GESÙ
NON HA ESCLUSO LE DONNE NÉ "ORDINATO" GLI UOMINI
del
Gruppo Donne della Comunità di base di San Paolo
Dal
dibattito che abbiamo svolto come Gruppo Donne sui temi propostici da Adista
sono scaturite varie indicazioni sul sacerdozio femminile, alcune contrastanti,
altre concordi. Tralasciamo di riferire, per motivi di spazio, la parte storica
del nostro approccio all'argomento, che pure è stata molto minuziosa e ricca.
Siamo partite da alcune considerazioni di base. Gesù era un ebreo di Galilea.
Nella religione ebraica non esistevano dogmi e Gesù non vi ha mai accennato.
Egli ha restituito alla donna un ruolo di parità con gli uomini, a partire dal
rapporto che aveva con le sue discepole. Non ha mai parlato di sacerdozio: non
ce n'è traccia in nessuno dei vangeli. Non ha mai voluto istituire una
"Chiesa". La sua predicazione ed i suoi atteggiamenti erano totalmente
laici. Non aveva una pietra dove appoggiare il capo per dormire e viveva grazie
all'aiuto delle sue discepole che lo ospitavano e lo nutrivano. Gesù ha
rovesciato i tavoli dei mercanti nel tempio, indicando che nei luoghi del
Signore non si commercia. Nello spezzare e condividere il pane con i commensali,
tra cui c'erano sicuramente anche le donne che avevano preparato la cena e che
andavano e venivano, ha detto di fare altrettanto in sua memoria: un invito a
fare la scelta degli ultimi come Lui ha fatto, non ad istituire una casta.
Quello che è certo è che nell'ultima cena non ha assolutamente ordinato
sacerdoti i dodici. Le sue parole sono state chiare: "Non sono venuto a
giudicare, ma a servire ".
Per tutto questo la gerarchia ecclesiastica che risiede in Vaticano non può
definirsi "cristiana". Il sacerdozio così come è costituito non ha
ragione di essere né per gli uomini, né per le donne. Al contrario, hanno
ragione di esistere i carismi e i ministeri. Dice Paolo, nella I lettera ai
Corinzi: "a uno viene concesso dallo Spirito il linguaggio della sapienza;
a un altro invece…". Ma, anche qui, facciamo attenzione! Questi doni non
sono dati alle stesse persone per sempre. Se è vero che esistono
delle doti naturali, molte volte queste non emergono per condizionamenti
sociali, paure, pregiudizi. E allora è compito di tutti aiutare le persone a
credere nelle proprie capacità e a manifestarle. Per quanto tempo noi donne non
abbiamo osato parlare? E non avevamo forse delle cose da dire? Mentre chi ha
sempre potuto esercitare i propri carismi, potrebbe qualche volta farsi da
parte, considerando il suo solo un servizio per la comunità.
La parola "prete" viene da presbitero, inteso come l'animatore di
comunità. Il pastore e la pastora protestanti sono solo coordinatori della
comunità, mentre nella Chiesa cattolica è fondamentale il ruolo sacrale del
prete nello spezzare il pane. Il sacerdozio in questo senso non è da noi
accettabile. Noi puntiamo ad avere una Chiesa più paritaria. E allora perché
non le donne? La risposta che dà la Chiesa: "perché Gesù era
maschio", è una giustificazione forzata e probabilmente è un discorso
legato alla monarchia. Le donne possono fare tutto e quindi anche le
sacerdotesse, e poi magari dire "no" al sacerdozio. Dobbiamo poter
essere libere di scegliere quello che ognuna di noi sente: chi sente di voler
fare il sacerdote, o la carriera militare, deve poterlo fare. L'importante è
che tutte le donne abbiano la possibilità di fare il loro cammino. Se deve
esserci un "no" ad un esercizio sacrale del potere, allora è no per
tutti!
Rimane aperto il discorso sui carismi. Il problema non è tanto di genere, donne
o uomini, il problema è quale sacerdozio. È un carisma al servizio
della comunità? Nelle nostre analisi, all'interno delle comunità di base, sono
emerse altre figure. Il titolo di un nostro convegno era: "Né
padri, né maestri". Si giustifica il dissenso rispetto al sacerdozio
in quanto l'esercizio del sacro dovrebbe essere qualcosa di universale, qualcosa
da diffondere. Riflettendo sulle prime figure, non si giustifica l'esclusione
delle donne. Sono state le prime apostole a scoprire la tomba vuota e hanno dato
l'annuncio della resurrezione di Cristo; è stata la Samaritana ad annunciare la
venuta del Messia. Si poteva riconoscere fondandolo su queste figure. Invece
questo è stato negato (mentre nell'area protestante ci sono le pastore). E ci
saranno anche in futuro giuristi, teologi che troveranno mille cavilli per
ritenere il sacerdozio prerogativa esclusiva maschile e negarlo alle donne. Non
ultima la giustificazione che l'uomo ha la possibilità di trascurare tutto
quanto riguarda l'accudimento e dedicarsi in una maniera più totale a questo
esercizio, mentre per la donna è molto più difficile.
Il problema non è né facile, né banale. Noi non abbiamo potere! Allora siamo
tentate di dire: sacerdozio anche alle donne perché lì dove c'è l'esercizio
del potere ci sia spazio anche per la donna! Noi ci rifacciamo alle comunità
primitive e pertanto ci siamo riappropriate di tutto quanto veniva vissuto
all'inizio del cristianesimo. Abbiamo portato il discorso sull'essenziale,
ovvero sul ritorno al sacerdozio universale, che implica una assunzione di
responsabilità, un mettersi in gioco giorno dopo giorno. Delegare a una figura
istituzionale può essere molto più facile. La grande differenza tra i/le
pastori/e protestanti e i nostri sacerdoti sta nel fatto che i preti cattolici,
quando dicono messa, rappresentano sull'altare il sacrifico di Cristo sulla
croce! Se cade questo, cade anche l'importanza del prete come sacerdote.
Il problema sta forse nel riappropriarsi della forma specifica del
cristianesimo, che è la dimensione comunitaria. La posizione del medium, del
sacerdote, potrebbe tramontare se la base si riprendesse la responsabilità del
proprio essere cristiani. Se la comunità fatta di singoli si riappropria di
questa dimensione comunitaria, allora il medium non ha motivo di esistere!
Indipendentemente dal sacrificio.
Gesù è venuto a portare qualcosa di rivoluzionario. La grande rottura operata
dal vangelo di Cristo è stata proprio sull'uguaglianza! Lo stesso Paolo si è
trovato in difficoltà. Nella lettera agli Efesini, scrive che siamo tutti
uguali, non ci sono schiavi, non c'è né femmina né maschio, ecc.; poi,
costretto dalla forma di società che era in vigore, deve modellare la
concezione di ecclesia in base alla struttura patriarcale esistente. Nella
1° lettera ai Corinti Paolo indica alle donne che profetizzano di coprirsi il
capo: quindi dà per scontato che le donne profetizzano!
Nei primi 200 anni, dunque, le donne erano riuscite a farsi dichiarare
profetesse da uomini! E oggi? Allora forse, nonostante i tanti secoli passati ed
il cammino che abbiamo fatto e che avrebbe dovuto vederci avvantaggiate, noi non
siamo altrettanto brave? Bravo Gesù che ha rivoluzionato vari concetti, bravi
quegli uomini che hanno capito questo, ma decisamente bravissime quelle donne
esistite in quei tempi lontani tanto diversi dai nostri!
La statura di Cristo ha permesso alle donne di riconoscersi importanti come gli
uomini. In altri ambiti, ambienti di lavoro, ecc., le donne oggi hanno acquisito
un peso diverso. Nella Chiesa questo non succede. Non è forse che non ci
interessa? È vero che non stiamo parlando del padrone della fabbrica, ma di un
papa che rappresenta Dio, e quando parla ex-cathedra non fallisce e tutti
ci credono. Non è facile cambiare queste cose: quando si entra nell'ambito del
sacro le cose si complicano! Oltretutto, ci portiamo appresso il carico di
duemila anni di prediche in cui ci si diceva: "Stai zitta in assemblea, tu
non vali niente, tu non puoi fare il prete perché sei donna, ecc.". La
nostra non è la stessa situazione di quella delle donne vissute accanto a Gesù
liberatore!
È difficile percepire queste figure femminili, tipo la Maddalena, come persone
che si sono poste in alternativa alle altre forme di potere o in modo
paritetico: a loro non importava usare il potere che avevano i maschi perché
questo rapporto di potere nelle comunità dei primi cristiani non si avvertiva.
La dimensione del rapportarsi tra uomini e donne non passava attraverso
l'esercizio di un potere: quelle donne erano semplicemente lì, presenti come
gli altri. Solo più tardi è venuta fuori la dimensione del potere! Se ora noi
entriamo nella dimensione della persona che conta in quanto tale, che conta
perché è e basta, allora riacquistiamo il posto che ci spetta come è avvenuto
nella sequela di Gesù.
ADISTA
21.2.2004 n°14