WOJTYLA E ROMERO: DURO
CONFRONTO TRA DUE "SANTITÀ" SOTTO PROCESSO
di María López Vigil
Quanto al conflitto tra mons. Romero e la Chiesa istituzionale, vi è un
episodio - lo ricorda anche José María Vigil - particolarmente significativo:
il drammatico incontro, nel maggio del 1979, tra mons. Oscar Romero e Giovanni
Paolo II (oggi entrambi nello stesso elenco dei processi verso la
canonizzazione), così come lo raccontò, nella sua biografia Piezas para un
retrato, la scrittrice María López Vigil. Un incontro che non fotografa
"soltanto" la totale incomprensione del papa verso la tragedia
salvadoregna, ma che finisce per rappresentare quasi il simbolo
dell'in-conciliabilità tra due modelli di Chiesa, quello della Chiesa
istituzionale e quello della Chiesa della Liberazione, la Chiesa come
"movimento di Gesù". Nel corso del convegno milanese la scrittrice ha
riproposto la sua testimonianza di quell'incontro, riprendendola dall'edizione
italiana della sua biografia di Romero: Monsignor Romero, Frammenti per un
ritratto, NdA Press, Rimini 2005.
"Mi comprenda, ho bisogno di avere un'udienza con il Santo
Padre...". "Comprenda lei che dovrà aspettare il suo turno, come
tutti".
Un'altra porta vaticana gli si chiudeva in faccia. Da San Salvador e con il
tempo necessario per superare gli ostacoli della burocrazia ecclesiastica, Mons.
Romero aveva sollecitato un'udienza personale con Giovanni Paolo II. E andò a
Roma sicuro che, per quando fosse arrivato, tutto sarebbe stato sistemato.
Ora tutte le sue precauzioni sembravano svanite come fumo. I curiali gli
dicevano di non saper nulla di quella richiesta. E lui andava supplicando per
quest'udienza di ufficio in ufficio.
"Non può essere - disse a un altro - ho scritto molto tempo fa e qui deve
esserci la mia lettera...". "Le poste italiane sono un
disastro!". "Ma la mia lettera l'ho mandata a mano con...".
Un'altra porta chiusa. E il giorno seguente un'altra ancora. I curiali non
volevano che incontrasse il Papa. E il tempo a Roma, dove era stato invitato da
alcune suore, che celebravano la beatificazione del loro fondatore, stava
finendo. Non poteva tornare a San Salvador senza aver visto il Papa e senza
avergli raccontato tutto quello che stava succedendo là.
"Continuerò a mendicare quest'udienza", s'incoraggiava Monsignor
Romero.
La domenica, dopo la messa, il Papa scese nel grande salone, dove lo aspetta una
moltitudine per la tradizionale udienza generale. Monsignor Romero si era alzato
molto presto per riuscire a mettersi in prima fila. E quando il Papa passò
salutando, gli afferrò la mano e lo trattenne.
"Santo Padre - gli disse con l'autorità dei mendicanti - sono
l'arcivescovo di San Salvador e la supplico, mi conceda un'udienza".
II Papa acconsentì. Alla fine c'era riuscito; sarebbe stato per il giorno
successivo.
Era la prima volta che l'arcivescovo di San Salvador incontrava Papa Wojtyla,
che da appena sei mesi era Sommo Pontefice.
Gli portò, accuratamente selezionati, dei rapporti di tutto ciò che stava
succedendo nel Salvador perché il Papa ne fosse informato. E poiché
succedevano tante cose, i rapporti erano voluminosi. Monsignor Romero li portò
in una scatola e li mostrò ansioso al Papa appena iniziato l'incontro.
"Santo Padre, qui potrà leggere lei stesso come tutta la campagna di
calunnie contro la Chiesa e contro di me viene organizzata nella stessa casa
presidenziale".
II Papa non toccò un foglio. Né aprì il fascicolo. Nemmeno chiese nulla. Si
lamentò soltanto.
"Vi ho già detto di non venire carichi di tanti fogli! Qui non abbiamo il
tempo di leggere tante cose".
Monsignor Romero rabbrividì ma cercò d'incassare il colpo. E lo incassò:
doveva esserci un malinteso.
In un'altra busta aveva portato al Papa anche una foto di Octavio Ortiz, il
sacerdote che la Guardia aveva ucciso alcuni mesi prima insieme a quattro
giovani. La foto era un primo piano del volto di Octavio morto. Nel volto
schiacciato dal blindato si delineavano i tratti indigeni e il sangue li
sottolineava ancora di più. Si notava molto bene un taglio fatto col machete
sul collo.
"Io conoscevo molto bene Octavio, Santo Padre, ed era un bravo sacerdote.
L'avevo ordinato io e sapevo tutti i lavori in cui era impegnato. Quel giorno
stava dando un corso sul Vangelo ai ragazzi del quartiere...".
Gli raccontò ogni dettaglio. La sua versione di arcivescovo e la versione
diffusa dal governo.
"Guardi, Santo Padre, come gli hanno spappolato la faccia...". Il Papa
fissò la foto e non chiese altro. Guardò poi gli occhi umidi dell'arcivescovo
Romero e mosse la mano indietro, come volendo togliere drammaticità al sangue
raccontato.
"Lo hanno ucciso tanto crudelmente, dicendo che era un
guerrigliero...", ricordò l'arcivescovo.
"E per caso non lo era?", rispose freddamente il pontefice. Monsignor
Romero guardò la foto dalla quale sperava di ottenere compassione. Qualcosa gli
fece tremare la mano: doveva esserci un malinteso.
Continuò l'udienza. Seduti uno di fronte all'altro il Papa inseguiva una sola
idea.
"Lei, signor arcivescovo, deve sforzarsi di avere una relazione migliore
con il governo del suo Paese". Monsignor Romero lo ascoltava e la sua mente
volava verso il Salvador, ricordando ciò che il governo del suo Paese faceva al
popolo del suo Paese. La voce del Papa lo riportò alla realtà.
"Un'armonia tra lei e il governo salvadoregno sarebbe la cosa più
cristiana in questi momenti di crisi...". Monsignore continuava ad
ascoltare. Erano argomenti con i quali, in altre occasioni, era già stato
pressato da altre autorità ecclesiastiche.
"Se lei superasse le proprie divergenze con il governo, potrebbe lavorare
cristianamente per la pace...". Il Papa insistette tanto che l'arcivescovo
decise di smettere di ascoltare e chiese di essere ascoltato. Parlò
timidamente, ma deciso: "Ma, Santo Padre, nel Vangelo, Cristo ci dice di
non essere venuto a portare la pace ma la spada". Il Papa fissò Romero
negli occhi: "Non esageri, signor arcivescovo!".
Terminarono gli argomenti ed anche l'udienza.
Tutto ciò me lo raccontò Monsignor Romero, quasi piangendo, l'11 maggio 1979;
a Madrid, mentre rientrava affrettatamente nel suo Paese, costernato dalle
notizie di un massacro nella cattedrale di San Salvador.
ADISTA n°88 del 17.12.2005