LONDRA
Bombe sull'alleato
ROBERT FISK


«Se bombardate le nostre città» ha detto Bin Laden in un recente filmato «noi bombarderemo le vostre». Da quando Blair ha deciso di prendere parte alla "guerra al terrore" di Bush e alla sua invasione dell'Iraq era chiaro che la Gran Bretagna sarebbe diventata un obiettivo. Come hanno detto, eravamo stati avvertiti. Il summit del G8 è ovviamente stato scelto, ben in anticipo, come il Giorno dell'Attacco. È inutile che Blair ci dica «non riusciranno mai a distruggere ciò che ci sta a cuore». Loro non stanno cercando di distruggere «quello che ci sta a cuore». Stanno cercando di far si che l'opinione pubblica costringa Blair a ritirarsi dall'Iraq, dalla sua alleanza con gli Stati uniti, dalla sua aderenza alla politica di Bush nel Medioriente. Gli spagnoli hanno pagato il prezzo del loro supporto a Bush - e il conseguente ritiro dall'Iraq ha dimostrato che i bombardamenti di Madrid hanno raggiunto il loro scopo - mentre gli australiani sono stati colpiti a Bali.
È facile per Blair chiamare gli attentati del 7 luglio «barbarici» - lo sono - ma cosa sono allora le morti civili dell'invasione anglo-americana dell'Iraq nel 2003, i bambini straziati dalle cluster bomb, gli iracheni innocenti abbattuti ai checkpoint militari americani? Quando «loro» muoiono, è un «danno collaterale»; quando a morire siamo noi è «terrorismo barbarico». Se stiamo combattendo «l'insurgency» in Iraq, come possiamo pensare che essa non arrivi anche da noi? Se Blair crede veramente che «combattendo il terrorismo» in Iraq potremmo proteggere più efficacemente la Gran Bretagna, questo argomento non è più valido. Far coincidere queste bombe col G8, quando il mondo era concentrato sulla Gran Bretagna, non è stato un lampo di genio. Non ci vuole una laurea per scegliere un'altra stretta di mano fra Bush e Blair per imbottire una capitale di esplosivi e massacrare i suoi cittadini. Il G8 era stato così annunciato da dare ai terroristi tutto il tempo necessario per prepararsi. Un tale sistema coordinato di attacchi necessita di settimane per essere organizzato; scordiamoci l'idea idiota che gli attacchi fossero programmati per coincidere con la decisione olimpica. Bin Laden ed i suoi supporter non mettono in piedi un'operazione come questa nella remota possibilità che la Francia possa perdere i Giochi. Al Quaida non gioca a calcio. No, ci avranno impiegato mesi per scegliere case sicure, preparare gli esplosivi, identificare i target, studiare i sistemi di sicurezza, scegliere gli attentatori, organizzare le comunicazioni. Coordinazione e pianificazione sofisticata - e la solita, totale indifferenza verso la vita degli innocenti - sono le caratteristiche di Al Qaeda.

Riflettiamo sul fatto che il 7 luglio ha rappresentato un fallimento totale dei nostri servizi di sicurezza. Si tratta degli stessi «esperti» che sostennero la presenza di armi di distruzione di massa in Iraq quando non ce n'era alcuna, ma che hanno fallito totalmente nello smascherare un piano di mesi per uccidere dei londinesi. Treni, aerei, autobus, macchine, metropolitane. I mezzi di trasporto sembrano essere la scienza delle arti oscure di Al Qaeda. Nessuno può perquisire tre milioni di pendolari londinesi al giorno. Nessuno può fermare ogni singolo turista.

Poi vengono i musulmani della Gran Bretagna, che si aspettavano da tempo questo incubo. Adesso ogni nostro musulmano diventa il solito sospetto, l'uomo o la donna con gli occhi marroni, l'uomo con la barba, la donna con il velo, il ragazzino dall'aria ostile, la ragazza che dice di essere stata vittima di abuso razziale. Ricordo che attraversando l'Atlantico l'11 settembre - il mio volo è tornato verso l'Irlanda quando gli Usa hanno chiuso lo spazio aereo - io ed il commissario di bordo abbiamo girato il velivolo per vedere se riuscivamo a identificare passeggeri sospetti Ho trovato una dozzina di uomini, ovviamente del tutto innocenti, che avevano gli occhi marroni o la barba lunga o che mi guardavano con «ostilità». E naturalmente, in pochi secondi, Bin Laden ha trasformato l'amichevole, simpatico e liberale Robert in un razzista anti-arabo.

E questa è una parte dell'obiettivo degli attentati di Londra: dividere gli inglesi musulmani dagli inglesi non musulmani (cerchiamo di non usare la parola «cristiani»), incoraggiare proprio il tipo di razzismo che Blair sostiene di aborrire. Ma qui sta il problema. Continuare a fingere che i nemici della Gran Bretagna vogliano distruggere «ciò che ci sta a cuore» incoraggia il razzismo. Ci troviamo invece di fronte ad uno specifico, diretto e centralizzato attacco su Londra, risultato di una «guerra al terrore» in cui Blair ci ha incastrati. Prima delle presidenziali americane Bin Laden ha chiesto: «Perchè non attacchiamo la Svezia?». Beata Svezia, nessun Osama bin Laden da loro. E nessun Tony Blair.

copyright The Independenttraduzione barbara visentin

il manifesto 12.7.2005