"I PICCOLI
GIUDEI, SE BATTEZZATI, DEVONO RICEVERE UN'EDUCAZIONE CRISTIANA".
Documento inedito - dal Corriere della
Sera 28 dicembre 2004
Pubblichiamo la traduzione dall'originale
francese del documento, datato 20 ottobre 1946, che fu trasmesso dal
Sant'Uffizio al nunzio apostolico Angelo Roncalli. L'originale si trova presso
gli Archivi della Chiesa di Francia.
"A proposito dei bambini giudei che, durante l'occupazione tedesca, sono
stati affidati alle istituzioni e alle famiglie cattoliche e che ora sono
reclamati dalle istituzioni giudaiche perché siano loro restituiti, la
Congregazione del Sant' Uffizio ha preso una decisione che si può riassumere
così:
1) Evitare, nella misura del possibile di rispondere per iscritto alle autorità
giudaiche, ma farlo oralmente
2) Ogni volta che sarà necessario rispondere, bisognerà dire che la Chiesa
deve fare le sue indagini per studiare ogni caso particolare
3) I bambini che sono stati battezzati non potranno essere affidati a
istituzioni che non ne sappiano assicurare l'educazione cristiana
4) I bambini che non hanno più i genitori e dei quali la Chiesa s'è fatta
carico, non è conveniente che siano abbandonati dalla Chiesa stessa o affidati
a persone che non hanno alcun diritto su di loro, a meno che non siano in grado
di disporre di sé. Ciò evidentemente per i bambini che non fossero stati
battezzati
5) Se i bambini sono stati affidati (alla Chiesa) dai loro genitori e se i
genitori ora li reclamano, potranno essere resti-tuiti, ammesso che i bambini
stessi non abbiano ricevuto il battesimo. Si noti che questa decisione della
Congregazione del Sant'Uffizio è stata approvata dal Santo Padre".
PIO XII AL NUNZIO
RONCALLI: NON RESTITUITE I BIMBI EBREI
Alberto Melloni - Corriere della Sera 28
dicembre 2004
Chi augurerà buon anno a Charles de Gaulle il 1°
gennaio 1945? Questa domanda, apparentemente sciocca, angoscia Pio XII nel
dicembre 1944 e segna uno snodo importante per la politica vaticana di allora e
dei decenni successivi. Nella Parigi liberata di quei mesi si va infatti
ricostituendo il rituale civile, a partire dagli auguri che il corpo diplomatico
porge al capo di Stato. Per tradizione tali voti augurali venivano letti dal
nunzio, decano del corpo diplomatico in Francia. Ma per il Capodanno del 1945 il
nunzio ancora non c'è. De Gaulle ha fatto cacciare monsignor Valeri,
disponibile al dialogo col regime collaborazionista di Vichy. Nominare un nunzio
vuol dire riconoscere il diritto di de Gaulle a epurare la Chiesa; ma non
nominarlo significa cedere all'anziano ambasciatore dell'Urss il diritto di
pronunciare il discorso dell'Eliseo - e per Pio XII questo sarebbe un immeritato
regalo a Stalin.
La questione non è protocollare. La cartina d'Europa del Capodanno 1945
racconta di destini imminenti e fatali. Per ciascun Paese è vicina la vittoria,
la vendetta, la catastrofe, la libertà, la rinascita, la divisione. E il
Vaticano deve riposizionare se stesso, dopo che alcuni capisaldi prima scontati
(l'indulgenza verso il confessionalismo autoritario, l'anticomunismo ideologico,
il pregiudizio antisemita, la diffidenza per la democrazia liberale) si sono
rivelati radici della tragedia bellica. Ma la Chiesa può accettare una politica
che adotti la democrazia nella sfida al comunismo e la rottura col nazifascismo
come principio da cui essa stessa non è esentata? E a rovescio: può la Chiesa
rinunciare a vivere il futuro dell'Europa per limitarsi al rimpianto d'un
passato inglorioso? Questo è il groviglio in cui sono impigliati gli auguri a
de Gaulle del Capodanno 1945.
Pio XII taglia quel nodo con una mossa personale e audace. Piglia da Istanbul,
ultima retrovia della politica estera pontificia, un diplomatico di basso rango
e, contro il parere di molti suoi collaboratori, lo manda a Parigi. Monsignor
Angelo G. Roncalli, un bergamasco fino a quel momento sconosciuto ai più, ma
non agli ebrei che aveva aiutato a fuggire verso la Palestina, sale così al
primo posto della diplomazia vaticana. Il suo compito è arduo: il ministro
degli Esteri Georges Bidault, proprio perché cattolico, è il più
intransigente nel pretendere la testa di molti vescovi accusati di
collaborazionismo; il ricomporsi politico della nazione coincide con una
rinascita impetuosa della ricerca teologica che Roma guarda male; e mille
questioni - dal processo di Norimberga alla nascita dell'Unesco, dalla
conferenza di pace alla nomina di nuovi vescovi - bussano alla sua porta. Che
Roncalli se la cavi con buon successo era già noto. Ma ora possiamo capire
molti dettagli inediti, perché con il volume Anni di Francia. Agende del
nunzio Roncalli 1945-1948, Étienne Fouilloux, uno dei massimi storici
francesi, pubblica le fitte note quotidiane di quel periodo.
Esse svelano poco dell'uomo Roncalli (che con un filo di ironia trema dei
successi del Pci a Sotto il Monte, suo paese natale), ma dicono molto dei
dilemmi che attraversano la politica vaticana. Il cattolicesimo francese,
infatti, è stato su tutti i fronti: ha collaborato e ha resistito; chiede un
ricambio e offre copertura; pensa vie nuove teologico-politiche e sporge le
denunzie al Sant'Uf-fizio. Roncalli si muove fra questi scogli con studiata
lentezza, che i testi inediti documentano ora per ora. È un nunzio fedele alla
politica di Pio XII, ma ha una sua sensibilità e una sua storia. È così per
la Shoah. Roncalli, appoggio sicuro negli anni d'Istanbul per il rabbinato e per
l'Agenzia ebraica, trova a Parigi un ambiente attento e attivo: nella capitale
francese Jules Isaac sta promuovendo la rete di intellettuali che redigerà i
"punti di Seelisberg", coi quali si chiedeva alla Chiesa di ripudiare
ogni variante dell'antisemitismo; da Parigi passa il gran rabbino di Palestina
Herzog, per cercare di ottenere che vengano restituiti alle organizzazioni
ebraiche i bambini salvatisi nelle case e nei conventi cattolici.
Roncalli, racconta l'Agenda, riceve il rabbino Herzog nel 1946 come un
amico e, con una lettera del 19 luglio, lo autorizza "ad utilizzare della
sua autorità presso le istituzioni interessate, di modo che ogni volta che gli
fosse stato segnalato, questi bambini potessero ritornare al loro ambiente
d'origine". Tuttavia (come rivela uno straordinario documento, parte
dell'apparato del secondo tomo delle Agende di Francia, che i lettori del
Corriere possono leggere in anteprima) al nunzio arrivano nello stesso
1946 istruzioni elaborate dal Sant'Uffizio e approvate da Pio XII. Al nunzio
Roncalli, la cui fraternità con gli ebrei in transito dalla Turchia non era
passata inosservata, si trasmettono ordini agghiaccianti: non deve dare risposte
scritte alle autorità ebraiche e precisare che "la Chiesa" valuterà
caso per caso; i bambini battezzati possono essere "dati" solo a
istituzioni che ne garantiscano l'educazione cristiana; i bambini che "non
hanno più i genitori" (proprio così!) non vanno restituiti e i genitori
eventualmente sopravvissuti potranno riaverli solo nel caso che non siano stati
battezzati...
Alcune delle vicende su cui queste disposizioni cadono si risolveranno
felicemente, ma non tutte. Di casi di sottrazione dei bambini ebrei - repliche
del caso Mortara dei tempi di Pio IX nella Francia del dopoguerra - non c'è per
ora un censimento, se non nella memoria ferita delle vittime di questa tragedia
umana e spirituale. Nemmeno Roncalli ne annota in dettaglio gli sviluppi, abile
com'è nel filtrare tutto in uno stile ecclesiastico apparentemente impassibile.
Ma è difficile credere che questi episodi non siano alla base della sua
risposta positiva a Jules Isaac, che nel 1960 gli chiede di aprire una
riflessione sui punti di Seelisberg: quando nel 1955 Isaac li aveva portati a
Pio XII, il Papa gli aveva detto "li appoggi su quel tavolo", quasi a
marcare un abisso fisico fra due umanità; quando nel 1960 li porterà a
Giovanni XXIII, questi li accoglierà e farà iscrivere il ripudio degli
antisemitismi nell'agenda del Concilio Vaticano II.
Decisione capitale, perché diceva a tutti che la Chiesa non vive immacolata
negli orrori della storia, ma ne è parte, nel bene e nel male; diceva che
nell'Europa senza più innocenza del secondo Novecento il futuro non vive di
mitologie del sé, ma di una memoria umile e sincera, radice d'indispensabile
cambiamento, anima della speranza nel tempo