La lunghissima estate del `45
di Vittorio Capecchi
su Il Manifesto del 04/08/2005
La
bomba ha 60 anni Lo sterminio delle donne e degli uomini di Hiroshima e Nagasaki
non è stato un modo per finire subito la guerra contro un nemico ormai vinto e
in cerca di resa ma un crimine contro l'umanità rimasto impunito che anticipa
la politica di George Bush
Da sessanta anni, ad ogni anniversario dello sterminio delle donne e degli
uomini di Hiroshima e Nagasaki, la domanda a cui si tenta di rispondere è: «perché?».
Oggi, grazie all'ampia documentazione a disposizione, a questa domanda si può
rispondere senza particolari incertezze. Ma non solo. La domanda, da generico
sgomento di fronte all'orrore che quell'avvenimento continua a suscitare, può
essere meglio formulata e articolata: perché il presidente americano Truman
autorizzò un crimine contro l'umanità dopo che il Giappone si era arreso? E
come è stato possibile che questo crimine contro l'umanità sia rimasto
impunito?
La bomba: inutile per la resa del Giappone
La sequenza degli eventi puo essere ricostruita nel dettaglio. La Germania ha
firmato la resa l'8 maggio 1945 e anche il Giappone è ormai pronto ad
arrendersi: non ha più un apparato militare offensivo con «milioni di persone
senza casa e le città distrutte nella percentuale del 25-50%» (dichiarazione
dell'8 luglio 1945 dell'Us-British Intelligence Committee). Ciò che accade nel
mese di luglio è particolarmente importante: è una storia in cui si
intrecciano i rapporti tra Usa e Urss per il controllo del Sud Est asiatico, la
volontà degli scienziati di sperimentare la bomba atomica, la decisione di
sterminio di un presidente americano, il destino della popolazione inerme di due
città giapponesi.
Documenti, a lungo rimasti segreti e censurati, mostrano che la resa del
Giappone avviene il 12 luglio quando l'imperatore giapponese, attraverso il suo
primo ministro Togo, invia un telegramma all'ambasciatore Sato a Mosca in cui
chiede alla Russia (che non ha ancora formalmente dichiarato guerra al Giappone)
di fare da intermediaria per trattare la resa. L'imperatore è per una resa
incondizionata e chiede solo che questa non comporti la sua destituzione per
salvaguardare la «sacralità» della sua figura (condizione, del resto, che
verrà accettata dal governo americano, ma solo dopo aver sperimentato le due
bombe atomiche). Truman è a conoscenza della resa dell'imperatore, come risulta
dal suo diario autografo (reso pubblico dopo gli anni `70) in cui scrive il 18
luglio: «Stalin aveva messo a conoscenza il Primo Ministro del telegramma
dell'imperatore giapponese che chiedeva la pace. Stalin mi disse inoltre cosa
aveva risposto. Era fiducioso. Credeva che il Giappone si sarebbe arreso prima
dell'intervento russo». Da notare che sempre nello stesso diario Truman aveva
annotato il giorno prima che «Stalin dichiarerà guerra al Giappone il 15
agosto. Quando avverrà, sarà la fine per i giapponesi».
Il 16 luglio, intanto, era stato fatto il primo test della bomba atomica nel New
Mexico e Truman era stato ufficiamente informato che il risultato del test era
positivo: la bomba era pronta e poteva essere sganciata sul Giappone. La fine
della guerra e la resa del Giappone sono previste entro poche settimane (tra il
18 luglio e il 15 agosto). Ciononostante, la decisione di Truman è quella di
usare la bomba, distruggere due intere città giapponesi e condannare ad una
morte atroce uomini donne, bambini inermi. Ancora una volta la domanda è: perché?
La bomba: per dominare il dopoguerra
La risposta oggi convergente da tutte le fonti è che ciò ha influenzato la
decisione di Truman non era un temuto prolungamento della guerra (ormai di fatto
terminata) ma il dopoguerra: se l'Urss avesse dichiarato formalmente la guerra
al Giappone il 15 agosto, le sue armate avrebbero potuto entrare prima di quelle
americane nel Giappone arreso ed in ogni caso, nel dopoguerra, gli Stati uniti
avrebbero dovuto spartire con l'Urss la loro sfera di influenza nel Sud Est
asiatico. Si tratta di una ipotesi confermata da una osservazione di Winston
Churchill, il 23 luglio 1945: «E' chiarissimo che al momento gli Stati uniti
non desiderano la partecipazione russa alla guerra con il Giappone». Nella
stessa direzione vanno altre testimonianze. Nel diario di James V. Forrestal
(ministro della marina Usa) si può leggere che «il segretario di stato Byrnes
aveva una gran fretta di concludere la questione giapponese prima che i russi
entrassero in gioco». Il fisico Leo Szilard (che firmò il 7 luglio del 1945 la
prima petizione contro l'utilizzo della bomba atomica) nel 1948 ha scritto: «Mr.
Byrnes non argomentò che l'uso della bomba atomica contro le città del
Giappone fosse necessario per vincere la guerra. Egli sapeva, come anche tutto
il resto del governo, che il Giappone era battuto sul campo. Però Byrnes era
molto preoccupato per la crescente influenza della Russia in Europa». Anche
Albert Einstein (New York Times, 14 agosto 1946) affermò che nella decisione di
gettare le due bome atomiche la causa principale era stato «il desiderio di
metter fine con ogni mezzo alla guerra nel Pacifico prima della partecipazione
della Russia. Io sono certo che se ci fosse stato il presidente Roosevelt questo
non sarebbe accaduto. Egli avrebbe proibito un'azione del genere». Sembrerebbe,
dunque, che ci troviamo di fronte ad un crimine contro l'umanità come «misura
preventiva».
La bomba: chi era contro e chi a favore
Contro l'uso dell'atomica si dichiararono le massime autorità militari. Dice il
generale Dwight D. Eisenhower: «Ero convinto che il Giappone fosse già
sconfitto e che il lancio della bomba fosse del tutto inutile... In quel momento
il Giappone stava cercando un modo per arrendersi il più dignitosamente
possibile. Non era necessario colpirli con quella cosa spaventosa». E dello
stesso tipo sono le dichiarazioni dell'ammiraglio William Leahy, capo di stato
maggiore: «I Giapponesi erano già sconfitti e pronti alla resa. L'uso di
questa arma barbara contro Hiroshima e Nagasaki non ci fu di nessun aiuto nella
nostra guerra contro il Giappone. Nell'usarla per primi adottammo una norma
etica simile a quella dei barbari nel medioevo. Non mi fu mai insegnato a fare
la guerra in questo modo, e non si possono vincere le guerre sterminando donne e
bambini». Leahy individua anche il gruppo che è stato più a favore: «Gli
scienziati ed altri volevano sperimentarla, date le enormi somme di denaro che
erano state spese nel progetto: due miliardi di dollari». Quindi, a parte il
limitato gruppo dei fisici che era sulle posizione di Szilard e Einstein, c'è
un gruppo consistente di attori legati al costosissimo progetto Manhattan che
desidera «rendere produttivo l'investimento».
Si arriva così al 25 luglio, quando il Comitato presieduto da Truman e Byrnes
(con anche la presenza del rettore dell'Università di Harward James Conant,
invitato al Comitato «a nome della società civile», che vergognosamente
appoggia lo sterminio) ordina al generale Caarl Spatz dell'Air Force la «missione
atomica» su quattro possibili obiettivi (Hiroshima, Kokura, Niigata e Nagasaki)
indicando una data provvisoria (il 3 agosto).
La prima bomba atomica scenderà sul centro di Hiroshima il 6 agosto alle ore
8,15 del mattino quando le scolaresche vanno a scuola e le donne e gli uomini al
lavoro; la seconda scenderà il 9 agosto alle 11,02 nel quartiere più povero
(prevalentemente cattolico) di Nagasaki (tra le due bombe arriva, ormai
ininfluente, la dichiarazione di guerra della Russia al Giappone).
Per documentare l'entusiasmo che l'annuncio di questo crimine contro l'umanità
riceve negli Stati uniti si può ricordare la testimonianza del fisico Sam Cohen
sulla sera del 6 agosto 1945: «Quella sera, Oppenheimer non passò
dall'ingresso laterale, fece piuttosto una entrata trionfale come Napoleone al
ritorno di una grande vittoria. Mentre entrava, tutti - a eccezione forse di una
o due persone - si alzarono in piedi applaudendo e battendo i piedi; erano
veramente orgogliosi che ciò che avevano costruito avesse funzionato ed erano
orgogliosi di se stessi e di Oppenheimer».
La bomba: come fu mistificata
Nonostante l'euforia, Truman si rende conto che non può rivelare al mondo che
ha ordinato un crimine contro civili senza che ve ne fosse bisogno per finire la
guerra. Due sono le strategie utilizzate: la menzogna e la censura. La prima
menzogna (quella con le gambe corte) è detta da Truman alla radio il 9 agosto
quando afferma che «la prima bomba atomica è stata sganciata su Hiroshima, una
base militare». La seconda menzogna (quella con le gambe lunghe) serve a
nascondere che il Giappone aveva già dichiarato la resa: la bomba è «giustificata»
dal numero di morti americani evitato. Come affermò Truman il 15 dicembre 1945:
«A me sembrava che un quarto di milione dei nostri giovani uomini nel fiore
degli anni valesse un paio di città giapponesi».
Viene poi fatta scattare una durissima censura sia negli Stati uniti che in
Giappone. Ad Eisenhower viene inviato il 2 aprile 1946 un memorandum in cui si
ordina: «Da nessuno dei documenti destinati alla pubblicazione deve risultare
che la bomba atomica fu lanciata su un popolo che aveva già cercato la pace» e
nel 1946 venne approvato l'Atto dell'energia atomica che prevedeva l'ergastolo e
la pena di morte per chi divulgasse «documenti protetti da segreto con lo scopo
di danneggiare gli Stati uniti». In Giappone il silenzio stampa e la censura di
qualunque commento critico all'uso dell'atomica furono ferrei fino al 1949.
Le due bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki non hanno segnato, dunque, la fine
della seconda guerra mondiale ma l'inizio di una nuova era. Quella che usa lo
sterminio come misura preventiva, separa l'economia e la politica dall'etica,
difende la «neutralità» della ricerca scientifica, legittima la menzogna e
l'impunità per chi ha il potere. Il neoliberismo alla Bush è stato anticipato
sessanta anni fa da Harry Truman