LA RELIGIONE CIVILE 

di Enzo Mazzi*

* della Comunità dell'Isolotto, Firenze

Il sistema mediatico è sempre alla ossessiva ricerca di oggetti di consumo per bocche avide di latte. Ora è il momento del cristianesimo come "religione civile". Tutti ne parlano, quasi fosse una scoperta. Accomodiamoci pure.
Ma non è affatto un'invenzione della cosiddetta destra liberale.
La "religione civile" è una connotazione del cattolicesimo fin dalle sue origini nel quarto secolo. Cattolico infatti significa letteralmente universale nel senso preciso dell'universalismo imperiale. Non era cattolico il cristianesimo dei primi due secoli. All'inizio non era neppure propriamente una religione. Diventa "religione della società" quando entra in simbiosi con l'universalismo dell'Impero e si trasforma così in religione essa stessa universale, cioè cattolica. La politica di simbiosi iniziata da Costantino fu compiuta come si sa da Teodosio che proclamò nell'editto del 380 la religione cristiana religione dell'Impero: "Vogliamo che tutti i popoli a noi soggetti seguano la religione che l'apostolo Pietro ha insegnato ai Romani… Chi segue questa norma sarà chiamato cristiano cattolico; gli altri invece saranno stolti ed eretici… essi incorreranno nei castighi divini e anche in quelle punizioni che noi riterremo di infliggere loro".
La scelta dell'universalismo imperiale non fu indolore. Creò una profonda spaccatura interna al cristianesimo. E fu una spaccatura verticale. Gli strati del cristianesimo più lontani dal centro imperiale ed ecclesiale e socialmente più umili, in particolare i contadini poveri della Chiesa africana, insieme ad alcuni loro episcopi, percepirono una tale alleanza fra la Chiesa e l'Impero come un tradimento del profetismo evangelico. L'eresia più importante fu il Donatismo.
I donatisti, ma anche altre eresie analoghe, riuscirono a dare profondo contenuto teologico alla loro rivolta sociale e morale. I fatti sono noti, ma vale la pena riassumerli perché come dirò sono di un'attualità sconcertante. I proprietari terrieri dell'Africa proconsolare e della Numidia utilizzarono la persecuzione dioclezianea per terrorizzare, torturare, umiliare e reprimere i propri contadini. Mentre alcuni presbiteri ed episcopi accettarono di subire la sorte atroce dei contadini, la maggior parte di loro, e specialmente i più importanti lasciarono soli i fedeli, abiurarono, si salvarono, e soprattutto mantennero il loro potere, anzi lo ampliarono orientando sempre più la Chiesa verso il compromesso con l'Impero.
Mensurio, vescovo di Cartagine, fu uno dei "traditori". Quando morì di morte naturale fu eletto al posto di lui il suo collaboratore Ceciliano consacrato dal vescovo Felice, anch'egli però "traditore". Una parte notevole della Chiesa africana, quella rurale, la più povera e angariata, non ritenne valida una tale consacrazione e al posto di Ceciliano elesse vescovo di Cartagine Donato. Ma così il donatismo scardinava uno dei pilastri della dottrina cattolica: il valore assoluto della successione apostolica in sé, da vescovo a vescovo, senza passare attraverso le relazioni circolari e territoriali della ecclesia. Più a fondo, veniva contestata la organizzazione verticista della Chiesa e il suo universalismo imperiale. La Chiesa dell'amore condiviso, fondata sulle relazioni legate alla vita e al territorio si opponeva alla Chiesa del potere, dell'universalità astratta e della legge senz'anima. Il donatismo animò la chiesa per tutto il quarto secolo. Subì una durissima repressione e infine fu debellato. Perfino la sua memoria fu annullata. Passò agli annali solo come eresia localista, rigorista e intollerante verso le debolezze umane. Non che non avesse limiti, ma la sua teologia fu completamente distorta.
Finché giunse con i "padri della Chiesa" la definitiva consacrazione dell'universalismo imperiale: un solo Dio, un solo impero, una sola Chiesa universale.
Basta la citazione di S. Ambrogio vescovo di Milano nel VI sec.: "Tutti gli uomini hanno imparato, vivendo sotto un unico impero universale, a proclamare col linguaggio della fede l'impero dell'Onnipotente". È l'epitaffio del donatismo. Questo però divenne quella folata di vento dello Spirito o se si vuole quel fermento che ispirò molte delle grandi spinte di trasformazione della storia del cristianesimo. A ben pensarci soffia anche oggi. Non certo nei modi, ma nella sostanza.
Di fronte a questo sconcertante riproporsi del cristianesimo come "religione civile" di una società strutturalmente violenta, la gran parte dei cattolici che partecipa al movimento pacifista ha capito e acquisito ormai lo spirito profondo della nonviolenza e quindi avverte il bisogno di superare la dipendenza strutturale, chiave di ogni violenza, e di tendere all'autonomia e alla responsabilità della coscienza ("come se Dio non ci fosse") alimentata dalla rete delle relazioni, chiave della nonviolenza. E, come i donatisti, non si fermeranno all'autonomia nel campo politico, etico e sociale. Vogliono una Chiesa "altra". Sono molto più avanti di tanti laici che credono di aver risolto il problema ignorando i temi religiosi, chiudendoli a chiave nei recessi bui del loro profondo e relegando la religione nella sfera privata di anime da confessionale o da lettino psicanalitico. Salvo poi inginocchiarsi anch'essi davanti ai simboli del potere ecclesiastico. La trasformazione profonda in senso nonviolento di tutte le strutture religiose, nessuna esclusa, simbologie, dogmi, ordinamenti, strutture di potere, è il traguardo che sta loro davanti.
Le comunità di base che da tempo hanno iniziato un tale percorso non sono affatto isolate come si vorrebbe far credere. Ora che "un mondo nuovo possibile" è tornato negli orizzonti e nei percorsi delle nuove generazioni, i cattolici inseriti nel movimento della pace sentiranno e già stanno avvertendo il bisogno di non far mancare il contributo della ricerca di "mondi spirituali, religiosi ed ecclesiali nuovi", strutturalmente nonviolenti.
Di esempi è piena la cronaca, specialmente quella di Adista. Una curiosità: avete notato che il card. Karl Lemann, presidente della Conferenza episcopale tedesca, nella sua recente intervista a la Repubblica, in cui concede molto alle posizioni ufficiali, non nomina mai le parole "cattolico - cattolicesimo", ma sempre solo "cristiano - cristianesimo"? Sarà un caso? Non è certamente un caso invece che il Presidente della Cei, Ruini, indirizzi tutti i suoi sforzi per rinsaldare gli steccati dell'ovile. Segno che le palizzate vacillano. La ventata donatista, direi, meglio il vento dello Spirito del Vangelo, soffia ancora.

ADISTA n° 86 - 4.12.2004