finanziati con questi fondi. Non resta che decidere "in
coscienza", facendo in modo che la necessità della scelta contingente non
oscuri l'importanza di una "riflessione di fondo" sul
"sistema". Di seguito la riflessione di "Noi Siamo Chiesa".
Anche quest'anno, tra i tanti bombardamenti
mediatici, c'è quello che invita il contribuente, in occasione della
dichiarazione dei redditi, a firmare la destinazione dell'ottopermille dell'Irpef
a favore della Chiesa cattolica o di qualcuna delle altre Confessioni ammesse al
sistema (valdo-metodisti, comunità israelitiche, avventisti, assemblee di Dio,
luterani).
Per ottenere firme a proprio favore ogni Chiesa esibisce i suoi meriti, reali o
presunti, in forme che a volte possono essere poco gradite perché non in
sintonia con il suo dovere principale, che dovrebbe essere quello della
evangelizzazione con strumenti poveri. Nonostante queste martellanti campagne,
la maggioranza dei contribuenti continua però a non esprimere la propria
scelta; eppure (e questo è del tutto ignorato da moltissimi contribuenti) la
quota dell'ottopermille di chi non sceglie non viene lasciata allo Stato ma, in
base ad una norma di legge furbesca e molto discutibile, viene comunque
distribuita in proporzione alle scelte effettuate da chi espressamente ha
firmato per lo Stato o per le Confessioni (salvo le Assemblee di Dio che non
hanno accettato questa seconda ripartizione e la Chiesa valdo-metodista che
successivamente ha sì accettato la seconda ripartizione, ma il relativo
provvedimento legislativo non è stato ancora approvato dal Parlamento).
Naturalmente, si può firmare anche a favore dello Stato: ma lo Stato non fa
propaganda agli interventi realizzati con questi fondi (e non ha interesse a
farla non volendo, per scelta politica, fare concorrenza alle Confessioni
religiose). D'altra parte, il sistema dell'ottopermille non riesce ad ampliarsi:
le minoranze religiose attualmente da esso escluse sono in difficoltà a causa
della linea ad esse ostile nell'attuale maggioranza parlamentare: le Intese
firmate nel 2000 tra il Governo di allora ed i Testimoni di Geova ed i buddisti
non sono state ratificate dal Parlamento e lì si è pure arenato il positivo
disegno di legge sulla libertà religiosa atteso da decenni e necessario per
superare la normativa fascista del 1929 sui culti ammessi.
L'ottopermille è un sistema evangelico?
"Noi Siamo Chiesa", coerente con la sua precisa e ribadita scelta
anticoncordataria, da sempre
- è contrario a questo sistema che fa apparire che i fondi dell'ottopermille
esprimano una scelta volontaria del cittadino contribuente mentre in realtà
sono una percentuale dell'imposta che comunque deve essere versata;
- ritiene che si sia ben lontani dal libero e sofferto obolo della vedova di cui
parla il Vangelo di Marco al cap.12 (41-44);
- fa presente che il sistema fornisce alla Chiesa cattolica ingenti risorse
economiche, in continua e rapida crescita, che la allontanano dal precetto
evangelico della gratuità secondo il quale "gratuitamente avete ricevuto,
gratuitamente date" (Matteo 10, 8);
- osserva che, con questo sistema consolidato, comodo e "ricco",
nessuno si pone ancora l'obiettivo di una Chiesa più povera, di una maggiore
sobrietà e dell'autofinanziamento: obiettivi che - ritiene "Noi Siamo
Chiesa" - dovrebbero essere perseguiti con determinazione, anche se
gradualmente.
La Chiesa dispone di ingenti risorse mediante l'ottopermille. I fondi destinati
alla Chiesa cattolica sono quintuplicati dall'anno di avvio del sistema, il
1990, ad oggi. Tra il 2001 ed il 2003 sono aumentati di circa un terzo fino a
superare il miliardo di euro (e cioè quasi duemila miliardi delle vecchie
lire), per scendere poi a 936 milioni di euro nel 2004, ma solo a causa del
sistema di anticipi e conguagli previsto dalla legge (nonostante che le opzioni
a favore della Chiesa cattolica siano aumentate dello 0,08%).
L'Assemblea generale della Conferenza episcopale italiana, nella sua riunione
del mese scorso, ha ratificato le decisioni della Presidenza sulle destinazioni
di spesa. Nessuna informazione è stata però data sulla eventuale
discussione tra i vescovi su questo problema.
La ripartizione decisa non modifica gli orientamenti precedenti: più di un
terzo dei fondi sono destinati al sostentamento del clero mentre per interventi
caritativi a favore del terzo mondo viene impegnato solo l'8% delle disponibilità.
La voce principale riguarda "le esigenze di culto". Si tratta di fondi
ripartiti tra le diocesi oppure destinati all'edificazione di nuove chiese o a
"iniziative di rilievo nazionale" (si suppone che da questa voce
provengano le consistenti assegnazioni al quotidiano cattolico Avvenire, al
canale satellitare Sat 2000 e ad altri media).
Le libere offerte per il sostentamento del clero sono invece in continua
diminuzione da dieci anni e le informazioni disponibili sono ferme a tre anni
fa. Esse rappresentano solo il 4% dei fondi destinati al sostentamento del
clero.
I conti devono essere conosciuti e discussi nelle diocesi
Allo stato delle cose è ben difficile valutare adeguatamente le destinazioni di
spesa dei fondi derivanti alla Cei dall'ottopermille. Infatti non viene resa
nota la disaggregazione delle varie voci e, a quanto pare, la maggioranza delle
diocesi non si attiene alle decisioni dell'Assemblea generale dei vescovi del
novembre 1998 che prevedevano di rendere pubbliche e di diffondere le
attribuzioni dei fondi ricevuti dalla Cei con nome dei destinatari, importi,
finalità.
È sicuramente carente la trasparenza e la pubblicità. Inoltre nella gestione
interna dei fondi ogni vescovo nella sua diocesi ha poteri discrezionali che
possono scavalcare anche le opinioni degli organi curiali preposti alle
questioni amministrative (Consiglio diocesano per gli affari economici e
Collegio dei Consultori). Ma ci pare particolarmente grave che non sia mai
obbligatoriamente prevista (e che la Cei non la richieda) la consultazione dei
Consigli pastorali e presbiterali diocesani che potrebbero esprimere una
opinione che vada al di là deigli aspetti puramente amministrativi. La
rendicontazione dei fondi poi è fatta alla Cei e di essa non si ha alcuna
pubblica notizia.
Per chi firmare?
Dopo queste analisi e riflessioni, per chi si richiama ad una Chiesa ispirata al
Concilio Vaticano II si pone, anche quest'anno, il problema di una scelta
concreta al momento della dichiarazione dei redditi. I fondi a gestione statale
hanno le destinazioni più diverse e discutibili. Il Decreto 20.12.2003
(pubblicato sulla G.U. del 3.3.2004) stabilisce che una parte consistente dei
fondi dell'ottopermille a destinazione statale sia impiegata per interventi a
favore di diocesi, parrocchie, conventi, ecc… per ristrutturazioni ed
interventi di vario tipo. In passato erano stati usati anche per finanziare la
presenza italiana in Albania e Kossovo.
Quindi qualcuno - tra chi è al corrente dei fatti ed è contrario al sistema -
si chiede che senso abbia scegliere la destinazione statale. Si cadrebbe dalla
padella nella brace. Altri, invece, ritengono che, comunque, sia importante
scegliere la destinazione statale proprio per affermare il principio della
laicità dello Stato e del suo dover essere "casa comune" di tutti e
unico responsabile della distribuzione delle entrate delle imposte.
Firmare, sia pur a malincuore, per la Chiesa cattolica sarebbe contraddittorio
con il giudizio critico su tutto il sistema. Le altre Chiese garantiscono
maggiore trasparenza; la Chiesa valdometodista e le Assemblee di Dio non
useranno i fondi per il culto ma solo per iniziative culturali e di solidarietà
e non percepiranno la quota di chi non ha scelto; inoltre, esse ogni anno fanno
un resoconto pubblico e articolato del "come" e del "dove"
hanno destinato i proventi loro derivanti dall'ottopermille.
Ogni simpatizzante di "Noi Siamo Chiesa" ed ogni cattolico che crede
nella povertà della Chiesa e nella gratuità dell'annuncio dell'Evangelo
deciderà in coscienza che opzione fare. E ciò partendo dalla convinzione che
non bisogna desistere dal proporre una riflessione di fondo, alla luce
dell'Evangelo, sul senso stesso dell'autorganizzazione della comunità dei
credenti anche nei suoi aspetti materiali.
da ADISTA n° 48 - 26.6.2004