IL
PREZZO DELL’INFALLIBILITÀ
Thomas
Cahill
Di
fronte all’inondazione mediatica in omaggio all’indiscutibile grandezza di
papa Giovanni Paolo II, non è forse tempo di chiedersi a quale tradizione egli
appartenesse? Un suo sostenitore non esperto di storia cristiana potrebbe
consi-derarla una strana domanda. È chiaro, potrebbe rispondere, che appartiene
alla tradizione cattolica. Ma non c’è un’unica tradizione cattolica; ci
sono piuttosto svariate tradizioni cattoliche che vanno dalla scelta della
povertà di San France-sco d’Assisi alla sconfinata avidità dei papi di
Avignone, dalla geniale tolleranza per la diversità di papa Gregorio Magno nel
sesto secolo al maniacale egocen-trismo di papa Pio IX nel diciannove-simo
secolo, dalla segretezza e cospira-zione dell’Opus Dei all’apertura e alla
disponibilità umana della Comunità di Sant’Egidio. Attraverso i suoi 2000
anni di storia, il cattolicesimo romano ha rap-presentato un terreno fertile per
una im-mensa varietà di tradizioni papali.
A dispetto della scelta del suo nome, Giovanni Paolo II aveva ben poco da
condividere con i suoi immediati predecessori. Giovanni Paolo I è durato poco
più di un mese, ma in quel periodo abbiamo goduto di un esponente della tipica
tendenza italiana della moderazione, uno che, prima di essere eletto, si
congratulò perfino con i genitori del primo bebè al mondo nato in provetta, un
gesto non in sintonia con i fondamentalisti della Chiesa che tuttora insistono
nel mantenere il punto contro tutto ciò che sa di alterazione della natura, in
base una concezione intellettuale di questa parola ben lontana dal significato
che la gente comune le dà.
Paolo VI, benché dolorosamente cauto, acconsentì alla nomina di vescovi (e
specialmente arcivescovi e cardinali) che erano l’opposto degli yesman,
schietti difensori dei poveri e degli oppressi e veramente rappresentativi delle
aree del mondo dalle quali provenivano, come il cardinale Joseph Bernardin di
Chicago, che tentò fortemente alla fine della sua vita di trovare un terreno
comune all’in-terno di una Chiesa lacerata dalle divisioni. Su un fronte
opposto, il cardinal Bernard Law di Boston rimproverò il morente cardinale
Bernardin per questi suoi tentativi perché, sosteneva Law, la Chiesa conosce la
verità ed è pertanto esentata da cose senza dignità come il dialogo. Il
cardinal Law, che dovette dimettersi dopo le rivelazioni secondo le quali egli
aveva ripetutamente consentito che preti accusati di abusi sessuali
conservassero il ministero, tralasciando di informare sia la magistratura che i
parrocchiani, deve essere considerato il classico rappresentante di Giovanni
Paolo II, protettivo nei confronti della Chiesa ma spesso negligente quanto
all’imperativo morale di proteggere ed assistere gli esseri umani.
Giovanni Paolo II è stato quasi l’esatto contrario di Giovanni XXIII, che
trascinò il cattolicesimo a confrontarsi con le realtà del 20.mo secolo dopo
le politiche regressive di Pio IX, che impose la peculiare dottrina
dell’infallibilità papale durante il Concilio Vaticano I, nel 1870, e dopo il
regno di terrore inflitto ai teologi cattolici da Pio X nei primi decenni del
‘900. Purtroppo, questo papa fu più vicino alla tradizione di Pio IX e Pio X
che ai suoi papi di riferimento. Invece di mitigare le assurdità della
dichiarazione sull’infallibilità papale, una dichiarazione quasi del tutto
derivante dalla paranoia di Pio IX circa i mali schierati contro di lui nel
mondo moderno, Giovanni Paolo II tentò di perpetuarla. Cercando di imporre il
conformismo di pensiero, egli sottopose ad indagine nella “star chamber”
(l’unico Tribunale inglese, nei secoli XVI-XVII, in cui l’accusato era
obbligato ad accettare difensori scelti dal tribunale stesso, ndt)
importanti teologi come Hans Küng, Edward Schillebeeckx e Leonardo Boff, ed
ebbe il suo grande inquisitore, il cardinal Joseph Ratzinger, che emise le
condanne dei loro lavori.
Ma il lascito più duraturo di Giovanni Paolo II al cattolicesimo verrà dalle
nomine episcopali che egli ha fatto. Per essere nominato vescovo, un prete deve
essere assolutamente contrario alla masturbazione, ai rapporti prematrimoniali,
al controllo delle nascite (compreso l’uso del preservativo per prevenire il
contagio dell’Aids), all’aborto, al divorzio, alle relazioni omosessuali, ai
preti sposati, al sacerdozio femminile e a qualsiasi traccia di marxismo. È
pressoché impossibile trovare persone che sottoscrivano in pieno questo intero
catalogo di certezze; di conseguenza le file dell’episcopato sono piene di
sicofanti superficiali e intellettuali incompetenti.
I buoni preti sono stati ignorati; e non pochi, vedendo aumentare le loro
frustrazioni man mano che il pontificato di Giovanni Paolo II si allungava,
hanno lasciato il sacerdozio per cercare altrove la loro realizzazione.
La situazione è terribile. Chiunque, la domenica, può entrare in una chiesa
cattolica e vedere i banchi, una volta pieni fino a scoppiare, ora occupati qua
e là solo da persone con i capelli bianchi. E non c’è altra soluzione per la
Chiesa che ricominciare da capo, come se fosse la Chiesa delle catacombe, una
minoranza religiosa isolata in un mondo di indiscriminata crudeltà e sotto un
intransigente impero, che raccoglieva aderenti perché così tanto diversa dalla
società che la circondava.
Inoltre la Chiesa chiamò se stessa con la parola greca ecclesia, la
parola che gli ateniesi usavano per le loro assemblee aperte, la prima parola
che significava la democrazia partecipativa (l’apostolo Pietro, colui al quale
il Vaticano assegna il titolo di primo papa, fu solo uno dei molti leader
nella Chiesa primitiva, assai distante da quello che potrebbe essere un monarca
assoluto, un uomo la cui principale caratteristica fu la frequente e umile
confessione che egli era un peccatore). Utilizzando il vocabolo ecclesia
per descrivere la loro Chiesa, i primi cristiani intendevano enfatizzare che la
loro società all’interno della società non agiva in virtù del potere
politico ma solo in virtù della forza dell’amore, amore per tutti, come
uguali figli di Dio. Ma essi superarono gli ateniesi, perché non posero limiti
alla partecipazione: senza distinguere fra cittadini e non cittadini, greci e
non greci, uomini e donne. Perché, come san Paolo ha ripetutamente affermato,
“non c’era più giudeo o greco, schiavo o libero, maschio e femmina, poiché
sono tutti uno in Gesù Cristo”.
Purtroppo, Giovanni Paolo II ha rappresentato una tradizione differente, di
papalismo aggressivo. Laddove Giovanni XXIII si sforzava semplicemente di
mostrare la validità del magistero invece di emettere condanne, Giovanni Paolo
II era un condannatore entusiasta. Certo, sarà ricordato di sicuro come una
delle poche figure politiche del nostro tempo, un uomo di coraggio fisico e
morale responsabile più di ogni altro di aver fatto crollare l’oppressivo e
antiumano comunismo dell’Europa dell’Est. Ma non è stata una grande figura
religiosa. Come avrebbe potuto esserlo? Potrebbe, in futuro, essere ritenuto
l’uomo che ha distrutto la sua Chiesa.
New
York Times 5 aprile 2005