LA CHIESA RINUNCI ALL'ESENZIONE ICI. LETTERA DI SINDACALISTI CATTOLICI ALL'ARCIVESCOVO DI TORINO

33111. TORINO-ADISTA. È stato definitivamente approvato il 30 novembre scorso dalla Camera dei Deputati il Decreto Legge fiscale collegato alla Finanziaria, grazie al quale tutte le confessioni religiose che hanno stipulato intese con lo Stato nonché tutte le organizzazioni no-profit vengono esentate dal pagamento dell'Ici anche per gli immobili in cui si esercitano attività commerciali (v. Adista nn. 71 e 77/05). Ed è stato approvato nonostante le tantissime voci di protesta e indignazione levatesi nell'opinione pubblica, e le denunce dell'Anci (l'organismo che riunisce i Comuni italiani) e delle associazioni e movimenti laici.
A fruire di questo enorme "regalo" governativo (130.000 fra immobili e terreni non dovranno più pagare l'Ici per una cifra complessiva di più di un miliardo di euro, cifra che potrebbe salire in virtù della possibilità per i beneficiati dal decreto di farsi anche restituire tre anni di versamenti pregressi), sarà in primo luogo la Chiesa cattolica, con le sue numerosissime attività. "A prescindere - recita l'art. 7 comma 2 del decreto - dalla natura eventualmente commerciale delle stesse". Rientrano così a pieno titolo nello sgravio fiscale disposto dal provvedimento ostelli, case per esercizi spirituali, cliniche, scuole, negozi, strutture sportive, locali concessi in affitto, ecc. Solo a Roma, ha denunciato nelle ultime settimane l'assessore al Bilancio Marco Causi, per effetto del decreto il Comune perderà introiti per quasi 25 milioni di euro, cui andranno aggiunti altri 9 milioni circa, calcolati in base ad una stima sulle richieste di rimborso dei versamenti fatti negli ultimi 3 anni che verranno inoltrate nei prossimi mesi in virtù della retroattività del provvedimento.
Ma anche dentro il mondo cattolico sulla questione dei privilegi concessi dal governo alla Chiesa qualcosa comincia a muoversi. Un gruppo di sindacalisti cattolici ha redatto sull'argomento "esenzione Ici" una lettera al vescovo di Torino, card. Severino Poletto. Nella missiva, i firmatari criticano duramente il "regalo elettorale" fatto dal governo, ritenendo inaccettabile, "in un momento di ristrettezze economico-finanziarie per lo Stato e per gli enti locali, che si proceda a una nuova immunità fiscale abilitando enti cosiddetti ‘non commerciali' a svolgere una serie di attività in qualsiasi forma economica". La lettera chiede perciò all'arcivescovo di rinunciare pubblicamente a far fruire degli effetti del decreto i beni della diocesi torinese, "affinché risplendano in maniera chiara gli interessi evangelici della nostra comunità ecclesiale".
Richiesta non accolta dalla Curia torinese, che ha risposto alla lettera del gruppo di sindacalisti cattolici il 22 novembre con una nota, redatta con toni piuttosto burocratici: "Non pare obiettivo - si legge - qualificare la norma interpretativa ora all'esame delle Camere come una ‘nuova immunità fiscale', dal momento che si limita a chiarificare la norma vigente, rimediando al rischio di un contenzioso defatigante fra Comuni ed enti non commerciali e continuando ad assicurare a questi ultimi la possibilità di esercitare attività di rilevante portata sociale".
Pubblichiamo di seguito la lettera dei cattolici torinesi, inviata all'arcivescovo in data 7 novembre, quando il decreto legge aveva appena iniziato il suo iter di approvazione in Senato.

ADISTA n° 85 del 10.12.2005