Minacce imperiali
VALENTINO PARLATO
Si stravolge la storia, quando si prepara, o si tenta,
una radicale svolta politica. E questo è quel che ha clamorosamente affermato
Bush nel suo discorso di Riga: «Gli Usa e la Russia sono ancora una volta in
guerra» ha scritto Sergio Romano sul Corsera di domenica. Lo
stravolgimento della storia è clamoroso: senza l'Urss, l'Armata rossa e i suoi
27 milioni di morti, Hitler avrebbe vinto la 2° guerra mondiale. La Germania
nazista che aveva battuto la Francia e messo sotto scacco l'Inghilterra, libera
da altri impegnativi fronti militari, scatenò tutta la sua forza contro
l'Unione sovietica, registrando all'inizio successi clamorosi: la caduta di
Mosca era nelle previsioni non solo di Hitler ma anche di Churchill. Tutto il
potenziale militare nazista si avventò sull'Urss. Ma l'Unione sovietica non
crollò, anzi. Nel febbraio del 1943 ci fu la resa di von Paulus a Stalingrado,
indiscutibile annuncio della caduta di Berlino.
Solo dopo, nel luglio 1943 e nel giugno del 1944, gli sbarchi degli anglo
americani in Sicilia e in Normandia e fecero fatica ad avanzare: la famosa linea
gotica resistette.
Solo rimuovendo e stravolgendo questa verità storica si può dire che Yalta fu
un errore. Le armate angloamericane avrebbero dovuto e potuto aprire il fronte
dell'Est? Non sarebbe stato possibile militarmente (tra l'altro il Giappone era
ancora in piedi) e tanto meno politicamente e culturalmente. Ma oggi Bush fa
intendere che la guerra avrebbe dovuto continuare e così non andò per colpa di
Roosevelt e Churchill, sciocchi e vili.
Ma che cosa significa nel contesto attuale la dichiarazione di Riga, la condanna
di Yalta? Una cosa sola e tremenda: che Bush vuole riprendere la guerra
stupidamente interrotta a Yalta. Non sono un apologeta di Yalta, che fu sempre
un accordo tra potenze, ma non può non allarmare la dichiarazione di Bush che
dopo Riga va in Georgia, pensa all'Ucraina e minaccia la Bielorussia. Siamo alla
sostanza di una dichiarazione di guerra con l'obiettivo di un impero mondiale.
Il disegno annunciato è questo. Finita la guerra fredda si stanno mettendo le
premesse per un'azione di conquista. E qui c'è della follia, che non si spiega
neppure con le leggi più terribili del capitalismo.
In queste condizioni è naturale che Putin, e questa volta con lui la Russia,
reagiscano con l'orgoglio della guerra patriottica e con le bandiere rosse dei
veterani, che hanno battuto Hitler e che sono entrati per primi a Berlino.
Inevitabile e senza, almeno per ora, un ripensamento di quel che è stata
l'esperienza dell'Unione sovietica e di come potrebbe e dovrebbe essere corretta
senza dare spazio agli oligarchi e a un capitalismo selvaggio. Ma è
inevitabile. Quello di Bush è un appello alla guerra che non dà spazio e tempo
a pensare a un progresso socialista e democratico, non staliniano. Annuncia solo
guerre, repressioni e violenze generalizzate.
il manifesto - 10.5.2005