L'INFORMAZIONE
MANIPOLATA
La sinistra può
evitare le imboscate mediatiche
GIULIETTO
CHIESA
E' già stato scritto ieri, da Tariq Ali,
su queste colonne, ma sarà utile ripeterlo. Non sappiamo chi ha rapito Giuliana
Sgrena e quindi non possiamo escludere nessuna ipotesi: da quella di ricatto per
soldi, fino a quella di una provocazione di qualche servizio segreto. Chi ha
rapito Giuliana - se non lo sa ancora - saprà presto che il manifesto e
la sua giornalista erano e sono per il ritiro delle truppe straniere dall'Iraq.
Se l'ha rapita proprio per questo motivo, il discorso cambia di 180 gradi. Il
tempismo è comunque altamente significativo. Siamo colpiti mentre infuria uno tsunami
propagandistico progettato per demolire le ultime resistenze alla guerra, al
quale partecipano praticamente tutti i media principali e tutte le televisioni.
Per questo pongo alcune domande. Chi ha detto a Fassino che sono andati a votare
8 milioni di iracheni? Da dove viene questa cifra? Nemmeno la Commissione
elettorale, autoqualificatasi «indipendente» pur essendo stata compilata da
Allawi e dai consiglieri Usa, ha finora fornito cifre precise. Inoltre: chi
esulta per le elezioni irachene? Sono Bush, Blair e Berlusconi. Quelli che hanno
fatto o appoggiato la guerra.
E allora - terza domanda - contro chi «resisterebbero» («sono loro i veri
resistenti», ha detto Fassino) i presunti 8 milioni di iracheni? Immagino
s'intenda che resistono contro quelli che sono contrari all'occupazione
straniera, catalogati come ostili alla democrazia, terroristi, amici e sodali di
Saddam e pacifisti vari ed eventuali. Cioè resisterebbero anche contro di noi,
che la guerra l'abbiamo osteggiata, e che non crediamo sia possibile esportare
la democrazia. Mentre loro la democrazia sulla punta del cannone la desideravano
spasmodicamente.
E' una interpretazione forzata? Niente affatto. E' stato lo stesso Fassino, in
un generoso slancio autocritico, e critico verso il movimento pacifista, a
chiedersi: «Ma cosa abbiamo fatto noi per far cadere Saddam?» E dunque bravi
coloro che, avendo le armi, le hanno impiegate «per far cadere Saddam Hussein»
e per portare la democrazia in Iraq. Ecco, esplicitando i passaggi mancanti del
ragionamento, come è passata la linea dell'Imperatore, accolta da un coro vasto
e rumoroso di consensi mediatici di centro e di destra. E fosse Fassino l'unico,
potremmo anche fermarci qui.
Il fatto è che su queste elezioni irachene si è potuto misurare il guasto di
tutti i pensieri deboli che albergano nella sinistra italiana e nello
stesso movimento pacifista. L'insieme, appare assai simile a un'armata
Brancaleone senza guida, e senza una vera comprensione dell'offensiva cui è
sottoposto e alla quale rischia di soccombere.
E si spiega. Non è stato casuale, o una dimenticanza banale, il fatto che nella
due giorni di metà gennaio, in cui si doveva discutere di una contro offensiva
della sinistra più a sinistra, non si sia trovato il tempo di dedicare una
parola al tema cruciale dell'informazione.
Così, come stupirsi se anche la sinistra più a sinistra cade nelle imboscate
mediatiche dell'avversario? Il 30 gennaio era stato predisposto con largo
anticipo. Le previsioni di voto erano state rese note da sondaggi organizzati
dagli occupanti: davano il 72-75% dei votanti.
Sull'altro versante si assisteva alla ritirata degli osservatori internazionali:
né l'Onu, né l'Osce, né l'Unione Europea avrebbero mandato qualcuno a
controllare, a causa dell'«assenza delle condizioni minime di sicurezza».
Proclamavano, loro, implicitamente, l'invalidità preventiva del voto. Non se n'è
accorto quasi nessuno, abbiamo taciuto. Mentre si sarebbe potuto denunciare la
montatura mediatica in allestimento.
Nello stesso tempo però la comunità internazionale lasciava libero campo agli
aggressori e ai loro quisling locali, per manipolare a piacimento l'intera
operazione. Il movimento pacifista e l'intera sinistra sono rimasti immobili di
fronte a questi preparativi. E sono stati travolti, appunto dallo tsunami
mediatico che la Grande Fabbrica dei Sogni e della Menzogna aveva
predisposto, usando cinicamente le legittime aspirazioni dei curdi e degli
sciiti.
E quando arriva l'onda non c'è più riparo. Chi ha il coraggio e la forza di
resistere all'intimidazione del rumore di fondo che tutto oscura? Così passano
le idee dell'avversario, che controlla tutti i grandi canali dell'informazione.
La sproporzione delle forze è tremenda. Questo va a nostra scusante, anche se
diventa sempre meno scusabile che la sinistra più a sinistra non provi neppure
o organizzarsi per resistere e continui a lasciare che i suoi capi vadano nel
salotto dell'Insetto, comparse gratuite nello spettacolo del potere.
Ma almeno si vorrebbe che certe voci del movimento contro la guerra non
assomigliassero anch'esse a balbettii di scusa, ad accenni fumosi di
autocritiche imbelli. Si doveva dire, tutti insieme e a testa alta, che da un
tritacarne che ha prodotto migliaia di morti civili innocenti non può nascere
nessuna democrazia.
Che la guerra irachena rimane illegale come lo fu all'inizio. Che le menzogne
che prepararono la guerra non sono state magicamente trasformate in verità dal
voto di una parte degli iracheni.
"il manifesto" 6.2.2005