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ROMA-ADISTA. Oggi fa il dj alla radio della Bbc e vive in una parrocchia
nei dintorni di Glasgow, in Scozia. Sessantacinque anni, uno dei massimi esperti
nella traduzione in inglese dei testi liturgici, biblista, già consultore della
Congregazione per il culto divino e i sacramenti e rettore del Collegio Scozzese
di Roma, p. John Fitzsimmons, che ha partecipato e creduto fermamente nel
Concilio Vaticano II, è un religioso che le cose non le manda a dire e che per
questo è stato rimosso dal Vaticano da molti dei suoi incarichi. Ha visto
"morire" molte delle istanze per le quali ha lottato: prima fra tutte
una traduzione in inglese dei testi liturgici inclusiva, cioè capace di
contenere in sé genere maschile e femminile. Troppo "avanti" per il
Vaticano e per la tendenza conservatrice, favorevole ad un inglese arcaico e
latinizzante, del card. George Pell, arcivescovo di Sydney, alla guida
della commissione "Vox Clara", nata come organismo di consulenza ma
divenuta negli ultimi tempi sempre più organo di controllo della traduzione in
inglese del Messale romano. Ma Fitzsimmons non ha perso il suo entusiasmo e sta
lavorando ad un libro di memorie del Concilio, nella consapevolezza che esso è
ancora in buona parte da realizzare. Adista lo ha incontrato ed intervistato
durante un suo soggiorno a Roma.
Padre Fitzsimmons, ha voglia di raccontare ai nostri lettori il suo
curriculum vitae?
Appartengo alla diocesi di Paisley, in Scozia, sono stato studente qui a Roma di
filosofia, teologia e studi biblici, anche a Gerusalemme; sono stato docente in
seminario e all'Università per una ventina d'anni, e anche parroco; nel
frattempo sono stato anche presidente della commissione di consulenza dell'Icel,
cioè la Commissione internazionale per l'inglese nella liturgia, e consultore
della Congregazione per il Culto divino e i Sacramenti. Ora ho raggiunto i 65
anni d'età e sono in pensione. Sto scrivendo le mie memorie del Concilio
Vaticano II, perché vi partecipai come membro della Segreteria del Concilio.
Che ne è del Concilio oggi?
Ogni tanto penso che lo spirito del Concilio è stato perso nella Chiesa, perché
ad un certo momento abbiamo stabilito il principio che la collegialità dei
vescovi col papa era un elemento fondamentale della Chiesa, per far crescere le
Chiese locali, e per me è un problema, in questo momento storico, il fatto che
questa collegialità semplicemente non esista. Un anno fa, quando è morto il
cardinale König, ho scritto un articolo in cui dicevo che una volta, parlando
al telefono, avevamo entrambi espresso un disagio in proposito, perché anche
lui sapeva che la collegialità era ancora molto indietro nel suo sviluppo. La
Chiesa è diventata più centralista, il Vaticano ha preso tutto il potere, i
vescovi sono nominati dal Vaticano stesso e le Chiese locali non possono
crescere, l'inculturazione non fa parte del progetto globale, della scena
contemporanea. Considerando ciò e considerando anche il complesso degli studi
che compiono i seminaristi in vista del sacerdozio, ho l'impressione che si sia
tornati ad una situazione anteriore all'epoca conciliare. Questo mi crea disagio
ma anche paura per il futuro della Chiesa. Ho spiegato tutto questo, ho tentato
di spiegarlo anche qui a Roma, e mi hanno rimosso dalla guida del Collegio
scozzese, dopo tre anni, nel 1989. Evidentemente il mio modo di pensare era
molto diverso da quello che volevano le autorità vaticane e i vescovi, che sono
nominati dal Vaticano stesso. La cosa non mi disturba, io ho solo cercato di
fare del mio meglio nel comunicare agli studenti, ai seminaristi lo spirito del
Concilio Vaticano II che, secondo me, è uno spirito di apertura, di avventura,
di sperimentazione delle cose, e se le cose non vanno, provare qualcos'altro,
perché no? La Chiesa delle origini non aveva un piano chiaro; gli apostoli
facevano da soli nei diversi posti dove si trovavano. Ho detto sempre che la
Chiesa in Scozia non è quella dell'India, non è quella dell'America o del
Sudamerica. Bisogna trovare una forma di inculturazione che sia adatta ai
bisogni della gente. Allora ci vuole anche una nuova teologia, ma soprattutto
una nuova pratica pastorale. E questa nuova pratica pastorale dovrebbe essere
fondata sul laicato, non perché non ci sono preti, ma perché siamo tutti
popolo di Dio, e tutti quanti siamo chiamati al ministero della Chiesa. C'è
anche la chiamata alla santità, a vedere il vangelo come modello di vita, a
dare questa testimonianza al mondo secolarizzato di questo momento storico. Mi
trovo perciò, come dire, separato dalle autorità e anche in certa misura dai
colleghi, anche se ho contatti qui a Roma. Io non avanzo delle critiche senza
cognizione di causa, senza sapere quello che succede: oggi ero, per esempio,
alla Radio Vaticana, l'altro giorno ho incontrato il professor Liverani,
direttore delle antichità classiche del Vaticano; ho molti contatti e li
alimento. Quello che voglio è contribuire in qualche modo allo sviluppo dello
spirito del Vaticano II, che è andato perso. Ho parlato anche con padre Cohen,
direttore della Specola vaticana, a Castelgandolfo. Mi diceva che bisogna
volgere lo sguardo ai primi anni del pontificato di Giovanni Paolo II. Su questo
sono d'accordo, ma sono gli ultimi anni che mi turbano, perché la salute del
papa non è buona, chiaramente, e si vede che la Curia romana odia il vacuum,
per cui ci sono delle autorità, dei cardinali che hanno assunto un potere a
cui non hanno nessun diritto. Ci troviamo in un momento storico in cui la Chiesa
si presenta al mondo come un monolite, com'era prima del Concilio. Ho parlato
con padre O'Collins, della Gregoriana, che è di mentalità molto aperta,
universale, cattolica nel senso più pieno: mi diceva che deve stare molto
attento a quello che dice. E questa è anche la mia esperienza: anche quando
insegnavo qui, era molto difficile dire tutto quello che si pensava senza venire
rimossi.
La Chiesa di oggi dunque è un monolite, in cui, in più, sembrano avere
sempre più potere movimenti conservatori come l'Opus Dei o i Legionari di
Cristo…
Certo, i più potenti sono sempre i movimenti dell'ala destra della Chiesa, che
hanno denaro senza fine, pecuniae sine fine, mentre noi, invece, non
abbiamo queste risorse; e, come recita un proverbio inglese, chi mette i soldi
poi chiede quello che vuole. Questi gruppi sono potenti soprattutto in America,
in particolare negli Stati Uniti. Quando sono venuto per la prima volta a Roma,
c'era una specie di mafia, un gruppo interno che controllava quasi tutto intorno
al papa, che a quel tempo era Pio XII. Ma erano tutti italiani, e con gli
italiani si può parlare. Ora molti sono sudamericani: della Colombia, del Cile.
Ho avuto dei guai seri con il cardinal Medina Estévez, che assolutamente non
poteva tollerare la liturgia in lingua vernacolare. Ora è in pensione con il
suo amico generale Pinochet, però ha lasciato, direi, una triste eredità per
il suo successore, il nigeriano Arinze. Quindi, per i miei "peccati",
sono sempre stato in contatto sia con la liturgia, e dunque con la Congregazione
per il Culto Divino, sia con l'ecumenismo, e perciò con il dicastero per
l'Unione dei Cristiani. Anche in questo campo ci sono dei problemi, di nuovo a
causa dell'imperialismo romano, e le altre Chiese, certamente nel mio Paese, ma
anche in Russia, restano fredde sul dialogo ecumenico, non vogliono coinvolgersi
perché in questo momento storico percepiscono la Chiesa di Roma come
intollerante. La Chiesa romana ha una formula che tutti devono sottoscrivere, e
questo secondo me è contro lo spirito dell'ecumenismo, ma anche contro lo
spirito del Concilio Vaticano II. Si tratta dunque di un processo di ritorno ai
giorni precedenti al Vaticano II, che non solo mi infastidisce, ma mi rattrista
perché la Chiesa aveva un'opportunità di apertura al mondo e non l'ha colta.
Provando a guardare un po' più avanti, che cosa ci attende con il prossimo
pontificato?
A questa domanda do sempre la stessa risposta: come prossimo papa voglio: a) un
italiano, b) un italiano che resti a casa sua. Mi spiego: un italiano che sappia
esprimersi bene sulla dottrina della Chiesa, diciamo Dionigi Tettamanzi, per
esempio, che ha anche questa capacità tutta italiana, di cui ho esperienza, di
trovare il livello a cui le cose possono risolversi. "Che resti a
casa", cioè a controllare quello che accade qui, perché questo papa,
viaggiando qua e là, ha lasciato un vuoto che viene riempito dalle autorità di
curia. La Curia è diventata pre-potente, troppo potente. O ci affidiamo ad un
prospettiva più aperta o la Chiesa come esiste adesso si dissolverà. È un
momento critico.
Anche perché ci sono molti temi scottanti che stanno allontanando i credenti
dalla Chiesa…
Certo, ma tutti questi temi scottanti esistono da sempre, basta pensare alla
bioetica. Non so perché la Chiesa pensi che bisogna dire qualcosa di sicuro,
chiaro, infallibile, senza poter cambiare idea. Bisogna lasciare andare le cose,
lasciare aperto lo sviluppo della discussione, lasciare gli studiosi fare il
loro lavoro. Sono in molti ad avere lasciato la Chiesa perché è mancata loro
l'aria da respirare.
Parliamo un po' del suo lavoro all'interno dell'Icel: a che punto è la
traduzione del messale in inglese?
Non lo so: sono stato rimosso anche dall'Icel! Io dirigevo la riforma del
messale nel '98, che è stata rifiutata dal Vaticano, però l'ho messa su cd-rom
e l'ho fatta girare, per far vedere a tutti quello che era stato rifiutato. Ora
vogliono tornare ad un inglese arcaico, arcano, che la gente veramente non
vuole, e neanche i vescovi. In quel periodo c'era la teoria dell'equivalenza
dinamica, cioè prendere il genio del latino e trasformarlo nel genio della
lingua inglese. Adesso vogliono una traduzione letterale, non soltanto frase per
frase, ma parola per parola. Noi avevamo fatto dei testi originali fin
dall'inizio; dal 1963, dalla fondazione dell'Icel, era prevista la distribuzione
di testi originali, perché i testi latini sono buoni, ma non dicono tutto. E
quindi c'era la necessità di trovare degli artisti, dei poeti, degli scrittori,
delle persone di cultura che potevano esprimersi bene per dare alla Chiesa un
testo in inglese da guardare e rispettare. Ora, invece, si è arrivati al punto
di tradurre solamente quello che c'è nel latino, in un linguaggio dei secoli
passati.
In questo processo, quale peso ha la commissione "Vox Clara"
presieduta dal cardinal Pell, tra i più conservatori? È un organismo solo
consultivo, come viene detto ufficialmente, o ha un'influenza più decisiva?
Pare che si sia sviluppato in modo tale da acquisire un peso più decisivo.
All'inizio, a chi gli chiedeva a cosa servisse "Vox Clara", lui
rispondeva "non lo so". Ora ha, credo, la chiara istruzione dal
Vaticano di controllare la traduzione, ma in generale tutto il processo e la
selezione del personale e persino la paga… Sono quelli che in inglese si
chiamano control freaks, ossia maniaci del controllo in ogni dettaglio;
un tempo questo avveniva sempre col dialogo e in contatto con i vescovi, ora non
più. Il futuro della liturgia in inglese, quindi, è abbastanza incerto.
Lei vive in Scozia: la convivenza nel Regno Unito di cattolici e anglicani
che stanno vivendo l'esperienza, per esempio, delle donne pastore, quali effetti
ha sui cattolici? Si sentono maggiormente spinti a rivendicare un posto più
ampio per le donne nella Chiesa o i cattolici fungono da elemento frenante?
In Scozia c'è una situazione particolare, perché la comunità non è anglicana
ma presbiteriana, una Chiesa della riforma come quella valdese in Italia. Loro
hanno pastore donne da anni ed anni. La moderatrice della Chiesa di Scozia è in
questo momento una donna, madre di famiglia, professoressa, mia amica. Quello
che è difficile è iniziare la discussione nei circoli cattolici. Nemmeno la
discussione è possibile. È proprio l'impedire la discussione che mi dà
tristezza: non possiamo nemmeno parlare del linguaggio inclusivo o di donne nel
ministero della Chiesa, di celibato… di questo non si discute perché le
autorità romane, a partire dal papa, hanno già chiuso la discussione. Il loro
argomento, che io non capisco, è che non è possibile per la Chiesa ordinare
una donna sacerdote: questo non lo capisco. La Chiesa ha sempre pensato che
tutto è possibile: è l'unico principio della teologia sacramentale! Se la
Chiesa l'ha fatto, la Chiesa può farlo. Quindi dire che per la Chiesa è
impossibile fare queste cose per me è un argomento invalido.
Per la Chiesa ci sono temi più "cattolici" di altri… Basta
vedere nella recente campagna elettorale Usa: è più cattolico un
"no" all'aborto" che un "no" alla pena di morte…
Il problema è questo: ci sono quelli che vanno a votare su un tema solo, mentre
bisogna guardare tutto insieme. Forse quel candidato ha un modo di pensare
diverso dal mio, però su altre cose va in una direzione che approvo. Direi che
è un grande peccato che sia stato rieletto Bush…
Il suo atteggiamento, nei confronti della Chiesa, è piuttosto critico. Ma
lei ci si trova a suo agio?
Io non voglio solo criticare; la mia posizione è quella del dissenso leale, che
ancora non viene accettato nella Chiesa. Amo la Chiesa, la Chiesa mi ha dato
quello che ho; ma, guardando alla direzione che ha preso in questi ultimi anni,
ho paura che la Chiesa vada in un senso diverso da quello che voleva nostro
Signore. Tutto quello che dico lo dico perché voglio far partecipare la gente.
Per esempio, voglio aiutare gli scozzesi ad inserirsi nella vita politica della
nazione, nonché a dar vita ad un'identità specificamente cattolica nel
panorama identitario della nazione. È un obiettivo difficile, ma molto
importante, per i vescovi, per i preti e per il popolo cattolico.
Lei adesso vive in una parrocchia.
Ho avuto la cura di una parrocchia per quattordici anni, ora vivo in una
parrocchia e ogni tanto lavoro alla Bbc. Faccio il dj la domenica mattina, e
spazio dalla musica classica a quella pop, di cui sono un esperto. Può sembrare
singolare, ma direi che l'esperienza cattolica dev'essere un'apertura a tutta la
vita. C'è un principio che è specificamente cattolico: la grazia si costruisce
sulla natura. Gesù ha detto: sono venuto a darvi la vita, e la vita nella sua
pienezza. E la liberazione, la liberazione dei figli di Dio.
Non le sembra che la libertà talvolta faccia paura, specialmente qui a Roma?
Sì, si ha paura che la gente abbia il senso dell'avventura, dell'apertura che
c'era durante il Concilio. Che peccato, perché, come dicevo, si può tentare
una soluzione, e se non va se ne prova un'altra. Il fatto è che i cattolici
adulti non hanno mai sviluppato la loro fede, sono fermi ad una fede infantile.
È un'osservanza, la loro, ma non uno stile di vita: sono cresciuti naturalmente
ma non spiritualmente.
ADISTA N° 89 - 25.12.2004