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Aiuto! I mercanti di pace!
Perché la pace fa paura ad Israele.

Uri Avnery

da ZNet - 20 Settembre 2006

 

(biografia di Uri Avnery)

Indovinate di chi sono queste parole: “Iniziare questa guerra è stato uno scandalo [...] Era possibile risolvere il problemi dei missili nel sud del Libano con mezzi diplomatici.
L’offensiva degli ultimi due giorni di guerra nel corso della quale sono morti 33 soldati, dopo che la risoluzione del cessate il fuoco era stata quasi accettata, è stata una manovra del primo ministro... il primo ministro, il ministro della difesa e il capo di stato maggiore si devono dimettere...”

Giusto, era proprio Gush Shalom. Ma non c’è niente di nuovo in questo. La novità è che ieri l’ex capo di stato maggiore, Moshe Ya’alon, ha ripetuto queste dichiarazioni quasi parola per parola.

“Bogie” Ya’alon è proprio l’esatto contrario di Gush Shalom. Nessuno può dire che appartiene ad un “gruppo marginale” Proviene proprio dal centro del potere. E’ di destra, E’ stato responsabile di alcuni degli atti più crudeli dell’occupazione.

C’è un’altra differenza fra Ya’alon e Gush Shalom: Gush Shalom si è espresso ad alta voce e con chiarezza nel corso degli avvenimenti, in piena guerra, quando era ancora possibile salvare la vita di quei 33 soldati. In quel momento, queste dichiarazioni erano molto impopolari, considerate al limite del tradimento. Dal momento che nessun media israeliano era disponibile a pubblicarle, Gush Shalom ha dovuto pagarle come pubblicità. Oggi arriva Ya’alom e le ripete, adesso che il vento è cambiato e sono diventate popolari.

I motivi di Ya’alon non hanno importanza. (Come si ricorderà, Ariel Sharon un anno fa lo aveva rimosso dal suo incarico e aveva messo al suo posta Dan Halutz, per agevolare la strada del “Disimpegno”). Quel che è importante è che queste cose adesso sono state dette da una persona con credenziali militari eccellenti. Quando una persona del genere dichiara che sono stati sacrificati 33 soldati senza un preciso obiettivo militare, per interesse personale di Ehud Olmert, che la guerra stessa non era necessaria e che il problema dei razzi di Hezbollah poteva essere risolto per via diplomatica – sono cose pesanti.

Questo aspetto non solo è importante in relazione a quello che è successo qualche settimana fa, quando la leadership del paese parlava di un terribile pericolo che incombeva sui nostri confini a nord, ma ancor di più adesso, quando la stessa leadership ci mette in guardia da una “minaccia” ancora più grave da qualche altra parte.

Nei corridoi di palazzo a Gerusalemme si sta levando un grido: “Aiuto! La pace è vicina, Israele!”

Un terribile nemico sta cospirando per imporci la pace. Sta avanzando contro di noi su due lati in un gigantesco movimento a tenaglia.

Un braccio di questa offensiva è rappresentato dal governo di unità nazionale dei palestinesi che sta per insediarsi. L’altro è rappresentato dalla decisione della Lega Araba di rilanciare il piano di pace arabo.

Per il governo israeliano questa offensiva è di gran lunga più pericolosa di tutti i missili di Hassan Nasrallah messi insieme.

Il governo palestinese di unità nazionale è designato, innanzi tutto, per risolvere i problemi interni della Palestina. Da quando i palestinesi hanno eletto Hamas, nelle strade palestinesi regna uno stato di anarchia. I continui scontri fra il presidente, che è il capo di Fatah e il primo ministro, che appartiene ad Hamas, hanno creato uno stato di paralisi, proprio quando il popolo palestinese ha bisogno di unità per far fronte a sfide vitali.

Fatah ha dominato il movimento nazionale palestinese moderno dalla sua fondazione da parte di Yasser Arafat quasi 50 anni fa. Non si rassegna alla sconfitta. Ma un popolo che lotta per la propria esistenza non può permettere che le sue due più importanti fazioni si combattano l’un l’altra invece di cooperare nella lotta di liberazione nazionale.

A questo va aggiunto il blocco imposto all’Autorità Palestinese da parte dell’Europa e dell’America per ordine del presidente Bush. Questo è un tentativo senza precedenti di far morire letteralmente di fame un intero popolo per destituire il suo governo eletto democraticamente.

Il governo di unità nazionale è inteso a restaurare l’ordine pubblico e a rompere il blocco internazionale.

Perché avvenga questo il governo deve aggirare parecchi ostacoli. Per motivi religiosi è difficile per Hamas riconoscere ufficialmente Israele. Non ha nulla a che vedere con l’anti-semitismo, come è stato detto, ma con il fatto che secondo l’Islam la Palestina è un “Waqf” (dono religioso) che appartiene ad Allah (similmente al credo degli ebrei fondamentalisti secondo cui Dio ci ha promesso la patria, per cui cederne una qualunque parte è un peccato mortale). Ma la religione musulmana qui apre un’altra porta consentendo una “hudnah” (tregua) che può durare per decenni o anche secoli.

Il modo di risolvere questo problema è di formare un governo di unità nazionale, guidato da Hamas, di dichiarare che si occupa del “documento dei prigionieri”, delle risoluzioni ONU, degli accordi firmati fra Israele, OLP e il piano di pace arabo – che si basano tutti sul riconoscimento di Israele. Questo dovrebbe bastare per chiunque voglia realmente promuovere la pace fra israeliani e palestinesi.

Per quel che riguarda il nostro governo è proprio qui che sta l’ostacolo.

Il secondo braccio dell’offensiva di pace è il ripristino del piano di pace arabo.

Questo piano originariamente è stato concepito da Abdallah, allora principe ereditario e adesso re dell’Arabia Saudita. E’ stato adottato dal summit dei capi arabi a Beirut nel marzo del 2002.

Questo piano dice grosso modo: tutto il mondo arabo riconoscerà Israele e farà la pace, se Israele si ritirerà entro i confini del 1967 e renderà possibile la costituzione dello Stato di Palestina con Gerusalemme Est come capitale.

Il governo di Israele ha respinto l’iniziativa, come dice l’espressione ebraica, “alla soglia” (ogni iniziativa di pace viene respinta “alla soglia”, per non consentire, per carità di Dio, di mettere un piede dentro la porta.) Il piano è stato sepolto e da allora sta accumulando polvere su polvere. Adesso i perfidi arabi hanno deciso di rispolverarlo e di schiaffarcelo sul tavolo.

Contro questo pericolo dei mercanti di pace arabi, il governo Olmert fa appello a tutte le sue forze. A dispetto del fatto che l’intera leadership politica e militare adesso sia impegnata a lottare per la propria sopravvivenza dopo il fiasco del Libano, si sta unendo per far fronte a questa terrificante minaccia.

Tzipi Livni è stata mandata a gran velocità negli Stati Uniti per evitare il pericolo. E’ andata per convincere il presidente Bush (che per caso “passava” nella stanza mentre lei stava parlando con Condoleezza Rice e che la chiama “Tsiffi”) ad usare il micidiale veto americano contro qualunque risoluzione del Consiglio di Sicurezza che potrebbe supportare la pace. Si incontrerà con circa 20 capi di governo e ministri degli esteri per ottenere il loro supporto contro questa minaccia.

Per questo ha ricuperato dalla soffitta del Ministero degli Esteri uno straccio diplomatico chiamato “Road Map”. Non è mai passato per la testa al governo israeliano di attuare questo accordo, il cui unico scopo era, fin dall’inizio, di suscitare l’impressione che il presidente Bush avesse conseguito qualche risultato in Medio Oriente. Fin dal principio, tutte le parti sapevano che si trattava di un documento che non si poteva mettere in pratica.

Israele e gli Stati Uniti, quindi, potranno dichiarare che il piano di pace arabo è un danno per la pace, perché contraddice la Road Map. Il governo di unità palestinese appena stabilito sarà boicottato, perché non dichiara espressamente che tutti i suoi membri riconoscono lo Stato di Israele (come se tutti i membri del governo israeliano fossero pronti a riconoscere lo Stato di Palestina e il suo governo, per non parlare della rinuncia alla violenza ed all’accettazione di tutti gli accordi esistenti). Quindi il blocco alla popolazione palestinese continuerà finché questa non cadrà in ginocchio.

Perché l’offensiva di pace spaventa il governo israeliano? Se qualcuno fosse venuto da noi il 4 giugno del 1967 a dirci che l’intero mondo arabo era pronto a negoziare la pace con noi entro i bordi esistenti in quel momento, e che anche la leadership palestinese era pronta a dichiarare la fine del conflitto storico, avremmo pensato che era giunto il Messia.

Ma il 5 di giugno 1967 abbiamo iniziato una guerra che ha cambiato tutto. Ben presto abbiamo avuto il controllo su tutta la Palestina e su vasti e ulteriori territori. Abbiamo dichiarato che li occupavamo temporaneamente per poterli negoziare, ma, come ben si sa, l’appetito vien mangiando. Abbiamo cominciato ad annettere territori (Gerusalemme Est con la terra limitrofa e le Alture del Golan) e a coprire di insediamenti la West Bank.

Agli occhi della leadership israeliana, l’iniziativa di pace – ogni iniziativa di pace – non è altro che una malvagia cospirazione dei mercanti di pace per rubarci questi territori. Saremmo costretti a metter fine all’impresa degli insediamenti – che non si è fermata un momento dal 1968 e anche adesso è in piena attività – e a smantellare quelli esistenti.

Il movimento a tenaglia dei mercanti di pace potrebbe prendere lo slancio e produrre una pressione internazionale cui sarebbe difficile resistere. Questo è il motivo del panico a Gerusalemme.

L’iniziativa di pace araba potrebbe avere successo se mettesse gli israeliani di fronte ad una scelta diretta ed inequivocabile: la pace senza i territori occupati – o i territori occupati senza la pace.

Dopo sei guerre importanti e parecchie altre minori, potremmo essere inclini a sospettare che il prezzo in sangue e denaro è troppo pesante e – fatto ancora più importante – che non ci porterà alcuna vittoria, ma moltiplicherà gli oneri sulla società israeliana.

Nei sei anni di follia fra le guerre del 1967 e del 1973, Moshe Dayan coniò questa frase: “Meglio Sharm al-Sheikh (sulla punta sud della Penisola del Sinai) senza pace che la pace senza Sharm al-Sheik!”

Questo slogan costò la vita di circa 2700 soldati israeliani (e di chissà quanti egiziani e siriani) nella guerra dello Yom Kippur. Dopo di che abbiamo restituito Sharm al-Sheik ed il resto del Sinai ed abbiamo fatto la pace con l’Egitto. Dayan stesso ha giocato un ruolo nel conseguimento di questa pace.

Quanti soldati e civili, israeliani ed arabi, devono ancora morire prima che finalmente comprendiamo che questa pace con i palestinesi e con tutto il mondo arabo è immensamente più importante per Israele che cercare di restare attaccati ai territori occupati ed agli insediamenti?