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MONTEVEGLIO (BO)-ADISTA. Un progetto eversivo che stravolge i valori
fondamentali della Repubblica: è questa la vera natura della riforma
costituzionale (v. Adista n. 68/04)
messa a punto dalla Casa delle libertà e in via di approvazione in prima
lettura, a colpi di maggioranza, proprio in questi giorni alla Camera dei
deputati (dopo aver già superato l'esame del Senato). Lo sostengono i Comitati
Dossetti per la Costituzione che lo scorso 18 settembre a Monteveglio (Bologna)
hanno tenuto il loro secondo Convegno nazionale.
Si tratta di un "disegno eversivo del tutto inaccettabile" che
"travolge i valori fondamentali della Repubblica proclamati nella
Costituzione vigente e sovverte i cardini dello Stato di diritto". La
'nuova Costituzione' partorita dalla destra, scrivono i Comitati Dossetti,
"attenta all'unità nazionale, compromette l'universalità e l'eguaglianza
dei diritti e istituisce un governo personale estraneo ai principi del
costituzionalismo moderno", togliendo qualsiasi efficacia ai poteri di
controllo del Parlamento e alle funzioni degli altri organi dello Stato. Per
questo i Comitati Dossetti (che denunciano anche la contraddittorietà di parte
dell'opposizione di centro-sinistra che si è astenuta sul primo articolo mentre
all'inizio dei lavori parlamentari aveva unanimemente avanzato e votato una
pregiudiziale di incostituzionalità) hanno deciso di promuovere con largo
anticipo su tutto il territorio nazionale - proprio per sensibilizzare
l'opinione pubblica sulla gravità della posta in gioco - i "Comitati per
il No nel referendum sulla riforma costituzionale" che necessariamente sarà
indetto alla conclusione dell'iter parlamentare.
Per approfondire tali questioni, Adista ha interpellato Raniero La Valle,
già senatore della Sinistra Indipendente dal 1976 al 1992 e tra i promotori dei
Comitati contro la riforma.
"RISCHIAMO IL FASCISMO": INTERVISTA A RANIERO LA VALLE
Quale
aspetto del progetto di riforma in discussione in Parlamento vi sembra più
preoccupante?
La distruzione del rapporto fiduciario tra governo e Parlamento che comporta,
sostanzialmente, la trasformazione del Parlamento in una Camera di registrazione
della volontà del primo ministro.
Che poi avrebbe anche il potere di sciogliere la Camera…
Secondo il disegno di riforma presentato dal Polo, il Senato della Repubblica
viene ridotto a luogo di compensazione dei conflitti tra Stato e Regioni. Oltre
ad essere privato di alcune delle funzioni legislative che lo caratterizzano
attualmente, il nuovo Senato perderebbe soprattutto la caratteristica di Camera
politica. Questo mentre l'altra Camera, quella dei deputati, diverrebbe, di
fatto, lo "zimbello" del primo ministro, nel senso che il capo del
governo potrebbe scioglierla in qualsiasi momento. La Riforma prevede inoltre
l'istituzionalizzazione della maggioranza che ha vinto le elezioni. Solo la
maggioranza uscita dalle urne sarebbe abilitata a indicare il nome di un
eventuale successore del premier eletto dal popolo. Così, mentre la parte della
Camera non appartenente alla maggioranza viene ridotta alla insignificanza
politica, è sufficiente che il primo ministro abbia un piccolo gruppo di
supporter in Parlamento per ottenere un potere di veto su qualsiasi candidatura
alternativa alla sua.
Come giudica l'atteggiamento dell'opposizione in questi primi giorni di
votazione della Riforma?
Una parte del centrosinistra ha deciso di astenersi sul primo articolo posto in
votazione, che è stato considerato "innocuo", in quanto non faceva
altro che definire la composizione del Parlamento e l'articolazione nelle due
Camere. In quel caso, l'opposizione non ha capito che si trattava del primo voto
che si dava sulla riforma costituzionale ed aveva perciò un alto valore
simbolico. Bisognava perciò scegliere di dare un forte messaggio al Paese, per
promuovere una stagione di mobilitazione e di lotta contro questo progetto.
L'astensione è stata invece percepita nel Paese come il frutto di una tattica
attendista. Come se l'opposizione volesse dire: vediamo come va a finire. Invece
si sa già come va a finire: la riforma, comunque emendata, rappresenta un
sovvertimento dello Stato di diritto
Pensi che ora l'opposizione sceglierà la linea della contrapposizione
frontale alla Riforma?
Ormai credo di sì, sarà scontro frontale perché la fisionomia di questo
progetto è totalmente identificabile. La battaglia decisiva è, ormai sono
tutti a pensarlo, il referendum che seguirà l'approvazione definitiva da parte
del Parlamento. La questione è che, affinché quest'ultima chance possa
produrre un esito positivo, occorre che questa battaglia cominci subito e
cominci nel Paese. Non si può aspettare che si concluda l'iter
parlamentare per cominciare la mobilitazione referendaria. Il Paese va
mobilitato subito: questa è la ragione per cui nel convegno appena concluso a
Monteveglio i Comitati Dossetti hanno dichiarato, nel documento finale,
l'intenzione di promuovere fin da ora la nascita di comitati per il no al
referendum.
Certo, non si può dire che la Bicamerale di D'Alema abbia qualche
responsabilità, dal punto di vista politico e culturale, rispetto allo stato di
cose presenti.
Anzi. Quella Bicamerale rappresenta senza dubbio un cattivo precedente, perché
ha in fondo accettato la cultura dei denigratori della Costituzione, facendo
propria la logica perversa che, insomma, la Costituzione era anche buona, ma
andava rinnovata perlomeno nella sua seconda parte. In una fase storica in cui
sono in serio pericolo, o sono già state abolite, molte delle garanzie che
contraddistinguono uno Stato di diritto, decidere di mettere mano ad un
cambiamento profondo della Costituzione è un'operazione di per sé eversiva.
Anche i riformatori di oggi sostengono di voler cambiare solo la seconda
parte della nostra Costituzione…
Ma come sappiamo i principi e i valori che sono stati sanciti nella prima parte
della nostra Carta si sostanziano poi nelle strutture e nelle istituzioni che
sono definite nella seconda. Se si fanno affermazioni di principio
sull'eguaglianza dei diritti e poi nella parte normativa che riguarda
l'ordinamento dello Stato si scrivono norme che contraddicono l'uguaglianza, si
vanifica di fatto, rendendoli inefficaci, la forza di quei principi. La stessa
cosa vale per l'art. 11: se non ci sono organi di garanzia che impediscono che
il primo ministro possa portare l'Italia in guerra, che senso ha la formulazione
sul ripudio della guerra?
Padre Sorge, nell'ultimo editoriale di "Aggiornamenti sociali" (v.
notizia successiva) parla di una democrazia sempre più formale che sostanziale,
dove i poteri forti (legislativo, esecutivo, economico-finanziari, informazione)
si concentrano nelle mani di una sola persona. La nostra democrazia è in
pericolo?
Non c'è dubbio: noi in Italia rischiamo il fascismo. Nessun regime nasce d'emblée,
ma si forma nel tempo. La costruzione di uno Stato che non è democratico, non
è garantista, che non realizza la divisione dei poteri, che non riconosce
l'uguaglianza dei diritti ed il compito della Repubblica di rimuovere gli
ostacoli che impediscano l'effettiva realizzazione di questa uguaglianza, una
Costituzione che non promuove lo sviluppo integrale della persona umana, ebbene,
una tale Costituzione apre le porte al fascismo.
ADISTA N° 69 - 9.10.2004