DON MICHELE DO, SOLITARIO E INSTANCABILE CERCATORE DI DIO
È morto il 12 novembre, ad Aosta, don Michele Do, sacerdote e
teologo, ma soprattutto "uomo autentico e testimone dell'umana sete di
Dio", come ha detto di lui Enrico Peyretti, direttore de Il Foglio di
Torino e suo amico fraterno.
Nato a Canale, presso Alba (Cuneo), il 13 aprile 1918, fu ordinato prete nel
1941 ed abbandonò l'insegnamento in seminario nel 1945, ritirandosi nella
frazione di St. Jacques di Champoluc (Aosta), villaggio di alta montagna senza
strada percorribile in auto, nel quale don Michele cercava la vita ritirata,
pensosa. È stato rettore di quella piccola chiesa fino a quando, nella
vecchiaia, si è ritirato nella Casa Favre, sulla pendice del monte, sopra il
villaggio, una pensione-fraternità, divenuta luogo di amicizia e spiritualità
aperta.
Il suo maggiore riferimento, nella linea del modernismo più spirituale - il
cuore umano come primo luogo della sete religiosa e dell'evangelo universale -
fu don Primo Mazzolari. I suoi maggiori amici e fratelli di cammino furono David
Maria Turoldo, Umberto Vivarelli, padre Acchiappati, Ernesto Balducci, sorella
Maria di Spello e, tramite lei, Ernesto Buonaiuti e molti altri: "non solo
credenti, ma tutti assetati e commensali di verità e autenticità
vissuta", ha detto Peyretti.
Il piccolo centro di spiritualità, appartato, ma senza polemiche superficiali
rispetto alle strutture ecclesiastiche, è stato un centro vivissimo di amicizie
e accoglienze, che ha attirato una quantità di persone in ricerca, da tutte le
condizioni umane: "È stato una grande anima, uno spirito acceso dal fuoco
vivo dello Spirito. Un cercatore instancabile di Dio", continua Peyretti.
"Fremeva e cercava, in ogni colloquio e incontro, l'aiuto e l'ascolto
nostro per una rilettura essenziale del cristianesimo e di tutta la ricerca
spirituale umana, e comunicava tracce preziose di luce".
Don Michele Do non ha mai pubblicato le sue riflessioni; di seguito riportiamo
però alcuni stralci di una conversazione tenuta nel 1968 alle Equipes Notre
Dame di Torino, conservata grazie ad una trascrizione fedele di chi vi partecipò,
nonché il testo del "Credo di Saint Jacques", una sua rivisitazione
del Credo.
LA CHIESA È L'UMANITÀ
"Oggi, dopo il Concilio, si ha un'impressione di relativismo sulla Chiesa.
La Chiesa si interroga, dunque non sa bene che cosa è. Con quale diritto si
propone alla coscienza dell'uomo e del cristiano? Eppure vivere precede il
conoscere. Infatti, chi conosce se stesso? chi conosce la vita? Siamo nella
vita. Essa è la cosa più nostra, anche se è la meno nostra. Ma non sappiamo
dire che cosa è. È una percezione per approssimazione. Così, anche la Chiesa
è in noi, noi siamo la Chiesa, ma non sappiamo dire che cosa è la Chiesa. Gesù
dice: "certe cose le capirete poi". Non respingiamo quello che non
conosciamo perchè è più grande di noi. Le realtà religiose sono più grandi
di noi, non è possibile "capirle". Il Cristianesimo non è capire
tutto: esso è, come Maria che rimeditava in cuore, portare dentro alcune grandi
parole, è attesa paziente, e sotto l'urto degli avvenimenti quelle parole si
illumineranno e saranno la luce e la risposta. Questa è la mia attuale
esperienza gioiosa. Questo dovrebbe essere il catechismo: seminare negli uomini
le grandi certezze e le grandi parole di Gesù".
"(...) La Chiesa è cercare di avere una piccola luce dentro di noi e di
metterla in comune per far nascere una ricchezza maggiore. Non è una soluzione
ma una ricerca. Romano Guardini aveva detto che il nostro è il secolo della
riscoperta della Chiesa. C'è oggi in molti un positivo sconcerto di fronte alla
nuova immagine della Chiesa che emerge dal dopo-Concilio. Dobbiamo non
sostituire alla Chiesa delle sicurezze, che non rimpiangiamo, la sicurezza
dell'incoscienza, dell'ignoranza dei problemi e del mistero. C'è un disagio:
come sentirci disarcionati, relativizzati. Bisogna che questa perplessità e
ricerca non concluda in una emorragia, in un allontanamento, ma in un
approfondimento del mistero. Il primo ecumenismo non è la riconciliazione tra
le chiese, ma con la Chiesa. Perché oggi il problema tocca la Chiesa in se
stessa, come istituzione, e non solo le sue sbavature ed errori".
"(...) Non possiamo uscirne (dalla Chiesa, ndr), ma starci e realizzarla,
come uomini liberi e innamorati, con gioia e con passione, fedeli e pazienti.
Dobbiamo stare attaccati alla Chiesa come Dio l'ha sognata e ce l'ha data,
esservi annodati come un nodo nella fune. Perché la Chiesa è il cosmo".
CREDO DI ST. JACQUES
Credo in un solo Dio che è padre
fonte sorgiva di ogni vita, di ogni bellezza, di ogni bontà.
Da lui vengono e a lui ascendono tutte le cose.
Credo in Gesù Cristo, figlio di Dio e figlio dell'uomo,
immagine visibile e trasparente dell'invisibile volto di Dio,
immagine alta e pura del volto dell'uomo
così come lo ha sognato il cuore di Dio.
Credo nello Spirito Santo,
che vive ed opera nelle profondità del nostro cuore
e di ogni creatura,
per trasformarci tutti ad immagine di Cristo.
Credo che da questa fede fluiscono
le realtà più essenziali e irrinunciabili della nostra vita:
la comunione dei santi e delle cose sante, che è la vera chiesa,
la buona novella del perdono dei peccati
la fede nella Risurrezione, che ci dona la speranza
che nulla va perduto della nostra vita:
nessun frammento di bontà e di bellezza,
nessun sacrificio per quanto nascosto ed ignorato,
nessuna lacrima e nessuna amicizia. Amen!
ADISTA n° 81 del 26.11.2005