L'Autore passa qui a discutere i vari dogmi mariani. Non possiamo attardarci sul come e perché nacquero e si svilupparono questi dogmi. Più interessante è forse ascoltare le sue obiezioni:
1.
Immacolata Concezione
L’
autore, come per ogni dogma, procede problematizzando: come si può pensare che
il resto dell’umanità sia macchiato o in peccato nella sua concezione? Egli
dice: mentre apprezzo la santità di Maria, non è necessario disprezzare per
contrasto il resto dell’umanità. Da un punto di vista femminista, gli
speciali privilegi di Maria possono accentuare il deprezzamento del resto
dell’ umanità, specialmente della donna. Questi privilegi potrebbero
provocare una diminuzione di atten-
zione
per i reali problemi della società. E nel contesto delle multireligiose società
asiatiche, essi non presentano alcuna speranza ai popoli di altre religioni. Al
contrario, il dogma dell’Immacolata Concezione ha le sue radici
nell’interpretazione del peccato originale e richiede perciò un critico
ripensamento.
L’umanità di Maria. Se Maria è immacolata nel senso che non ha macchia di peccato o tendenza ad esso, come può meritare alcunchè? Come può dirsi virtuosa? Come è lontana dall’ essere imitata e seguita! Che donna è questa che non può essere tentata al peccato? Perfino Gesù fu tentato. Questa Maria non ha debolezze, non è fallibile: è in stato di giustizia originale. Questa Maria ha bisogno di essere liberata, per essere veramente umana. Ciò è necessario, per comprendere la sua vita, le sue lotte e le sue angosce. Altrimenti, avremmo una sorta di Maria disidratata, una che non può sentire altra attrattiva se non il bene.
Per rendere grande Maria nella Chiesa, noi l’ associamo a queste qualità disumanizzanti. Si dice che essa è madre perfetta, perché non sente nessuna attrazione per la sessualità, cosa che la renderebbe più perfetta della normale condizione umana. Ma ci domandiamo: è meglio per Maria essere immacolata o essere umana come le altre donne? E’ possibile che Gesù abbia privilegiato sua madre, tanto da renderla non partecipe della condizione umana? E’ meglio essere una madre vergine, che una madre ordinaria come tutte le altre? Che male c’è nell’essere madre per la via normale, dal momento che il Creatore ha così voluto ? La nascita verginale non è forse una elaborazione teologica, sviluppatasi in un ambiente in cui la sessualità umana, il corpo umano e le donne erano considerate inferiori o non abbastanza onorevoli per Dio? Naturalmente la maternità è
svalorizzata da questo modo di vedere.
2.
La perpetua verginità di Maria
E’ un insegnamento che non ha basi convincenti se non nel fatto che è una credenza tradizionale della Chiesa cattolica. E di nuovo essa ha relazione col peccato originale e con la ideologia della dominazione maschile. poiché Gesù è presentato come salvatore universale egli è attribuita la
divinità, egli non potè mai essere visto sotto il dominio di Satana. E poiché il peccato originale è trasmesso dalla procreazione, era necessario per Gesù evitare la contaminazione del peccato originale. L’immacolata concezione assicurava che Gesù era libero dal peccato originale da parte di madre. La nascita verginale era un modo conveniente per preservare Gesù dal peccato originale anche da parte del padre. Ancora una volta la perpetua verginità di Maria ha relazione con le ideo-
logie che tendevano a deprezzare la sessualità, in quanto avrebbe minato la santità di Maria. Ne consegue che:
a. Maria cessa di essere una madre ordinaria e il ruolo di Giuseppe è minimizzato o nullo;
b. Inoltre la perpetua verginità di Maria quadra bene con il concetto di una redenzione effettuata quasi ontologicamente (astrattamente) senza nessuna relazione con il suo insegnamento e nessun impatto con la società, che furono le cause della sua morte;
c. Si enfatizza il celibato ecclesiastico, considerato uno stato di vita più alto (Concilio di Trento).
Questo pregiudizio antisessuale ha caratterizzato non poco la spiritualità tradizionale della Chiesa e la sua disciplina. Il riflettere sulla nascita verginale di Gesù ha fatto deprezzare la normale espressione sessuale. Ciò vuol dire che una famiglia e una donna normale non possono trovare molta consolazione nella “Sacra Famiglia” e nella maternità di Maria dato che essa fu esentata dalle pene del parto, viste come punizione del peccato originale.
Le teologie femministe presentano in modo molto diverso Maria.Molte affermano che l’ enfasi posta nella sua verginità implica un degrado di un normale essere donna e madre e deve essere messa in relazione con l’ideologia patriarcale e gerarchica che non riconosce uguale personalità alla donna. Così Rosemary Ruether, che nel suo libro “ Sexism and God-Talk”, afferma che Maria viene esaltata, ma presentata come un modello impossibile. Questa enfasi ha anche contribuito a oscurare il messaggio di Maria nel “Magnificat” e il suo ruolo di donna povera, ma impegnata nelle lotte del suo popolo per una integrale, personale e sociale liberazione sulla linea di Gesù. Quanto più le donne avanzano nella consapevolezza dei loro diritti e della dignità della maternità, tanto più esse possono reclamare Maria come esempio e modello di una ordinaria umana maternità. Con una mi-gliore comprensione di una spiritualità della creazione, ci potrà essere un più positivo approccio alla sessualità umana, al corpo e alle relazione tra i due sessi.
3.
Madre di Dio
Maria fu proclamata theotokos dai concili di Efeso e Calcedonia. Il dogma si basa sull’interpretazione di Luca cap. 1 (Annunciazione). E di qui procedono tutti gli altri privilegi di Maria. Si argomentava che Dio doveva preparare la persona più perfetta per accogliere nel grembo Suo figlio. Questa dottrina è al di là della umana comprensione. Non è una dottrina direttamente rivelata nella Scrittura ed è conseguente alla accettazione della divinità di Gesù Cristo e della natura del legame tra il divino e l’umano in Gesù Cristo e nel grembo di Maria. Questa dottrina fu
contestata già dalla prima storia della Chiesa e per secoli fino al concilio di Efeso. Questi dibattiti rivelano il ruolo degli argomenti razionali e della immaginazione nella evoluzione della dottrina. Essi indicano anche il ruolo del potere politico e della devozione popolare nella presa di posizione dei concili e della Chiesa.
La presenza di altre fedi ci sfida a riflettere più profondamente sulle implicanze della cristologia nella mariologia: se Gesù fu così divino che già dall’inizio ebbe la pienezza della conoscenza, inclusa la visione beatifica, allora qual è la relazione tra Gesù e Maria? Essa avrebbe avuto veramente molto poco da fare nella formazione di Gesù, perché egli conosceva già tutto dalla nascita! In questo caso era Maria che doveva apprendere dal suo enfant prodige. E’ il problema della presenza divina in Gesù e quindi dell’unione ipostatica: dottrine ed interpretazioni ecclesiastiche che non vanno identificate con la verità.
Le dottrine mariane sono legate all’insegnamento della Chiesa circa “divinità” di Gesù. Qual è la divina natura di Gesù? Una cosa è dire che Gesù è divino, un’altra è pretendere di capire e anche di definire teologicamente il modo e l’estensione della divinità di Gesù. La divinità è qualche cosa che l’umana mente non può comprendere o esprimere in linguaggio, nonostante la teologia pretenda spesso di poterlo fare. La teologia tradizionale ha definito Gesù una persona in due nature (Calcedonia, 451), ma questo è linguaggio filosofico.
Ma
chi può conoscere queste cose con qualche accettabile certezza? Il Concilio di
Calcedonia avrà avuto le sue ragioni nel fare questa definizione e usare quel
linguaggio in quel tempo; ma oggi noi abbiamo altri problemi, per esempio
qual è la natura della divinità unita all’uomo Gesù. Oggi parlare
ingenuamente di “ divinità di Cristo” senza rendersi conto che si tratta di
un linguaggio filosofico ha ancora senso? Non rischia di portarci nella
confusione e nell’astrazione? Possiamo noi racchiudere il divino in
formulazioni umane? In un ripensamento della cristologia che vede Gesù come
un essere umano pienamente consapevole, capace di soffrire, di adirarsi, di
essere tentato, si avrà un ripensamento anche nella mariologia, in modo da
riconoscere anche la piena umanità di Maria.
L’Autore nota che vi sono state anche conseguenze positive nella devozione popolare di Maria, come aver portato nel cattolicesimo e nell’ortodossia calore e affettività nella venerazione di una donna e madre così fedele a Dio. Riconosce che ha portato un certo profumo (flavour) alla pietà cattolica. Maria è stata un modello per molte donne, specialmente religiose. Essa è stata una sorgente di consolazione e conforto nel tempo di ansietà e difficoltà.
Ma vi sono gli aspetti negativi: la presentazione di Maria come obbediente, docile, fedele, vergine-madre, ha reso la spiritualità pietistica, in certo modo passiva e perfino individualistica. La spiritualità mariana, associata alle conseguenze della caduta e del peccato originale, ha incoraggiato un certo senso di debolezza, dipendenza e di impotenza tra gli esseri umani, specialmente donne. Essa ha contribuito a incrementare l’idea di una società feudale e a legittimare le distinzioni di
classe e le distinzioni tra signore e servo, signora e donna ordinaria.
La spiritualità tradizionale non ha certo favorito la consapevolezza di una trasformazione sociale che è invece presente nel “Magnificat". I cristiani dovevano obbedire ai chierici come rappresentanti di Dio: questa era la via verso la santità. L’ obbedienza era la virtù più importante per la santità come per l’ armonia sociale. Le parole di Maria:“Ecco la serva del Signore”, servivano bene a sostenere questa opinione.
Tutti i privilegi di Maria dipendono dalla sua relazione col figlio Gesù, maschio. Per i meriti del figlio essa ha ricevuto tutte le grazie. Essa è in una posizione unica: le altre donne sono simili a Eva dopo la sua caduta. Maria dovrebbe essere imitata, ma in realtà, con tutti i suoi privilegi, risulta inimitabile dalle donne.
Nella mariologia tradizionale è mancata una chiara e sistematica relazione con le trasformazioni sociali concernenti la giustizia tra le comunità e le nazioni e nei rapporti internazionali. Non c’è
un’analisi delle condizioni della società che impediscono la realizzazione di una effettiva giustizia sociale, amore e pace. ..Al contrario, taluni aspetti delle devozioni mariane, almeno indirettamente, hanno portato al conformismo nei confronti del sistema sociale prevalente. Le virtù enfatizzate nella spiritualità mariana sono state la fede, l’ amor di Dio, l’obbedienza, la docilità, l’umiltà, la contemplazione, mentre sono state trascurate le implicazioni sociali della giustizia e della partecipazione. Per quel che riguarda i problemi di giustizia, bisogna notare che i cristiani sono tra i peggiori sfruttatori e la devozione mariana li ha perfino distolti dalla considerazione delle loro responsabilità verso i poveri, i bisognosi, gli oppressi. In questo senso la mariologia tradizionale
può essere stata dannosa per una genuina santità, la quale deve includere la giustizia e un amore effettivo.
Tutto questo vuoI dire che la mariologia è stata mal concepita e pensata. E soprattutto non sono state considerate le grandi implicazioni del canto del “Magnificat”. Questa dimensione della mariologia come socialmente liberatrice è emersa solo in tempi recenti con la crescita della consa-
pevolezza universale della relazione tra giustizia sociale e santità. La santità, nella spiritualità mariana tradizionale, manca di questa dimensione, come testimonia la sua assenza in quasi tutte le congregazioni religiose che hanno avuto una spiritualità mariana. Esse hanno spesso esercitato servizi sociali e la carità verso il prossimo come uno dei loro scopi. Ma la giustizia sociale, che criticamente analizza le relazioni sociali e richiede una radicale trasformazione e consapevolezza delle strutture sociali, non fa parte della loro spiritualità.
Ciò è avvenuto perché l’interpretazione dei privilegi di Maria fu sempre in senso individualistico e ultramondano. I dogmi mariani furono spiegati e messi in relazione col potere di intercessione di Maria presso Dio per la santificazione personale e la salvezza eterna delle anime, ma non furono considerati e promossi come dimensione di trasformazione sociale.
Neanche nel Concilio Vaticano Il fu messa in luce la dimensione sociale della mariologia.
Nell’enciclica cattolica del 1967 questa dimensione non è trattata, perché non considerata importante.
Ci domandiamo perché la teologia e la spiritualità hanno accentuato questi dogmi cristologici e mariologici. Forse è perché essi erano molto importanti per le pretese della Chiesa, che considerava se stessa l’unico mezzo e veicolo di salvezza per tutta l’umanità. Inoltre questi dogmi aiutavano a stabilire e legittimare l’autorità del clero e dei teologi e non mettevano in questione l’establishment sociale e politico del tempo.
L’ influenza della tradizione nella teologia e nella vita spirituale cattolica spiega la lunga e quasi esclusiva centralità di questi dogmi. La promozione di dipendenza e passività fu sia la conseguenza della interpretazione dei dogmi, sia una causa della loro continua dominante
influenza nella vita e nel pensiero cattolico.