Israele
Odio e violenza. Altro
che Cabala!
MONI OVADIA
Come giudicare la «maledizione cabbalistica» della
frustata di fuoco contro Sharon per la sua decisione di ritirarsi da Gaza
occupata, da parte dei rabbini, gli stessi, pare, che dieci anni fa
organizzarono una eguale «cerimonia» contro il premier Ytzhak Rabin, a pochi
giorni dal suo assassinio per mano di un estremista di destra ebreo? In primo
luogo a partire proprio dall'occupazione dei territori palestinesi del 1967. E'
con la decisione di rimanere in queste terre e di colonizzarle che si è
attivato l'incontro fra il nazionalismo e il fanatismo religioso. Una miscela
esplosiva e perversa perché fanatismo e nazionalismo religioso sono
responsabili di alcuni fra i più grandi disastri della storia dell'umanità. E'
a causa di miscele di questo tipo che gli ebrei sono stati tra i popoli che più
hanno sofferto. Naturalmente è una depravazione dello spirito della Torah, la
legge di Abramo, che invece è un messaggio rivoluzionario di pace, giustizia
sociale, fratellanza universale e amore per lo straniero. «Amerai lo straniero»
è il comandamento più ripetuto nella Torah: lo straniero che abita presso
di te non molestarlo, è come il tuo compatriota, amerai lo straniero come te
stesso. E' il comandamento più ripetuto nella Scrittura e alla fine del
Levitico. Alla fine dell'annuncio del Giubileo, Dio rivolto agli ebrei disse:
davanti a me siete tutti stranieri. Questo è il messaggio della Torah. E come
sempre accade ai «messaggi rivoluzionari»- vale anche per il Vangelo - coloro
che si oppongono, non potendo contrapporsi alla potenza che il messaggio evoca
cambiando il quadro di riferimento del mondo, entrano dentro nel merito per
pervertirne il cammino. Questi rabbini - anche se non conosco le loro storie
personali - fanno parte del movimento dei coloni, e tra le loro fila ci sono
posizioni dichiaratamente fasciste, nazional-fasciste. Il fatto che siano
cittadini dello stato di Israele non significa, purtroppo, che non possano
essere fascisti. Questo succede quando si dà prevalenza, invece che all'etica
dell'umanesimo, al nazionalismo, alla terra, al delirio della zolla. Oltre tutto
ebraicamente mi appaiono degli idolatri, perché la Cabala è un metodo
ermeneutico, sublime, poetico, elirico e non uno strumento di negromanzia che è
proibita severissimamente. E' quindi una perversione totale, una regressione
idolatrica che devasta l'ethos ebraico. Idolatria e fascismo, non mi riesce di
immaginare niente di più vergognoso. Qual è lo scopo di tutto questo e in
particolare di questa corrente? E' il potere, il potere su un'area, è
combattere per il dominio. Nessuna domanda di giustizia né di rispetto. Anzi.
Con questa depravazione idolatrica si vorrebbe riportare l'ebraismo a prima di
Abramo. Abramo per fondare l'ebraismo non fonda una città, esce da una città,
è un ripetuto esodo, una uscita. L'identità ebraica si forma nella diaspora,
la vera casa dell'ebreo dicono tutti i grandi maestri è la capanna nel deserto,
la casa precaria, instabile, che ci fa mantenere la tensione spirituale. Questo
invece è ciarpame estremista che coltiva violenza, odio, disseminazione. Nessun
popolo ha sofferto di queste cose come hanno sofferto gli ebrei. C'è scritto
nella Torah: «Non ucciderai». Cioè il rispetto della vita è al centro
dell'ethos ebraico. Invece così si alimenta la pratica della violenza. Lutti e
disastri che stanno sotto i nostri occhi.
Ma le persone lungimiranti la sapevano già. Il grande Yeshayahu Leibowitz,
sionista fondatore d'Israele, un ebreo credente, religioso, uomo di grandi
sentimenti di giustizia e di scienza, lo disse subito: «Usciamo immediatamente
da quei territori, perderemo l'anima, perderemo la dignità». Una posizione che
è stata ribadita in una lettera memorabile da uno dei padri fondatori del
sionismo, dal presidente della Knesset, Avraham Burg. Non è la religione. Anche
da Marx è uscito Stalin. E' un'altra questione. Io lo definisco pensiero
idolatrico: qualcuno che usa i grandi libri che sono un dono dell'umanità -
come la Torah, il Vangelo, il Corano, i manoscritti economici e filosofici di
Marx - come idoli, come totem. E non come sapere critico e fonte di continua,
rinnovata ricerca che prevede diverse letture. Solo le diverse letture
confrontandosi, alzando il livello del pensiero, ci permettono di approssimarci
a una verità condivisa.
il manifesto 26.7.2005