DOC-1616. ROMA-ADISTA. Sono tanti quelli che, di fronte a una crisi,
preferiscono nascondere la testa nella sabbia. Ma tra questi non c'è
sicuramente José María Vigil, religioso claretiano, teologo della
liberazione di origine spagnola attualmente residente a Panama. In un
intervento, inviato ad Adista, dal titolo "La crisi della vita religiosa in
Europa, una sfida per la vita religiosa mondiale", Vigil traccia un'analisi
coraggiosa dello stato, "forse terminale", in cui versano i religiosi
in Europa, nel contesto più ampio della crisi del cristianesimo e in quello
ancora più ampio della crisi delle religioni nelle società avanzate, ossia
della "forma religiosa propria della società agraria". Una
descrizione che non fa nessuno sconto alla vita religiosa, additandone, in
maniera implacabilmente realista, i molti segnali della sua agonia, per quanto
lunga questa potrà essere. Ma che pure non abbandona mai l'orizzonte della
speranza cristiana, considerando tale crisi "un'opportunità che chiama,
risveglia, convoca e sfida". Perché se le "religioni", e con
esse anche la vita religiosa, stanno scomparendo, la religiosità, ossia la
spiritualità umana, non morirà: ciò che l'attende non è la sua negazione, ma
un cambiamento sostanziale, una mutazione, una metamorfosi "da cui forse
emergerà irriconoscibile". Bisogna imparare l'ars moriendi,
sottolinea Vigil: saper accettare l'ora di morire, con speranza, "rendendo
possibile che dalla propria morte nasca la vita per coloro che verranno dopo,
passando la fiaccola ad altre mani, con fiducia". Così come bisogna
imparare l'ars vivendi, l'arte del vivere la propria ora,
affrancandosi dal passato ed emigrando nel futuro, rinunciando a tentare di
ricomporre "ciò che non si può aggiustare".
Di seguito l'intervento del teologo della Liberazione, in una nostra traduzione
dallo spagnolo.
CRISI DELLA VITA RELIGIOSA IN EUROPA, SFIDA
PER LA VITA RELIGIOSA MONDIALE
José Maria Vigil
Quello che sta accadendo in Europa alla Vita Religiosa (VR) in questo inizio di
secolo è degno di attenta considerazione. Sebbene in questo testo ci
concentreremo principalmente sulla VR, e soprattutto su quella spagnola, terremo
presente la problematica più ampia che riguarda il cristianesimo nella sua
interezza e in generale la religione in Europa.
I. Vedere
a) Statisticamente
Se prendiamo in considerazione le cifre, si può dire che la VR europea è al
collasso (1). A chi non le conosce, questa potrebbe sembrare una parola
eccessiva, ma dal punto di vista storico credo sia adeguata. Già da vari
decenni le vocazioni scarseggiano, ma negli ultimi anni, semplicemente, non
esistono. Le scarsissime che ancora si danno sono realmente l'"eccezione
che conferma la regola".
Già anni fa, nella rivista Sal Terrae (2), parlando degli operatori di
pastorale in Spagna, José María Mardones constatava che vi erano pochi margini
d'intervento, e che la situazione si stava avvicinando ad un punto di "non
ritorno". Oggi, superato ormai quel punto, la situazione è andata ben
oltre: ora si tratta semplicemente di preparare l'"atter-raggio" a
conclusione del volo, perché tutto indica che nell'Europa Occidentale è già
prossima una virtuale scomparsa della VR come protagonista vigorosa e rilevante
nella società e nella Chiesa (3), così come lo era stata fino ad ora.
In un collettivo umano non è importante solo il numero dei membri, ma la loro
età. La VR della Spagna ha raggiunto una media di 65 anni (4), esattamente l'età
della pensione. Questo fa sì che, in buona parte, il collettivo religioso non
goda della migliore salute: è ovvio che la maggior parte dei suoi membri non ha
più la flessibilità per cambiare, la capacità di rinnovarsi in profondità,
la disposizione ad adattarsi alle nuove circostanze, la possibilità di
intraprendere nuovi cammini o - ancora meno - riforme radicali. Il problema
dell'età (e della corrispondente mancanza di vitalità) è grave quanto quello
del decrescere della VR attuale (5).
Sono molte le congregazioni che sono arrivate al punto di unificare e ridurre le
comunità e le loro organizzazioni regionali a causa della grave carenza di
personale autoctono: è indiscutibile che i giovani e le giovani non optino per
la VR e che, per quanto riguarda i nati in Europa, la VR europea, se non cambia
qualcosa in profondità, si estinguerà praticamente in uno o due decenni.
Nelle società tradizionali dell'Africa e dell'Asia, al contrario, continua ad
esserci un'abbondanza di vocazioni. In alcuni di questi Paesi, la crescita delle
vocazioni che ancora si vive è tale che i governi generali delle congregazioni
sono obbligati ad imporre ai seminari restrizioni alle ammissioni. Paesi che si
distinguono come fonti di vocazioni sono, per esempio, India e Nigeria (6); la
Polonia ha smesso di esserlo quando ha aderito al neoliberismo. Tanto per fare
un paragone con il nostro continente latinoamericano, solo fino a pochi anni fa
credevamo che la "secolarizzazione" non avrebbe fatto sentire il suo
influsso sulla VR del continente. Le vocazioni alla VR continuavano sicure e
costanti. Però, quasi con esattezza a partire dal 2000, in tutta l'America
Latina si è registrata una frattura: la maggior parte delle congregazioni -
femminili e maschili - ha percepito segnali di una nuova tendenza nelle
vocazioni, chiaramente al ribasso. La VR in America Latina semplicemente
"si mantiene" (non cresce né "esporta") e la previsione è
che sta per cominciare una "nuova epoca", che trasformerà la società
latinoamericana nel senso della "secolarizzazione" europea, e alla
lunga porterà la VR sulle rotte che segue quella dell'Europa.
b) Istituzionalmente
Molti teologi affermano che la VR si trovi in una situazione di cattività
istituzionale. Mentre è, per sua natura, chiaramente carismatica e profetica,
l'istituzione ecclesiastica ufficiale è riuscita ad inquadrarla in ferree
cornici giuridico-canoniche, privandola di ogni possibile libertà profetica
(7). I religiosi sono stati assimilati ai funzionari istituzionali, i preti, un
corpo intermedio controllato pienamente dall'istituzione e pienamente inglobato
in essa. In tempi di "inverno ecclesiale" come quelli che stiamo
vivendo, anche la VR attraversa un inverno interiore; la maggior parte delle sue
aperture sono state soffocate, sottomesse al controllo vaticano (nel processo di
elaborazione o di rinnovamento delle sue costituzioni, nella sottomissione delle
sue opere e delle sue pubblicazioni, nella censura ai suoi teologi e teologhe,
nell'intervento straordinario ed extracanonico contro la Clar e le grandi
congregazioni - gesuiti, francescani, carmelitani…), ma la maggior parte dei
religiosi e delle religiose si sentono a proprio agio nel loro statuto canonico
istituzionale. Costituiscono eccezioni coloro che si rendono conto che questo
addomesticamento istituzionale va contro l'essenza stessa della VR come
movimento religioso-culturale di confine (8).
Data l'attuale situazione, si constata che un po' dovunque la VR è governata da
uomini e donne realmente "di governo". "Non è l'ora della
profezia, ma della sapienza; non è l'ora dell'esodo, ma dell'esilio; non è
l'ora delle rivoluzioni, ma delle piccole riforme; non è l'ora delle macro
speranze, ma delle micro speranze", si dice per tentare di giustificare
passività e connivenza. Le persone audaci e creative sono ormai state messe da
parte nei tre decenni passati, un'emorragia che è cessata solo per esaurimento.
Non avendo più spiriti rinnovatori né leader profetici, le congregazioni
finiscono con lo scegliere persone "di governo", "di
Chiesa", "del sistema", che sappiano adattarsi senza tensioni
all'inverno ecclesiale e che assicurino una vita senza conflitti.
La VR, come istituzione collettiva, non è - e nessuno la guarda come tale - una
forza morale protagonista nella società europea. È invece sempre più un
collettivo che da tempo è diventato marginale, senza capacità di guidare la
società, assente dai fori importanti dove si determinano l'opinione pubblica e
il futuro; e il suo intervento è sempre più vicino alla destra, al
conservatorismo, alle forze sociali resistenti al cambiamento invece che
all'utopia e all'invenzione del futuro. Neppure nell'attuale dibattito sociale
sul ruolo della religione nella società in trasformazione emerge un apporto
qualificato, riducendo il suo intervento più che altro alla rivendicazione di
un'influenza privilegiata, spesso a dispetto del carattere democratico e laico
della società.
È indicativo che, per esempio nella cattolica Spagna, la VR sia identificata
soprattutto con la destra politica, etica ed economica, situata sulla difensiva,
e il suo contesto naturale, la Chiesa, figuri tra le istituzioni con minore
credibilità nella società (9).
c) Spiritualmente
Credo si possa affermare senza tema di esagerazione che l'insieme della VR in
Europa non è in nessun modo un collettivo traboccante di vita, effervescente di
inquietudini e creatività, pieno di proposte per scoprire le rotte del futuro.
Al contrario, nell'insieme (non in teoria ma in questo momento concreto) appare
a volte come un deserto intellettuale, persino nella teologia. Pochi commentano,
nessuno dibatte, nessuno si azzarda ad indicare una possibile via d'uscita o
arrischia almeno una nuova interpretazione. Né si spera o si desidera che
qualcuno lo faccia. La Chiesa cattolica sta ancora sotto il pontificato della
paura, come suole chiamarlo González Faus. Quel tanto di dialogo e di
effervescenza spirituale che si ebbe in altri tempi (quelli del Concilio per
esempio), si è esaurito per mancanza di nutrimento, persino per la repressione,
e ora non c'è più niente di cui valga la pena parlare; semplicemente si tratta
di "far passare il tempo", di "aspettare Godot", senza voler
dar conto di ciò che si spera e talvolta si teme.
Non che si stia con "le spade sguainate", in un contenzioso con la
società, o in una polemica teologica intraecclesiale non risolta…
Semplicemente, c'è una gigantesca indifferenza, c'è apatia. Società europee
che da 50 anni registrano percentuali di appartenenza cristiana superiori
all'80%, oggi hanno voltato in massa le spalle al cristianesimo e non se ne
interessano più. In questo contesto, la VR, come la stessa Chiesa cattolica, si
sente abbandonata come in un divorzio in vecchiaia: non c'è più neppure con
chi discutere; la vita è emigrata con i giovani verso altri lidi, e agli
anziani non resta che godersi una meritata pensione.
Questa potrà sembrare una descrizione assai negativa solo a chi è prevenuto.
Chi si è accostato al tema più di una volta la troverà - lo credo
sinceramente - realista, sebbene dolorosa. La VR in Europa non solo si trova in
un periodo di crisi, ma in un periodo critico grave, forse "terminale"
per quello che si riferisce alla VR "realmente europea" (no alla VR
"in" Europa) (10). Tuttavia, questa situazione, nell'ottica della
speranza cristiana, non smette di essere un "kairós",
un'opportunità che chiama, risveglia, convoca e sfida.
Bisogna sottolineare che questi giudizi generali risulterebbero falsi e ingiusti
se venissero interpretati alla lettera; essi non intendono affatto disconoscere
l'immenso servizio sociale che la VR rende alla società, l'eccellente buona
volontà e la generosità personale delle religiose e dei religiosi, in comunità
benemerite e perfino eroiche in mezzo alla secolarizzata società europea. Ci
stiamo riferendo solo a certi tratti generali di insieme, senza negare il molto
buono che c'è nel particolare.
II. Giudicare
. Il problema non è della VR ma della Chiesa
Ciò sia detto a parziale discolpa della VR. Questa soffre e condivide la crisi
globale che patisce il cristianesimo. La VR fa parte - e una parte qualificata -
della Chiesa, e non può sottrarsi alla crisi del suo contesto globale
ecclesiale di riferimento.
La VR non può essere considerata isolatamente, libera da responsabilità
altrui. La VR fa parte di un pacchetto, il tutto sta nella parte. Ogni elemento
della VR è carico di storia, di riferimenti atavici, di sostrati ancestrali che
trasmettono inconsciamente un non dichiarato però ben percepito senso di
appartenenza al mondo premoderno, medievale e perfino precristiano.
Per esempio, come interpretare oggi l'obbedienza, la castità, la
clericalizzazione (anche nella VR femminile), la missione, la relazione con la
Chiesa, ecc. cercando di prescindere dalle origini monastiche, dalle prospettive
medievali, dai presupposti mitologici, dai valori premoderni, dalle tendenze
spiritualistiche, monarchiche, antidemocratiche, nemiche del corpo, contrarie
alla libertà, alla realizzazione umana, ecc., tutti elementi obsoleti che fino
ad oggi hanno figurato nell'essenza proclamata e vissuta dalla VR? È possibile
una rilettura della VR "libera dalle catene del passato"? O dopo aver
passato vari millenni incatenati a tradizioni secolari, oggi, in un'epoca di
cambiamento, sarà possibile solo ricostruire un edificio di sana pianta?
La VR reca in ogni tessera del suo bel mosaico una ricchezza enorme di
riferimenti che appartengono ad una istituzione (la Chiesa, e più ampiamente,
la religione) che è in crisi. Per quanto lo voglia, non può liberarsi né
disinteressarsi di questa crisi, a meno che non si stacchi da lei con una chiara
rottura profetica, cosa che non è in grado di fare.
Ma facciamo un passo indietro.
. Il problema non è del cristianesimo, ma della religione
Questo sia detto anche a discolpa sia pure parziale della Chiesa e della VR: la
crisi che il cristianesimo attraversa attualmente in Europa non è crisi del
cristianesimo in quanto tale, ma crisi del cristianesimo in quanto religione.
Poco tempo fa parlavamo della crisi del cristianesimo. Oggi ci rendiamo conto
che questa si colloca ad un livello più profondo: è la religione stessa che è
in crisi. Se la religione storica europea fosse stata un'altra, sarebbe
quest'altra ad essere ora in scacco. Quello che è messo in questione in Europa
non è il cristianesimo tout court, ma "la forma dell'umanità di
essere religiosa" (11) che è prevalsa all'inizio della società agraria,
società le cui ultime vestigia stanno scomparendo in molte zone dell'Europa, un
fenomeno che capita per la prima volta nella storia.
La "religioni" (12) si sono mantenute in questi diecimila anni come la
forma religiosa propria della società agraria. Nel cambiamento socio-culturale
attuale, la società sta uscendo dall'età agraria, e deve inevitabilmente
lasciare l'"immagine agraria della religione", che diventa per essa
inaccessibile. Capiamoci bene: le "religioni", come forma
antropologica-socio-culturale che la spiritualità umana ha assunto durante
questi dieci millenni trascorsi, stanno scomparendo. La religiosità, ossia la
spiritualità umana, continua, perdura però si trasforma, soffrendo una
mutazione, o metamorfosi, da cui forse emergerà irriconoscibile.
Questo è più complesso da giustificare, e non si pretende di farlo qui. Però
per coloro che cominciano a scorgere questa "visione" le cose iniziano
a chiarirsi: un mondo, quello agrario, sta morendo, sta sprofondando
irreversibilmente. Con questo Titanic stanno sprofondando molte cose. Non
finisce la vita, né sprofonda la spiritualità. Sprofondano invece alcune
forme, una tipologia storica, tutto un ambito socioculturale, che è già ferito
a morte, sebbene si intuisca che la sua agonia sarà lunga…
La VR è un'istituzione che fa parte della Chiesa cattolica, che a sua volta è
configurata all'interno di una forma di religione che, da un punto di vista
socioculturale, è in declino, nel senso storico epocale che stiamo cercando di
precisare. È assai probabile che, come diceva Tillard, "se non siamo gli
ultimi religiosi, è sicuro che siamo almeno gli ultimi rappresentanti di una
'figura storica' di religiosi che si sta esaurendo". Come le imprese che
vogliono sopravvivere in un mercato aggressivo, la VR dovrebbe fare un immenso
investimento in ricerca, creatività, risorse umane, nuove esperienze, ecc. per
cercare di captare le forme in cui possa cristallizzarsi nella nuova società
l'essenza più profonda della VR, che forse sopravviverà, ma spogliata di ogni
residuo di forme storicamente superate. Ma non è questo che la VR sta facendo.
. Il problema non è dell'Europa ma delle società avanzate
Quello che sta succedendo in Europa non sta succedendo perché intrinseco alla
sua identità storica peculiare, ma come frutto della trasformazione
socio-culturale che si registra in questo Continente a causa del passaggio dalla
società agraria e postindustriale - entrambe in via di scomparsa - alla società
tecnologica e della conoscenza che sta cominciando a stabilirsi in Europa in
modo definitivo. Se questa trasformazione socio-culturale stesse accadendo nel
Sudest asiatico o in Africa, la "crisi della religione" si
verificherebbe lì. La crisi quindi non ha un'identità europea.
Il fatto è che questa trasformazione socio-culturale si estenderà a tutto il
pianeta prima o poi - più prima che poi, data la situazione di mondializzazione
e unificazione crescente delle comunicazioni -. E non è che la crisi che
attraversa l'Europa sarà esportata da questo Continente, ma è la stessa crisi
che sta germogliando in modo autoctono in tutte le regioni del pianeta, via via
che entrano in questa stessa fase di società avanzata, spogliata delle
infrastrutture agrarie (economiche o culturali).
Perciò il problema della VR europea non la concerne in quanto europea, ma in
quanto VR che vive ed è inculturata in una società in mutazione culturale. I
religiosi e le religiose africani o asiatici, per esempio, che si trasferiscono
in Europa, probabilmente potranno aiutare la Chiesa e la VR a prolungare
quell'aspetto tradizionale che oggi sta scomparendo, però è improbabile che
possano aiutarle ad aprire i nuovi cammini che la VR europea autoctona sta
dimostrando di non saper schiudere nella nuova società europea attuale. Le
missioni europee dei secoli scorsi verso il Sud andavano da società più
avanzate verso società meno sviluppate; la missione in senso contrario non è
probabile che abbia successo in un momento di profondo cambiamento culturale.
Questo cambiamento lo può intraprendere e può dargli una risposta creativa
solo chi lo conosce e lo ha vissuto dall'in-terno e saprà accoglierlo con
empatia.
. Non è questione di agenda immediata ma di mutazione
La consapevolezza di tutta questa problematica è nuova e, come concorderà il
lettore, assolutamente minoritaria. Ciò che è maggiormente esteso è lo
sconcerto di fronte all'attuale situazione. Tutti percepiscono che qualcosa di
insospettabile sta accadendo nel profondo, però sembra essere di una grandezza
così vasta che nessuno riesce ad individuarlo, immaginarlo e/o esprimerlo. Per
questo forse ci troviamo in un momento di attesa senza che nessuno si arrischi a
formulare nuove interpretazioni.
Credo però che si possa già dire che ci troviamo in un cambiamento di
prospettiva. Ci troviamo nel momento in cui di fronte ai nostri occhi appare
tutto un orizzonte nuovo, e il vecchio paesaggio si rimpicciolisce, si
relativizza e comincia a sparire. La problematica è profondamente cambiata. Il
punto di riferimento per risolvere i problemi non si colloca più nel passato,
come accadeva in questi ultimi quattro decenni durante i quali guardavamo al
Concilio Vaticano II, ma ora esige di "rompere" con un passato che si
dissolve, e di creare un nuovo presente con l'àncora posta in un nuovo futuro,
essenzialmente diverso.
Mi spiego. Nei due ultimi decenni abbiamo pensato che il grande errore ufficiale
fosse quello di abbandonare il Concilio Vaticano II, ed avevamo ragione. Però
le cose sono cambiate. Questo è stato l'errore principale, ma non possiamo dire
che sia il problema maggiore e neppure il principale rimedio. La difficoltà
ultima (la più profonda) di cui "solo ora" (13) stiamo prendendo
coscienza, e che a poco a poco sta passando in primo piano, non è tanto
"l'aggiornamento" conciliare frustrato e sospeso, ma la
"mutazione" che è già in atto. Dopo 40 anni dobbiamo smettere di
guardare al Concilio come punto di riferimento principale. Il "mondo
moderno" con cui il Concilio ha dialogato non esiste più: stiamo davanti
ad un altro interlocutore. L'"ordine del giorno" conciliare rimasto in
sospeso, anche se fosse realizzato ora, sarebbe totalmente sfasato. Il problema
non è solo che è sparito il mondo moderno, ma che, molto più in profondità,
quello che sta scomparendo è anche il mondo agrario che rese possibile un tipo
di "religione" come il cristianesimo. Un intero Titanic sta
affondando, ed è inutile ostinarsi a volerlo aggiustare, riportarlo a galla o
rimetterlo in rotta. Il problema non è più di riforma, di riorientamento o di
agenda immediata, neppure di "rifondazione", ma di mutazione, di
metamorfosi, di ri-fusione.
Se non entra in queste macroprospettive, la VR può anche continuare a buttare
fuori l'acqua ma non per questo smetterà di sprofondare, incatenata alla
piccolezza della sua propria visione. Le sue istituzioni attuali, in quanto
appartenenti ad una religione in decadenza, non possono fare altro che decadere,
è inevitabile. Anche se godesse di buona salute, sprofonderebbe con il Titanic
su cui è imbarcata. L'unica speranza realistica consiste nel concentrarsi a
salvare solo il salvabile, attenendosi strettamente a questo, o, meglio,
spogliandosi di tutto quello che disturba. Abbandonare quello che non si può
salvare. Lasciar morire quello che deve morire, quello che è bene che muoia.
"Ars moriendi".
Del resto, quello che probabilmente possiamo salvare è la cosa principale:
l'aspetto di radicalità e di confine, questa pulsione a vivere creativamente
sulla frontiera, liberi, nudi, anche nella società sconosciuta "della
conoscenza", che viene per restare e ci aiuta (perché ci costringe) a
spogliarci di tutto quello che sta sprofondando con il suo arrivo. Chi ne è
ancora capace, si situi oggi, con tutta la propria radicalità, al bordo
(confine) della sfida, dando per già morto quello che deve morire
("lasciando che i morti seppelliscano i propri morti") e aiutando a
provocare questa "mutazione" di "forme religiose oltre la 'religione'",
invece di continuare a guardare come una statua di sale, verso l'alto (quello
che vogliono o non vogliono lasciarci fare) o all'indietro (cercando di salvare
tradizioni che stanno morendo).
Agire
Solo alcune note "quasi telegrafiche" riguardo all'agire, lasciando
che ognuno deduca nella sua situazione concreta le proprie conclusioni
operative.
La crisi dell'Europa è un nuovo "luogo teologico". Se, durante i tre
decenni precedenti, il cristianesimo mondiale ha guardato all'America Latina, è
giunto il momento in cui anche quello che sta succedendo in Europa ha acquisito
una rilevanza teologica e un significato religioso tali che il cristianesimo
mondiale dovrebbe guardare a questo Continente e, specchiandosi in esso, vedere
l'immagine di quello che potrebbe essere il suo futuro.
Quello che oggi vive l'Europa, lo vivranno - a modo loro - anche gli altri
continenti, e quello che sta sperimentando il cristianesimo europeo lo
sperimenteranno in futuro anche le altre religioni. A causa dell'osmosi
culturale che creano le comunicazioni attuali, forse il terzo mondo lo vivrà
prima di arrivare ad un livello di sviluppo postindustriale adeguato, il che sarà
persino più complicato, "schizofrenico": buona parte del terzo mondo
presto si trasformerà in una società con una mentalità
"post-religiosa" (postindustriale e "della conoscenza")
immersa in una società con una infrastruttura agraria o semplicemente
industriale.
La "missione verso l'Europa" non è la soluzione. La VR europea non
risolverà la sua crisi "importando" religiosi e religiose giovani dal
terzo mondo, o da qualsiasi altro luogo, così come la Chiesa europea non
risolverà i problemi del suo futuro "importando" seminaristi
diocesani latinoamericani o africani, per esempio. Questi seminaristi e quei
religiosi e religiose giovani potranno aiutare a mantenere in piedi le attività
classiche, il culto, la vita parrocchiale, la religiosità popolare… insomma
la tradizione, "le cose di sempre", cioè, proprio quello che sta
morendo. Però non sarà facile che i giovani stranieri importati contribuiscano
alla costruzione di una "religione senza religione" propria della
società avanzata, un linguaggio che germoglia in lei come il frutto maturo
della crisi stessa della religiosità classica vissuta in tutta la sua intensità.
Alla persistenza (più che alla sopravvivenza) della religiosità classica
europea potranno essere utili gli aiuti del terzo mondo. Alla creazione di
un'espressione religiosa sostanzialmente nuova, in coerenza e in riposta
creativa alla crisi europea della religione, potranno essere d'aiuto solo coloro
che l'hanno vissuta e capita dall'interno in tutta la sua profondità.
Con la VR europea avviene altrettanto: con l'importazione di religiosi e
religiose di altri Continenti si può mantenere la presenza della VR in Europa,
però di una VR che proseguirà senza "entrare" veramente in Europa,
senza "fondare" comunità che siano realmente presenti e incarnate -
non solo fisicamente, ma anche mentalmente e spiritualmente - nel nuovo modello
di società avanzata postindustriale che è la società che rifiuta la vecchia
forma di VR. Questa è l'unica "rifondazione" che può avere futuro
(14).
Se la VR fosse una multinazionale in crisi, investirebbe la parte più
consistente del suo bilancio in ricerca e creatività, per riuscire a
sopravvivere in un mercato che si trasforma rapidamente. Se la VR avesse una
visione del futuro, investirebbe le sue principali energie e le sue migliori
risorse umane nel reinventare il suo futuro, nell'indagare sulla vera natura
della crisi attuale, e nell'assumere qualsiasi rischio fosse necessario
scommettendo con forza sul futuro. I religiosi dovrebbero essere esperti in temi
come la crisi religiosa attuale, il cambiamento culturale che il mondo sta
attraversando nelle società avanzate, la critica seria alla religiosità
classica tradizionale, la critica aperta a tutto quello che bisogna abbandonare
prima che sprofondi ancora la religione classica, la riconsiderazione profonda
della natura della religione, ecc. e non dovrebbero essere solo esperti teorici
in questi temi, ma specialisti pratici, impegnati nella sperimentazione. Sembra
che nulla di tutto ciò stia accadendo (15).
È necessario rispettare i ritmi e le ore di ognuno. Ci sono persone,
generazioni e istituzioni che già hanno compiuto la loro missione. Le nostre
ore non sono sincronizzate su quelle della storia. Bisogna saper accettare l'ora
di morire, occorre imparare l' "ars moriendi", l'arte di morire (16):
senza amarezza, con speranza, rendendo possibile che dalla propria morte nasca
la vita per coloro che verranno dopo, passando la fiaccola ad altre mani, con
fiducia.
Però bisogna anche imparare l'"ars vivendi", l'arte del vivere la
propria ora, il proprio kairós storico, senza indugiare nostalgicamente
sulla poppa del Titanic ascoltando "il più vicino a Te, oh Dio!".
Bisogna saper affrancarsi dal passato ed emigrare nel futuro, smettere di
cercare di ricomporre ciò che non si può aggiustare, e rischiare di pensare a
se stessi, a vivere personalmente, "anche se non si ha il permesso".
Rifondazione o ri-fusione? Rifondazione si vede già che non è. La storia degli
ultimi 15 anni lo dimostra, dati gli scarsi risultati della rifondazione di
coloro che l'hanno tentata all'interno dello stesso sistema. Solo fondendo
nuovamente nel fuoco del crogiuolo il ferro che pesa su di noi, e fondendolo in
nuovi stampi, fuori dal sistema che sprofonda, ci può essere futuro. Più che
il tentativo di ri-fondare, ripetere il passato, è necessaria una
"mutazione", un cambiamento sostanziale.
E in America Latina? Il classico nemico predatore del cattolicesimo in America
Latina erano le "sétte". Da alcuni anni si è cominciato a dire un
po' dovunque che ne sta nascendo un altro: l'indifferenza. È iniziato un
intenso sgocciolio di fedeli latinoamericani che abbandonano la Chiesa
cattolica, ma non per inserirsi nei nuovi movimenti religiosi, bensì per
passare all'indifferenza. È un fenomeno appena cominciato che si aggraverà in
modo crescente nei prossimi anni. Come già abbiamo detto, non è un problema
della VR latinoamericana, ma della "religione" nella società attuale,
che si trova nel frangente di un profondo cambiamento culturale, di una
mutazione sostanziale. Per quanto incipiente, questo fenomeno è già una realtà
nel nostro continente latinoamericano. Una VR che non analizzi questa
situazio-ne con la dovuta attenzione e non prenda in considerazione i fattori più
profondi che sono in gioco, non potrà risolvere i suoi problemi né i problemi
altrui, semplicemente perché non li sta neppure impostando correttamente.
NOTE
2) "La cosa peggiore in questo momento è che praticamente non abbiamo più
margine di intervento. Non c'è la possibilità di reagire creativamente. C'è
spazio solo per misure di reazione e di difesa: fare una ritirata ordinata e
intelligente, con il minor costo possibile. In questa situazione non rientra un
modo creativo per affrontare il futuro e intraprendere azioni pastorali o
esplorare nuove possibilità": Cresce il deserto: lo sradicamento della
Chiesa nella società e nella cultura spagnole, Sal Terrae 1022 (aprile
1999) 282.
3)Una "dissoluzione" assoluta non si dà mai nell'evoluzione storica
dei movimenti sociali: resta sempre un "residuo" che può prolungarsi
per decenni o a volte secoli…
4) Il dato è stato pubblicato dalla Confer (Confederazione dei Religiosi) di
Spagna nel 2003. Questa media di età coincide con quella dei sacerdoti
diocesani spagnoli.
5) Dal 1978 al 2002 - praticamente il tempo del pontificato di Giovanni Paolo II
- il numero dei sacerdoti è calato del 4%, la vita religiosa nell'insieme è
scesa del 19%, i religiosi laici del 27% e le religiose del 19% rispetto ad una
popolazione cattolica che - fondamentalmente e per crescita naturale - è
aumentata di circa 300 milioni di persone in questo stesso lasso di tempo.
6) Insieme a questi due Paesi fino a pochi anni fa veniva citata la cattolica
Polonia; come è risaputo, la sua situazione è radicalmente cambiata negli
ultimi anni, dopo il suo ingresso nel neoliberismo.
7) "Il movimento profetico liminare si è visto ridotto ad essere una struttura
in più della Chiesa istituzionale", cfr Diarmuid O'Murchu, Rifare la
vita religiosa, Pubblicazioni claretiane, Madrid 2001, 132.
8) "L'idea che la VR possa avere senso e significato fuori della Chiesa
ufficiale è qualcosa di virtualmente inconcepibile per la maggioranza delle
religiose e religiosi", cfr O'Murchu, ibid., 133
9) Secondo l'inchiesta annuale elaborata dal "Latinbarómetro", in
"El País", Madrid 21 ottobre 2004.
10) Intendo dire: se entro i prossimi vent'anni la VR in Europa sarà
soprattutto un insieme di estensioni missionarie della VR di altri continenti,
questo significherà che la VR "europea" è realmente finita ed è
stata missionariamente sostituita da una VR "in Europa" che proviene
dagli altri continenti.
11) Non la "religione" in quanto religiosità o dimensione di senso e
profondità, ma la "religione", le "religioni" in quanto
forme che l'umanità ha vissuto fino ad oggi.
12) Nel significato esatto che stiamo dando a questo termine. Cfr. Mariano Corbí,
Religione senza religione, Ppc, Madrid 1996.
13) Questo "solo ora" non smette di essere un modo di dire che può
sempre essere contraddetto… Vorrei richiamare l'at-tenzione sull'autore
francese Marcel Légaut, che già 30 anni fa parlava della "mutazione"
e della metamorfosi necessarie al cristianesimo con un indicativo parallelismo
con la tesi attuale. È stato un visionario che, anche senza gli attuali
strumenti di interpretazione antropologico-culturali, ha captato quello che
oggi, in questo tempo, per noi non è più facile vedere. Si veda Mutation de
l'Eglise et conversion personnel, Aubier, Parigi 1975, o Creer en la
Iglesia del futuro, Sal terrae, Santander 1985.
14) Diarmuid O'Murchu (ibid., 127), riferendosi alle osservazioni di
Raymond Hostie - classico sull'argomento - sui "cicli della vita
religiosa", sostiene che la comparsa di una nuova forma di VR "è
improbabile che abbia luogo almeno per altri 70 anni". Osservazioni molto
interessanti le sue, anche se non pretendono di prevedere il futuro.
15) I risultati del Congresso sulla Vita Consacrata avvenuto a Roma nel novembre
del 2004 sembravano confermarlo: le sue conclusioni sembrano più un esercizio
di letteratura, poesia e ingegnosità concettuale che di teologia, realismo e
profezia; i problemi più radicali della Chiesa e del cristianesimo di oggi, non
vengono neppure menzionati: semplicemente non esistono. Theilard de Chardin
diceva che la cosa difficile non è risolvere un problema, ma sollevarlo…
Forse la VR, ancora presente nel Sud, sta perdendo il suo Nord?
16) "La mia impressione è che Dio chiede alla vita religiosa e agli ordini
monastici che abbiano il coraggio di calarsi veramente nell'attualità…. O che
accettino di morire in pace", Marcelo Barros, Lettera circolare di
ottobre del 2002.
ADISTA n° 36 del 14.5.2005