Inferno britannico
TARIQ ALI


Quando è iniziata l'occupazione in Iraq, pochi in Gran Bretagna immaginavano che gli infernali sviluppi in un paese arabo potessero costituire un'immagine del proprio futuro. Londra certo non è Baghdad, ciò che è accaduto qui è niente in confronto al caos selvaggio dell'Iraq, ma la guerra è arrivata a tormentare Blair e il suo governo in ciò che potrebbe diventare l'incubo del New Labour. Due giorni fa ci sono state nuove esplosioni a Londra, per ricordare alla gente che anche se non ci sono state vittime siamo tornati indietro ai tempi dei «troubles» irlandesi. C'è oggi, come allora, una grande insicurezza nell'aria. Un resoconto di intelligence pubblicato dal Financial Times conferma che le guerre in Iraq, Afghanistan e Palestina sono state la miccia di un'esplosione di terrorismo dal cuore delle comunità musulmane in Gran Bretagna. A parte i pro-israeliani, i neo-conservatori (di solito ex-sinistroidi) e gli sfacciati apologeti di Blair, questo è adesso il pensare comune del paese. Il sindaco di Londra Livingstone, in modo più ragionato, ha collegato gli attacchi alla lunga occupazione occidentale dell'est arabo ricco di petrolio.

Ieri la polizia ha catturato e pubblicamente giustiziato un uomo asiatico su un treno della metropolitana nel sud di Londra. Questo crea un'inquietante precedente. Mark Whitby, che ha assistito all'uccisione, ne ha dato una testimonianza genuina e diretta alla Bbc: «Ho visto un uomo asiatico. Correva verso il treno, era inseguito da tre ufficiali, uno di loro aveva una pistola nera. Quando [il sospetto] è salito sul treno ho guardato il suo viso, lui si guardava da tutte le parti, praticamente sembrava un coniglio incastrato, una volpe senza scampo. Sembrava assolutamente pietrificato e poi è come inciampato, loro lo inseguivano senza tregua, non saranno stati a più di un metro da lui in quel momento e lui si è mezzo inciampato ed è stato mezzo spinto al pavimento e l'agente più vicino a me aveva la pistola nera automatica nella mano sinistra. L'ha puntata sul ragazzo e gli ha scaricato addosso cinque colpi».

C'è una soluzione immediata alla crisi e una più a lungo termine. La Gran Bretagna deve ritirare le sue truppe da Iraq e Afghanistan. Dovrebbe farlo non perchè è sotto pressione terroristica, ma perchè questi interventi erano sbagliati fin dall'inizio. Secondo, ci vuole una moratoria sulla religione. Blair e il suo scelto governo hanno incoraggiato scuole religiose e si sono rivolti alla religione come aiuto per riempire il vuoto creato da una società neo-liberale e da una cultura ossessionata dal consumismo e dallo stile di vita delle celebrità. Ciò che serve è un sistema educativo statale di alta qualità che offra la stessa educazione al ricco ed al povero, ai giovani cristiani, ebrei o musulmani. Più di un terzo delle scuole statali inglesi è religioso e la National secular society ha fatto indagini che rivelano che i Labour hanno permesso ad altre 40 scuole secondarie statali di essere gestite dalla Church of England negli ultimi quattro anni, con altre 54 in procinto di esserlo. Dopo questo è impossibile negare gli stessi diritti alle altre religioni. Le cose non sono rese più semplici dal fatto che la segretaria di Blair per l'educazione, dell'Opus dei, ha sottolineato che le bombe non la fermeranno dall'incoraggiare più scuole religiose.

I media hanno esibito sugli schermi i musulmani buoni che hanno sostenuto che la violenza non è nel Corano e che quindi le bombe sono sbagliate. L'implicazione è che se il Corano le permettesse, queste azioni sarebbero giuste. In realtà ci sono tante interpretazioni del Corano quante quelle del Vecchio testamento, sezioni pacifiste e violente. Stabilire un criterio religioso è in queste circostanze controproducente.

C'è una paralisi nel parlamento. Strutture politiche decrepite hanno isolato il regime di Blair dall'opinione pubblica, il sistema elettorale ultra-uninominale è un affronto alla democrazia, il conformismo e la timidezza dei partiti di opposizione hanno giocato un ruolo vitale nel rafforzare l'egemonia di Blair. Ciò si riflette nel servizio televisivo neutralizzato, che di rado dà spazio a programmi che escano dallo spettro ristretto del parlamento.

È tempo che Blair se ne vada. Ha corso un rischio calcolato quando ha deciso di appoggiare Bush e la politica estera americana. Ha proclamato fieramente che per sconfiggere Saddam si sarebbe dovuto pagare col sangue. Lo stanno pagando decine di migliaia di morti iracheni e ora londinesi innocenti. Un colonnello inglese è stato condannato per crimini in Iraq. Se dovessimo applicare le norme del tribunale di Norimberga, sarebbero i politici che hanno dato gli ordini e giustificato la guerra a dover stare sul banco degli imputati come criminali di guerra.

il manifesto 23.7.2005