NON PIACE LA FIACCOLA OLIMPICA CON LE BOLLICINE: LE OLIMPIADI INVERNALI TRAVOLTE DAL CASO COCA COLA

33118. ROMA-ADISTA. Le accuse di violazione dei diritti dei lavoratori (v. notizia precedente) investono in pieno anche la Coca Cola, oggetto di una campagna di boicottaggio a livello mondiale (Reboc) proprio perché accusata dal sindacato dei lavoratori delle imprese agroalimentari colombiane (Sinaltrainal) di far ricorso in Colombia, sia pure indirettamente e attraverso le aziende imbottigliatrici, a squadroni paramilitari per intimorire, sequestrare o uccidere esponenti del movimento sindacale. Già a novembre dello scorso anno aveva fatto scalpore in Italia l'iniziativa del Municipio Roma XI, seguito a ruota da altre amministrazioni locali, di escludere i prodotti della Coca Cola dai distributori automatici presenti negli uffici, nelle biblioteche e nelle scuole pubbliche del territorio municipale.
Ma è in vista delle Olimpiadi invernali di Torino, che hanno proprio la multinazionale di Atlanta tra i principali sponsor, che il caso della Coca Cola è salito nuovamente e prepotentemente alla ribalta.
A scatenare le polemiche è stata, in particolare, l'approvazione da parte del Consiglio comunale torinese, nella notte del 14 novembre, di un ordine del giorno, proposto da due esponenti di Rifondazione Comunista e dei Comunisti italiani, che invita a togliere lattine e bottigliette della Coca Cola dai distributori automatici presenti negli edifici comunali. L'iniziativa, però, non è andata giù al sindaco Chiamparino: irritato dalla scarsa tenuta della sua coalizione (di cui non fa parte il Prc), e da quella che ha definito una "sottovalutazione dell'effetto mediatico di una simile iniziativa", il sindaco si è affrettato ad incontrare il rappresentante italiano della Coca Cola "per riconfermare la fiducia e la collaborazione del Comune". Con una nota ufficiale è intervenuto anche il Comitato olimpico, a raddrizzare il torto inferto alla multinazionale: "senza gli sponsor i Giochi olimpici non potrebbero essere organizzati. Siamo quindi grati a Coca Cola Company del suo sostegno". E ha voluto far sapere la sua anche il sottosegretario allo sport Mario Pescante, preoccupatissimo del fatto che, a suo giudizio, "ci stiamo rendendo ridicoli in tutto il mondo". Non ci trova nulla di ridicolo invece la Reboc, secondo la quale "la Fiamma Olimpica è simbolo di pace, tolleranza, giustizia, libertà, solidarietà e uguaglianza tra i popoli e gli individui. La Coca-Cola, in Colombia, in India e nel resto del mondo, è simbolo di violazione dei diritti umani, del diritto alla libera associazione sindacale, del diritto alla sopravvivenza delle comunità locali, del diritto alla salute e del diritto ad un ambiente pulito. Per questi motivi è impossibile associare la Fiamma Olimpica e i valori che essa racchiude alla Coca-Cola Company".

L'unico linguaggio compreso dalle multinazionali
Ma già prima dell'ordine del giorno votato dal Consiglio comunale di Torino, un'altra polemica si era accesa intorno al passaggio della fiaccola olimpica a Roma, per il no opposto dai presidenti del X e dell'XI Municipio di Roma Sandro Medici e Massimiliano Smeriglio (entrambi del Prc). Un'opposizione, quella dei due municipi, rientrata solo dopo che la società ha detto sì alla visita, il prossimo marzo, di una delegazione formata da istituzioni e rappresentanti della società civile italiana per verificare le condizioni lavorative dei dipendenti della Coca Cola in Colombia. E ad impegnarsi a rompere il contratto di franchising con una società di imbottigliamento colombiana sotto processo a Miami, nel caso questa venga riconosciuta colpevole dalla Corte di crimini contro sindacalisti e lavoratori.
Il caso della Coca Cola ha creato divisioni anche a sinistra, dopo che Furio Colombo, sull'Unità del 17 novembre, aveva difeso la storia della multinazionale di Atlanta contro la "leggenda metropolitana" del "prodotto maledetto", affermando per esempio, riguardo al caso colombiano, che lo scontro sindacale in Colombia "è avvenuto fra lavoratori colombiani e imbottigliatori colombiani", e che "gli imbottigliatori locali sono aziende in proprio, che hanno a che fare con l'impresa di Atlanta quanto un negozio con i suoi fornitori". A Furio Colombo, il cui articolo è stato contestato anche da molti lettori dell'Unità, ha risposto su Liberazione (17 e 23/11) Rina Gagliardi, sottolineando come le violazioni dei diritti dei lavoratori da parte della Coca Cola si registrino in diversi altri luoghi del mondo, e ricordando quanto sia ingannevole il ritornello delle grandi imprese: "giacché loro, nei Paesi del Sud del mondo in particolare, decentrano, esternalizzano, subappaltano, non possono poi esser considerati responsabili dei comportamenti concreti dei loro soci locali". Sulla polemica è intervenuto anche Alex Zanotelli, difendendo, sul Corriere della Sera del 19 novembre, il boicottaggio come strumento etico ed efficace, "perché le multinazionali percepiscono solo questo linguaggio". (c. f.)

ADISTA n° 85 del 10.12.2005