Per tutto il mese di aprile, l'oggetto prediletto
dei mezzi di comunicazione è stato il papa. In tutto l'Occidente, cattolici e
non cattolici sono stati costretti a seguire in televisione ogni dettaglio del
rituale barocco del conclave. Le più grandi reti televisive sono accorse a Roma
per trasmettere il funerale di un papa e l'incoronazione di un altro. I
commentatori si sono affrettati, uno dopo l'altro, ad esprimere ammirazione per
la pompa con cui, come nei film di re Artù e della Tavola rotonda, si
presentava la monarchia assoluta come qualcosa di divino. Alcuni organi di
stampa più critici in Brasile e in America Latina hanno espresso timore per la
scelta, da parte dei cardinali, di Joseph Ratzinger come nuovo papa. Per
quarant'anni la Chiesa cattolica ha ripetuto nei documenti che la politica è
una attività umana degna e nobile. Ma, nonostante ciò, gli uomini di Chiesa ci
tengono a sottolineare che i cardinali, riuniti per 9 giorni, hanno discusso
insieme le questioni della Chiesa ma non hanno fatto politica. Insistono che il
nuovo papa è stato scelto dallo Spirito Santo. Certamente, Dio non li smentirà
pubblicamente dicendo di non aver autorizzato l'uso del suo nome. Quel che resta
ai cattolici è verificare quali conseguenze per il mondo e per il popolo avrà
il fatto che i cardinali si siano isolati dal popolo cattolico, non soltanto
fisicamente ma anche spiritualmente, per votare non solo un uomo - che può
essere di sicuro una persona buona, degna ed onesta - ma un progetto di Chiesa
per il periodo attuale.
È possibile che il cardinal Ratzinger, ora Benedetto XVI, possa cambiare e dare
vita a un pontificato diverso da quella che è stata la sua gestione come
prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Tuttavia, i cardinali
non hanno votato un papa che fosse più aperto, perché altrimenti non avrebbero
votato lui, ma hanno scelto un progetto di Chiesa: quello di cui il cardinal
Ratzinger è un simbolo, quello che essi hanno conosciuto e che hanno ascoltato,
nei giorni del Conclave, nei discorsi programmatici della cerimonia funebre di
Giovanni Paolo II e della messa pro eligendo pontifice. Da tutto quello
che appare, questo progetto ecclesiale conferma che il dialogo iniziato da papa
Giovanni XXIII tra la Chiesa e l'umanità - dialogo che qualche anno fa è stato
interrotto - è ancora lungi dall'essere ripreso. Dagli anni '90, il Consiglio
Ecumenico delle Chiese propone l'avvio di un processo conciliare, di un cammino
di dialogo e di consultazione tra le comunità e i loro pastori sull'impe-gno
della Chiesa riguardo alla pace, alla giustizia e alla salvaguardia del creato.
Nella Chiesa cattolica, diversi vescovi hanno scritto a Giovanni Paolo II
chiedendo la convocazione di un nuovo Concilio. Per il momento, però, è la
società civile, non la Chiesa, ad aver fatto passi significativi in questo
processo, nei diversi forum della cittadinanza e nel processo del Forum Sociale
Mondiale. Per il momento, non possiamo ancora vedere la Chiesa come saggio di un
nuovo mondo possibile, ma il mondo può contare sulla testimonianza di molte
persone, povere, semplici, che in tutte le Chiese accettano di consacrare la
propria vita alla costruzione di questo nuovo mondo possibile.
* monaco benedettino, Brasile
ADISTA n° 34 del 7.5.2005