"DITTATURA DEL RELATIVISMO" O DITTATURA DELL'ASSOLUTISMO? IN ASIA SI RIFLETTE

DOC-1639. COLOMBO-ADISTA. Come si può pretendere che l'Asia accetti un cristianesimo che rivendica per sé il possesso esclusivo della verità assoluta? Che reclama un'amicizia particolare con Dio, anche questa esclusiva? Che considera inferiori le altre religioni, in nome di un'ortodossia autoritaria dispiegata lungo una storia millenaria? Contro la dittatura della verità assoluta, che l'attuale papa contrappone alla temuta dittatura del relativismo, si pronuncia il teologo dello Sri Lanka Tissa Balasuriya, già scomunicato nel 1997 da Ratzinger quando questi era prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, per il suo libro Mary and Human Liberation, e poi reintegrato nella Chiesa. Nel libro, Balasuriya suggeriva che anche la figura della Madonna, come altri elementi della dottrina cattolica, andava purificata dalle incrostazioni dogmatiche che l'avevano in qualche modo snaturata, restituendole la sua piena natura umana e rendendola così anche più comprensibile ed accetta al mondo asiatico.
Il nucleo centrale delle diverse religioni del mondo, argomenta ora in una articolata riflessione Balasuriya, può diventare una piattaforma comune di tolleranza, comprensione e amore per il prossimo, che porterebbe finalmente ad una riconciliazione tra la teologia cattolica e il rispetto per le altre religioni. Di seguito pubblichiamo il testo della riflessione, in una nostra traduzione dall'inglese.

ALCUNE QUESTIONI ASIATICHE SULLA DITTATURA DEL RELATIVISMO
 di Tissa Balasuriya

1. La pretesa della verità assoluta

Papa Benedetto XVI, quand'era cardinale, aveva espresso più volte la sua grave preoccupazione per il problema di ciò che definiva "relativismo" nel pensiero teologico e nelle relazioni interreligiose. La Dichiarazione "Dominus Jesus sull'unicità e l'universalità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa", pubblicata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF) il 6 agosto 2000 firmata da lui e ratificata e confermata da papa Giovanni Paolo II, afferma:
"Il perenne annuncio missionario della Chiesa viene oggi messo in pericolo da teorie di tipo relativistico, che intendono giustificare il pluralismo religioso, non solo de facto ma anche de iure (o di principio)... Le radici di queste affermazioni sono da ricercarsi in alcuni presupposti, di natura sia filosofica, sia teologica, che ostacolano l'intelligenza e l'accoglienza della verità rivelata… In base a tali presupposti, che si presentano con sfumature diverse, talvolta come affermazioni e talvolta come ipotesi, vengono elaborate alcune proposte teologiche, in cui la rivelazione cristiana e il mistero di Gesù Cristo e della Chiesa perdono il loro carattere di verità assoluta e di universalità salvifica, o almeno si getta su di essi un'ombra di dubbio e di insicurezza" (1).
La Dichiarazione sottolinea la necessità di Cristo e della Chiesa per la salvezza di tutta l'umanità.
"Con la venuta di Gesù Cristo salvatore, Dio ha voluto che la Chiesa da Lui fondata (sic!) fosse lo strumento per la salvezza di tutta l'umanità (cf. At 17,30-31). Questa verità di fede niente toglie al fatto che la Chiesa consideri le religioni del mondo con sincero rispetto, ma nel contempo esclude radicalmente quella mentalità indifferentista improntata a un relativismo religioso che porta a ritenere che ‘una religione vale l'altra'. Se è vero che i seguaci delle altre religioni possono ricevere la grazia divina, è pure certo che oggettivamente si trovano in una situazione gravemente deficitaria se paragonata a quella di coloro che, nella Chiesa, hanno la pienezza dei mezzi salvifici" (2).
Nel marzo 1993, il cardinal Ratzinger pronunciò un discorso a Hong Kong in cui metteva in guardia contro il "relativismo culturale". Metteva in guardia in particolare contro una tendenza, presente in certi teologi che lavoravano sul dialogo interreligioso, a dare più rilievo al regno di Dio che a Cristo o alla Chiesa, menzionando in una nota il gesuita p. Jacques Dupuis. Nel maggio 1996, Ratzinger identificò la "teologia del pluralismo religioso" come la più grave minaccia per la Chiesa e la paragonò alla teologia della liberazione degli anni ‘80 (3).
Nel discorso ai cardinali durante la messa pro eligendo pontifice, il 18 aprile 2005, il cardinal Ratzinger ha sottolineato il pericolo, per la Chiesa, del relativismo e dei credenti come fanciulli nella fede, ""sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina..." (Ef 4, 14). Una descrizione molto attuale! Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero... La piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde - gettata da un estremo all'altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all'individualismo radicale; dall'ateismo ad un vago misticismo religioso; dall'agnosti-cismo al sincretismo e così via. Ogni giorno nascono nuove sette e si realizza quanto dice San Paolo sull'inganno degli uomini, sull'astuzia che tende a trarre nell'errore (cf Ef 4, 14)" (4).
Il cardinale Ratzinger avvertì il Conclave che "Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie" (5).
Tra le preoccupazioni del cardinale (e papa) vi sono i temi attualmente affrontati dalla Chiesa in Occidente riguardanti la secolarizzazione e la scristianizzazione, e quelli affrontati dalla Chiesa in Asia per l'esistenza di altre religioni e culture. In Occidente vi è dibattito nella società e tra le Chiese su temi di morale (specialmente sessuale), di spiritualità e di relazioni interne in seno alle Chiese. Qui io commento soltanto alcune questioni riguardanti il relativismo che sorgono nel contesto asiatico del pluralismo religioso e delle nostre culture antiche.

2. Che cos'è la verità?

Una pretesa del cardinale Ratzinger è che la Chiesa cattolica possieda la verità assoluta riguardo a temi teologici, come la missione salvifica universale di Gesù Cristo, la necessità della Chiesa per la salvezza di tutta l'umanità e i limiti delle altre religioni riguardo alla salvezza. A questo riguardo possiamo sollevare alcune questioni fondamentali come la capacità e la maniera umana di conoscere la verità sul Divino e sulla vita dopo la morte. Possiamo distinguere diversi aspetti della nostra relazione con la verità assoluta:
a) la verità in sé, o verità oggettiva;
b) la verità come è conosciuta dalla nostra mente, in un dato contesto;
c) la verità come viene comunicata da noi con il linguaggio umano, i simboli, i segni;
d) la verità come viene intesa dal destinatario del nostro messaggio nella sua lingua e nel suo contesto.
Nell'affermare la pretesa di interpretare gli insegnamenti sulla natura e le azioni di Dio, possiamo ricordare che il divino va oltre la possibilità dell'intelligenza umana. Nessuno ha visto Dio, e il divino è inconcepibile per gli umani. Tutto ciò che i teologi e gli insegnanti di religione possono sapere di Dio è necessariamente espresso solo con il linguaggio della metafora e dell'analogia. Non solo queste sono condizionate dalla cultura, ma trovano anche un limite nel non giungere mai ad essere espresse o interpretate in termini univoci.
Di conseguenza tutta la conoscenza umana del divino è relativa e condizionata da fattori come la lingua, la cultura, la filosofia, il contesto, le traduzioni e le interpretazioni. Gli umani dunque possono solo avere delle comprensioni relative del divino. Il cardinale Ratzinger sembrerebbe invece pretendere che i cristiani, e nel caso specifico i cattolici, sono privilegiati nel fatto di avere una rivelazione particolare di Dio tramite Gesù Cristo:
"Adulta e matura è una fede profondamente radicata nell'amicizia con Cristo. È quest'amicizia che ci apre a tutto ciò che è buono e ci dona il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità… Il Signore definisce l'amicizia in un duplice modo. Non ci sono segreti tra amici: Cristo ci dice tutto quanto ascolta dal Padre; ci dona la sua piena fiducia e, con la fiducia, anche la conoscenza" (6).
Il cardinale sottolinea "una fede chiara, basata sul credo della Chiesa". Questo ci riporta ai Credo definiti dai Concilii come quello di Nicea del 325 e quello di Calcedonia del 451. Chi sono i destinatari di questa piena verità, amicizia e conoscenza divina per distinguere la verità dal falso?

3. Quale Cristo?

A questo riguardo ci viene da chiedere chi sia il Cristo nel quale abbiamo fede, che ci parla e ci rivela la piena verità. Non sarebbe irrilevante chiederci quale sia il volto di questo Cristo, la sua personalità, il suo rapporto col divino, il suo ruolo nella salvezza umana. Gesù Cristo non è necessariamente il Cristo delle cristologie. A chi fa riferimento il cardinale come nostro Signore e maestro?

i) Il Gesù di Nazareth in sé; quello dei Vangeli della Chiesa primitiva;
ii) il Logos non creato, coeterno al Padre e allo Spirito Santo, in cui tutte le cose hanno il loro essere;
iii) la Parola incarnata sulla terra unita all'umanità di Gesù;
iv) il Gesù crocifisso;
v) il Gesù Cristo come viene definito dai Concilii, spesso sotto imperatori quali Costantino, che facevano ricorso alla repressione del dissenso con condanne e con l'esilio;
vi) il Cristo alleato dei poteri imperiali, Cristo Re;
vii) il Cristo campione e promotore di guerre contro l'Islam e di Crociate;
viii) il Cristo dell'Inquisizione, dell'Indice, dell'intolle-ranza religiosa;
ix) il Cristo dei conquistatori coloniali, delle guerre di religione;
x) il Cristo della nuova destra cristiana, dello scontro di civiltà, contro l'asse del male.

Quando combiniamo queste opzioni con i limiti della conoscenza umana e i modi di comprendere una verità in sé e per come viene comunicata, possiamo avere un'idea delle diverse combinazioni e trasformazioni che possono essere proposte come verità sulla vita umana e sulla salvezza, e su Gesù Cristo, la Chiesa e Dio - si provi, per esempio, con a) la verità in sé unita a i) Gesù Cristo come viene definito dai Concili. Analogamente si provi: c) con v) oppure d) con viii - usando le categorie sopra esposte). Vi sono decine di cristologie che si sono sviluppate nel corso del ministero magisteriale della Chiesa. Possiamo chiederci in che modo Gesù Cristo sia stato presentato dalle Chiese cristiane nei vari periodi storici e nei diversi contesti.

4. Una visione relativista del cristianesimo

Non è vero forse che tra il 500 d.C. e il 1950 il magistero della Chiesa cattolica ha considerato le altre fedi come false e nemiche del cristianesimo e, laddove possibile, da eliminare? Non è forse un fatto reale che i cristiani, in particolare in Occidente, sono stati coinvolti in guerre contro altri popoli per secoli, come le Crociate, le guerre di religione, le guerre di colonizzazione? Le chiese non hanno forse in generale giustificato le loro guerre come guerre giuste, in cui Dio era dalla loro parte? A questo riguardo possiamo pensare alle Bolle papali del XV secolo e dei secoli seguenti, che spinsero i cristiani ad invadere le terre degli infedeli come le Americhe, e legittimarono persino il saccheggio delle loro terre. Si può fare un lungo elenco di questioni del genere.
Com'è che i cristiani dell'epoca, tra cui i papi, reclamando di essere amici dell'umile e pacifico Gesù Cristo, hanno potuto ricevere da lui messaggi che sollecitavano tali guerre? Come potevano convincere le loro vittime che la Chiesa possedeva la verità assoluta su Dio e sulla salvezza quando hanno letteralmente eliminato milioni di poveri indifesi e hanno preso le loro terre in tante parti del mondo? Come potevano le persone che provengono da queste terre invase e conquistate, tra cui l'Africa e l'Asia, convincersi che i cristiani erano i detentori della verità assoluta riguardo a Dio e a Gesù Cristo ed erano portatori di un messaggio di salvezza e di libertà? Possiamo accettare, anche ai nostri giorni, che la Chiesa in quei secoli ha avuto una comprensione ed una interpretazione giuste della vita e degli insegnamenti di Gesù Cristo? Non stavano forse promuovendo una versione relativista del cristianesimo che privilegiava i cristiani, soprattutto in Occidente? Un relativismo tanto intollerante e aggressivo che pretendeva di possedere la verità assoluta non era forse una delle peggiori e più importanti forme di dominazione religiosa che l'umanità abbia mai sperimentato?
Un interrogativo che sorge dal contesto asiatico è: perché i cristiani, pretendendo di possedere la verità assoluta, sono stati tanto intolleranti verso le altre religioni in Asia fino agli ultimi decenni? La storia delle relazioni tra le diverse religioni (e filosofie) in Asia nel corso di 2000 anni di storia non è, forse, una storia di coesistenza pacifica e persino di intercomunione? Possiamo pensare a come l'induismo, il buddismo, il confucianesimo e il taoismo siano evoluti e abbiano vissuto fianco a fianco in questi Paesi, anche nonostante governanti di diverse convinzioni religiose.
Una questione ancora più importante è: perché dalla corrente principale delle Chiese cristiane non si è sviluppato un insegnamento religioso o un movimento a larga scala che abbia elaborato una teoria ed una pratica della pace e della nonviolenza ispirate dalla vita, dall'insegnamento e dalla morte di Gesù come fece il Mahatma Gandhi nella prima metà del XX secolo? Vi sono stati importanti esempi, come quello di San Francesco d'Assisi, ma non hanno avuto impatto forte e durevole sulla vita e sul comportamento cristiano. Al contrario, nel corso dei secoli non sono state forse le "guerre sante" a costituire parte integrante della vita delle Chiese? Se il Mahatma Gandhi ha interpretato meglio l'insegnamento di Gesù nella vita reale, e ha influenzato altri leader come Martin Luther King e un movimento pacifista mondiale, possiamo affermare che le altre religioni aspirano al bene meno del cristianesimo? Ispirato dall'induismo e dal Discorso della Montagna di Gesù, il Mahatma non è stato forse in grado di discernere la spiritualità di Gesù sulla pace meglio di tutti i 264 papi della Chiesa cattolica? Al contrario, molti dei papi non erano forse a favore delle guerre delle nazioni potenti e non hanno mostrato forse acquiescenza nei confronti del sistema mondiale dominante ingiusto costruito da tali guerre? Come ha potuto la Dichiarazione della Cdf affermare, riguardo alle altre religioni, che "oggettivamente si trovano in una situazione gravemente deficitaria se paragonata a quella di coloro che, nella Chiesa, hanno la pienezza dei mezzi salvifici" (7)?
Il cardinale Ratzinger ha ricordato ai cardinali riuniti in conclave, citando il Vangelo di Giovanni, che la Chiesa, possedendo la verità assoluta, doveva portare frutto abbondante. "Io che vi ho scelti e vi ho nominati per andare e portare frutto che durerà in eterno" (Gv 15, 16). Ci si può chiedere perché la risposta alla presentazione del vangelo sia stata così limitata in tanti Paesi asiatici. Senza le Filippine, i cristiani in Asia sarebbero il 2% della popolazione dopo 500 anni di presenza attiva qui. È perché le altre religioni asiatiche sono profondamente inculturate e danno un significato importante alla vita delle persone? Anche se i servizi assistenziali ed educativi cristiani sono profondamente apprezzati, la storia e l'insegnamento del cristianesimo in Asia non ha un impatto così forte.

5. Apologie papali

Mentre la leadership della Chiesa cattolica rivendica la verità assoluta riguardo a Dio e all'umanità e gode di stretta amicizia con Cristo, perché la Chiesa ufficiale ha sbagliato in modo così grave e costante nella sua storia? Papa Giovanni Paolo II, venendo dall'Europa dell'Est, era consapevole della storia della Chiesa dell'Europa occidentale. Nonostante i consigli dei suoi più stretti collaboratori, egli chiese perdono a vari soggetti in più di cento occasioni per diversi errori della Chiesa, tra cui il ricorso alla violenza nel nome della fede. Ha chiesto perdono per:
- gli errori e i metodi intolleranti e la violenza dell'Inqui-sizione;
- i peccati nella conquista di Costantinopoli per mano dei Crociati nel 1204;
- l'esecuzione di Jan Hus nel 1415;
- il ruolo della Chiesa nei roghi e nelle guerre di religione che seguirono alla Riforma protestante;
- la persecuzione di Galileo nel processo ecclesiastico del 1633;
- il coinvolgimento nella tratta degli schiavi africani a partire dal XVI secolo;
- la violazione del "diritto dei gruppi etnici e dei popoli" e il disprezzo verso le loro culture e tradizioni religiose";
- l'inattività e il silenzio dei cattolici durante l'olocausto;
- gli abusi missionari del passato contro i popoli indigeni del Sud del Pacifico;
- le ingiustizie commesse contro le donne in nome di Cristo, la violazione dei diritti delle donne e la denigrazione storica delle donne.
E ha pregato per la fine dei conflitti e ha chiesto un perdono reciproco tra cristiani e islam (8).
Questa lista può continuare fino a comprendere l'oppo-sizione della Chiesa a movimenti quali la democrazia politica e alla tolleranza religiosa come espressa nel "Sillabo degli Errori" di papa Pio IX nel 1864.
Apprezzando la sincerità e il coraggio del papa nei suoi ultimi anni, nell'iniziare e guidare questo processo di richiesta di perdono per gli errori e i peccati del passato compiuti dai figli e dalle figlie della Chiesa, si può notare che non abbiamo però ancora raggiunto la pienezza di una buona confessione. La Chiesa non ha intrapreso una ricerca delle cause che ci hanno condotti a questi errori secolari/millenari tanto gravi. Le cause potrebbero non risiedere soltanto nella debolezza umana. Non vi potrebbe essere anche una erronea percezione della necessità della Chiesa per la salvezza umana? Se i cattolici sono convinti di avere la verità assoluta su tali questioni, non si pretende di sapere cose che vanno oltre la conoscenza umana, e pure con assoluta certezza? Non si scavalcherebbero le funzioni di Dio, o non si farebbe di Dio qualcosa di conforme ai nostri interessi? Non si darebbe così un valore oggettivo alle nostre percezioni relative?

6. La relazione con le altre religioni

Per quanto riguarda le persone appartenenti ad altre religioni, sembra che la Chiesa cristiana ufficiale li consideri esterni o in secondo piano nell'amicizia e nella grazia di Dio. Questo sarebbe contrario all'insegnamento di Gesù su Dio come Padre/Madre amorevole. Tutti coloro che non sono cattolici sarebbero una sorta di figliastri emarginati di Dio. Come possono i cristiani asiatici presentare un insegnamento del genere come messaggio salvifico di Dio rivelato a loro in particolare, tramite i leader religiosi cristiani? Da quando papa Benedetto XVI ha detto nel suo discorso inaugurale che il suo programma di governo era l'ascolto della volontà di Dio, gli asiatici tendono a chiedersi in che modo egli ascolti Dio, e chi egli ascolti in questo processo. Quali sono i criteri per conoscere se questo ascolto porta lui ed altri fedeli come lui alla verità, la verità assoluta? Se la realtà è che per la maggior parte della storia della Chiesa i popoli asiatici e le altre religioni sono stati considerati – per come erano interpretati dalla Chiesa ufficiale – gravemente svantaggiati da Dio, questi popoli potrebbero, in buona fede, aver dubbi sulla fonte di tali rivelazioni e pretese di amicizia con Cristo.
Continuando la nostra riflessione sulle apologie papali, i gravi errori e crimini della storia richiederebbero un risarcimento ai popoli offesi, riparazione per il danno arrecato alle loro religioni e, cosa ben più importante, a Gesù Cristo e a Dio per aver proposto tali teologie che hanno portato ad una presentazione inaccettabile di Dio. Come può la Chiesa correggere l'erronea presentazione di Gesù Cristo, di un Dio che gioca e che è alleato con i poteri sfruttatori del mondo? Quanti passi sono stati fatti per evitare le occasioni di peccato, come le alleanze con le superpotenze o i benefici derivanti da un sistema mondiale ingiusto?
Un impatto forse anche peggiore di tale pretesa della Chiesa di essere la strada esclusiva alla salvezza è che essa tende a rendere noi cristiani arroganti per la nostra presunta superiorità spirituale. Essa ci renderebbe immune all'auto-correzione, e ci confermerebbe nella nostra tradizionale intolleranza verso gli altri.

7. Tra "dittature dei relativismi e degli assolutismi"

In questa rete di relativismi, si può fare riferimento a tre posizioni.
A) Il relativismo che rende il sé o i propri desideri il valore ultimo. È il pericolo, nel mondo moderno, dell'indivi-dualismo e del libertinismo, come ha sottolineato il cardinale Ratzinger.
B) Dall'altra parte ci sono coloro che pretendono di possedere la verità assoluta e piena e vogliono imporla agli altri. Costoro possono costituire un pericolo ancora maggiore di dittatura ingiusta sociale o collettiva. Il nazismo e la dittatura marxista del proletariato hanno cercato di governare il mondo sulla base di quella pretesa. La Chiesa cattolica, nella sua rivendicazione di essere l'unico e necessario mezzo di salvezza per tutto il genere umano, non tende ad essere una dittatura sacra sulle menti, i cuori e le anime delle persone? Quando si unisce al potere politico, economico e culturale, può diventare anche un regime oppressivo su altri popoli.
C) Ciò che si richiede è una via mediana, o uno spazio intermedio che abbia norme generali e vincolanti ma con meno pretese di quella di una sicura convinzione di avere la verità assoluta ed una amicizia privilegiata con Dio.

Una comunità universale come la Chiesa cattolica, che abbraccia tra i suoi membri (almeno nominalmente) un sesto della razza umana, ha bisogno di alcune norme definite per costituire il suo corpo dottrinale e stili di vita accettati. Di qui, da un lato, il timore di un relativismo individualistico ed edonistico. Dall'altro, un insegnamento accettabile della Chiesa cattolica non può essere quello che storicamente l'ha portata a pretendere di essere unica detentrice e legittima interprete della verità assoluta.
Il cristianesimo ha ispirato, nel corso di tutta la sua storia, un bene immenso. La validità delle rivendicazioni teologiche della Chiesa può essere valutata dalle sue conseguenze storiche su tutta la famiglia umana, anche rispetto al messaggio centrale dei vangeli.

8. Necessità di norme universalmente accettate

L'umanità, evolvendo verso un mondo sempre più globalizzato, e con l'impoverimento della natura a causa del degrado ecologico ed ambientale, ha bisogno di alcune norme di comportamento universalmente accettate. Queste non possono essere i relativismi o gli assolutismi di alcune tendenze particolaristiche che soddisfano gli interessi e i vantaggi "temporanei" di alcune persone e gruppi individualisti ed edonisti. Né possono essere i diritti di alcune nazioni potenti, che pretendono di essere le uniche a sapere che cosa è bene per l'umanità contro le forze del male. Queste possono esercitare un potere militare per conquistare le terre e i possedimenti di altri anche con l'aggressione o con l'avvio di un'azione militare "preventiva" per rovesciare i governi che si oppongono ad esse.
Ciò di cui c'è bisogno sono alcune norme universali che siano in sintonia con la ragione umana, il diritto naturale, il senso comune, la consapevolezza di ciò che è umano, e i requisiti del bene comune umano.
Se gli insegnamenti che pretendono di derivare da una rivelazione divina vanno contro il bene comune dell'uma-nità o contro il senso comune e il pensiero razionale di gran parte della razza umana, non possono certo reclamare di essere verità rivelata divinamente. Tanto più in virtù degli insegnamenti di Gesù secondo cui lo spirito di Dio sarà inviato a ciascuno. Non è molto meglio e molto più sicuro accettare il senso comune e la razionalità dell'umanità generalmente diffuse piuttosto delle pretese arbitrarie, violente ed esclusive di un'ortodossia autoritaria che ha avuto un gravissimo effetto sulle relazioni umane nel corso della storia?
Nella ricerca di norme universalmente riconosciute, la sapienza condivisa dei grandi leader spirituali dell'umanità potrebbe essere una guida più affidabile. È possibile trovare un accordo sugli insegnamenti fondamentali delle religioni e dei leader spirituali che partono da assiomi tipo "fate agli altri ciò che vorreste venisse fatto a voi". Tutte le più grandi religioni del mondo, molte delle quali sono di origine asiatica, propongono un valore del genere come universalmente significativo e valido. Esse esprimono lo stesso concetto in modi e lingue differenti.
I cinque precetti del Buddha sono un'ulteriore elaborazione dei valori chiave delle religioni. Essi sono simili agli insegnamenti fondamentali di Gesù e ai dieci comandamenti dell'Antico Testamento (9). Il tentativo di cercare i valori di fondo delle principali religioni asiatiche può darci almeno alcune norme generiche per i problemi del vivere moralmente. La tolleranza di una sincera ricerca della verità con pace e buona volontà verso tutti può essere più in linea con l'insegnamento di Gesù Cristo.
Il mondo moderno, accanto alla sua secolarizzazione, sta anche cercando norme universalmente valide per il comportamento umano tra i popoli e le nazioni. Nonostante le regressioni dell'attuale sistema mondiale ingiusto, le nazioni del mondo hanno costituito l'Onu dopo la Seconda guerra mondiale. Dopo molte deliberazioni, l'Onu è giunta ad un accordo sulla Dichiarazione Universale dei diritti umani proclamata il 10 dicembre 1948. Benché soggetta ai limiti dell'attuale sistema mondiale, ha rappresentato un contributo valido verso un riconoscimento più generale dei diritti umani a livello universale. L'Onu, operando con un processo di dialogo e di verifiche, procede verso accordi, trattati e protocolli sulle relazioni tra i governi e sul governo globale, per esempio il protocollo sull'ambiente, il trattato di non proliferazione nucleare, l'azione per i diritti delle donne e contro il razzismo. Anche se non pienamente accettati, questi indicano un modo in cui la comunità internazionale sta tentando di arrivare ad un accordo su norme riconosciute a livello universale e anche a mettere in atto meccanismi per la loro osservanza a livello globale. Ci sono molti aspetti inadeguati e molti difetti, come la composizione e il funzionamento del Consiglio di Sicurezza o l'Organizzazione mondiale del Commercio. Nonostante tutto, però, rappresentano uno sforzo dell'umanità organizzata a coalizzarsi nella direzione di un modo migliore di vivere e di una norma di legge.
Le religioni sono anch'esse coinvolte in questa ricerca di portata storica. Il cristianesimo e specialmente la Chiesa cattolica possono imparare molto da questa impresa e partecipare alla sua formulazione e alla sua effettiva messa in opera. Sui temi in discussione, come quelli della morale sessuale, la Chiesa cattolica avrebbe molto da imparare dalla ricerca globale delle nazioni, delle religioni e dei più importanti movimenti popolari. A questo riguardo possiamo riflettere sul fatto che la Chiesa cattolica ha imparato molto nei secoli dalla più ampia e più saggia esperienza dell'uma-nità in materie quali la scienza, l'ermeneutica dell'interpre-tazione delle Sacre Scritture, le rivendicazioni della rivelazione divina, la libertà e la democrazia, l'emancipazione femminile, il diritto divino dei re, il diritto a combattere per la propagazione degli insegnamenti religiosi e la promozione dell'interesse nella religione.
La considerazione sulla necessità di norme generalmente vincolanti che non siano assolute sembra essere la via d'u-scita tra ciò che il cardinale Ratzinger chiama dittatura del relativismo e la dittatura delle pretese di verità assoluta e di giustizia che la Chiesa cattolica sembra aver cercato nelle sue più estreme convinzioni e posizioni. Sembra che il mondo reale delle fedi plurali, delle filosofie e delle culture richieda una comprensione più sottile, delicata e sensibile della vita e dei suoi valori rispetto al rude ed egoista individualismo o al dominio di un assolutismo che si autogiustifica. La coesistenza pacifica nel mondo reale richiede forse una prospettiva di assoluti relativi limitati o di relativi limitatamente assoluti? Un approccio del genere può essere un contributo dell'approccio generale filosofico asiatico?

9. La missione della Chiesa in Asia

La missione cristiana in Asia non avviene in un vuoto. Si svolge sullo sfondo di un Continente con una storia millenaria di saggi, di veggenti, di religioni, sacre scritture, sistemi di logica, filosofie, insegnamenti morali, visioni della vita e dell'aldilà, dell'agnosticismo, del sincretismo e del misticismo religioso. L'approccio asiatico all'analisi dei problemi, con i suoi avanzamenti e passi indietro, non si limita generalmente ad una visione della verità e della giustizia, come se tutto fosse bianco o nero, giusto o sbagliato. L'approccio tende ad essere "sia – sia" piuttosto che "o – o". È generalmente accettato che gli opposti possano essere parti del tutto, che vi possano essere varie sfumature di colore, diverse strade che portano alla cima di una montagna, molti torrenti che formano fiumi e molti fiumi che portano agli oceani, luce e buio che formano il giorno (vedi lo yin e lo yang nel pensiero cinese).
La vita non è semplicemente lineare, ma anche ciclica, con una continuità dinamica in evoluzione da un livello di vita ad un altro o persino da una vita ad un'altra. Le religioni asiatiche non condividono l'idea di un Dio trascendente che punisce e che danna chiunque per l'eternità.
In relazione all'Assoluto, tutte le realtà e le prospettive umane sono relative. La Verità è una, ma le espressioni della verità sono molteplici. Pretendere di conoscere l'assoluto significa non conoscere l'Assoluto, come afferma il Taoismo: il Tao non può essere nominato ed il Tao che è nominato non è Tao. Il pensiero asiatico non nega un Trascendente o un Divino. Ma chiede: e se il Trascendente può essere pienamente conosciuto da noi, e se la nostra visione limitata di un Assoluto esclude tutte le altre? Il Trascendente non è definibile nelle nostre categorie, non può essere confinato nei nostri sistemi o ambienti socio-politici e nemmeno nei limiti filosofici del monismo o del dualismo. Il Divino non è un sistema, ma un principio o un'intuizione. Nessuno ha il monopolio sull'amicizia con il Divino. Reclamare tale privilegio o monopolio dell'amicizia divina vuol dire non conoscere il Divino o creare un Dio per i nostri desideri e interessi.
Tutto questo può essere apprezzato in relazione all'inse-gnamento fondamentale di Gesù che Dio è amore, e che dobbiamo amarci gli uni gli altri come noi stessi. Ma può non essere conciliabile con le nostre molte cristologie definite, espresse nelle categorie filosofiche greche o realizzate nelle strutture e nelle cornici legali romane. L'amore di Dio e l'amore del prossimo insegnati da Gesù come suo messaggio essenziale non possono essere ridotti ad un sillogismo, a un'equazione o a una definizione dogmatica. Gli approcci asiatici sarebbero più consoni con gli insegnamenti di Gesù delle parabole e con la sua reale testimonianza di vita di umile servizio.
In questo contesto storico la missione cristiana può essere ripensata in un modo che sia meglio apprezzato nel contesto asiatico. La convinzione che noi cattolici, in quanto amici di Cristo, siamo i possessori della verità assoluta riguardo alla salvezza ci darebbe, come ha detto il cardinale nella sua omelia al Conclave, un senso della missione in cui noi siamo "animati da una santa inquietudine: l'inquietudine di portare a tutti il dono della fede, dell'amicizia con Cristo. In verità, l'amore, l'amicizia di Dio ci è stata data perché arrivi anche agli altri... Il nostro ministero è un dono di Cristo agli uomini, per costruire il suo corpo – il mondo nuovo".
Gli asiatici tenderebbero a chiedersi perché dovrebbero convertirsi al Dio di un Cristo che li considera come membri di seconda classe della famiglia di Dio. La loro eredità spirituale è così gravemente difettosa? O è questa interpretazione ufficiale della Chiesa cattolica ad essere gravemente difettosa nel suo presentare il Dio del Gesù asiatico agli asiatici? Allora gli asiatici dovrebbero soffrire non solo l'ordine mondiale ingiusto stabilito dall'Occidente cristiano, ma anche accettare di essere emarginati persino dal Dio dei cristiani. Una fede cristiana di questo genere non sarebbe un insulto che si aggiunge all'offesa di un passato secolare?
Alla fine del suo pontificato papa Giovanni Paolo II, pur approvando dichiarazioni teoriche come la "Dominus Jesus", era un mite pellegrino che visitava persone e luoghi sacri di altre fedi nelle sue centinaia di pellegrinaggi in tutto il mondo. Egli diluì o ammorbidì la durezza dei suoi insegnamenti ufficiali con le relazioni personali, e i media hanno mostrato gesti di buona volontà verso gruppi come gli ebrei, i musulmani e i popoli africani. Il papa attuale, nei suoi scritti e nelle sue azioni, ha dato l'impressione che il pluralismo delle religioni e della teologia in Asia sia un grave ostacolo alla verità assoluta che egli rivendica per la sua visione del cristianesimo. La sua posizione sembrerebbe in certa misura meno aperta o più rigida di quella del Vaticano II. C'è da sperare che papa Benedetto XVI e i vertici della Chiesa cattolica capiscano perché gli asiatici hanno tanta difficoltà nell'accettare le pretese di ortodossia per un insegnamento che pretende di escludere la grande maggioranza dell'umanità dai benefici della rivelazione divina e dalla sacrosanta possibilità della salvezza.
Questa sarà anche una sfida per i popoli dei Paesi occidentali se dovessero riflettere sulla posizione dei loro antenati che vissero prima di Gesù. Le attuali tendenze alla secolarizzazione e alla scristianizzazione sono una implicita non accettazione delle pretese della Chiesa di essere l'unica custode ed annunciatrice del messaggio salvifico di Gesù. Speriamo che nel prossimo decennio la Chiesa riceva la grazia di comprendere i limiti delle sue pretese di possesso della verità assoluta. Allora sarà più umile e saggia, imparando dalle ricerche degli altri, di chi appartiene a religioni diverse e dell'umanità laica.
La missione della Chiesa in Asia dovrà essere caratterizzata da umiltà di pensiero e di azione, in considerazione dei nostri errori del passato. Le altre religioni asiatiche dialogano con serenità con i cristiani in modo amichevole, anche se vi è sempre più resistenza in alcuni Paesi al proselitismo evangelico da parte di alcuni gruppi ben finanziati. La nostra missione può comprendere l'accettazione dei valori di fondo di tutte le nostre religioni. Le religioni del mondo non concorderebbero sulle loro visioni della vita umana prima della nascita e dopo la morte. Avrebbero idee diverse riguardo alla divinità non conoscibile. Ma avrebbero posizioni molto simili riguardo ai temi di fondo della vita morale umana degli individui e della società. È su questa base che la società è organizzata generalmente a livello locale, nazionale e internazionale. Le religioni dunque possono lavorare insieme per il bene comune di tutti.
Così facendo, non dobbiamo diluire nulla degli insegnamenti e delle testimonianze di Gesù. Al contrario, saremo sfidati a mettere in pratica le beatitudini e la chiamata a condividere, specialmente con i bisognosi e gli sfruttati, la proposta di Gesù in Matteo 25,31: "Avevo fame e mi avete dato da mangiare...". Saremmo migliori discepoli di Gesù, migliori comunità cristiane, obbedendo a ciò che ci è stato da lui comandato. Analogamente persone di altre fedi possono essere invitate a vivere il messaggio centrale della loro fede. Saremmo tutti chiamati ad una autopurificazione e all'amore e alla condivisione con il prossimo, che è il valore centrale di tutte le religioni del mondo. Dicendo questo, saremo anche realmente al servizio dei migliori interessi della Chiesa. La missione della Chiesa sarà compresa meglio come umile servizio che lascia la salvezza eterna delle persone a Dio, a prescindere dalla loro religione o fede, come dice il Vaticano II, in un modo conosciuto a Dio.
Ora che il cardinale Ratzinger è papa Benedetto XVI, possiamo sperare che il pastore universale apra la sua visione alle dimensioni dell'umanità e al servizio amorevole di Gesù di Nazaret e al Cristo delle prime comunità cristiane? Bisogna trovare un modo per riconciliare il messaggio della teologia cattolica con il rispetto dovuto alle altre religioni, e alla bontà universale e alla volontà salvifica di Dio. Forse, si spera, nella sua prima enciclica il nuovo papa affronterà questi e altri temi cruciali. NOTE

(1) Dominus Jesus sull'unicità e l'universalità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa, 4.
(2) Ibidem
(3) J. L. Allen in "National Catholic Reporter", 15-09-2000
(4) Omelia ai cardinali alla messa pro eligendo pontifice, il 18 aprile 2005. Sarebbe interessante proseguire nella lettura per vedere come lo stesso S. Paolo interpreta questa fede matura in Cristo. "Siate sot-tomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo. Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore; il marito infatti è il capo della moglie come anche Cristo è capo della Chiesa, lui che è il salvatore del suo corpo. E come la Chiesa sta sottomessa a Cristo, così anche le mogli siano soggette ai loro mariti in tutto. E voi mariti, amate le vostre mogli... Schiavi, obbedite ai vostri padroni secondo la carne con timore e tremore con semplicità di spirito come a Cristo… Anche voi padroni, comportatevi allo stesso modo verso di loro…" (Ef. 5, 22-6,9).
(5) Ibidem
(6) Ibidem
(7) Cfr. Dominus Jesus
(8) Luigi Accattoli, "Quand le pape demande pardon", Paris 1997
(9) Cfr. la mia relazione su: Religions for another Possibile World, al World Forum for Theology and Liberation, Porto Alegre, Brazil, gennaio 2005.

ADISTA n°56 del 23.7.2005