Solidarietà
a don Vitaliano, sospeso dal ministero sacerdotale per disobbedienza
Decreto penale di
sospensione a divinis
32738. S. ANGELO A SCALA-ADISTA. Sospeso a
divinis, ma solo per sei mesi. È l'originale formula escogitata da mons.
Giovanni Tarcisio Nazzaro, abate-vescovo di Montevergine, per punire, una
volta di più, don Vitaliano Della Sala, già rimosso (v. Adista n.
90/02) dall'incarico di parroco del paese di Sant'Angelo a Scala e sottoposto
negli ultimi due anni a durissime restrizioni (divieto di uscire dai confini
della diocesi senza il permesso del vescovo; divieto di partecipare a iniziative
con valenza "politica", o religiosa; addirittura, divieto di celebrare
la messa se non nella piccola chiesa della parrocchia dell'Annunziata e S.
Guglielmo, a Mercogliano). Con decreto datato 22 febbraio, mons. Nazzaro ha ora
deciso di sospendere "a tempo determinato" don Vitaliano Della Sala
dalle sue funzioni presbiterali.
Il provvedimento è giunto in modo assolutamente inaspettato per il prete
no-global. Anzitutto la sospensione è stata comminata proprio nel momento in
cui il vescovo Nazzaro è in procinto di passare le consegne, poiché la piccola
diocesi di Montevergine, come già previsto da tempo, sta per essere assorbita
dalla diocesi di Avellino. Inoltre, nonostante Don Vitaliano abbia incontrato il
vescovo per ben due volte nei giorni immediatamente precedenti la sua
sospensione, non aveva ricevuto alcun preavviso del provvedimento che stava per
essere emesso nei suoi confronti. Eppure, il vescovo si era recato a Mercogliano
il 14 febbraio scorso, per concelebrare i funerali del padre del sacerdote
irpino; poi, tre giorni dopo, i due si erano incontrati alla riunione del clero
diocesano. In quell'occasione, Nazzaro aveva aspramente rimproverato don
Vitaliano, accusandolo di aver strumentalizzato la morte del padre per
organizzare una contestazione nei suoi confronti. Ne era nata una accesa
discussione nella quale don Vitaliano aveva duramente reagito alla provocazione.
Essendo giunta senza nessun preavviso, è perciò possibile che la sospensione
sia stata determinata proprio dalla discussione del 17, anche se nel decreto non
si fa alcun cenno all'episodio.
A prendere, ancora una volta, le difese di don Vitaliano sono stati i cittadini
di Sant'Angelo, la maggior parte dei quali sono da tempo riuniti
nell'associazione "'O Ruofolo". "Se la sospensione fosse arrivata
dopo i fatti di Genova o dopo il campus nelle scorse estati - commenta Massimo
Zaccaria - avremmo potuto capire, ma nell'ultimo periodo don Vitaliano ha
solo partecipato alle manifestazioni in Campania contro le discariche. Non
vorremmo che dietro tutto questo ci sia la mano di qualcuno, tra un mese ci sono
le regionali. Ma ricordiamo che anche noi, cittadini di Sant'Angelo a Scala
siamo elettori e ad aprile dovremmo andare a votare. Certamente come fedeli non
staremo a guardare ma ci organizzeremo per la protesta e invitiamo ufficialmente
l'Abate a Sant'Angelo affinché ci spieghi di persona in chiesa o in qualunque
altro posto che cosa lo ha spinto a prendere questa decisione".
"Chiede che il provvedimento sia revocato" il movimento Noi Siamo
Chiesa. "Il nostro auspicio - è scritto in un comunicato firmato da Vittorio
Bellavite - è che la testimonianza di chi, come don Vitaliano, cerca
percorsi del tutto evangelici, anche se inconsueti per una parte del popolo
cristiano, continui ad arricchire la vita cristiana nel nostro Paese".
La comunità di base di Pinerolo ha invece scelto di testimoniare la sua
solidarietà a don Vitaliano con una lettera: "Nessuna autorità umana -
scrivono - può spegnere nel cuore di un uomo o di una donna un ministero che fa
corpo con la propria vita. Basta non sentirsi sospesi "dentro" e
continuare con fiducia... in forme e spazi nuovi. È sempre più tempo di
guardare fiduciosamente in avanti, è tempo di sentirsi chiesa 'altra', chiesa
dal basso, senza abbandonare il nostro cammino di testimonianza e impegno con
gli ultimi/e, senza dimenticare che l'accusa di avere "cattive
compagnie" costituisce per un prete e per una comunità cristiana uno
straordinario elogio secondo la logica del Vangelo".
A scrivere a don Vitaliano una lettera di solidarietà è stato anche Enzo
Mazzi, della comunità dell'Isolotto di Firenze: "'Sospeso' - afferma
Mazzi - è un termine comprensibile. Include normalmente l'idea di instabilità
e precarietà. Ti si addice. Non potevano far di meglio per definire la tua
scelta di partecipazione alla sorte di tutti i "sospesi", precari,
inabili, senza dimora. 'A divinis' invece è una locuzione incomprensibile. Lo
sappiamo: non puoi esercitare il ministero. La contraddizione è grande.
Innanzitutto perché ormai oggi il divino è un po' anch'esso globalizzato e
interconnesso come tutto. Non puoi più come un tempo metterlo e levarlo a
piacimento. Ognuno trova il divino dove crede e vuole. La delocalizzazione
investe anche il sacro. Chi ti sospende non tiene conto di questa rivoluzione.
È fermo al medioevo. Ma incorre in un'altra contraddizione. Questa tutta
interna alle concezioni medioevali. Questo papa la testimonia in modo lampante
in quanto non sa sospendere se stesso dal ministero papale. Col suo rifiuto
delle ormai più che logiche dimissioni dice che il ministero non è a
disposizione della volontà. Sacerdos in aeternum: il carattere
sacerdotale inerisce indelebilmente alla persona".
Anche mons. Jacques Gaillot, ex vescovo di Evreux in Francia, esiliato
dal Vaticano nella inesistente diocesi titolare di Partenia, ha ribadito la sua
stima a don Vitaliano: "Ci vuole più coraggio a restare nella Chiesa che
ad andare via", ha detto Gaillot. Per don Andrea Gallo, della
Comunità di S. Benedetto al Porto di Genova, già in tante occasioni vicino al
prete no-global, le ragioni del provvedimento restano incomprensibili: "Don
Vitaliano - ha dichiarato don Gallo al Mattino di Napoli (27/2) - è
stato sospeso perché avrebbe compiuto il rito dell'ultima raccomandazione ad
una defunta nel cimitero di Sant'Angelo a Scala… nemmeno si trattasse di una
messa nera o di un rito satanico! Per non parlare dei termini utilizzati:
l'espressione decreto penale non mi sembra abbia a che vedere con il
Vangelo". Per il 77enne sacerdote ligure, l'intenzione di rimuovere don
Vitaliano "era evidente sin dall'inizio". E comunque, aggiunge,
"se la sua unica colpa è quella di essere vicino a dei giovani che
aspirano alla libertà, beh, allora io sarò sempre al suo fianco".
"In questa vicenda - ha poi concluso don Gallo - emerge la parte gerarchica
della Chiesa, che dimentica che nella Chiesa non possono esserci confini se non
quelli tracciati dalla Fede, che è un dono di Dio". Solidarietà e
vicinanza a don Vitaliano sono giunte anche da Aurelio Mancuso,
segretario nazionale dell'Arcigay e dalla redazione e dall'editore del mensile
"Tempi di Fraternità".
Di seguito, pubblichiamo il decreto di sospensione emesso dall'abate Nazzaro e
un'intervista rilasciata al nostro settimanale da don Vitaliano.
Prot. n° 02/05
Caro don Vitaliano,
1) atteso che Ti ho più volte, purtroppo senza esito, invitato all'obbedienza
durante la procedura, che poi è sfociata nella Tua rimozione da parroco;
2) che continui a mantenere contatti con movimenti che non sono in armonia con
il Tuo stato sacerdotale (can. 278, 3) e in aperto contrasto con la
Dichiarazione della Congregazione per il Clero dell'8 marzo 1982;
3) che il 25 luglio 2003, alla presenza di due testimoni, in Curia a Loreto di
Montevergine, Ti ho consegnato una formale ammonizione, con il pressante invito
a correggere il Tuo comportamento non solo per quanto riguarda l'obbedienza, ma
anche per certe iniziative liturgiche di cui Ti sei fatto protagonista, senza il
consenso del Tuo Ordinario e di quello del luogo;
4) che il 2 Aprile 2004 Ti ho inviato una lettera di ammonizione e di
contestazione della Tua condotta disobbediente, scrivendoTi esplicitamente che
questo Tuo modo di comportarTi - se non fosse cambiato - avrebbe reso vicina la
prospettiva della sospensione a divinis;
5) che continui a partecipare ad ogni manifestazione di dissenso;
6) che, nonostante l'esplicito oggetto dell'ammonizione, sabato 29 Gennaio u.s.
Ti sei creduto libero di tornare a fare il parroco nella parrocchia da cui sei
stato rimosso e, contro il prescritto del can 530 n. 5 (in relaz. con il can.
1381, 1-2), mentre l'Amministratore parrocchiale attendeva in canonica, Ti sei
presentato al Cimitero di S. Angelo a Scala a compiere il rito dell'ultima
raccomandazione e del commiato per una defunta;
7) tutto ciò premesso e visti inutili i miei tentativi di riportarTi nell'alveo
della disciplina canonica;
8) risultati inefficaci tutti i miei ammonimenti, con il cuore ferito, ai sensi
del can 1371, 2 debbo comminarTi la pena della
sospensione a divinis
della durata di sei mesi, a partire dalla data della ricezione di questo mio
Decreto, e cioè la proibizione di porre atti connessi con la potestà di
Ordine, ai sensi dei cann. 1333 et 1334 C.J.C.
Dalla Curia Abbaziale di Montevergine, lì 22-02-2005
Mons. Vittorio Guerrillo
Cancelliere
†Tarcisio Giovanni Nazzaro o.s.b.
Abate Ordinario
Intervista a don Vitaliano Della Sala
No. Ma temo che all'origine del provvedimento ci sia proprio la lite che ho
avuto col vescovo nell'ultima riunione del presbiterio diocesano, il 17 febbraio
scorso. Alla fine della riunione mons. Nazzaro, in modo per me assoluta-mente
inaspettato, mi ha attaccato pubblicamente, soste-nendo che io avrei
strumentalizzato i funerali di mio padre per organizzare una manifestazione
contro di lui. Da parte mia, lo ammetto, ho reagito malissimo a questa ennesima
provocazione, e mi dispiace. Ho scritto anche una lettera a tutti i preti
presenti alla riunione, scusandomi con loro. Ma bisogna anche considerare lo
stato emotivo in cui mi trovavo dopo la morte di mio padre e la tensione
continua in cui mi trovo costretto a vivere da quando sono stato rimosso da
parroco e si sono moltiplicate le censure e le limitazioni alla mia attività
pastorale. Insomma: si tratta di tre anni di continui attacchi e punizioni. E ad
un certo punto non ce l'ho fatta più.
Cosa è successo?
Ho alzato la voce, ho accusato il vescovo di non avere nessuna umanità nei miei
confronti. Lui ha chiesto al cancelliere di mettere a verbale tutto ciò avevo
detto. E io mi sono arrabbiato ancora di più. Era una richiesta paradossale: da
quando sono stato ordinato prete in questa diocesi, non è mai stato redatto
nessun verbale delle riunioni del presbiterio diocesano. Più volte avevo
chiesto che fosse fatto, senza mai poterlo ottenere. Così, mons. Nazzaro si è
ricordato della necessità di stendere un verbale solo quando gli serviva per
utilizzarlo contro di me…
Però nel provvedimento non si fa alcun accenno alle parole che hai rivolto
al vescovo…
Il verbale, chissà, l'avranno allegato nell'istruttoria a mio carico, che è
segreta e quindi non potrò mai saperlo. Poi, fra sei mesi, mi diranno che sono
disposti a concedermi una ennesima possibilità…
Eppure mons. Nazzaro era venuto a concelebrare il funerale di tuo padre.
Sembrava un gesto distensivo…
E io infatti così l'ho interpretato. E ne sono stato felicissimo. È vero, in
chiesa c'era tanta gente di S. Angelo a Scala che, si sa, da quando sono stato
rimosso da parroco non ha un buon rapporto con il proprio vescovo. C'erano
alcuni pastori protestanti. E c'erano tanti militanti e leader del
"movimento", rimasti silenziosi, in fondo alla chiesa, per tutta la
celebrazione. Neanche il minimo accenno di contestazione. Per questo, quando il
vescovo mi ha rivolto quegli attacchi, sono caduto dalle nuvole.
Con quale animo stai vivendo questa ennesima sanzione nei tuoi confronti?
Molto male. Anche perché sono accuse che io non ho alcuna possibilità di
confutare. Come posso dimostrare che ho seguito tutte le indicazioni del
vescovo? L'amministrazio-ne della giustizia nella Chiesa non offre purtroppo
molte garanzie all'"imputato". Il vescovo sostiene che non ho
obbedito, ma io, in questi anni, nonostante tutte le limitazioni personali e
pastorali che mi sono state imposte, ho sempre seguito le sue indicazioni. Il 19
febbraio scorso, non ho neanche partecipato alla manifestazione contro la guerra
e per la liberazione di Giuliana Sgrena… Insomma, è chiaro, non si può
pretendere che io cambi le mie convinzioni profonde. Ma nella prassi non ho
disatteso nessuna delle disposizioni del mio vescovo. Comunque, ribadisco che
obbedirò al provvedimento, pur non condividendolo. La mia, come sempre, rimane
un'obbedienza in piedi, a Gesù Cristo e alla Chiesa, anche quando quest'ultima
mostra il suo volto umano peggiore.
Dici di non aver disobbedito al vescovo. Eppure, nel documento di
sospensione, si parla, tra le altre cose, di un rito che avresti celebrato al
cimitero di Sant'Angelo, in palese violazione al divieto di celebrare nel
territorio…
La storia del funerale è emblematica del clima che si è creato. Tempo fa, sono
stato al cimitero di Sant'Angelo per fare una visita di condoglianza alla
famiglia di una defunta, che arrivava da Roma perché il rito funebre si era già
svolto nella chiesa dell'ospedale Fatebenefratelli. Facevo la fila per salutare
i parenti e quando sono passato davanti alla bara ho benedetto e recitato la
preghiera dell'"eterno riposo". Non mi pare una tragedia, e comunque
non si trattava, come pare dal decreto, di una cerimonia pubblica, ma di un atto
molto intimo, di semplice carità umana e cristiana.
I preti della diocesi come hanno commentato il provvedimento nei tuoi
confronti?
Alcuni, privatamente, mi hanno contattato. Loro non sono mai stati d'accordo con
le mie iniziative e le mie posizioni. Però in questo caso, credo per la prima
volta, alcuni mi hanno fatto sapere di non aver apprezzato il modo e soprattutto
il momento scelto dal vescovo per lanciarmi quelle accuse. Certo, avrei
preferito che qualcuno fosse uscito allo scoperto, dicendo apertamente qualcosa
a mia, almeno parziale, difesa. Una piacevole eccezione è stata quella del
parroco di Mercogliano, don Giuseppe Jasso, che domenica 27, durante l'omelia,
ha detto cose molto equilibrate, sostenendo che, in un caso come il mio, non si
possono distribuire ragioni e colpe in modo manicheo. E comunque,
l'atteggiamento di durezza usato dal vescovo nei miei confronti non credo giovi
a nessuno. Sicuramente non a me, ma neanche all'abate, che trova sempre meno
persone, nella diocesi e fuori, che si sentono di avallare il suo comportamento.
E poi questa situazione non giova nemmeno alla Chiesa, perché in questo modo
non si fa che moltiplicare le polemiche.
ADISTA n° 19 del 12.3.2005