Confesso al prete onnipotente...

La crisi del sacramento della penitenza.

Un incontro a Milano

Cresce, nei fedeli cattolici, la disaffezione verso il sacramento della penitenza. Malgrado questa evidente crisi, la Curia romana ha impedito ogni tentativo finalizzato a superare la confessione "auricolare" e ad introdurre la confessione "comunitaria". È quanto è stato ribadito nel convegno "Peccato e perdono: come pensare e praticare la riconciliazione?", organizzato a Milano il 6 marzo dall'associazione italiana "Noi siamo Chiesa", dal "Gruppo promozione donna" e dal "Coordinamento 9 marzo" (il gruppo che si era formato due anni fa per riflettere sugli itinerari ecclesiali auspicabili per la scelta del nuovo vescovo, una volta che il card. Carlo Maria Martini aveva annunciato le sue prossime dimissioni da arcivescovo ambrosiano).

Vittorio Bellavite, di "Noi siamo Chiesa", e Teresa Ciccolini, del Gruppo promozione donna, hanno sottolineato come sia "innegabile" ovunque la "crisi della confessione", sacramento praticato da un numero sempre minore di cattolici. Ma perché questo accade? Perché è scomparsa la fede o per una più matura consapevolezza della propria appartenenza ecclesiale che non trova più consona, nel cammino personale e comunitario di vita cristiana, la confessione di ogni singolo "peccato mortale" a tu per tu con il prete, secondo le indicazioni del Concilio di Trento? Domande, ha proseguito Bellavite, che molti si pongono, ma che la gerarchia ecclesiastica tenta di minimizzare (piccolo segno: per quanto puntualmente informato, "Avvenire" - il quotidiano controllato dalla Conferenza episcopale italiana - non ha fatto sapere ai suoi lettori che si sarebbe svolto il convegno milanese).

Padre Ortensio da Spinetoli, già docente di Sacra Scrittura presso la facoltà teologica "Antonianum " di Roma, illustrando "Peccato, penitenza e riconciliazione nel Nuovo Testamento", ha mostrato come centrale nella proposta di Gesù non sia stata affatto la "confessione" ma, piuttosto, la "conversione", cioè la decisione dei suoi discepoli/e di "cambiare vita", e di dedicarsi radicalmente alla causa di Cristo. Come, in concreto, la Chiesa (cattolica romana) abbia cercato di attuare l'invito del vangelo, lo ha spiegato poi don Carlo Collo, docente di teologia sistematica nella Facoltà teologica dell'Italia settentrionale, illustrando l'evoluzione storica del sacramento della penitenza dalla prassi antica al rituale del 1974.

La storia di questo "rituale" - che veniva dopo che il Concilio Vaticano II, nella costituzione sulla liturgia, aveva chiesto che rito e formule della penitenza fossero rivedute in modo da "esprimere più chiaramente la natura e l'effetto del sacramento" - è stata illustrata da p. Rinaldo Falsini, già docente di sacramentaria all'Istituto di studi ecumenici "San Bernardino" di Venezia e uno dei più noti esperti di liturgia in Italia. Falsini ha documentato come, respingendo proposte di cambiamento pur ponderate teologicamente, Paolo VI impedì che, accanto alla "confessione auricolare", fosse normalmente possibile anche la "confessione comunitaria" (insieme ci si proclama peccatori - pur senza bisogno di esplicitare pubblicamente le proprie colpe - e insieme ci si immerge nella riconciliazione offerta da Dio; e il sacerdote dà a tutti l'assoluzione); un no ribadito poi da Giovanni Paolo II. Ma tutti questi no, ha detto nella sua relazione don Ferdinando Sudati, sacerdote della diocesi di Lodi, non risolvono, ma piuttosto aggravano, i problemi pastorali legati alla "crisi della confessione".

Il convegno - durante il quale si è svolto un ampio dibattito sulle varie relazioni - ha avuto anche un'angolazione ecumenica, importante perché in tutte le Chiese vivo era, ed è, il problema di come esprimere la "conversione", anche se solo alcune hanno il "sacramento" della penitenza: p. Dimitri Fantini, igumeno della Chiesa ortodossa russa di Milano, ha parlato di "sacramento e liturgia della penitenza nelle Chiese orientali"; e Anne Zell, pastora della Chiesa valdese di Milano, di "confessione e perdono dei peccati nella tradizione protestante".

Dopo le relazioni (che saranno pubblicate con gli atti del convegno) ampio è stato il dibattito: in particolare, molti hanno sottolineato come i "modi" della confessione abbiano subito, nei secoli, nella Chiesa romana, variazioni notevolissime: dunque, se si è cambiato in passato, perché non cambiare anche oggi, per meglio rispondere alle esigenze pastorali? La "confessione auricolare", diventata normativa e comune dopo il Concilio di Trento, non è "il" modo, ma solo "un" modo per manifestare la propria "conversione". Da parte sua, dando resoconto del convegno, "la Repubblica" del 7 marzo notava: "Le cifre sono eloquenti. Quasi metà degli italiani (cattolici) non si confessano mai o ricordano di averlo fatto a distanza di anni. A Roma, città del pontefice, un'indagine di fine anni Novanta ha messo in luce segni di disaffezione ancora più alti. Non va mai a confessarsi il 38,1 per cento delle persone e più del 20,2 per cento lo fa a distanza di anni. La risposta di papa Wojtyla e dei documenti vaticani finora è stata univoca: esortare i preti a confessare di più. Può bastare? Tra i giovani la confessione è ancora più disertata, se si prescinde da eventi emotivi spettacolari come giubilei e giornate della gioventù".

  Da Adista n. 21.2004